Capitolo otto

Tanto tempo prima, il distretto di Seven Dials era noto per la depravazione, i reati e la violenza. Ora, però, era diventato un luogo isolato e dimesso nella zona dei teatri di Londra. Douglas Archer era entrato in contatto con quel quartiere e con i suoi abitanti ai tempi in cui era un ispettore di polizia in divisa, ma mai avrebbe pensato che vi avrebbe vissuto.

Quando la sua casa nei sobborghi – situata tra due rebbi dell’offensiva tedesca lanciata su Londra – era stata distrutta, la signora Sheenan si era offerta di accogliere lui e il figlioletto come pensionanti. Il marito, poliziotto in tempo di pace, era un riservista dell’esercito. Catturato a Calais l’anno precedente, si trovava in un campo di prigionia vicino Brema, e se ne ignorava la data del rilascio.

Quando Douglas Archer tornò a Monmouth Street e alla casetta sopra la rivendita di combustibile, trovò la tavola apparecchiata per la colazione. Il figlio della signora Sheenan, Bob, e il piccolo Douggie si stavano vestendo davanti a un bel fuoco, in una stanza inghirlandata di bucato umido. Douglas riconobbe l’asciugamano a strisce in cui era avvolto il figlio. Era uno dei pochi oggetti che gli era riuscito di salvare dal disastro della sua casa di Cheam. Risvegliò ricordi felici che avrebbe preferito lasciare sopiti.

«Ciao, papà! Hai lavorato tutta la notte? Un omicidio?».

«Un omicidio in un negozio di antiquari, vero, signor Archer?».

«Proprio così».

«Ecco, te l’avevo detto Douggie» esclamò il piccolo Sheenan. «Era sui giornali».

«Fermo» lo rimproverò la signora Sheenan, che lottava per abbottonargli il giacchetto. Douglas la aiutò a vestire il piccolo Douggie. Una volta finito, la donna prese una padella dal fornello. «A lei piacciono à la coque, se non sbaglio». La donna manteneva il loro rapporto su un piano formale.

«Ho già avuto la mia razione di uova questa settimana, signora Sheenan» obiettò Douglas. «Due al tegame, domenica mattina, non ricorda?».

La donna prese le uova sode con un cucchiaio ricurvo e le sistemò nei portauovo. «La mia vicina le ha avute da alcuni parenti in campagna. Me ne ha date sei, in cambio del suo vecchio maglione grigio da disfare per la lana. In realtà, queste uova spetterebbero tutte a lei».

Douglas sospettò che fosse solo un espediente per passargli parte della sua razione, ma cominciò a mangiare l’uovo. Sul tavolo c’erano anche un piatto pieno di pane e un minuscolo cubetto di margarina che, stando a quanto stampato sull’involucro, era un dono solidale dei lavoratori tedeschi. Non sarebbe meglio un dono dei contadini tedeschi? celiavano i burloni amanti del burro.

«Mettiamo che avvenga un omicidio a bordo di un aeroplano francese che sorvola la Germania, e che l’assassino sia italiano, e che la vittima sia...», Bob ci pensò un attimo, «... brasiliana».

«Non si parla a bocca piena» lo rimproverò la madre. Alla radio trasmettevano un valzer di Strauss, richiesto da un soldato tedesco di stanza a Cardiff. La signora Sheenan abbassò il volume.

«O cinese!» insisté Bob.

«Smettila di infastidire il soprintendente. Lascialo fare colazione in pace».

«La decisione spetterebbe agli avvocati» rispose Douglas. «Io sono solo un poliziotto, e il mio compito è trovare il colpevole».

«Sabato la signora Sheenan ci porta al museo della scienza» esordì Douggie.

«Molto gentile da parte sua. Comportati bene e fai quel che dice».

«Come sempre» intervenne la donna. «Sono proprio due bravi bambini». Guardò Douglas. «Ha l’aria stanca» disse.

«Devo solo recuperare un po’ di forze».

«Non vorrà mica tornare lì senza aver riposato?».

«È un’indagine di omicidio. Devo».

«Te l’avevo detto! Te l’avevo detto! Te l’avevo detto!» strillò Bob. «Omicidio! Te l’avevo detto!».

«Silenzio, bambini» ordinò la signora Sheenan.

«Sono venuto in macchina» disse Douglas. «Li porto io a scuola... tra circa mezz’ora. Va bene?».

«Una macchina. È stato promosso?».

«Ho un nuovo capo. Dice che ai suoi uomini spetta il meglio. È dotata di una telescrivente. Permette di inviare messaggi a Scotland Yard mentre si è in viaggio».

«Ma senti!» esclamò Bob. Finse di usare il telefono. «Scotland Yard in linea. Qui Bob Sheenan. Una cosa del genere, soprintendente? Funziona così?».

«È in codice Morse» spiegò Douglas. «Il telescriventista deve essere capace di usare il tasto Morse, ma si possono ricevere messaggi verbali».

«Cos’altro inventeranno mai?» commentò la signora Sheenan.

«Possiamo vedere la macchina?» chiese Bob. «È una Flying Standard?».

«La polizia ha tutti i tipi di macchine, vero papà?».

«Tutti».

«Possiamo andare a guardarla dalla finestra?».

«Finite il pane, prima».

Tra grida di gioia, i due bambini corsero in salone e aprirono la finestra per guardare la macchina parcheggiata in strada.

«L’acqua del bagno è ancora calda» disse la signora Sheenan. «L’hanno usata solo i bambini». Distolse lo sguardo, imbarazzata. Come tanti altri, trovava il degrado sociale imposto da quella nuova povertà assai più difficile da sopportare delle privazioni che comportava.

«Mi rimetterebbe a nuovo» disse Douglas, benché di fatto i nuovi spogliatoi dello Yard fossero dotati di vasche e di acqua calda in abbondanza.

«Sicuro che non finirà nei guai per averci portato a scuola?».

«Nessun problema».

«Le norme sull’uso improprio del carburante sono spaventose. Il direttore del deposito del carbone di Neal Street è stato condannato a morte. L’ho letto ieri sera sull’Evening News».

«Nessun problema» ribadì Douglas.

Lei sorrise, lieta. «È da più di un anno che non salgo in macchina. Dal funerale dello zio Tom, prima della guerra... sembra che sia passata un’eternità, vero?».

La signora Sheenan andò a sedersi davanti al fuoco, e rimase a fissare la fiamma ardente. «La legna è quasi finita, ma il proprietario della rivendita mi presterà qualche ceppo, fino al razionamento della prossima settimana».

La voce della donna fece trasalire Douglas, che si era appisolato per via del cibo, del tè caldo e del tepore.

«Devo importunarla, signor Archer» disse lei.

Douglas mise la mano in tasca.

«Non si tratta di denaro. Con quello che mi dà già me la cavo, e la tessera annonaria supplementare che si è procurato è di grande aiuto». Allungò una mano meccanicamente, per sentire il calore della teiera sotto il copriteiera lavorato a maglia. «I bambini fanno un’ora in più di musica il martedì e il giovedì. Costa solo uno scellino a settimana e a loro piace».

Douglas sapeva che, in realtà, la donna aveva da dirgli dell’altro, ma non la incalzò. Invece chiuse nuovamente gli occhi.

«Ancora tè?».

«No, grazie».

«È il surrogato tedesco. Dicono che si prenda con il limone. Con il latte non è un granché, vero?». Scomparve dietro il giardino pensile di indumenti umidi, toccandoli per vedere se si stessero asciugando. Ne girò alcuni. «La donna che abita in fondo alla via ha visto un treno ospedale passare dalla Clapham Junction lunedì scorso. Le carrozze straripavano di soldati feriti – sporchi, con le uniformi stracciate – in fondo c’erano due vagoni della Croce rossa, di quelli utilizzati per le barelle». Si mise le mollette in bocca mentre tornava a stendere la giacca di un pigiama da bambino. «Si combatte ancora?».

«Faccia attenzione alle persone con cui parla, signora Sheenan».

«La vicina non è il tipo da inventare storie. È una donna sensata».

«Lo so».

«Non mi sbilancerei mai con degli estranei, signor Archer... ma con lei mi sembra di poter parlare di tutto».

«Nelle città si tratta solo di qualche bomba e dell’uccisione di soldati tedeschi. In campagna, i gruppi sono più numerosi. Tendono imboscate alle pattuglie motorizzate tedesche. Ma dubito che supereranno l’inverno».

«Colpa del freddo?».

«Non si possono accendere fuochi, per via del fumo. Gli alberi si spogliano e non forniscono più un nascondiglio, un rifugio. E in inverno gli aerei ricognitori individuano più facilmente le orme umane sul terreno. Figuriamoci se nevica...». Douglas alzò le mani.

«Poveri ragazzi» commentò la signora Sheenan. «Dicono che nella zona non occupata adesso sia terribile, e l’inverno non è ancora cominciato. Manca tutto». Gli gironzolava intorno, e Douglas sapeva che aveva qualcosa da dirgli. Da bravo poliziotto, le lasciò il tempo di elaborare.

«Il maestro di musica che fa lezione ai bambini... è molto giovane, ferito in guerra e così via, quindi non vorrei lamentarmi», fece una pausa, «ma ha fatto un sacco di domande ai ragazzi, e sapevo che lei non avrebbe gradito».

Douglas tornò vigile di colpo. «Domande? Che genere di domande?».

«Ieri pomeriggio, alla lezione di musica. Hanno un buon grammofono e degli altoparlanti, e tutto quel che serve per fare musica – di fatto è un corso di ascolto – e lui ha un assistente tecnico, ecco perché costa uno scellino in più».

Douglas annuì. «Come si chiama?».

«Non lo so, signor Archer. Il suo Doug mi ha detto in un secondo tempo che il maestro aveva fatto domande su di lei, tipo a che ora tornava a casa e cose così. Non ho voluto insistere troppo con Douggie. Sa quanto sia sensibile, e poi ha perso la mamma... qualche volta provo un tale dispiacere per quel piccino». Sorrise di colpo e scosse il capo. «Forse sono solo una vecchia sciocca. Non avrei dovuto metterla in agitazione con questa storia».

«Ha fatto bene, invece. Domande, dice?».

«Oh, non è come pensa... stia tranquillo. Non è quel genere di uomo. Quelli li individuo a un chilometro di distanza».

«Quindi?».

«Penso volesse sapere se le piacciono i tedeschi». Si alzò e si sistemò i capelli allo specchio. «Non voglio mettere nei guai nessuno dei due, e so che non lo farebbe neanche lei. Ma se accadesse qualcosa a lei o al piccolo Douggie, come potrei vivere con il rimorso di non avergliene parlato?».

«Lei è piena di buon senso, signora Sheenan. Vorrei che qualche mio agente ne fosse altrettanto dotato. Ora, mi dica qualcos’altro di questi due insegnanti».

«Solo uno insegna, l’altro si limita ad aiutare. Hanno fatto la guerra, ufficiali, direi, entrambi feriti. Uno ha perso un braccio».

«Quale?».

«Il destro. E prima del conflitto suonava il pianoforte. Non è terribile? Non avrà più di venticinque anni».

«Ora farò quel bagno, signora Sheenan. Lei prepari i bambini e tra un quarto d’ora vi porto a scuola».

La donna prese gli impermeabili dei piccoli dall’armadio. Uno era liso. «L’impermeabile di Bob è stato rubato dal guardaroba la scorsa settimana. È costretto a indossare quello vecchio. Ho detto ai bambini di portare i cappotti in classe d’ora in poi. C’è in giro della gente orribile, signor Archer, ma lei lo sa sicuramente meglio di tutti noi».

«Questo tipo aveva un braccio finto, dice?».

«No, l’ha perduto, povero ragazzo».