Anch’io sono un fan delle feste di Natale, l’ho ereditato da lui. Allora perché fece quella scenata la sera in cui si infuriò tanto e ruppe i piatti? Semplicemente, ebbe un attacco di rabbia. Forse voleva spaccare la faccia a noi e se la prese con i piatti. Forse era stufo di avere una famiglia e voleva soltanto tornare a essere il bell’uomo di ventisette anni che era stato fotografato al bancone di un bar, allo storico bancone marmoreo di un bar mentre si guardava le mani assorto.
Mio padre comprò un presepe quando io avevo cinque o sei anni, o meno. Non so quanti. Lo comprò in una cartoleria di Barbastro le cui proprietarie sono ormai morte e io sono l’unico testimone che ne ha memoria. Era orgoglioso del suo presepe. Spese dei soldi. Doveva essere il 1966. Io ricordo la cura con cui sistemava le statuette. Avevano una punta di barocco di Valladolid. Non erano statuette piccole. Dovevano essere alte come minimo un palmo, o forse poco più di un palmo. A me affascinavano il bue e l’asinello.
Via via le statuette si ruppero.
Mia madre le conservava nell’armadio, ma male, perché mia madre finiva per rompere tutto. Credo che sia stata mia madre a farle fuori a poco a poco; prima fece fuori l’asinello. Decapitò l’asinello. A mia madre cadevano le cose dalle mani, non sapeva come si tiene in mano qualcosa, tutto era sempre sul punto di cadere, di rompersi. Non aveva polso. Mio padre riattaccò la testa dell’asinello con la colla Imedio. Ma ormai era un asinello acciaccato. Poi fece fuori il bue. Poi San Giuseppe. A San Giuseppe tagliò una mano. Ogni Natale quel presepe subiva un deterioramento inarrestabile. Caddero i paggi. Anche i cammelli. Resistevano la Madonna e il Bambino Gesù. Ma non aveva senso un presepe con due sopravvissuti, sembrava quasi un’eresia satanica. Una confraternita di invalidi.
Alla fine rimanemmo senza presepe e mio padre evitò di comprarne un altro, perché crollò l’entusiasmo e perché ormai erano brutti tempi e mio fratello e io stavamo crescendo. Mia madre avrebbe potuto conservare meglio quel presepe. Il fatto era che mia madre non capiva il significato di quelle statuette. Era questa la cosa più sensazionale e allo stesso tempo più irritante di mia madre: tutto era di troppo, tutto le sembrava insignificante, tutto le sembrava suscettibile di essere gettato nella spazzatura. Per qualche motivo, non le andava di conservare con cura quel presepe. Non capiva chi era il Bambino Gesù, né cosa ci facevano lì i Re Magi. Per lei, era tutto privo di senso. Il suo era un ateismo naturale. Un ateismo portentoso, perché era innato. Assassinò quel presepe. Assassinò altre cose, a me assassinò tutti i miei fumetti, li gettò via tutti. Non me ne lasciò neanche uno.
Era un uragano sterminatore.