XXII

Il colpevole

“Non capisco come a vostra sorella possa interessare una persona del genere” chiese acidamente Rodrigo quella mattina, rivolgendosi a Matilde.

“Penso, capitano, che la domanda che voi mi state ponendo, sebbene con soggetti diversi, sia la stessa con la quale mia sorella si tormenta ogni notte. Quando, per paura, cammina in lungo e in largo nel nostro giardino, tra gli alberi di arance” rispose Matilde, lanciando uno sguardo divertito al capitano.

Poi continuò: “Voi uomini siete tanto bravi a essere timidi e introversi. Guardate Michele con me: non riesce a farsi avanti, convinto che io non sappia cosa possa volere. Guardate voi! Mi scuso per le eventuali offese, ma siete tanto fiero – ‘storto’ come diciamo qui – pieno di durezza e freddezza nel vostro animo. Voi uomini perdete tempo, impegnati a pensare come procedere nella vostra vita, e, distratti da ciò, non notate che c’è sempre qualcuno che vi aspetta e che soffre di tale atteggiamento. Voi siete distratto, dovreste osservare meglio, capitano!”.

Rodrigo rimase immobile a tali parole, mentre Matilde lo abbandonava per occuparsi della sua parte di lavoro in quel giorno tanto soleggiato.

Il capitano osservò da lontano Ginevra parlare con uno dei contadini, il quale le aveva appena portato della merce. La giovane donna sorrise, sin poco prima che l’uomo andasse via. Poi, immediatamente, dopo questo momento allegro, quando si ritrovò sola, l’espressione sul suo viso cambiò, trasformandosi in un cielo senza stelle. Una profonda tristezza appariva sui suoi morbidi lineamenti.

“Ginevra!” disse ad alta voce il capitano. Lei si girò preoccupata, Rodrigo la raggiunse.

“Sì?”

Rodrigo si fermò a osservarla per qualche istante, poi si mosse verso di lei, che nel frattempo si stava pulendo le mani, sporche di terriccio, con un fazzoletto bianco.

“Perché, perché soffrite quando dite di non provare interesse?” chiese il capitano nervosamente.

“Non capisco a cosa vi stiate riferendo...”

La sua voce tremava per la menzogna detta. Seguì un lungo silenzio tra i due, interrotto dalla voce di Matilde che dalla finestra urlò: “Le guardie dello Stratigoto stanno arrivando qui!”.

I due, dal giardino, si girarono verso la cancellata. Alla vista di Rodrigo i militari impugnarono le armi.

“Rodrigo, fuggi!” disse Ginevra. Lui le sfiorò la mano, guardandola rassegnato. “Presto! Corri!”

Le dita di entrambi scivolarono nel vuoto. Rodrigo corse verso uno dei cavalli e galoppò verso una strada sterrata che si perdeva nel bosco dietro la tenuta.

Le guardie dello Stratigoto giunsero quasi alla porta della casa e lanciarono uno sguardo torvo a Ginevra, partendo alla ricerca del capitano.

Le ore passarono, ma non si seppe più nulla. Le guardie avevano fatto ritorno per quella via. Alle prime luci dell’alba, Juan Cortez giunse in quel luogo, entrando come se ne fosse il padrone. Le figlie del barone De Panè scesero le scale, facendo finta di essere sorprese dal suo arrivo.

“Baronessine, sono qui alla ricerca di un fuggiasco e traditore. Penso che lo conosciate bene, visto che si è nascosto per settimane dietro la maschera di un buon amico per tutti noi.”

“È inutile che voi siate giunto a cercarlo sin qui, Capitan Cortez. Appena ha visto le guardie è fuggito verso Palermo” rispose Ginevra.

“Ma questo lo so bene, e so anche che le mie guardie lo troveranno a breve. Giungo qui per informarvi che, temporaneamente, mi è stato dato il titolo di capo delle guardie della città, quindi avrò meno tempo per aiutarvi nei prossimi giorni. Tuttavia, tornerò in tempo per controllare la vendemmia. Baronessine!”

Il capitano Cortez fece un inchino in segno di saluto e andò via.

***

Il capo d’imputazione per l’omicidio del generale Estevez era la brama di potere del capitano Olivier. Questo aveva riportato Cortez, in privato, al governatore.

Il nuovo capo delle guardie confidò anche che il disertore aveva smaniato talmente di acquisire potere da aver cercato più volte di essere promosso al grado di generale, prima inserendosi nelle conoscenze del marchese Castillo, poi uccidendo Estevez e infine cercando di sposare la figlia del conte Gonzaga.

Inoltre, la presenza del corpo vicino alle terre dei baroni De Panè rappresentava un’ulteriore conferma che egli avesse commesso l’omicidio, visto che, con il barone, erano amici di lunga data, fidati al punto che il De Panè aveva affidato proprio al capitano l’amministrazione delle terre di baronia.

Il governatore, a tali motivazioni, riconobbe il capo d’imputazione, per cui Rodrigo fu immediatamente dichiarato disertore della corona spagnola.

I giorni passarono. Del capitano Rodrigo Olivier si erano perse le tracce. La voce comune era che fosse morto durante la fuga, cadendo in un burrone sulla via di Palermo. Questa, tuttavia, era una possibilità che Ginevra non voleva accettare.

Il dubbio tra la vita e la morte era sempre una speranza, paragonato con la sicurezza della sua sorte in caso fosse stato catturato dalle guardie spagnole. Purtroppo, tale speranza svanì presto.

Una mattina, poco prima della vendemmia, Michele giunse al castello dei De Panè con una notizia terribile: Rodrigo era stato catturato. La voce del suo soggiorno, già in atto, nelle carceri cittadine era giunta fino ai confini, fuori dalle mura della città.