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Dopo che Gil si fu allontanato a sufficienza, Valerie si lasciò sfuggire un'imprecazione che aveva sentito pronunciare da Scargill quando era stato più furioso.

Grazie al cielo, non c'era nessuno che potesse udirla, fatta eccezione per la gazza, che squittì con adeguato orrore.

Lei riprese a camminare avanti e indietro, tentando di far sbollire la rabbia che si era tanto sforzata di nascondere.

«Dobbiamo sposarci, ma lui si rifiuta di dirmi qualcosa sulla sua casa o sulla sua famiglia. Non parla che della Castiglia e poi afferma che non vi andremo.»

Sospirando, si fermò davanti alla gabbia. Quella tregua, se non altro, costituiva una benedizione. Anelava a tornare a Florham, dove ogni pollice di terra le era familiare. «Che cosa devo fare, signora gazza?»

L'uccello gracchiò una risposta, anche se questa volta lei non riconobbe né parole inglesi né castigliane. Pazienza. Perlomeno si trattava di una creatura alla quale poteva rivolgersi senza timore.

La gazza era stata donata alla regina, ma lei aveva nutrito un'avversione per la creatura bianca e nera, con le ali azzurre e la coda verde, dicendo che non gradiva tenere in casa degli uccelli. Ma per Valerie era simile alle gazze che vivevano nel suo giardino, rubando dei bocconcini dalla cucina e beccando gli insetti dai cespugli di rose. Perciò l'aveva portata nella stanza che divideva con Katherine e provvedeva a nutrirla.

«Vorrei, vorrei...» Lasciò la frase in sospeso.

Sua madre l'aveva chiamata Valerie, dal nome di una santa che era stata decapitata quando si era rifiutata di sposare un pagano. La santa si era alzata dalla tomba, portando con sé la testa recisa, e come se quello non fosse stato un miracolo sufficiente, l'aveva donata al vescovo che l'aveva convertita.

La sua genitrice aveva affermato che aveva scelto quel nome per ricordarle che doveva mostrarsi forte nelle avversità. Lei aveva ricavato una lezione diversa dalla storia: non rifiutare mai una proposta di matrimonio.

Sua madre, senza dubbio, era stata costretta ad affrettarsi a risposarsi quando il primo marito era mancato, lasciando vedova la moglie incinta. Poi un terzo marito aveva seguito il secondo quando anche questi aveva perduto la vita. Sua madre aveva dato l'impressione di non aspettarsi niente da quei due uomini, tranne che mantenessero lei e la figlia a Florham.

Perciò Valerie sapeva di non potersi aspettare qualcosa di più. Eppure...

«Quindi che cos'avete da dirmi, signora gazza? Come faccio ad accettare la mia sorte?»

E la gazza, in un misto di fischi e gracidii, emise un suono che assomigliava a: Dios te bendiga, mi hija.

Dio ti benedica, figlia mia.

Quante volte lei aveva udito il prete bisbigliare quella frase alla regina? La gazza, evidentemente, aveva assimilato le parole straniere. Come mai un uccello era in grado di imparare il castigliano mentre le castigliane non potevano prendersi la briga di imparare l'inglese?

Appariva chiaro che suo marito non intendeva restare in Inghilterra. Anche lei, come la regina, sarebbe vissuta isolata in un paese straniero del quale non conosceva la lingua. Non c'era da stupirsi che Costanza avesse tentato di ricreare la Castiglia nelle sue stanze del Savoy Palace. Probabilmente, quando sarebbe stata in Spagna, anche lei avrebbe fatto la stessa cosa.

Provò un inatteso legame con la Reina. Erano entrambe donne costrette dal matrimonio a vivere in una terra straniera. E Costanza era più a conoscenza di lei di quanto stava accadendo?

Lancaster non si era certo disturbato a parlare alla moglie del suo matrimonio con Sir Gilbert. Be' comunque si facessero quelle cose, Valerie intendeva comunicare personalmente la notizia alla regina, dal momento che i loro destini apparivano estremamente simili.

«Desideravo annunciarvi, Vostra Maestà, che sono in procinto di sposarmi» esordì quando venne introdotta alla presenza della regina il giorno seguente.

«Sposarvi? Casarse?» Costanza non aveva atteso che la traduzione fosse terminata.

Valerie si abbassò in una profonda riverenza. «Sì, Vostra Grazia. Il Signore della Spagna ha scelto Sir Gilbert Wolford come mio marito.»

Una serie di bisbigli fra la regina e il prete per tentare di stabilire a quale cavaliere inglese lei si era riferita.

«La Reina vi augura di essere felice nel vostro matrimonio. Quando sarà celebrato?»

«Non ne sono sicura, ma lui ha detto presto, a causa dell'invasione.»

Terminata la traduzione, la regina sorrise. «El ejército navega hacia Castilla.»

Valerie si umettò le labbra e scoccò un'occhiata al prete. Costanza sapeva meno di lei? Sebbene non fosse compito suo parlarle di questioni militari, quella donna meritava di essere informata.

«Anche verso la Francia. Sir Gilbert sta radunando i velieri, in modo che gli uomini possano salpare per La Rochelle.»

La regina sbatté le palpebre. «Que quiere decir La Rochelle?»

Il prete si accigliò. Era il contatto fra Costanza e il marito. Aveva appreso che i soldati sarebbero stati mandati in Francia? In tal caso, non si era preso la briga di comunicare alla regina la sgradevole notizia.

Altri bisbigli e un'espressione perplessa sul volto della regina. Il prete aveva tradotto in modo corretto le sue parole? si chiese Valerie.

«Quell'uomo» disse il prete. «La regina desidera sapere se tiene a voi.»

No, non aveva riferito ciò che lei aveva detto. Qualcuno voleva che Costanza restasse all'oscuro dei piani di guerra. Suo marito? Nemmeno una regina, a quanto pareva, poteva costringere il proprio marito a rivelarle tutto.

«Sì, Vostra Grazia.» Ovvio che teneva a lei. Non era quello lo scopo del matrimonio? «Inoltre, serve anche fedelmente voi e il Signore della Spagna, e lavorerà senza posa finché non avremo riconquistato la Castiglia.»

La regina sorrise. Doveva aver compreso alcune parole.

«La Reina è compiaciuta» dichiarò il prete, come se l'espressione di lei avesse bisogno di una traduzione.

Valerie ricambiò il sorriso. «La Pasqua è ormai alle porte e la regina aveva detto che sarei potuta restare fino ad allora. Il che significa che molto presto dovrò andarmene.»

Se la regina l'avesse congedata e Gil si fosse rifiutato di condurla nel Leicestershire, forse sarebbe potuta tornare a casa, almeno per alcune settimane.

«No, non sarà necessario. La Reina sarà lieta di avervi nella sua casa finché vostro marito lo permetterà.»

Valerie si sentì gelare. Era in trappola. Nemmeno la regina si era informata dei suoi desideri, solo di quelli di suo marito. E lui non capiva, nessuno capiva, che lei anelava a tornare nella terra dei suoi avi.

Sbatté le palpebre, augurandosi di non aver lasciato trapelare il suo sgomento. «Gracias» mormorò, seguito dalle parole di prammatica. «Come desiderate. Sono onorata di servirvi.»

Non aveva importanza ciò che diceva. Il prete avrebbe trasformato le sue parole in qualunque cosa avesse ritenuto opportuno.

Tuttavia, quando lasciò la stanza, lo fece con un nuovo proposito in mente. Era ora che imparasse quella lingua straniera. Al momento serviva la regina. Un giorno, avrebbe potuto essere esiliata in Castiglia. In entrambi i casi, doveva essere in grado di conoscere qualcosa di più di gracias.

Il prete e la gazza non dovevano essere i soli a comprendere sia l'inglese sia lo spagnolo.

Nei giorni seguenti, si sforzò di usare delle parole castigliane ogni qualvolta ne ebbe la possibilità, ma le dame della regina non le fornirono il benché minimo aiuto. Ridevano del suo accento, ma non facevano niente per insegnarle la pronuncia corretta.

Un pomeriggio erano tutte riunite per ascoltare dei menestrelli che Lancaster aveva mandato per intrattenerle. La musica non aveva bisogno di una lingua per essere goduta, tuttavia mentre lei e Katherine sorridevano, le dame della regina restavano impassibili.

Al termine dell'esecuzione, Valerie tentò di nuovo.

«Me pareciò que la musica era maravillosa. La disfrutaron?» Benché l'accento suonasse sbagliato perfino alle sue orecchie, loro dovevano aver compreso che si era congratulata per l'esecuzione e aveva chiesto loro se avessero gradito la musica.

Anche se Isabel, la sorella della regina, ridacchiò, nessuna delle altre dame pronunciò una parola né per correggerla né per risponderle. Poi la gazza cinguettò, ripetendo le frasi in un castigliano migliore del suo.

Le dame si scambiarono un'occhiata, quindi fecero passare lo sguardo da lei alla gazza. Valerie deglutì a stento, non osando aprire bocca. Pensavano forse che lei avesse tentato di insegnare a parlare alla gazza? O che l'avesse portata lì per spiarle?

A un tratto, una risata sconosciuta, come arrugginita dalla mancanza di uso, echeggiò nella stanza.

La regina stava ridendo.

Quasi avessero ricevuto il permesso, le altre si unirono alla sua ilarità. Valerie si limitò a sorridere.

Seguirono i consueti bisbigli fra Costanza e il suo traduttore, che si rivolse a lei. «La Reina dice che non possiamo permettere a un uccello di parlare il castigliano meglio di voi.»

«Maravillosa» sorrise la regina, correggendo la sua pronuncia. «Sí, fue maravillosa

Valerie ripeté quelle parole attentamente e fu ricompensata dall'applauso delle altre dame.

Era il primo passo.

Lei si augurò che Gil fosse soddisfatto.

In seguito, Gil passò mentalmente in rassegna tutte le cose che avrebbe dovuto dire alla sua futura sposa. Avrebbe dovuto sorriderle, coprirla di complimenti, fare delle battute scherzose. Purtroppo, lei lo aveva interrogato sulla sua famiglia e lui aveva innalzato un muro, come per respingere un assalto.

Valerie si era aspettata che le ripetesse tutte le chiacchiere che senza dubbio aveva udito? Non lo avrebbe mai fatto. D'altro canto, non si era mostrato né galante né gentile. Stava per sposare quella donna. Doveva almeno imparare a essere piacevole in sua compagnia.

La volta successiva, giurò a se stesso, le cose sarebbero andate in modo diverso.

Tuttavia, non la rivide che alcuni giorni prima della Pasqua. Perfino la Regina di Castiglia era emersa dal suo isolamento per assistere alla celebrazione del Giovedì Santo, quando tutti si radunavano nell'Abbazia di Westminster per vedere Re Edoardo distribuire elemosine e lavare i piedi di sessanta poveri accuratamente selezionati.

Gli uomini ai quali il re doveva lavare i piedi stavano in fila, chiaramente più imbarazzati che onorati.

Gil provò un moto di compassione per loro.

Molti anni prima, Edoardo aveva annunciato che avrebbe lavato i piedi a un mendicante per ogni anno della sua vita. Ora che ne aveva compiuti sessanta, la fila si allungava a perdita d'occhio. A mano a mano che le ore si trascinavano lentamente, i membri della corte cominciarono a circolare e a chiacchierare a bassa voce.

Le dame di Costanza stavano vicine agli uomini di Lancaster. Gil cercò Valerie in quella piccola folla e le sorrise quando incontrò i suoi occhi, ma lei si limitò a un cenno del capo e distolse lo sguardo. Né accennò a raggiungerlo.

Fu Lady Katherine a materializzarsi al suo fianco. «Mi risulta che voi e Lady Valerie stiate per sposarvi» dichiarò.

«Così ha ordinato il Signore della Spagna» ribatté lui, chiedendosi chi l'avesse informata, se Lancaster o Valerie. Lui non ne aveva fatto parola con nessuno.

«Si direbbe che la decisione non sia di vostro gradimento.»

Lui rifletté un istante. Benché non conoscesse abbastanza Valerie da poter essere contento o contrariato, in quel momento un matrimonio, con qualsiasi donna, costituiva una distrazione, un ostacolo. «È ovvio che sono grato al mio signore per il suo interessamento. Se non sembro entusiasta è perché ritengo che lo sposalizio dovrebbe aspettare finché non avremo riconquistato la Castiglia.»

Non era tutta la verità, ma non intendeva aggiungere altro.

«Eccola di nuovo, la vostra espressione arcigna.»

Gil scrollò le spalle. «È la mia faccia.» Da bambino, aveva imparato ad assumere un'espressione bellicosa per difendersi dalle parole che lo ferivano, in modo che nessuno si accorgesse quando una crudele frecciata aveva centrato il bersaglio. «Non posso modificarla.»

«L'ha indotta ad aver paura di voi.»

Un lento rossore gli salì alle guance. Lui l'attribuì alla collera nei confronti di Valerie per aver spettegolato con quella donna. Non lo era. Era vergogna. «È la mia famiglia che teme, ne sono certo.»

Katherine scosse la testa. «Lei non sa.»

«Ne siete sicura?» Eppure, sempre più spesso, dava l'impressione di ignorare il suo passato, cosa che avrebbe spiegato la disponibilità ad accettarlo come marito che dimostrava. «Il mondo intero ne è a conoscenza.»

«La sua tenuta è molto lontana dalla vostra. E le storie sono vecchie.»

«Io le sento ancora bisbigliare, perfino qui.» Gil portò lo sguardo sulla folla. C'era sempre qualcuno che lo guardava con aria sprezzante. C'erano sempre delle persone che si rifiutavano di rivolgergli la parola. «Qualcuno, qui a corte, deve avergliene parlato.»

«Lei non ha frequentato praticamente nessuno, fatta eccezione per le dame castigliane.»

Quelle donne, se non altro, non conoscevano il nome dei Brewen. Forse, effettivamente, Valerie non aveva udito i pettegolezzi della corte.

«Ma ha trascorso diverso tempo con voi. Non le avete detto niente?»

«Non era compito mio.»

Non lo era, infatti. Toccava a lui fare quella penosa confessione.

Lady Katherine lo stava fissando come se si aspettasse la sua promessa, e lui si scoprì a desiderare che fosse qualcun altro a parlarle del suo passato.

«Abbiamo avuto poco tempo per i corteggiamenti» ribatté, chiedendosi se stesse cercando dei pretesti per Katherine o per se stesso. «E questo...» Volse lo sguardo attorno all'abbazia. «... non è certo il luogo adatto.»

Si era ripromesso di mostrarsi più piacevole con lei. Raccontarle la storia della sua famiglia sarebbe stato oltremodo sgradevole.

«Ma lei finirà per scoprire la verità con il tempo» gli ricordò Lady Katherine.

Lo avrebbe fatto. Tuttavia, Gil desiderò per un istante di poter scappare in Castiglia, di sfuggire al suo passato, in modo che lei non ne venisse mai a conoscenza. Che tipo di matrimonio avrebbero potuto avere allora? Quel genere che lui aveva sempre sognato?

«Lo so. Ma non... quest'oggi.»

«I pessimi inizi possono rovinare perfino il più promettente dei matrimoni.» Katherine gli posò la mano sul braccio. «E io voglio che Valerie abbia un matrimonio felice.»

«La maggior parte non lo è.»

Lei rimase in silenzio per quella che parve un'eternità. «Lo so» assentì infine.

Ciò detto, si allontanò.

Una cosa appariva chiara. Lui aveva immaginato che Valerie avesse paura di lui a causa del sangue che gli scorreva nelle vene. La verità era infinitamente peggiore. Lo temeva, pur ignorando chi era. Lui aveva scambiato tutte le sue domande, tutte le sue velate indagini, per un tentativo di indurlo a rivelarle ogni cosa. Invece, lei si era limitata a voler conoscere i fatti più basilari che una moglie avrebbe dovuto sapere.

Sì, lui e Valerie avevano avuto un pessimo inizio e quando lei avesse scoperto la verità, la situazione sarebbe ulteriormente peggiorata.

In quel momento, notò che Lady Katherine la stava sospingendo nella sua direzione, Valerie avanzò adagio, con gli occhi bassi, il ritratto della paura, e quando lo raggiunse, gettò un'occhiata all'amica da sopra la spalla.

Be', nonostante le manovre di Katherine, lui non intendeva parlarle della sua famiglia quel giorno. Si schiarì la gola. «Vi è piaciuta la cerimonia?»

Lei gli scoccò un'occhiata in tralice. «Più che al re, immagino.»

«Non mancano che cinque uomini.»

Lei sorrise. «Sembra che il re diventi sempre più frettoloso a mano a mano che si avvicina alla fine.»

Gil le strizzò l'occhio. «Mi pare di aver visto le orme bagnate dell'ultimo mendicante che si è allontanato.»

Valerie si piegò quasi in due per tentare di soffocare una risata e riuscì a trasformarla in un colpo di tosse prima di poter guastare la solennità della giornata.

Il re finì di lavare l'ultimo piede e fu aiutato a rialzarsi. Il prete benedisse la congregazione e i membri della corte iniziarono a sfilare lungo la navata, in direzione della porta.

«Chi è quella signora?» domandò Valerie. «Quella accanto al re.»

«È la...» Un uomo poteva dire ad alta voce che era l'amante del re? Quella donna era talmente giovane che avrebbe potuto essere sua figlia. Stava sempre al suo fianco, spingendo da parte gli accompagnatori di Edoardo, al punto da far pensare che a lui bastasse esprimere un desiderio perché lei lo esaudisse.

«È... vicina a Sua Grazia.» Gil fu incapace di non lasciar trapelare una critica dalla sua voce. Certo, sarebbe stato troppo sperare che un uomo restasse fedele alla moglie anche dopo che questa era deceduta, eppure... «Si chiama Alice Perrers.»

«Capisco.» Valerie assentì, senza la benché minima traccia di esitazione, di stupore o di disapprovazione. «Mi risulta che il Signore della Spagna la reputi salutare per il re.»

Gil non avrebbe mai compreso come funzionava la mente femminile. In modo particolare, la mente di quella donna. Tuttavia, Re Edoardo aveva un aspetto migliore di quello che aveva avuto l'ultima volta in cui era apparso in pubblico. Lui si chiese se fosse merito della sua amante o della funzione religiosa.

La corte si riversò fuori dall'abbazia. La Regina Costanza fu aiutata a prendere posto in una portantina. Lancaster preferì montare un cavallo, gli altri si avviarono a piedi. Gil affiancò Valerie, anche se aveva non poche difficoltà ad accorciare il passo. Desiderò farla ridere, ma costretto a mostrarsi allegro, non riuscì che a formulare solo pensieri seri.

La Pasqua era alta, quest'anno. Era ancora marzo e spirava un vento impetuoso. Due dame di corte li oltrepassarono e lui colse alcune parole sconnesse della loro conversazione.

«... si prende cura dei figli di Lancaster... anche il servizio di Venere.»

«L'ho vista uscire dalle sue stanze...»

Le due donne si allontanarono e il resto della conversazione andò perduto.

Dunque, è così che stanno le cose?

Gil scoccò un'occhiata a Valerie, ma sembrava che lei non avesse udito niente. Sebbene non fosse un uomo che prestava ascolto alle chiacchiere della corte, perfino lui si era chiesto... E se era vero, era stato lo stesso duca a pregare Katherine di ricordargli i suoi doveri coniugali?

O forse non si trattava che di un pettegolezzo.

Una risata stridula lacerò l'aria, troppo forte per essere ignorata. Lui portò lo sguardo sul gruppo di dame castigliane, incapace di distinguerle l'una dall'altra.

«La sorella della regina» spiegò Valerie. «Isabel.»

Benché fosse sicuro di essere stato presentato, Gil non riusciva a ricordarla. «Sembra molto diversa dalla sorella.»

«Hanno due caratteri molto diversi. A Isabel piace la compagnia degli altri, anche se sono inglesi. Se non capisce ciò che dicono, si limita a ridere.»

La strada descriveva una curva, lasciando il fiume e il vento dietro di loro. Quando Valerie curvò le spalle, lui la circondò con un braccio. Ora che erano così vicini, si rese conto ancora una volta di quanto fosse piccola. Avrebbe potuto infilarla sotto il suo braccio, avvilupparla nel mantello, perfino sollevarla e portarla fino al palazzo senza alcuno sforzo. Ma camminare al suo fianco, tentando di adattare il proprio passo al suo, costituiva una sfida.

«La prossima Pasqua» dichiarò allorché raggiunsero la gradinata esterna del Savoy e cominciarono a salire, «saremo a Siviglia. E farà caldo.»

«Mi hanno raccontato che celebrano la Pasqua in modo diverso laggiù.»

Gil aveva trascorso la sua unica Pasqua in Castiglia in marcia, non in una chiesa. «In che modo?»

«Pare che gli uomini percorrano le strade fustigandosi, per condividere le sofferenze di Cristo.»

«Sul serio?» Doveva trattarsi di una fustigazione simbolica. «Come noi assistiamo a una rappresentazione sacra, state dicendo.»

«No. Usano una sferza, munita di chiodi.»

«Ma la chiesa ha vietato le flagellazioni.»

«Sì, ma permette ai devoti di porgere omaggio alle sofferenze di Cristo durante la Settimana Santa.» Sgranati per l'orrore, gli occhi di lei incontrarono i suoi. «Dicono che le strade sono rosse dal sangue.»

La vita era già piena di dolore. Perché un uomo avrebbe dovuto procurarsene altro?

Quel solo pensiero, però, gli impedì di continuare la conversazione. Appena raggiunsero il palazzo, farfugliò un breve saluto.

Forse, pensò mentre Valerie scompariva all'interno, le dame della regina avevano esagerato. In caso contrario, quella era una Castiglia molto diversa dai pacifici giardini che erano impressi nella sua memoria.

Quale delle due era quella reale?