Linda
Un lieto fine. Salva per il rotto della cuffia.
Non proprio.
Trovate le differenze.
Anna scende dall’auto. Sta per scappare a gambe levate, non è vero?
No, per niente.
Marcia dritta dal sergente Huxtable, ed è qui, a questo punto, che il quadro comincia a distorcersi.
Parlano. C’è familiarità tra loro, è evidente. Le budella mi si torcono, fanno capriole. Non riesco a sentire quello che si dicono, ho la testa invasa dal frastuono della paura.
Sono ancora chiusa nell’auto, batto contro il finestrino per richiamare l’attenzione del sergente.
Aiuto.
Nessuno dei due bada a me.
La conversazione finisce, Anna si allontana dall’auto e va verso il furgoncino. Si gira una volta sola, un’occhiata lenta, prolungata.
Perché?
Tocca al sergente Huxtable sbrogliarsela con me. Attraversa l’aia con tutta calma, non un briciolo di preoccupazione in volto.
Aiuto? Il concetto sta avvizzendo. Rimugino disperata, cerco di capire cosa è appena successo, cosa succederà, ma vedo male, le forme continuano a cambiare davanti ai miei occhi.
Il sergente raggiunge la portiera del passeggero, fa scattare la serratura.
«Sergente?» Una domanda adesso, non un saluto.
Ha un’espressione neutra, ripulita di qualunque emozione. «Se lo dici tu» replica. Il terreno, solido appena qualche secondo fa, torna a cedere. Il sollievo svanisce, quasi fosse un’illusione ottica.
«C’è qualcuno che vuole vederti» dice tirandomi giù dall’auto. «Un vecchio amico. Vieni, andiamo a incontrarlo.»
Henry Sinclair.
Chi altri?
Stanno vincendo di nuovo.
Nel furgoncino tremo come una foglia. I pantaloni, zuppi a causa della pozzanghera, sono irrigiditi dal freddo. Huxtable siede nel retro con me, pantaloni in pile, giaccone, scarponi robusti. Lancia un urlo all’autista, chiunque sia. «Accendi quel riscaldamento, qua dietro si gela.»
Un barlume di umanità, spazzato via dalla frase successiva. Mi guarda. «Quasi mi dimenticavo di aggiornarti, Linda. Gabriel è stato accusato di omicidio.»