Rowan McAllister
“Ho sempre accolto con piacere l’idea di un nuovo giorno, un ulteriore tentativo, un altro inizio, con anche magari un pizzico di magia nascosta da qualche parte dietro al mattino.” (J.B. Priestly)
Fa male assistere a un’anima brillante e uno sfavillante nuovo amore che vengono presi a calci in faccia dalla vita. Ma avere il privilegio di testimoniare ciò che può succedere dopo rinnova la mia fede nello spirito umano.
Io credo nell’amore. Non devo fare altro che spalancare gli occhi per vederlo, aprire la mente per riconoscerlo in tutte le sue forme, ed ecco che lui è lì.
Credo nella magia, e poiché ci credo, essa diventa una cosa reale.
Eric e TJ, vi auguro di non perdere mai la magia. Il vostro inizio e il vostro nuovo giorno non sono più lontani del mattino.
UN ATEO e un istruttore di yoga si incontrano in un bar…
Non era una barzelletta.
E se lo fosse stata io non ne conoscevo il seguito; ma fu quella la frase che mi balzò alla mente mentre seguivo oltre le porte il bellissimo sedere del ragazzo con indosso la maglietta di un centro benessere e un tappetino da yoga a tracolla. I bermuda aderenti gli incorniciavano il fondoschiena in un modo così sublime che dovetti letteralmente costringermi a distogliere lo sguardo. Ma il tizio con il tappetino non era la persona che ero venuto a incontrare – persona che immaginai non sarebbe stata affatto contenta di vedermi occhieggiare il culo di qualcun altro. È quel genere di cose che non fa una prima buona impressione.
Alla fine riuscii a convincere i miei occhi ad accettare gli ordini del mio cervello e passai in rassegna il resto del locale alla ricerca del mio appuntamento. La settimana prima, mia sorella Mia era finalmente riuscita a convincermi ad accettare un appuntamento al buio con il nuovo tecnico informatico del suo ufficio. Non le avevo reso facile il compito: era vero che era trascorso un bel po’ di tempo da quando io e il mio ultimo ragazzo avevamo rotto, ma non mi sentivo ancora abbastanza disperato da farmi tentare dagli incontri combinati.
Dopo aver tessuto incessantemente le doti di questo ragazzo per quasi due settimane, Mia si era decisa a tirare fuori l’artiglieria pesante e giocare sul mio senso di colpa.
“Si è trasferito da poco, Ade, e non ha molti amici. E anche se non dovesse scattare nulla dal punto di vista romantico, potresti sempre fargli un po’ di compagnia e presentarlo ai tuoi amici. Farlo sentire accettato, almeno,” mi aveva detto.
A quel punto avevo cominciato a cedere, e lei lo sapeva. A nessuno piace stare da solo in una città sconosciuta, e nemmeno io ero così spietato.
“Tra l’altro è anche un bel ragazzo,” aveva aggiunto con una strizzata d’occhio e un sorrisetto furbo.
Così avevo accettato.
Ora, Mia tende a esagerare, e aveva detto ‘bel ragazzo’, non ‘strafigo’ e neanche ‘figo da sbavo’; motivo per cui stavo cercando qualcuno che su una scala da uno a dieci fosse un cinque – più o meno come me. Qualcuno di altezza media, aspetto normale, che indossava occhiali e probabilmente pantaloni e polo – come me –tenuta tipica da primo appuntamento. La maggior parte della gente aveva la tendenza a considerare un cinque quasi un insulto, come se qualsiasi cosa sotto al sette fosse da considerare poco attraente. Ma io quella cosa non l’avevo mai capita. Sono un professore di matematica e qualche volta mi piace giocare con la statistica. La scala va da uno a dieci e semplicemente non è possibile che tutti siano al di sopra della media, perché altrimenti non sarebbe più una media. La stragrande maggioranza dell’umanità sta esattamente al centro della curva di Gauss, e non riesco a concepire perché la gente lo consideri un problema. A me sembra perfettamente logico e accettabile.
Dopo essermi attentamente guardato intorno alla ricerca del mio appuntamento, giunsi alla conclusione che non era ancora arrivato, oppure che non sarebbe proprio venuto. Avevo quasi deciso di andare ad aspettare al bar quando, tornando a guardare in direzione del ragazzo con il tappetino da yoga, lo vidi fissarmi con un sorriso sfavillante dipinto sul viso… e mi sentii affondare lo stomaco.
“Adrian?” mi chiese. “Sei Adrian Ford, il fratello di Mia?”
Oh, no.
“Ehm… Brian Worthy?”
Il sorriso sfavillante si fece addirittura abbacinante. “Sì, sono io. È un piacere conoscerti finalmente. Tua sorella parla di te continuamente,” mi rispose mentre ci stringevamo la mano.
A quanto pare, però, non ha fatto lo stesso con me.
“Piacere mio,” feci io poco convinto, cercando di non palesare il mio sconcerto.
Lui mi strinse ancora una volta la mano e poi la lasciò andare, ma prima che avessi il tempo di dire qualche altra cosa – tipo accampare una scusa e darmela a gambe – la sua attenzione si spostò su qualcosa alle mie spalle. “Ehi, mi sembra che ci sia un tavolo libero là dietro. Che ne dici di accaparrarcelo prima che lo faccia qualcun altro?” mi chiese.
Si avviò senza neanche aspettare una risposta e io lo seguii rassegnato, incapace persino di godermi lo spettacolo del suo sedere perfetto. La mia mente era totalmente occupata a cercare un modo per dire a Mr. Tappetino-da-yoga che non era per niente il mio tipo, in un modo tale da non ferire i suoi sentimenti o indispettire mia sorella.
Non appena ci fummo arrampicati sugli sgabelli posti attorno all’alto tavolino rotondo, si presentò la cameriera, fornendomi così altro tempo prezioso per inventarmi qualcosa.
“Salve, ragazzi! Che vi porto?”
Brian sfoderò lo stesso sorriso splendente che aveva rivolto a me, e io mi sentii un po’ meno spaventato. Forse salutava tutti in quel modo entusiasta e allora fargli il discorso ‘limitiamoci all’amicizia’ non sarebbe stato difficile quanto avevo creduto.
“Ciao. Perché non mi porti qualcosa alla spina? Sorprendimi,” disse alla ragazza.
Il sorriso di lei si fece ancora più ampio. “Bene. E per lei?” fece, voltandosi verso di me.
“Per me, ehm, lo stesso.”
A dire la verità non era stata mia intenzione fermarmi abbastanza a lungo da bere, ma ero rimasto incastrato tra gli ingranaggi della buona educazione, e probabilmente avrei fatto meglio ad abituarmi all’idea che non mi sarei liberato tanto in fretta. Inoltre, Mia mi aveva chiesto di farci amicizia, indipendentemente da tutto il resto, e almeno quello potevo farlo. Ciò non m’impedì di mandarla silenziosamente a quel paese un paio di volte, tanto per sentirmi un po’ meglio. Cioè capitemi, il tizio aveva i capelli abbastanza lunghi da poter essere raccolti in una coda, indossava sandali di pelle, braccialetti di perline e una vera e propria collana di canapa, Cristo. Che cosa le era saltato in testa, a mia sorella?
“Allora, Mia mi ha detto che sei un professore di matematica. Insegni ai bimbi piccoli o a quelli grandi?”
“Quelli di mezzo, in realtà.”
“Dev’essere molto appagante con tutti quei ragazzi sul punto di scoprire chi sono e per cosa sono tagliati, pronti a sbocciare.”
Gli sorrisi nonostante l’imbarazzo. “Sì, davvero. Non che la mia materia sia la più apprezzata, ma di tanto in tanto capita qualcuno che la capisce e impara ad amarla. E sono quelli i momenti che rendono sopportabile anche il resto.”
Brian annuì con fare incoraggiante. “Sembra bellissimo. Cibo per l’anima.”
La cameriera tornò con le nostre birre e mi risparmiò dal dover commentare quella frase con qualcosa del tipo che io non credevo nel concetto di anima o in qualsiasi altra cosa avesse a che fare con la religione, il che rendeva palese la nostra incompatibilità sotto il profilo romantico.
Quando la ragazza si fu allontanata, dissi: “Se non ricordo male Mia mi ha raccontato che sei il tecnico informatico, alias genio dei computer, del loro ufficio.”
Brian bevve una sorsata di birra e poi posò il bicchiere. Si leccò le labbra e fece un paio di versi di apprezzamento che vennero immediatamente registrati dalle mie parti basse.
Sono il primo ad ammettere che io e il mio uccello non sempre abbiamo le stesse idee su chi sia o meno il mio tipo.
“Infatti,” rispose. “Ma per sbarcare il lunario faccio anche l’istruttore di yoga, da cui l’abbigliamento e il tappetino. Cosa per cui ti chiedo scusa, tra l’altro. Avevo programmato di andare a casa e cambiarmi prima di venire all’appuntamento, ma una degli altri istruttori ha chiamato e mi ha chiesto di sostituirla. Non ho avuto il tempo di fare altro e queste sono le uniche cose pulite che avevo nella borsa.”
“Non c’è problema. Solo che Mia mi aveva detto che portavi gli occhiali e quindi non sapevo che eri tu quando ti ho seguito dentro.”
Per tutto il tempo che avevamo parlato il suo sorriso non si era mai spento, ma non ero sicuro se fosse una cosa positiva o negativa. Era un uomo veramente bello, da sette, forse anche di più, ed era quasi un peccato che non fosse il mio tipo.
“Porto gli occhiali, ma solo al lavoro. Mi aiutano con i riflessi e il dover guardare tutto il giorno dentro a un monitor. Ma quando sono fuori non mi servono.”
Annuii e bevvi un po’ della mia birra. “Quindi insegni yoga. Piuttosto insolito.”
“Davvero? Non l’avevo mai considerato sotto questo punto di vista. Sono anni che lo pratico, ma ho scoperto che insegnarlo mi aiuta a rilassarmi e a riallineare i chakra dopo aver trascorso una giornata ad affrontare le sfide tecnologiche che mi si presentano in ufficio.” Rise e si strinse nelle spalle. “Mi aiuta a ritrovare il mio centro.”
“Ah.” Non avevo idea di cosa rispondere e la conversazione languì un po’, mentre bevevamo le nostre birre. Mi sentivo terribilmente a disagio. Brian aveva tutta l’aria di essere un bravissimo ragazzo e io non volevo ferire i suoi sentimenti, ma non c’era verso che trovassimo qualcosa in comune su cui basare una relazione, e io non uscivo con una persona se non vedevo quella possibilità.
Naturalmente, lui poteva benissimo condividere i miei pensieri ed essere convinto che non fossi il suo tipo. La cosa non mi avrebbe sorpreso per niente, visto soprattutto quanto era bello. Forse era solo più bravo di me a nascondere i propri pensieri.
Il silenzio continuava a prolungarsi e io mi ritrovai incapace di reggere il suo sguardo. Così scelsi la via della codardia e lasciai che i miei occhi vagassero per il locale, sperando di essere colto nel frattempo da una qualche epifania che mi aiutasse a far procedere la conversazione verso la sua inevitabile conclusione. Invece, quello che notai furono diversi ragazzi che fissavano Brian in modo quasi sfacciato, e per qualche ragione la cosa m’infastidì.
Con che coraggio fanno gli occhi dolci alla persona con cui sono seduto?
Faranno meglio a farsi da parte, stronzi che non sono altro.
Aspetta. Che?
“Ehi, Adrian? Tutto bene?” Brian mi recuperò dal mio mondo prima che partissi totalmente per la tangente.
“Sì, scusa.”
Lui mi rivolse uno sguardo preoccupato con i suoi begli occhi nocciola. “Sei sicuro? Mi sembri un po’ teso.”
Dentro di me alzai gli occhi al cielo, totalmente disgustato dal mio comportamento. Tutta quella faccenda era stupida; eravamo due adulti e non c’era nessun motivo per cui dovessi andare fuori di testa in quel modo. Probabilmente a lui non gliene sarebbe neanche importato. Bastava essere onesti e saremmo potuti scivolare in tutta tranquillità alla parte “limitiamoci a essere amici”.
Inspirai a fondo e poi espirai. “Guarda, lo so che Mia ha organizzato tutta questa cosa come una specie di appuntamento al buio, e non vorrei sembrare maleducato, ma… tu non sei il tipo di ragazzo con cui esco di solito.”
Eccoci, non è stato così terribile, no?
Brian cambiò leggermente espressione, ma non sembrò ferito o arrabbiato. Se avessi dovuto scegliere una parola per descriverlo avrei usato ‘sconcertato’.
“Capisco. E immagino che ‘non essere il tipo di ragazzo cui esci di solito’ sia una cosa negativa, giusto?”
“Non una cosa negativa, non esattamente.” A quanto pareva, Brian non aveva nessuna intenzione di rendermi le cose facili. “È solo che in genere preferisco uscire con un certo tipo di ragazzi, tutto qui.”
“E quale sarebbe questo tipo?”
Emisi una specie di lamento. “Non lo so. Normali, credo. Come me, regolari, ordinari, metodici, affidabili e anche un po’ riservati.”
Dirlo in quel modo lo faceva sembrare un sacco più noioso di quanto fosse in realtà, ma cercavo di essere gentile, così avevo scelto delle parole che speravo non lo offendessero.
Quando ebbi finito feci spallucce e gli rivolsi l’accenno di un sorriso, ma Brian continuava a darmi l’impressione di essere più curioso che arrabbiato, quindi immaginai di essere riuscito nel mio intento.
“Ed esci con un solo tipo di persona? Sempre?” mi domandò lui.
“Be’… sì,” risposi, leggermente sulla difensiva.
Detto da lui sembrava stupido.
Il suo sorriso si fece più luminoso. “Quindi, fammi indovinare. Non ti piacciono neanche le feste a sorpresa e le montagne russe.”
Come cacchio faceva a saperlo?
“Eh…”
Il suo sorriso era enorme quando si sporse e mi chiese: “E dal momento che hai deciso che non sono il tuo tipo, che tipo pensi che io sia?”
Ecco, lo sapevo che finivo nei casini. Non sono bravo in queste cose.
“Sei… uno ‘spirito libero’.” In pratica usai le dita per virgolettare le parole e mi sentii un vero e proprio idiota. “L’hai detto tu, con i tuoi chakra, il tuo centro, le vibrazioni positive, il karma e via dicendo.”
Scoppiò a ridere e immagino che fosse un buon segno, anche se non mi fece sentire meglio. “Quindi per te quelle sono cose ‘cattive’?”
Virgolettò anche lui la parola cattive e io feci una smorfia. “No! No. Non voglio sminuirle.” Stavo arrancando e la cosa sembrava divertirlo un mondo. “Non fanno per me, tutto qui. Io sono un ateo… numeri e scienza. Sai, cose che puoi vedere, toccare, assaggiare e annusare, risultati dimostrabili e ripetibili. Dio, i cristalli, la meditazione e quel genere di cose non mi si addicono. Tutto qui.”
Brian si appoggiò allo schienale e si strinse nelle spalle, l’espressione appena un po’ più seria. “Non è indispensabile credere in Dio e quello che presuppone per essere una persona spirituale. E di certo non è indispensabile per uscire con qualcuno che lo fa. Io non mi aspetto che i miei amici condividano ciò in cui credo.”
“Lo so. Ma…”
Ammetto che la comunicazione interpersonale non era mai stata uno dei miei punti forti, ma in genere me la cavavo meglio.
Alla fine, però, sembrò che Brian si decidesse a darmi tregua, perché ridacchiò. Mi osservò in viso mentre beveva una lunga sorsata della sua birra e sembrò giungere a una conclusione. Mi sorprese quanto fossi ansioso di conoscerla.
“Va tutto bene, Adrian. Non preoccuparti. Lascia che ti chieda un’ultima cosa e poi prometto di smetterla.”
Oh, grazie a Dio.
Sì, sono ateo ma posso usare il nome di Dio invano se mi va.
“Spara,” dissi, dimostrando più fiducia di quanta ne sentissi in realtà.
Lui mi rivolse quel suo incredibile sorriso e si sporse, appoggiando le braccia sul tavolo. “Mi trovi attraente?”
Il sorso di birra che avevo appena messo in bocca mi andò di traverso e ci mancò tanto così che lo spruzzassi tutto su quel suo viso sorridente. “Cosa?” chiesi tra i colpi di tosse.
“Tu, Adrian, trovi me, Brian, almeno un po’ attraente?”
Sputacchiai ancora un po’ prima di rispondere: “Be’… sì. Sei…” Agitai la mano, indicandolo da capo a piedi. “Sei senza dubbio un bellissimo ragazzo. Chiedilo a metà degli uomini che sono qui e che non ti hanno tolto gli occhi di dosso da quando ci siamo seduti.”
Lo sguardo di Brian rimase fisso sul mio viso mentre diceva: “Non lo sto chiedendo a loro, lo sto chiedendo a te.”
“Sì, va bene. Okay, sì, ti trovo attraente.”
Il suo sorriso tornò a splendere. “Bene. Anch’io.”
Ero un po’ contrariato, così tentai l’approccio sarcastico. “Anche tu credi di essere attraente? Sono felice per voi.”
Brian gettò la testa all’indietro e rise. “Dai, su, hai capito quello che intendevo. Anch’io ti trovo attraente. Molto.”
Mentre lo diceva, la sua voce, calata di un’ottava, mi aveva mandato un brivido lungo la schiena. “Perché?” gli chiesi prima che il mio cervello riuscisse a prendere il controllo della mia bocca.
La domanda non sembrò disturbarlo, ma anzi, il suo sorriso si fece malizioso mentre rispondeva: “Be’, potrei dire che è stata la tua aura, una vibrazione che ho sentito sin da quando ti ho incontrato, ma non credo che sarebbe la spiegazione adatta.” L’espressione del mio viso lo fece ridere di nuovo e scosse la testa. “E se decidessi di stare un po’ più sul frivolo e ti dicessi che hai un sorriso molto dolce e dei begli occhi dietro a quegli occhiali? Oppure, se ciò non fosse abbastanza empirico, che ne dici di una combinazione simmetrica di viso e corpo, comunicazione verbale e non verbale, insieme a un paio di reazioni inconsce ai tuoi feromoni? Meglio così?”
“Ti sembra che abbia dei begli occhi?”
L’espressione che gli si dipinse sul viso mentre gli chiedevo quella cosa diceva che mi trovava adorabile, irritante ma adorabile. Il mio orgoglio maschile avrebbe dovuto probabilmente risentirsene, ma avevo ancora in mente i ‘begli occhi’, così lasciai perdere.
“Sì, lo credo,” confermò. Poi sospirò e si guardò attorno. “Senti, comincia a essere un po’ troppo rumoroso qui. Che ne dici se facciamo una passeggiata?”
Come se un incantesimo si fosse finalmente sciolto, fui sommerso dalla confusione che regnava nel bar affollato e sbattei gli occhi sorpreso. Non mi ero minimamente accorto di quanta gente fosse entrata mentre stavamo parlando.
Brian non mi diede neanche il tempo di cercare una scusa. Si alzò, gettò sul tavolo un biglietto da venti dollari, raccolse il suo tappetino e si avvicinò alla mia sedia, ovviamente aspettando che mi alzassi. Quando lo feci, sorrise e si avviò verso la porta con me alle calcagna.
Andare fuori voleva comunque dire avvicinarsi alla macchina, quindi perché no?
Mentre seguivo il suo sedere perfettamente scolpito attraverso la folla, qualcosa di strano attirò la mia attenzione. Avrei giurato di aver visto con la coda dell’occhio una bionda nuda che ci passava accanto con un’anatra sottobraccio. Doveva essere stata un’allucinazione perché quando mi bloccai sul posto e controllai meglio, mi accorsi che la donna non era nuda. Indossava un abito beige così aderente che poco lasciava all’immaginazione, ma era comunque vestita. E l’anatra altro non era che una grossa borsa bianca di pelle con la tracolla corta appoggiata nell’incavo del suo braccio.
Forse era arrivato il momento di cambiare le lenti agli occhiali.
Brian mi aspettava fuori e quando lo raggiunsi mi rivolse un sorriso incoraggiante e si avviò verso la spiaggia. Non disse molto mentre camminavano, presumibilmente già contento di godersi l’aria fresca. Nonostante il sole fosse ormai al tramonto e ci fosse una forte brezza proveniente dall’oceano, faceva ancora abbastanza caldo, e anch’io ero contento del silenzio che era calato tra noi.
Camminavo alla sua velocità, ma rimasi volontariamente appena un po’ indietro. Era un piacere guardarlo, indipendentemente da quello che pensassi sulla nostra incompatibilità… e non dipendeva solo dal suo sedere o dal suo bel viso. C’era in lui qualcosa di molto calmo e sereno, qualcosa nel modo in cui si muoveva e osservava il mondo che lo circondava, come se si sentisse tranquillo e a proprio agio con se stesso. Mi venne in mente che lui l’avrebbe definito essere centrati, e quella cosa mi fece sorridere. Ma in verità ne ero geloso.
Non fraintendetemi, in generale sono anch’io una persona calma e posata – quando insegni matematica a una banda di ragazzini in preda agli ormoni, devi essere calmo, altrimenti rischi di farti venire un infarto prima dei cinquanta – ma solo all’interno degli ambienti che mi sono familiari e che riesco a controllare, come la mia classe e la mia casa. Brian, invece, mi dava l’impressione di essere sempre così, imperturbabile, e non riuscivo a non ammirarlo per questo. Era una persona che trasmetteva tranquillità.
Quando arrivammo all’estremità del molo, la camminata era riuscita a placare le mie ansie e non avevo più tanta fretta di andare a casa. Può darsi che non fossi ancora pronto ad ammettere che la mia regola di uscire con una sola tipologia di ragazzo fosse sbagliata, ma insieme a lui mi sentivo a mio agio e anche l’imbarazzo dovuto alla conversazione di poco prima era un po’ scemato. Così, quando Brian appoggiò le braccia alla ringhiera e si mise a osservare il sole che tramontava, lo imitai con piacere.
“Guarda,” fece lui piano, la voce carica di ammirazione e deferenza. “Guarda che spettacolo.”
Io, che avevo diviso la mia attenzione fra lui e il tramonto, non potei fare a meno di assentire. Ma prima che mi beccasse a guardarlo, spostai lo sguardo sulla distesa d’acqua e mi misi a osservare il sole che sfiorava l’orizzonte. Era veramente una scena da togliere il fiato. Il cielo era dipinto con striature di rosa e arancio e qualche nuvola vaporosa risplendeva delle fiamme che la illuminavano dal basso. Non riuscivo neanche a ricordare quand’era stata l’ultima volta che mi ero fermato a godermi il tramonto, e ne fui così rapito che mi accorsi che Brian si era spostato solo quando mi appoggiò le mani sulle spalle.
“La senti?” mi sussurrò all’orecchio. “La senti quella stretta al petto, appena sopra il chakra del cuore?” Lo guardai da sopra la spalla, ma lui mi fece gentilmente rigirare la testa verso il tramonto, con una mano sulla guancia. “Lo so che non ci credi in questa roba, ma ciò non significa che tu non possa sentirla. Una cosa così bella ti toglie il respiro anche contro ogni logica. La vedi, la gusti e la senti. Prendi il tramonto, ad esempio; migliaia di persone hanno cercato di descriverlo, di dipingerlo… di catturarlo sulla pellicola. Ma niente potrà mai arrivare a eguagliare lo spettacolo dal vivo.”
E io lo sentivo.
Oltre al calore del suo corpo dietro al mio e alla sensazione tremante che mi trasmettevano le sue parole così tranquille, sentivo quello che intendeva, giù nella profondità del mio piccolo cuore scettico.
“È una magia,” bisbigliò.
In quel momento non sarei riuscito a contraddirlo neanche se lo avessi voluto. Invece, avvolto nell’incantesimo mi voltai a guardarlo, e questa volta non mi fermò, ma quando i nostri sguardi s’incontrarono si sporse e posò le labbra sulle mie. Un bacio gentile e casto, appena uno sfiorarsi, ma Brian lo rese memorabile. Mi baciò come se quel momento fosse la cosa più importante al mondo. Dolce e tenero, stuzzicò le mie labbra con le sue finché non si ritirò e m’investì di nuovo con quel sorriso meraviglioso. “Vedi? Magia.”
“Magia,” ripetei io in un sussurro.
Non riuscivo a impedirmelo: mi sentivo sdolcinato e romantico e per un po’ dimenticai di essere un duro realista.
Brian mi sorrise e tornò ad appoggiarmi la mano sulla guancia. “Mi piaci, Adrian. E so di piacerti anch’io.”
Pensando che magari stesse diventando un po’ troppo presuntuoso, gli chiesi: “Ah, sì? E come lo sai?”
Lui sfregò insieme i nostri nasi. “Sei ancora qui,” rispose piano con un altro sorriso.
Io feci una smorfia e scossi la testa. Colpito e affondato.
“Cena con me stasera. E se, alla fine, sarai ancora dell’opinione che non siamo compatibili, prometto che non insisterò oltre,” disse.
Come facevo a rifiutare una simile offerta, specialmente quando il mio corpo vibrava ancora per via del bacio?
Brian capì la mia risposta prima ancora che riuscissi a formularla, mi prese per mano e ricominciò a camminare. E mentre prendevamo la direzione opposta rispetto a dove si trovava il bar, verso un ristorante che pensavo potesse piacergli, notai un prete e un rabbino che giocavano a scacchi su uno dei tavoli vicino al molo. Scoppiai a ridere, e anche se forse Brian non capì cosa ci fosse di tanto divertente, si unì a me.
Cenammo insieme quella sera, e quella dopo e poi quella dopo ancora.
Sapete come vanno queste cose.
E dopo sette anni insieme, la metà delle volte continuo ancora a non capire di cosa parli. Sono ancora ateo e ancora non credo nei cristalli e nelle aure. Ma c’è una cosa in cui mi ha fatto credere.
La magia.
La trovo ogni volta che mi prendo una pausa dalla frenesia e dal rumore, vado in un posto bello e tranquillo, chiudo gli occhi, e la sento. La sento ogni volta che Brian mi ricorda di fermarmi a guardare il tramonto, ogni volta che mi indica un fiore. E poi ogni mattina, quando mi sveglio e girandomi sul fianco lo vedo addormentato accanto a me – la bocca leggermente aperta e una macchia di saliva sul suo cuscino – ci credo.
Alla magia.
Ma non raccontategli che l’ho detto, o non mi lascerà più vivere.