Don Pietro rimirò stupefatto il nuovo refettorio. I lavori erano finiti e la grande sala era splendida. Tutta bianca, pulita e lucida. I suoi senzatetto stavano portando dentro i tavoli e le sedie. C’era un frastuono di voci, risate, mobili spostati e allegria.
Il professore e il vecchio Dimitri, ancora mezzi bendati, controllavano il traffico dell’arredamento, seduti accanto alla porta. Ai loro piedi, in un cestino sonnecchiava Picchio.
«Ma come hanno fatto a finire in poche ore, mentre io non c’ero?» si chiese don Pietro.
«Quando il gatto non c’è i topi ballano» borbottò il professore.
«Che vorreste dire?»
Niente, prete, solo che sei un po’ invadente, sbadigliò il cane, e quando non ci sei tu qui gira tutto più velocemente.
«Non essere maleducato» lo rimproverò il professore.
Don Pietro trasecolava. «Anche maleducato mi devo sentir dire. E che altro?»
«La vuole sapere tutta?» disse Dimitri. «Lei mette ansia a noi. Troppo esagerato. Se volere fare paragone, lei piccolo Hitler. Noi barboni molto intimiditi e fare errori. Quando lei via, noi molto svegli.»
Don Pietro cominciò a camminare a grandi passi per la stanza, girando in tondo. Agitava le braccia e parlottava fra sé.
«Bene, molto bene, abbiamo fatto la rivolta degli schiavi, Spartacus.»
Lo lasciarono girovagare per qualche istante, tanto per farlo sfogare.
Poi il professore chiese. «E il ragazzo dov’è?»
«Smilzo è sparito, se n’è andato. Ha fatto l’eroe e poi è scomparso. Bel ringraziamento.»
«E la bambina?»
«Con la mamma, a casa, al sicuro.»
«Però almeno loro ci potevano passare a salutare» disse il professore.
«Andavano di fretta, ha detto il commissario. E con quello che hanno passato è comprensibile. E poi mica erano obbligati a venirci a salutare. Alla fin fine noi per loro siamo estranei. Non gli siamo niente a quella gente.»
I due vecchi erano delusi.
«Non lo so, ma mi sembra una cosa triste» mormorò il professore.
«Pure a me» convenne con un sospiro il vecchio Dimitri.
E anche a me, pensò don Pietro. Ma la vita è così.
Rimasero in silenzio.
Poi Dimitri guardò l’ora. «Che abbiamo per cena stasera?»
«Speriamo gli spaghetti al pomodoro» disse il professore, «che piacciono tanto anche a Smilzo e alla bambina, così ceniamo tutti insieme. Con loro.»
«Che bello» commentò l’altro vecchio, contento.
Si sono già dimenticati tutto, pensò don Pietro, sorridendo fra sé. Buona fortuna ragazzi.