XVIII

Il lungo sonno del popolo

La cittadina non possedeva più la forza di ribellarsi al nemico. Il popolo si era lasciato andare nelle mani del nemico. Chi aveva lottato era stato ucciso. La cittadinanza era più che dimezzata. Coloro che erano sopravvissuti, in piena omertà, si rassegnavano al loro destino, senza opporsi, pensando più a proteggere le proprie famiglie che a contrastare il violento predominio spagnolo, tornato più forte di prima.

Rodrigo camminava lungo le strade adiacenti al porto, in mano teneva un pacchetto comprato in un negozio di setaioli. Giunse all’interno di un palazzo, salì le scale ed entrò nella casa dei Gonzaga, nobili spagnoli appena giunti in città.

La famiglia Gonzaga contava tre figlie, tutte di salute cagionevole e in età ben avanzata per essere considerate da marito. A Rodrigo poco interessava quale delle tre avrebbe sposato. Si sarebbe affidato ai consigli del loro padre.

Quel giorno giungeva con l’ennesimo presente al fine di conquistarsi i favori della famiglia. Voleva sposarsi il prima possibile. La decisione era mossa dal suo cuore, il quale non voleva più accettare l’allontanamento forzato dalla persona realmente amata.

Preferiva fare lo spagnolo e sposare qualcuno della sua gente. In fondo, questo si aspettavano tutti da lui: che non fosse più stato se stesso, ma la maschera imposta dalle apparenze.

“Spagnolo sposa spagnola”. Questo si ripeteva nella sua mente a ogni passo, razionalizzando sentimenti che vanno fuori dalle linee e da strutture prestabilite.

Il giovane capitano sedeva nella stanza davanti alle tre ragazze. Il loro aspetto non era dei migliori: pelle bianca, nasi aquilini, occhi un po’ troppo marcati.

Rodrigo cercò più volte d’instaurare una conversazione, ma nessuna di loro era loquace, né dimostrava interessamento. Erano vestite di abiti scuri come se fossero a lutto, sebbene non fosse morto nessuno nella loro famiglia.

Le figlie dei Gonzaga erano austere, poco inclini alla spontaneità e si muovevano con gesti statici, dettati dall’etichetta più che dai bisogni istintivi umani. Erano, ovviamente, molto educate, secondo le buone maniere che erano imposte alle giovani nobili. Tuttavia, tra loro e le spade appese sopra il camino di quel salotto non vi era differenza, anche per le forme dei loro corpi privi di curve o morbidezza nei tratti. Solo la terza sembrava più incline alla conversazione, poiché disse un semplice “Buongiorno”, freddo e distaccato.

Non vi era dialogo, né passione: niente, se non facciata e convenienza.

Il conte Gonzaga, pur di maritare una delle sue figlie, offriva il suo titolo e un’ottima dote, nonché prestigio, visto che la Spagna lo aveva inviato per prendere parte al magistero di eletti e controllare la città.

Rodrigo avrebbe ottenuto il titolo di generale per segnalazione da parte del futuro suocero, sebbene in realtà non gli importasse di quello. Voleva solo rifugiarsi in un porto sicuro, dove il suo cuore non avrebbe più sofferto per il dubbio di fidarsi o meno dei gesti e dei sentimenti di Ginevra.

“Siamo molto lieti della vostra visita. Capitano, ditemi, è vero che siete ben conosciuto e potente in città?” chiese la madre delle ragazze, mentre sorseggiava il tè insieme a loro.

Era un gesto molto comune per l’etichetta di un tempo: serviva a controllare le azioni e i propositi del giovane nei confronti delle sue figlie.

“Sono lieto di essere in vostra compagnia quest’oggi, contessa. Sì, così dicono” rispose Rodrigo, sorridendo alle ragazze sperando di ricevere un gesto di apprezzamento. Tuttavia, non accadde nulla. Anzi, lo sdegno delle ragazze si lesse nella loro indifferenza e in alcuni commenti tra di loro sottovoce.

“Ragazze, un po’ di educazione!” le richiamò la madre. La contessa Gonzaga era una donna dai modi altezzosi, dai lunghi capelli neri raccolti in un’acconciatura posta sopra la nuca, com’era di moda. Indossava gioielli che a quell’ora del giorno erano poco appropriati: ostentava la sua falsa cultura ed educazione, come se fosse migliore degli altri. Era molto simile alle sue figlie che dimostravano poca umiltà.

Dopo aver finito di sorseggiare il suo tè e molti minuti d’imbarazzante silenzio, Rodrigo uscì da quel luogo, ma con l’invito del conte di tornare ancora a trovarli. Sebbene quei gesti mostrassero solo un falso apprezzamento, a parere del nobile egli aveva colto i favori di una delle tre ragazze.

Dopo la conversazione con la contessa, Rodrigo capì che dietro i tratti spigolosi di quella famiglia si nascondevano più aguzzi propositi. Il capitano rappresentava un veicolo per entrare a far parte dei giri interni della città. Egli conosceva i nobili, era uno degli amici del salotto più frequentato, quello del marchese Castillo, e avrebbe aperto le sue porte anche a loro, prefigurando possibili ingenti guadagni.

Rodrigo diveniva un oggetto nelle mani di qualcuno a cui non importava della sua persona o dei suoi sentimenti, assecondava solo il desiderio di chi intendeva ostentare le persone come trofei.

Sentimenti non reali, nel bene e nel male, e i dubbi piombarono nella sua mente: voleva davvero essere trattato in quel modo per non combattere e ottenere la vita che desiderava?