Capitolo dodici
Il mattino seguente, Douglas Archer uscì di buon’ora e si mise all’opera. Fece un tentativo con i soliti informatori, ma capì presto che la sua rete di confidenti non sarebbe stata utile alle indagini. Scoprì anche che era partita una serrata caccia alle soffiate e che alcuni dei delatori più noti erano stati presi in custodia. A fine mattinata, Douglas ebbe la certezza che le persone coinvolte nell’omicidio si fossero tenute alla larga dal nutrito esercito di informatori di Londra.
Fu tra i pochi britannici presenti a Caxton Hall nel pomeriggio. Un alto ufficiale del Reichsleitung der NSDAP – il Direttorato Supremo del Partito Nazista – si trovava a Londra per la consueta orgia di acquisti, mangiate, bevute e gite turistiche. In cambio della cena, Douglas dovette pagare lo scotto di tre ore di discorso agli alti ufficiali della polizia di Londra e del quartier generale delle SS.
Neanche l’astuto Huth riuscì a defilarsi, e Douglas lo vide sbadigliare, annuire e prodursi in applausi frettolosi con le mani guantate. Si divertì a paragonare il suo atteggiamento con quello di Kellerman, a sua volta sul palco. Da veterano di simili eventi, il generale si protendeva in avanti e annuiva a ogni eccessiva semplificazione o mezza verità, lanciando grida acute e ispirate ogni volta che venivano rispolverati i vecchi slogan. Kellerman sapeva mutare gli sbadigli in sorrisi e, pizzicandosi il ponte del naso mentre piegava il capo, trasformava il suo sonnecchiare in riflessioni talmente profonde da imporgli di chiudere gli occhi. Alla fine dell’interminabile discorso del funzionario di partito, mentre Huth occhieggiava l’uscita più vicina tastando sotto la sedia a caccia del cappello e del bastone, Kellerman, sul podio, applaudiva con entusiasmo tra mille sorrisi all’invitato. Colpo di scena, fu proprio Kellerman ad andare al microfono e a improvvisare un breve ringraziamento per un «discorso permeato dell’autentico sentire nazionalsocialista, nonché di chiarezza di pensiero e determinazione tali da non ammettere compromessi»; verdetto già pronunciato almeno una decina di volte in precedenza, nel corso di interruzioni altrettanto noiose del lavoro quotidiano.
E mentre l’adunanza cominciava a disperdersi, fu ancora Kellerman che, sorridendo ad ampio raggio, mormorò a Douglas: «Ora forse si guarderà bene dal vantarsi di conoscere il tedesco, vero soprintendente?».
Di ritorno a Scotland Yard, Douglas trovò Harry intento a consumare un tè con del pane tostato. «Ha telefonato l’investigatore Dunn» disse, insolitamente formale. Era irritato all’idea che un terzo agente si occupasse dell’indagine.
«Bene».
«All’agenzia fotografica dicono che la richiesta di un duplicato della foto è arrivata per iscritto. Non sanno altro. Sono stati pagati con vaglia postale. Non c’è modo di rintracciare il mittente».
«Male».
«Faresti meglio a evitare questi comizi nazisti, se ti mettono di malumore. Dunn vuole controllare tutte le persone sulla foto... impresa disperata».
«È rimasto del tè?».
«Non sapevo niente della foto che avete trovato a casa dell’insegnante».
«Ora lo sai».
«Ho detto a Dunn di farmela avere domani. Vedrò cosa potrò fare. No, il tè è finito. E comunque era terribile».
«Di’ a Dunn di lasciar stare. Se richiama, digli di proseguire con i compiti che gli ho affidato».
«Dunn è solo un ragazzo. Sai bene che potrebbe correre dei rischi. E dubito che abbia l’esperienza necessaria per maneggiare un caso difficile come questo».
Douglas andò a un tavolo d’angolo, su cui giaceva il risultato di quello che doveva essere stato un lavoro interminabile e scrupoloso. Le ceneri dei documenti bruciati nel caminetto dell’appartamento di Shepherd Market erano state separate, un frammento alla volta, assemblate e inserite tra due lastre di vetro.
«Fai quel che ti ho chiesto, Harry. D’accordo?». Douglas scrutò una delle tessere di carta carbonizzata. Non vide nulla.
«Agli ordini, signore!» esclamò Harry, fingendo sottomissione.
«Ho finito, per oggi. Dov’è Huth?».
«In riunione con alcuni rappresentanti dell’SD norvegese. Qualcosa in merito a un impianto di produzione di acqua pesante. Ti risulta?».
Douglas grugnì affermativamente.
«E cosa gli dico se chiede dove sei?».
«Digli che non ne hai idea» suggerì Douglas con un sorriso spento. Dopodiché se ne andò.