IX

Trattazioni

L’alba era da poco giunta quando bussarono alla porta dei De Panè. Rodrigo era appena arrivato, come previsto, per occuparsi della consegna dei carichi. Ancora non vi era nessuno in giro intorno alla tenuta poiché l’orario fissato erano le otto, al porto, davanti al vascello “Maria Pia”.

La porta si aprì.

“Buongiorno, Rodrigo” lo accolse Ginevra.

“Buongiorno, come siete mattiniera...” osservò stupito da quella presenza, poiché a quell’ora era solita aprire solo la servitù.

“Sono solo contenta di venir al porto con... voi questa mattina” disse lentamente la ragazza. Poi aggiunse: “Ho ultimato i conti”.

“Ma avete dormito?”

“Il tempo necessario...” affermò sorridente.

“Capitano Rodrigo, ciao!”

Rosalia corse giù per le scale ancora in tenuta da notte, poiché i rumori dei due l’avevano svegliata.

“Rosalia, un po’ di educazione” disse Ginevra alla sorellina.

“Che cosa ho fatto?” chiese la piccolina, mentre il giovane tratteneva le risa.

“Fila in camera tua, su!” ordinò la sorella maggiore. La bambina obbedì sbuffando. “Ha sette anni, vi prego non fateci caso. Nostra madre è troppo silenziosa per insegnarle le buone maniere. Da quando non c’è mio padre, di fermare ed educare Rosalia non vi è modo...” disse Ginevra, invitando Rodrigo ad avviarsi con lei verso lo studiolo.

“Educare lei? Non ho sentito nessuna battuta tagliente, solo un misero ‘ciao’, detto a un amico, nonché futuro cognato” affermò lui divertito.

“Io non ho la lingua tagliente con tutti, bensì solo con chi se lo merita.”

“Tutta qui la vostra replica?”

“Ovviamente no! Non siate così convinto che vi sposerò. Ho ancora tempo per mettere in atto il mio proposito” replicò convinta Ginevra.

“Vivrete sola per tutta la vita? Tuttavia, al capitano Cortez non avete detto il contrario? Che a ciò non mirate, in fondo?” chiese il capitano stuzzicandola.

Ginevra sbuffò offesa e andò via, lasciando il giovane spagnolo nello studiolo dove erano appena giunti. Con il viso rivolto sui documenti da ultimare, Rodrigo scosse la testa divertito.

***

Il porto era più vivo che mai quel giorno. Appariva come un’isola a parte, sempre a lavoro, chiassoso, lontano dagli scontri e dalle violenze che si erano perdurate per mesi.

Casse cadevano a terra ed erano lanciate dai vascelli, persone camminavano a fiotti tra esse, commercianti concludevano affari parlando in diverse lingue, ragazzini correvano scapestrati tra le vie, portando messaggi.

I carri e la carrozza con Ginevra, Marco Calegna, Fiumara e Rodrigo giunsero al porto in mezzo a tutto quel frastuono. Anche Matilde si era aggiunta alla compagnia, incuriosita dalla foga della sorella.

“Siete felice di tale baccano? Sappiate che è così già alle quattro del mattino” disse Rodrigo a Ginevra.

“Come fate a saperlo?” chiese Matilde, introducendosi nella conversazione mentre scendeva dalla carrozza.

“Vedete quella casa con il balcone in ferro, lì al primo piano?” il capitano indicò in direzione del luogo avvicinandosi a Matilde.

“Sì” rispose la ragazzina.

“Io vivo lì. È una proprietà del marchese Castillo, me l’ha offerta come giaciglio mesi fa.”

“Pagherei per vivere in un posto del genere” affermò entusiasta Ginevra.

“Non penso che lo affermereste una seconda volta, specialmente dopo aver vissuto per mesi senza dormire per più di tre ore” replicò il capitano Olivier divertito, ma convinto delle sue parole.

“Parlate per voi” disse la ragazza, osservandolo in viso con aria di sfida, per poi soffermarvisi. Lui rimase intimidito da quel gesto. “Non mi ero mai accorta del vostro color d’occhi. Sembra richiamare quello del mare d’inverno.”

“Quando avrete finito di battibeccarvi come due colombi in lotta e in amore, sappiate che il carico è pronto” accennò divertito Francesco Fiumara. Poi, però, decise di non continuare il discorso, dopo uno sguardo di rimprovero da parte di Ginevra.

“Ci aspettano al vascello Maria Pia” continuò il giovane, cercando di non ridere.

L’affare fu concluso in poche ore all’interno di un ufficio della marina. Il compenso fu considerato più che adeguato per la merce venduta, la quale fu spedita a Genova quel giorno stesso. Si trattava di seta e materie prime prodotte nelle campagne dei De Panè.

Usciti dal luogo, un incontro inaspettato diede loro qualche problema. Rodrigo era il primo davanti alla compagnia, che si disperse velocemente per non destare sospetto.

“Capitano Olivier, che cosa state facendo qui al porto?” chiese il generale Estevez, con tono fermo.

Era di passaggio tra quelle vie per fare dei controlli insieme al capitano Juan Cortez, che era divenuto fido amico dello Stratigoto, al punto da avere potere di decisione e influenza sui commerci marittimi della città.

“Generale Estevez, che meravigliosa coincidenza incontrarvi qui” disse Matilde ad alta voce. La ragazza si trovava dietro Rodrigo e si mostrò ai due militari, per lasciare uscire dall’edificio il resto del gruppo e non far capire che il capitano Olivier era lì per aiutare la sua famiglia.

“Baronessina De Panè, quanto tempo è passato dal nostro ultimo incontro? Un anno o forse due? Siete divenuta una bellissima donna” disse galantemente Estevez, baciando la sua mano, seguito dal capitano Cortez, che abbozzò un inchino e un mezzo sorriso.

“Vi ringrazio del complimento. Sono giunta qui per fare un acquisto a nome del marchese Castillo. Il capitano Olivier è stato molto gentile a offrirsi, all’ultimo minuto, di aiutare il marchese, proteggendomi da possibili attacchi” inventò la ragazza, senza farsi prendere dal panico.

“Se è così, vi fa onore che nei vostri giorni di libertà aiutate una giovane fanciulla e un vecchio rispettoso” affermò Juan Cortez con un po’ di acidità. Intanto, il generale Estevez, perso dal corteggiare Matilde con lo sguardo, non captò la bugia, sebbene la ragazza fosse troppo giovane per lui.

“Possiate avere un buon proseguimento nelle vostre spese, baronessina” disse il generale e con un saluto militare andò via con il capitano Cortez. Quest’ultimo, di tanto in tanto, osservò con occhio sospettoso da lontano la ragazzina con il giovane capitano, prima di svanire tra la folla.

“Chi vi ha insegnato a mentire in questo modo spudorato?” chiese sorpreso Rodrigo a Matilde.

“Mia sorella Ginevra. Sapeste quante cose nascondeva ai nostri genitori. Come quella volta che...” era pronta a raccontare al curioso Rodrigo un divertente aneddoto, ma fu interrotta.

“Matilde!” la richiamò la sorella appena sentì quella frase a pochi passi dai due. “Non sono cose che potrebbero interessare il capitano!”

“Veramente sì, e molto” abbozzò sorridente il giovane, ma la baronessina non rispose e si avviò con la sorella per salire sulla carrozza appena giunta.

***

Durante i minuti in cui vi fu l’incontro tra Rodrigo e il generale, Calegna e Fiumara, che erano rimasti indietro scendendo le scale della marina, furono fermati da un loro amico, il barone Gerardi.

“Sono di fretta, devo portare un messaggio giunto dopo una riunione importante tenuta a casa di alcuni amici nostri. Gente come noi” disse l’uomo, soffermandosi per fargli capire che si trattava di Merli.

“Parlate amico, non fermatevi. Cosa contiene il vostro messaggio per essere costretto voi stesso a consegnarlo?” chiese Calegna.

“Voi non potete saperlo, poiché il marchese non partecipa a tali riunioni e De Panè ha lasciato la città da tempo. Voci e amicizie hanno chiesto aiuto, molto lontano.”

“Dove? A chi è stato chiesto aiuto? A Roma?” chiese Fiumara insospettito.

“No, più su. Lontano da Roma...”

Il torno di voce di Gerardi fu quasi impercettibile, poiché di gente in quel luogo ve ne era troppa, come occhi e orecchie indiscrete pronte a colpire i disertori.

“Questo messaggio deve giungere a Luigi XIV. Le morti e gli attacchi stanno cessando lentamente a nostro favore. Vedete? Il porto non si ferma. Troveremo aiuto.”

“Se a tali notizie fossero vere e tale aiuto arrivasse, tutto tornerebbe come in passato. Le mie cugine potrebbero riabbracciare il padre e tutti noi tornare in serenità.”

Fiumara era visibilmente speranzoso.

“I miei saluti a voi amici. Devo correre via” concluse il barone Gerardi.

“Saluti a voi” aggiunse Calegna.

I due non sorrisero immediatamente a quella notizia per non dare nell’occhio, ma appena giunti in carrozza, fuori dalle mura, gioirono in volto, tanto da suscitar curiosità nei loro amici.

“Alla marina abbiamo incontrato il barone Gerardi, quando eravate impegnati fuori, in attesa della carrozza con altra compagnia” disse Fiumara.

“Vi sono notizie che se giungessero a destinazione potrebbero cambiare ogni cosa” continuò Calegna.

“In che senso?” chiese Rodrigo.

“Voi siete amico di famiglia e di fiducia, anche se il vostro nome e la vostra discendenza sono le stesse dei nostri nemici. Mi dispiace utilizzare parole forti come tuoni. So che terrete per voi la notizia, a causa della vostra amicizia e del futuro legame con Ginevra. Tale nuova ha sconvolto, in bene, le nostre menti e i nostri cuori. Vi sono state riunioni tra Merli e coloro che si stanno opponendo alla Spagna, ecco perché il porto è nuovamente fiorente e gli assassinii mirati diminuiti. Lettere si stanno scambiando tra Messana e la corona di Luigi XIV per chiedere aiuto e accordarci per mettere fine al potere imposto del regno di Spagna. Oggi ne è stata spedita una nuova” rispose Calegna.

Questo, però, fece intristire il capitano.

“Cosa? Vuol dire che nostro padre potrà tornare presto? Che tutto sarà finito?” chiese Ginevra.

Appena la compagnia giunse al castello dei baroni, Matilde scese per prima dalla carrozza, correndo dalla madre per raccontarle la buona nova. Calegna e Fiumara andarono via subito dopo per avvertire immediatamente le rispettive famiglie.

In tutto quel furore, Rodrigo e Ginevra erano rimasti nel giardino adiacente la porta. Lui era ancora pensieroso.

“Cosa accade? Perché siete così triste e silenzioso?” domandò la ragazza.

“Lasciate stare...” rispose lui allontanandosi.

“Perché? Cosa vuol dire?”

“Se tale notizia fosse vera, se Luigi aiutasse la città poiché in lotta con la Spagna, cosa accadrebbe a me?” chiese Rodrigo, abbassando la voce per timore.

Ginevra pensò a lungo a cosa rispondere, ma, anche se cercava il suo sguardo per rassicurarlo, fu inutile. Lui si mosse, allontanandosi sotto un albero. “Voi non dovete preoccuparvi, in caso vogliate rimanere qui in Sicilia” disse la ragazza, cercando di non sbagliare e non ferire.

“Le vostre parole sono mosse da un cuore amico, ma voi non sapete che tipo di violenza si può scatenare contro un disertore della propria patria.”

La rassegnazione faceva capolino sia nella voce, sia negli sguardi del capitano.

“Non lo saprò, e forse sono solo una grande ignorante con la testa dura, sempre convinta di sapere tutto, ma se voi diventaste cittadino di questa città a tutti gli effetti non dovreste aver paura poiché ne acquistereste diritti e nessuno vi ucciderebbe.”

“E come dovrei fare secondo voi? Tutti sanno che sono spagnolo!” esclamò poco soddisfatto di quelle parole.

“Sposando me. Io sono siciliana. Se rischiaste la vita, indipendentemente dai sentimenti che nutro per voi, vi sposerei. Vi siete comportato da buon amico, aiutandoci. Ve ne sarei grata e non sarebbe un sacrificio alla mia libertà, salvarvi” rispose Ginevra, sebbene fosse poco convinta della vera motivazione dietro quel suo gesto.

“Sacrificio! Voi mi sposereste solo se cercassero di uccidermi? Non è ciò che voglio! Arrivederci!” disse Rodrigo nervosamente, andando via e lasciando Ginevra immobile di fronte a quelle parole.