Capitolo ventotto

«Sembri uno spaventapasseri» disse Barbara con un sorriso divertito. «E puzzi di pesce fritto. Douglas Archer, dove sei stato? Mi hai fatto angustiare». Scherzava, ovviamente, ma era proprio quel che gli ci voleva.

Si strinsero in un abbraccio, poi lei gli accarezzò la guancia, guardandolo. «Mi offri da bere?» chiese lui.

«Tesoro, ma certo». La moglie non lo aveva mai chiamato così. Gli parve uno strano appellativo, gergo da stelle del cinema. E l’idea di Douglas che chiedeva da bere non appena messo piede oltre la soglia avrebbe stupito la maggior parte delle persone che lo conoscevano.

Lei andò in cucina, estrasse dei cubetti di ghiaccio dalla vaschetta e li lasciò cadere in due bicchieri. Douglas le raccontò di Harry Woods al mercato del bestiame, tralasciando di nominare Sylvia.

«Le agenzie di stampa ricevono solo i comunicati nazisti» disse Barbara, porgendogli il suo whisky. «Ho una storia pazzesca e un sacco di foto, ma c’è l’oscuramento. Sono state arrestate centinaia di persone, basta fare una corsa in taxi per vedere quel che accade. A casa, una notizia del genere sarebbe stata già diffusa da almeno dieci testate».

«Non sei a casa» le ricordò Douglas. «E il numero di arresti tocca le migliaia, non le centinaia». Le pareti bianche della cucina furono illuminate da un improvviso, fugace raggio di sole.

«Ha telefonato il colonnello Mayhew. Vuole vederti. Verrà qui verso le otto».

«Ho un mandato di cattura contro di lui. Huth cerca di spaventarlo per arrivare a un accordo».

«Di che genere?».

«Mayhew prende il re e lo porta in America. In cambio, Huth si impadronisce di un bel mucchio di ricerche di fisica atomica. I tedeschi stanno tentando di fabbricare una bomba».

Lei non parve stupita. «Così si dice. Altro whisky?».

Douglas mise la mano sul bicchiere. «Sono pazzi entrambi».

«Perché?».

«Perché una volta che il re sarà arrivato negli Stati Uniti, Mayhew verrà messo da parte e dimenticato. E, non appena avrà ottenuto il materiale di ricerca, Huth diventerà superfluo. È un avvocato, non ha una formazione specifica. La sua competenza viene da documenti scientifici tedeschi, dall’enciclopedia e da due rapporti speciali del professor Springer. Li ho letti anche io, e a questo punto ne so quasi quanto lui».

«Forse Mayhew e Huth sono mossi da qualcos’altro oltre che dall’ambizione».

«Vuoi scherzare?». Sfoderò un sorriso mesto. «Non ho mai conosciuto due uomini tanto simili nel nutrire un’ambizione spietata». E Barbara intravide la grande forza di Douglas: non si trattava della superiorità atletica, che spesso gli uomini sfoggiavano per intimidire gli altri, ma di una forza gentile e umile.

Andarono in salotto e si accomodarono sul brutto divanetto. Il rivestimento decorato a grandi foglie verdi lo faceva sembrare una pianta carnivora.

«Ti manca tua moglie?» chiese lei, lo sguardo fisso sul proprio polpastrello che sfiorava il ghiaccio nel bicchiere.

«Talvolta. Siamo cresciuti insieme».

«Deve essere dura».

«Ho mio figlio». Lei gli si avvicinò e lui la circondò con il braccio.

Barbara sorseggiò il suo drink. «E hai anche me» disse.

«Davvero?». La guardò, ma lei si era girata. Le sfiorò la schiena, provocandole un brivido. «Davvero?» ripeté.

«Lo sai» sussurrò lei ai cubetti di ghiaccio.

«Ti amo, Barbara».

«Anch’io ti amo, Doug. Non volevo che accadesse, lo giuro». Il sole fu offuscato da una nuvola, e la luce dorata si affievolì fino a scomparire, lasciando la stanza quasi al buio. Barbara si allungò ad accendere la lampada da tavolo. «Detesto questo maledetto divano» disse. «Tu?».

«È la cosa più brutta che abbia mai visto» rispose Douglas. «Mi vuoi sposare?».

«Volevo farlo tingere, ma forse le persone che mi hanno affittato la casa ritengono sia di valore». Tastò il rivestimento di chintz, meditabonda.

«Guadagno in un anno quello che tu guadagni con una buona storia».

«Sposiamoci presto, prestissimo».

«C’è mio figlio, ricordi?».

«Sì».

«Non piangere, Barbara».

Lei assunse un’aria seriosa e disse: «Senza tuo figlio, niente da fare», ma le parole le morirono in gola. Scoppiò in singhiozzi, mentre lui l’abbracciava e la baciava.