Detective Victoria Rutter
«Simpatico» commenta Victoria mentre il sergente Clyde le snocciola i numeri di John McKee. Lesioni personali gravi, aggressione, possesso illegale di arma, giusto per citarne alcuni. Lavora per una piccola ditta, la Chadwick Security, e il sito web della compagnia, per quanto troppo discreto per entrare nei dettagli, sostiene di essere responsabile della sicurezza per clienti d’alto profilo che lavorano nei settori bancario, della comunicazione e cinematografico. Quello che interessa a lei è capire perché John McKee stava ruminando gomma da masticare fuori dalla casa di Gabriel Miller la notte in cui è stata ammazzata Mariela Castell.
Pure la notizia della defezione di Huxtable l’ha turbata. Aveva in mente di farci due chiacchiere in via ufficiosa in merito all’indagine (se così la si può definire) su Curtis Loewe. E invece Jay Huxtable è stato buttato fuori dalle forze dell’ordine a gennaio, dopo che aveva inciso un fallo sulla BMW del suo rivale in amore. Victoria l’ha scoperto ora. Per quanto riguarda il suo impiego attuale, gli ex colleghi le hanno raccontato che indossa abiti migliori e sorride, «perché prima era un povero sfigato», ma non sapevano niente di preciso, solo che lavorava nella sicurezza.
Sicurezza.
Sta ingiungendo a se stessa di non saltare a conclusioni affrettate quando Rita Halton, uno degli agenti investigativi, la informa di aver localizzato l’auto di Charlie Pedlingham.
La Volkswagen Polo bianca è stata ritrovata abbandonata sulla costa dell’East Sussex tre giorni prima.
«Ho controllato, sono stati recuperati solo alcuni effetti personali. Un vecchio portafogli e un libro per bambini, nessun biglietto. È già qualcosa, suppongo, ma non la vedo bene.»
«Clancy, mi serve il tuo aiuto.»
Victoria lo aggiorna in merito all’auto di Charlie. «Il mare è stato agitato per tutta la settimana. Era parcheggiata sul ciglio della strada, a una cinquantina di metri dal dirupo. Non ci abbiamo trovato molto, un libro, nessun biglietto. In ogni caso, il suicidio resta una delle possibilità.»
«Magari è quello che vogliono farti pensare.»
«Sto buttando giù un comunicato stampa. Donna scomparsa, è il tipo di storia cui i tuoi di solito dedicano giusto qualche riga. Ti darò tutto quello che ho. Una sua foto, l’auto, i suoi effetti. C’è qualche possibilità che tu riesca a esercitare un po’ di pressione sui tuoi amichetti e darle più copertura possibile?»
«Vedi il vantaggio di essere un vecchio stronzo? Sono in giro da abbastanza tempo da avere qualche favore da riscuotere.»
«Un’altra cosa.»
«Dimmi.»
«Sto pensando di incriminare Gabriel Miller.»
«Che?»
«Se tu lo lasciassi intendere nell’edizione di domani, ovviamente dovrò negare che abbiamo mai avuto questa conversazione.»
«Mi sono perso.»
«Se dietro questa storia ci sono davvero Sinclair e Loewe, non sarebbe male lasciargli pensare che il loro piano ha funzionato. Dopotutto, sarebbe un vero peccato se diventassero imprudenti.»
«Ho sempre saputo che c’era un motivo, se mi piacevi» si congratula Jonathan.
«21 novembre 2014, ore 5.32...»
Victoria Rutter soppesa Gabriel Miller. L’esperienza le dice che è al limite, sull’orlo di quel precipizio raggiunto da alcuni sospettati che, a furia di venire privati del sonno e sottoposti a un interminabile fuoco di fila di domande e gravati dalla sporcizia che gli si stratifica sulla pelle, dal puzzo del proprio alito stantio, raggiungono un tale stato di prostrazione da essere disposti a dire qualunque cosa pur di far cessare quella storia.
Victoria non vuole che Gabriel precipiti. Sotto molti aspetti, quell’uomo è odioso. Che razza di figlio ferirebbe la madre e la lascerebbe sanguinante, in preda al dolore, sola? Però non crede che l’abbia ammazzata. Un’intuizione? Non proprio. È una teoria, che si radica nelle prove che si stanno accumulando a sostegno della sua innocenza.
La rigidità della mascella, la tensione del corpo che si prepara all’impatto le dicono che Gabriel è pronto ad affrontare l’ennesimo attacco, uno sbarramento di accuse e domande, tanto che quando gli passa la fotografia di un uomo e gli chiede, con cortesia e tranquillità, se l’ha mai visto prima, il viso gli si colma di un tale sollievo che Victoria si aspetta di vederlo scoppiare a piangere.
«No» risponde con una voce bassa che fa il paio con la sua. «Ricorderei questa faccia, se l’avessi vista.»
«Sua madre ha per caso accennato a un viaggio?»
Miller comincia a scuotere il capo ma poi esita, strizza gli occhi come se stesse mentalmente facendo scorrere il tempo all’indietro fino a tornare al lunedì mattina.
«L’auto. Ha detto che non poteva darmela perché doveva andare in Scozia. E in camera sua c’era una valigia.»
«Ha idea di dove stesse andando di preciso, o perché?»
«No. Non mi sono curato di chiederglielo.»
La detective Rutter assorbe l’informazione, lascia calare il silenzio.
A spezzarlo è il pianto di Gabriel.
«La prego, trovi mia madre.»