Capitolo trenta
Il mattino seguente, Douglas si presentò a rapporto da Kellerman. Il generale annuì durante tutto il resoconto verbale e mise via il fascicolo senza guardarlo.
«Il piccolo Douglas come sta?».
«Bene, grazie, signore».
«Ha sentito parlare della nuova, prestigiosa scuola tedesca a Highgate?».
«Sì, signore». Era per i figli degli ufficiali delle SS e della Wehrmacht, e per quelli dei funzionari dell’amministrazione tedesca.
«Le lezioni si svolgono in tedesco, ovviamente, ma è una splendida scuola e lei è padrone della lingua. Potrebbe aiutare suo figlio con i compiti. Sarebbe un’ottima opportunità per il piccolo Douglas, e credo di poterlo inserire».
«Ci saranno altri bambini inglesi?».
«A mio parere sarebbe opportuno» rispose Kellerman. «Sono membro del comitato direttivo della scuola. Desidero che i bambini tedeschi mantengano i contatti con il paese che li ospita... e i bambini inglesi sarebbero preziosi dal punto di vista della lingua. Il suo Douglas se la cava con il tedesco?».
«Un poco. Il tedesco ormai si insegna in tutte le scuole».
«Per lui sarebbe un buon inizio».
«Dovrò chiedere la sua opinione. Sa come sono i ragazzi, quando si tratta di lasciare gli amici».
«Giusto... glielo chieda. È un ragazzino assennato. Capirà i vantaggi. Lo porti lì un pomeriggio di questa settimana; gli mostri i laboratori, l’attrezzatura tecnica, il campo di atletica e tutto il resto».
Douglas aveva passato metà della nottata a cercare il modo di affrontare con Kellerman la questione dell’arresto di Harry. Ma fu proprio Kellerman a sollevarla. «E quel bravo sergente, come sarebbe che è stato arrestato?».
«Il sergente Woods, signore. È trattenuto dall’Amt IV, i nostri vicini della porta accanto». Aveva scoperto da un pezzo che Amt IV era un eufemismo diffuso per definire la Gestapo.
«L’Amt IV gode di privilegi speciali, come sa. Il mio raggio d’azione con quei signori è piuttosto limitato».
«Davvero, signore?».
«Rispondono direttamente al Reichsführer-SS a Berlino».
«Anche con la legge marziale?».
«Ora non tenti di superarmi in astuzia, Archer» disse il generale Kellerman, sul volto un’espressione sofferente. «Io e i miei rispondiamo agli ordini del comandante militare GB solo per quel che riguarda l’ordine costituito. L’amministrazione e la disciplina rimangono inalterate. L’Amt IV dipende ancora da Berlino, proprio come il suo Standartenführer Huth. E, di conseguenza, il sergente Woods. Ora le è chiara la mia posizione?».
«Non può interferire, signore?».
«Mai lasciarsi invischiare nelle liti di famiglia. Non è quello che viene sempre insegnato ai giovani agenti?».
«Dubito che il sergente Woods abbia detto agli inquisitori dell’Amt IV che risponde agli ordini di Berlino. Lo Standartenführer Huth ha energicamente sottolineato la segretezza del lavoro che stiamo svolgendo».
«Quella faccenda scientifica?».
«Sì, signore».
«E così deve essere. Lo Standartenführer Huth è un giovane ufficiale con i fiocchi, e sono orgoglioso di averlo nel mio staff». Kellerman annuì. Una volta messo in chiaro di essere il confidente di Huth, oltre che il suo comandante, ridimensionò un poco la lode. «Zelante, forse, e a volte un tantino inflessibile... ma il compito che gli è stato assegnato è delicatissimo».
«Sì, signore».
«Capisco bene la sua preoccupazione per Woods. Sarà opportuno che annulli il fine settimana in Germania. Manderò a chiamare lo Sturmbannführer Strauss per farmi dare tutti i dettagli sull’arresto del suo sergente». Kellerman beccheggiò sulla sedia girevole e mise una scarpa Oxford sul poggiapiedi. Sul viso rugoso si dipinse un cipiglio riflessivo. «Immagino che Woods stesse presentando i soliti rapporti».
«Veline gialle, da inviare agli archivi di Berlino».
«Proprio questo intendevo. Be’, non voglio ficcare il naso nelle vostre indagini, ma non vedo come qualche velina possa risultare compromettente, giusto?».
«Giusto». Le diverse copie di fogli gialli non erano altro che una formalità con cui Harry Woods dimostrava di guadagnarsi lo stipendio. Erano privi di nomi, date o luoghi. Un elenco di numeri di fascicolo, insignificanti per tutti, tranne per gli archivisti di qualche remoto ufficio berlinese. Ma Douglas si rendeva conto che quelle stesse veline sarebbero bastate a dimostrare a Strauss della Gestapo che i rapporti di Woods – come quelli di Douglas o dello stesso Huth – arrivavano dritti a Berlino.
«In tal caso, mi faccia avere una copia di un paio di veline di Woods prima del mio incontro con Strauss, alle...» consultò l’agenda. «Potrei riceverlo alle undici di stamattina». Kellerman tossì di nuovo e si batté lievemente il petto con il pugno. «Fa tutto parte del pertinace tentativo di minare la mia posizione» disse, con un tono di voce confidenziale quanto lamentoso.
«Davvero, signore?».
«Il vecchio, inefficiente generale Kellerman, che offre rifugio ai nemici dello stato nel suo stesso quartier generale di polizia. Questo si dirà».
«Spero di no, signore».
Kellerman sospirò e si alzò dalla scrivania con un sorriso stanco. «L’alternativa è anche peggiore. Il vecchio, infido generale Kellerman, che protegge i nemici dello stato... capisce il terreno delicato su cui ci si muove?». Andò al caminetto e fissò i carboni ardenti. «Perdoni lo sfogo di questo vecchio, soprintendente, ma lei è un ascoltatore partecipe. E so di poter contare sulla sua discrezione».
«Grazie, generale».
Riconoscendo il cortese congedo di Kellerman, Douglas si alzò e si avviò alla porta. Il generale lo precedette e l’aprì per lui. Gli strinse la mano. Era uno strano modo di chiudere una riunione, ma forse Kellerman aveva sentito dire che i gentiluomini inglesi facevano così.
La porta comunicante tra l’ufficio di Huth e quello usato da Douglas e Harry era aperta. Douglas trovò il suo superiore immerso nei caratteri minuscoli del Das Schwarze Korpf, il settimanale ufficiale delle SS, ma il modo in cui lo teneva gli fece sospettare che lo avesse preso a caso, per nascondere che stava aspettando proprio lui.
«E Kellerman come intende gestire il pasticcio del sergente Woods?».
«Chiederà delucidazioni allo Sturmbannführer Strauss».
«Chiederà delucidazioni allo Sturmbannführer Strauss!» ripeté Huth, fingendosi sorpreso. «Sarà il caso che le dia io alcune delucidazioni, senza ricorrere allo Sturmbannführer Strauss. Sapeva che il nome di Harry Woods è stato aggiunto nell’elenco dei ricercati dietro ordine espresso del generale Kellerman?».
«Non è vero!».
«Di sicuro lei fa il suo mestiere da una quantità di tempo sufficiente per capire quando viene ricattato».
Douglas tacque.
«Che cosa le ha offerto, il vecchio bastardo? Una casa in campagna? Una promozione? Certo non qualche donna: lei non è il tipo».
«Niente».
«Non le credo».
«In qualità di superiore di Harry Woods, solo lei, qui, è in grado di farlo rilasciare, usando l’autorità conferitale dal Reichsführer-SS» ribatté Douglas, gelido.
Huth annuì, severo. «E non appena firmerò l’ordine di rilascio di Woods, la Gestapo troverà il modo di mettermi sotto custodia per scoprire se sono suo complice. Poi romperanno i sigilli degli archivi e leggeranno tutto il mio materiale privato... dopodiché verrò rilasciato tra mille scuse e giustificazioni per l’errore commesso, ma i documenti che ho raccolto su Kellerman si saranno volatilizzati».
«Kellerman sostiene che la Gestapo risponde direttamente a Berlino».
«Mi dica» lo schernì Huth, protendendosi sulla scrivania, «appende ancora la calza all’albero di Natale? Giuro che resterà tra noi». Unì le mani, intrecciò le dita e le torse, facendo schioccare le nocche. «Il generale Kellerman ha arrestato il suo amico Harry Woods, per spingerla a tradirmi. Prima se ne renderà conto, prima riusciremo a collaborare per sconfiggere il vecchio maiale schifoso».
«Perché non passa l’inchiesta Kellerman a qualche altro ufficiale?».
«Di chi potrei mai fidarmi?».
Douglas non rispose. Capì che si trattava di una faida cui nessuno dei due contendenti intendeva rinunciare.
«Cinque o sei anni fa, Kellerman non era nessuno» disse Huth, nel tentativo di spiegare l’odio, o forse l’invidia, che provava. «Condivideva un ufficio schifoso alla periferia di Lipsia con tre dattilografe e un investigatore di polizia. Era un Obersekretär, la forma più infima di vita animale nel dipartimento di polizia criminale tedesco. Poi si è unito al partito nazista e alle SS, e si è fatto strada a colpi di sorrisi servili, fino a diventare un alto funzionario delle SS e il comandante della polizia britannica. Non male, eh? E non deve bersi quelle cazzate sul fatto che non abbia alcuna autorità e che a Berlino lo detestino. È il suo stile».
«Comincio a crederlo».
«Incontrerà Kellerman nei salotti più importanti della nobiltà britannica, intento a diffondere il suo messaggio di amore e prosperità, e a sfoggiare la sua imitazione perfetta del vecchio cretino distratto cui piacciono la birra tiepida, i completi di tweed, i cocker spaniel e i ricevimenti. E a far credere che qualsiasi inglese che scatti in piedi alle prime note di Deutschland über Alles lo potrà manovrare e mettere nel sacco». Huth ripiegò il giornale in un pacchettino. «Pensava fosse uno snob, vero? Gli piace farlo credere». Gettò il giornale nel cestino con tanta violenza da capovolgerlo e spargere il contenuto sulla moquette. «Ora, mi dica cosa voleva!».
«Le veline».
«Perché?».
«Per provare a Strauss che Harry Woods risponde direttamente agli ordini di Berlino».
«E lei ha pensato: è solo un elenco di numeri. Che male può fare? Giusto?».
«No».
«Non lo neghi! Ce l’ha scritto in faccia». Sventolò una mano in aria, mentre Douglas apriva la bocca per spiegare. «Va bene, va bene, va bene. Se a essere nei guai fosse un mio amico, penserei la stessa cosa».
«Secondo lei, il generale Kellerman ha dato ordine di scavare negli archivi di Berlino?».
«Mettendo le mani su un elenco di codici degli archivi, otterrebbe anche la descrizione di tutte le prove a suo carico».
«Ha annullato il suo viaggio per il fine settimana» osservò Douglas. «Ha detto che non parte perché è preoccupato per Harry Woods».
«Ma che bella sviolinata. Kellerman era stato invitato a una battuta di caccia a Schönhof, nel casino di caccia di von Ribbentrop. Non è un impegno cui rinuncerebbe per un misero sergente, arrestato dietro suo ordine e che poi ha tentato la fuga».
«Allora perché rimane?».
«Gli eventi precipitano, Archer. Di sicuro se ne accorge anche lei. La legge marziale conferisce tutto il potere ai nostri colleghi dell’esercito. Kellerman deve decidere se intralciarli e ostacolarli, o andare a prostrarsi davanti al comandante delle forze armate. È tornato da Highgate con l’idea squinternata che l’esercito abbia provocato l’esplosione per conquistare il potere, ma il numero di vittime l’ha convinto ad abbandonare l’ipotesi».
«E quanto impiegherà lei a ottenere le prove contro il generale?».
«Farò in modo che Kellerman rimpianga di aver abbandonato quell’ufficio schifoso a Lipsia. Ho ricevuto un telegramma dai miei agenti in Svizzera: Kellerman ha accumulato più di quindici milioni di Reichsmark in conti cifrati. Una volta ottenute le copie, lo arresterò d’autorità e lo consegnerò alle unità SD».
Douglas annuì. I giornali pubblicavano settimanalmente gli elenchi di chi veniva giustiziato per essersi macchiato del reato di mercato nero, corruzione o saccheggio. Sotto questo aspetto, i tedeschi applicavano la legge su se stessi e sugli inglesi con egual rigore.
Huth sospirò. «Dia al vecchio pazzo l’elenco di fascicoli numerati che abbiamo stilato quando ci è stato richiesto tutto il materiale relativo agli alloggi e alla disciplina delle unità SS in Inghilterra occidentale. Gli ci vorrà un po’ per decifrare i nomi. Poi gli dica che i fascicoli sono stati archiviati sotto nomi falsi per motivi di sicurezza. Passerà un altro mese prima che scopra il nostro inganno, e le garantisco che a quel punto ci saremo liberati per sempre di quel furfante». Sollevò il pugno, per poi addolcire il gesto, agitando il dito. «Ma gli consegni un numero di fascicolo autentico e, quanto è vero Iddio...».
Lasciò la frase in sospeso. Una raffica di vento fece tremare le finestre e grosse gocce di pioggia pulirono qua e là i vetri fuligginosi. Il Tamigi era color piombo, e pareva altrettanto solido.
«Non gli consegnerò quelli veri».
«Archer» lo richiamò Huth, mentre si avviava alla porta, «non confidi troppo sul fatto che Kellerman possa aiutare il suo amico Harry. Scelga un nuovo sergente in grado di iniziare a lavorare da domattina».