In tal caso, non ci sarà nessun figlio.
Ammutolita come se lui l'avesse schiaffeggiata, Valerie fissò la porta chiusa. Non le restava più niente. Non c'era niente che potesse fare.
Nessun figlio.
Nessuna protezione. Niente.
Aveva tentato di fare tutto ciò che il suo primo matrimonio le aveva insegnato, di piegarsi al volere di lui, e, ancora una volta, aveva fallito. Ancora una volta, avrebbe potuto restare sola e indifesa, senza un figlio che le impedisse di essere data all'uomo successivo scelto da Lancaster.
Che cos'avrebbe dovuto fare adesso? Solo tentare di nuovo di compiacerlo. E augurarsi di riuscirci.
Mentre scendeva le scale, Gil incontrò Lancaster, che lo salutò con un sorriso e una pacca sulla spalla. «Vedo che avete indugiato a letto con la vostra sposa.»
Parole pronunciate con un sorriso, come se sapesse che cosa accadeva nel talamo nuziale di un uomo.
Be', non era necessario che sapesse che cosa era accaduto nel proprio. «Infatti, mio signore.» Tentò di scoppiare in una risata, augurandosi di apparire sincero.
«E Lady Valerie ha gradito il dono che avete scelto per lei?»
Il dono.
Troppo tardi, Gil ricordò la splendida coppa che la regina aveva sdegnosamente rifiutato e quella che Isabel si era rigirata fra le dita la sera prima. Quelli erano appunto gli oggetti che una moglie si sarebbe aspettata di ricevere dal proprio marito.
«Dono?» Si schiarì la gola. «Non ci avevo pensato.» Non c'era da stupirsi che lei non lo avesse accolto con un'espressione affettuosa. Non si era preso la briga di corteggiarla, non le aveva nemmeno offerto un pegno per la loro unione.
«Dovete darle qualcosa.» Lancaster si accigliò. «Può darsi che fra le cose che possiedo...»
«No!» Anche se dette con buone intenzioni, quelle parole costituivano un insulto per il suo orgoglio. «Si tratta di una mia responsabilità.»
Il duca annuì, la mente già altrove. «Dobbiamo radunarci fra un'ora. Mio padre parlerà.»
«Saremo presenti» ribatté lui, chiedendosi se sarebbe stato Re Edoardo ad annunciare la loro spedizione anziché il Signore della Spagna. Non ebbe il tempo di rimuginare su quel quesito. Avrebbe dovuto pensare a ciò che avrebbe detto agli uomini, appena il discorso del re si fosse concluso.
E Sir Gilbert ci guiderà alla vittoria!
Invece stava pensando a come farsi perdonare le sue manchevolezze come marito. Una coppa con delle incisioni, una spilla tempestata di gemme, una collana che rivaleggiasse con quella che le aveva donato la regina... erano tutte cose che richiedevano del tempo che lui non aveva. Che cos'avrebbe potuto donarle quel giorno? Quella settimana? Prima che salpasse con la flotta?
Solo una promessa.
«Marito?» Valerie si era fermata sulla scala, sopra di lui. Adeguatamente abbigliata come sua moglie, i capelli erano di nuovo nascosti sotto un velo, invisibili a chiunque tranne che a lui. Un senso di possesso e di responsabilità lo assalì. Gli apparteneva adesso. Lui teneva nelle proprie mani il suo futuro e la sua felicità.
Mani vuote.
La pietra che aveva prelevato dall'Alcázar gli pesò nella tasca. La Castiglia. Le avrebbe donato la Castiglia.
«Venite» la sollecitò mentre lei lo raggiungeva. «Non abbiamo che pochi minuti prima di doverci presentare nel salone.»
Non avendo il tempo di trovare un luogo e un momento appropriati, la condusse all'esterno, in un angolo appartato della corte, dove lei attese in silenzio che lui parlasse.
Gil si infilò la mano in tasca e strinse le dita attorno alla pietra, i contorni frastagliati che gli si conficcavano nel palmo. «Essendo vostro marito, dovrei farvi un dono di nozze.»
«Dono?» C'era stupore sul viso di lei. Aveva immaginato che lui fosse così inesperto da ignorare che doveva offrirle un pegno? Be', a onor del vero, non aveva fatto niente per indurla a pensare il contrario.
Gil estrasse la pietra dalla tasca, ma mentre lo faceva questa si spezzò in due. Lui chiuse le mani a coppa per impedire ai pezzi di cadere, e quando le riaprì, una metà si trovava su ogni palmo. Tese la mano, in modo che lei ne prendesse una. «Vi prometto il nostro futuro.»
Valerie la prelevò e fissò il variopinto frammento di piastrella. «La vostra pietra» bisbigliò. «Proveniente dai giardini dell'Alcázar.»
«Dove costruiremo la nostra vita. Insieme.» Per lei, quanto per lui, doveva lasciarsi il passato alle spalle e iniziare una nuova esistenza.
Valerie fissò il frammento che aveva in mano senza sollevare lo sguardo. Una pietra spezzata. Deludente, senza dubbio.
Lui le piegò le dita attorno alla piastrella. «Conservatela. L'altra metà mi accompagnerà in Castiglia. Quando avrò raggiunto il palazzo, vi manderò a chiamare e i due pezzi si riuniranno. Perseguirò questo scopo fino alla morte.»
La baciò, delicatamente, per suggellare quel giuramento. E quando interruppe il bacio e tornò a guardarla, i suoi grandi occhi scuri parvero promettergli un futuro senza fine.
Valerie abbassò lo sguardo sulla pietra e lo riportò su di lui. «Io non ho niente da darvi.»
«Un figlio» dichiarò Gil. Dopo che le aveva donato la Castiglia, lei senza dubbio... «Quando sarete pronta a farlo, mi darete un figlio.»
La condusse nel salone mentre lei riponeva la pietra spezzata nella borsa che portava appesa alla cintura. Era arrivato il momento dell'annuncio del re, un annuncio che lo avrebbe nominato comandante della spedizione, consentendogli in tal modo di mantenere la promessa della pietra.
Affiancato dai due figli maggiori, Edward e John, il re sedeva a un'estremità del salone. Perfino da quella distanza, Gil poté notare che era invecchiato, che le forze lo stavano abbandonando. Doveva conservare le poche che gli restavano per la guerra. E per la sua amante.
Un araldo chiese silenzio.
Re Edoardo si alzò per prendere la parola. Lui e i suoi figli sarebbero salpati entro un mese alla guida della flotta più numerosa che si fosse mai vista. Nessuno, né i francesi né i castigliani, avrebbe osato minacciare di nuovo le rive inglesi. L'Inghilterra sarebbe stata di nuovo padrona dei mari.
Una sorta di ruggito si levò nel salone. Edoardo non guidava degli uomini in battaglia da anni. La sua sola presenza sembrava assicurare la vittoria.
Nondimeno, Gil provò un senso di disagio. Sapeva quanto fosse difficile reperire tante navi. E il re non aveva menzionato la spedizione in Castiglia.
Quando però Lancaster si alzò, lui mascherò un sorriso. Con ogni probabilità, sarebbe stato il Signore della Spagna a fare quell'annuncio. Pur sapendo che doveva attendere finché non avesse sentito pronunciare il suo nome, non seppe impedire all'orgoglio di infondergli coraggio e di gonfiargli il petto.
«Quest'oggi» cominciò il Signore della Spagna, «chiedo a tutti coloro che mi hanno giurato fedeltà di seguire mio padre, di radunarsi a Sandwich fra un mese per prestare servizio in mare.»
In mare.
Non ci sarebbe stata alcuna invasione in Castiglia.
Gil rimase immobile, dubitando di essere ancora in grado di respirare.
Mentre gli uomini alzavano la voce per rinnovare il loro giuramento di lealtà, Valerie gli bisbigliò all'orecchio: «Ma come può Monseigneur d'Espagne riconquistare il suo trono se rimane in mare?».
«Non può» convenne lui, meravigliandosi di riuscire a parlare in tono pacato.
Gli era stato promesso che sarebbe stato alla destra del re. Lui aveva immaginato che significasse che i suoi consigli sarebbero stati ascoltati. Non era stata che un'illusione. Il suo piano, quello di Lancaster... alla fine non era stato che Re Edoardo a stabilire il corso degli eventi.
«Andrete in Castiglia dopo di allora?»
Lui scosse il capo. «No.» Un mese. Sarebbero salpati in agosto, più tardi di quanto aveva sperato. I venti autunnali avrebbero cominciato a spirare e sarebbe arrivato l'inverno, la stagione meno propizia per la guerra. «Non quest'anno.»
Lei si strinse fra le dita la croce d'oro che le aveva donato la regina, quasi intendesse aggrapparsi alla terra che conteneva. «Quando vi andrete?»
Quella domanda gli parve un'accusa. Gli era già impossibile mantenere la promessa che le aveva fatto. «Forse in primavera.» Parole di speranza. Gil non era più a conoscenza delle intenzioni di Lancaster.
«Ero furiosa perché la regina non era stata invitata ad assistere allo sposalizio della sorella» mormorò Valerie, mentre tutti inneggiavano alla sfida che li attendeva. «Adesso ringrazio il cielo per il fatto che abbia la possibilità di ignorare questo tradimento ancora per qualche giorno.»
Ricordategli il suo dovere, gli aveva chiesto Costanza. Era stata più lungimirante di lui.
Nella tarda mattinata, dopo che furono cessati i brindisi, quando la decisione era ormai irrevocabile, Lancaster era in procinto di andare a caccia, lasciando uomini da meno a sforzarsi di modificare i piani, di trasferire i velieri in altri porti e preparare gli uomini che avrebbe comandato il re.
Il duca aveva chiesto a Gil di accompagnarlo. Sarebbe stata una specie di festa, un diversivo prima dei rigori della guerra. Lui però non se l'era sentita.
«Aspettate qui» disse a Valerie. Mentre uomini e cavalli affollavano la corte, si avvicinò al suo signore, chiedendosi quali parole avrebbe dovuto usare. Avrebbe combattuto, come gli era stato ordinato, ovviamente. Ma poi? «Vi raggiungerò sulla costa, mio signore. Devo...»
Che cosa doveva fare? Rimpiangere l'occasione perduta. E farlo in santa pace.
Comprensione mista a rammarico apparvero sul viso di Lancaster. «Mio padre... ha bisogno di me. La Castiglia deve aspettare.» Posò la mano sulla sella, come se fosse impaziente di montare e andarsene. «Ve lo prometto. Verrà anche il nostro momento.»
Gil era stufo di promesse. Tuttavia, annuì come se gli credesse. «Qualcuno dovrebbe informare la regina.» Questa, pensò, era una cosa che poteva fare. Per Valerie e per se stesso.
«Sì. Se foste disposto. E vi sarei grato se riaccompagnaste a Hertford Lady Katherine.»
Ancora stordito, lui assentì. Non avrebbe impiegato che alcuni giorni, E poi? Che cos'avrebbe fatto durante le settimane successive, finché non si fosse imbarcato? «Ci vediamo sulla costa.»
Lancaster montò ed esitò prima di spronare il suo cavallo. «Quando verrete sulla costa, portate con voi Lady Katherine. Voglio vedere... i miei figli prima della partenza.» Abbassando lo sguardo, rimase un istante in silenzio. «Dove andrete adesso? A casa?»
Gil non aveva una casa né un altro posto dove andare, tranne che da una moglie che aveva già deluso.
E non aveva niente da offrirle, fatta eccezione per una pietra spezzata.
Aspettate qui, le aveva ordinato suo marito.
E perciò Valerie aspettò mentre il salone si vuotava a poco a poco, finché non rimase che l'eco delle acclamazioni degli uomini. Avevano levato le coppe al successo della spedizione e avevano dato l'impressione di non curarsi di dove sarebbero andati né per chi avrebbero combattuto.
E dopo che suo marito aveva brindato con loro, non aveva più posato gli occhi su di lei.
Il rumore di zoccoli le giunse all'orecchio, mentre gli uomini si dirigevano verso le porte. Gil rientrò nel salone, cupo e taciturno, smarrito come se avesse perduto la strada.
Lei gli si avvicinò adagio, come se tentasse di non svegliarlo. «Voi non partecipate alla battuta di caccia?»
Lui scosse il capo. «Dobbiamo portare questa notizia alla regina, noi due.»
Noi due. Erano sposati adesso. Una cosa sola.
«La regina sarà...» Valerie si frugò nella mente in cerca della parola adatta. Delusa era un termine troppo blando. «Addolorata.» Pur essendo una regina, era ugualmente alla mercé di un marito.
«Avrà bisogno di conforto» convenne Gil.
E lei scorse il dolore nei suoi occhi, un'angoscia che significava che comprendeva quella della regina. La sua gentilezza le procurò una stretta al cuore. Non sarebbe stato il marito di Costanza a cercare di consolarla e di mitigare il dolore che provava. Sarebbe stato il suo. E lei era fiera di lui, dal momento che aveva dimostrato una maggiore considerazione per la regina di quanto avesse fatto Lancaster.
Gil le prese la mano. «E, Valerie, ciò che vi ho promesso non è cambiato. È il giuramento che vi ho fatto. Il nostro futuro.»
Lei abbassò lo sguardo e mormorò qualcosa di simile a un assenso, temendo che lui leggesse la verità nei suoi occhi. La perdita della Castiglia costituiva un fiero colpo per lui, per Costanza e per Lancaster. Gil non avrebbe visto rammarico nei suoi occhi. Avrebbe visto sollievo.
Fino alla morte, le aveva promesso, immaginando di farle piacere. Pensando che anche lei anelasse a vivere in un palazzo inondato di sole. Piegò le dita attorno alla pietra che lui le aveva dato. La promessa di un futuro che lei non desiderava, lo scintillante Santo Graal sempre al di fuori della sua portata.
Gil si era reso conto che, malgrado i suoi tentativi, il suo corpo di rifiutava di accettare quello di lui. Ma ignorava che lei non voleva unire la sua vita all'esistenza che lui desiderava.
Un brivido le percorse le membra. No, non avrebbe mai potuto chiedergli di non andare. Non avrebbe mai potuto dirgli che desiderava restare in Inghilterra, anche se questo avesse significato vivere nel castello semidiroccato che era appartenuto alla sua famiglia.
Lui aveva affermato di volere la verità. Ma non voleva quella.
No. Per quanto riuscisse a mostrarsi gentile, non avrebbe mai voluto sapere che lei sperava di non vedere mai la Castiglia.
Non si affrettarono a raggiungere Hertford.
Valerie, Katherine, Gil e alcuni servitori avevano viaggiato prevalentemente in silenzio attraverso la campagna inglese. Valerie l'aveva divorata con gli occhi, ringraziando il cielo per la tregua che le era stata concessa. Aveva ottenuto un altro inverno, forse un'altra estate, prima di essere costretta a lasciarla.
Quando giunsero a destinazione e furono introdotti alla presenza della regina, il cielo era arrossato dal tramonto, la gazza cianciava e Costanza li ricevette con la figlioletta fra le braccia, simile alla statua di una Madonna con il bambino.
Dopo la riverenza e l'inchino di prammatica, Valerie e Gil la informarono che Lady Katherine si era recata direttamente dai suoi figli.
Sarebbe stato più facile per entrambe le donne.
Seguì un lungo silenzio. L'interprete fece passare lo sguardo da loro alla regina, aspettando.
Valerie scoccò un'occhiata a Gil. Non avevano deciso come comunicarle la notizia. Forse avrebbero potuto iniziare parlando dello sposalizio, un evento gioioso. «Vostra sorella si è sposata, Vostra Grazia. La cerimonia è stata degna del suo rango.»
La regina alzò lo sguardo. «Suo marito, che tipo di uomo è?»
Valerie rimase interdetta. Se le sorelle potevano essere così diverse, altrettanto potevano esserlo i fratelli. E quello, sospettava, non era l'uomo che era Lancaster. «Non l'ho visto che da lontano, Vostra Grazia.»
«Un ottimo comandante» si affrettò ad aggiungere Gil.
Dal tono della sua voce, lei comprese che non lo aveva detto che per compiacere la regina. Per essere un uomo che pretendeva la verità, riusciva a girarvi attorno in punta di piedi quando lo riteneva opportuno. Quando anche lui sperava di restituire a qualcuno la tranquillità di spirito.
«Mia sorella è felice?»
Che strana domanda. Come se fosse possibile per una donna trovare la felicità in un matrimonio.
«Lo sembrava, Vostra Grazia.» La risata stridula di Isabel echeggiava ancora nelle sue orecchie. Era una ragazza sventata, che non trascorreva le sue giornate a fare il proprio dovere nei confronti del suo paese e di Dio.
«Anche voi.» Costanza fece passare lo sguardo da lei a Gil e viceversa. «Anche voi siete sposati.»
Gil le prese la mano. «Lo siamo, Vostra Grazia.»
Lei fu incapace di reprimere un sorriso. Un sorriso autentico.
«Tuttavia, c'è un'altra notizia, Vostra Grazia.» Gil le lasciò andare la mano e si armò di coraggio. «Una notizia che rimpiango di dovervi comunicare.»
«Non torneremo in Castiglia.»
Costanza non aveva atteso che lui glielo dicesse. Lo aveva intuito. Come se sapesse di essere stata ingannata fin dall'inizio.
«Non quest'anno, Vostra Grazia. La minaccia proveniente dal mare deve essere sventata. Non possiamo correre il rischio che i nemici sbarchino sulle nostre rive. I velieri che hanno distrutto i nostri il mese scorso...»
Valerie lo ascoltò con un orecchio solo. Gil stava snocciolando dei pretesti per il re, per Lancaster, per i loro fedeli alleati inglesi, per tutti coloro che non avevano mantenuto la promessa che era stata fatta a quella donna così sola. Lui provò, giurandole di nuovo, come aveva fatto a lei, che avrebbe rivisto Alcázar. Una promessa destinata a confortare la regina, dal momento che lui non aveva il potere di farlo. Si trattava di una cosa che Valerie aveva imparato. Una donna doveva esaudire i desideri del proprio marito, ma un uomo viveva alla mercé del suo signore.
«C'è altro? Avete portato un messaggio?» domandò infine Costanza. «Per me?»
Valerie scoccò un'occhiata a Gil. A nessuno era venuto in mente di mandarle un messaggio personale. Né a sua sorella né al prete, e tantomeno a suo marito.
Notando la loro espressione, Costanza annuì, senza dimostrare il benché minimo stupore, e volse lo guardo attorno alle mura del castello, le mura che erano diventate la sua prigione.
Valerie comprese la sua angoscia e desiderò fervidamente di avere il potere di ricondurre quella donna nel suo paese, anche se avesse significato che sarebbe stata lei a finire in esilio.
Avrebbe avuto la forza di costruire un focolare in quella terra straniera? Per amore di Gil?
La regina, d'altro canto, non aveva né il marito né la sua patria. Non le restava che la figlia. Solo la bambina che non poteva nemmeno chiamare con il nome che le aveva scelto.
Gil si sforzò di spiegarle. La decisione era stata presa in fretta. Re Edoardo e il Signore della Spagna... ma la regina scosse la testa, come se fosse stanca di menzogne.
«Andate» gli ingiunse. «Desidero parlare con vostra moglie.»
Anche l'interprete venne congedato, il che indicava che avrebbero conversato in un misto di inglese e di spagnolo, la loro lingua raffazzonata. Non più in grado di conservare la sua coraggiosa facciata, la regina porse la neonata a Valerie, in modo da non bagnarla con le sue lacrime.
Per un lungo momento, rimasero sedute l'una accanto all'altra senza pronunciare una parola, lasciando che fosse il cicaleccio della gazza a colmare il silenzio. A poco a poco, le lacrime si arrestarono.
«Vostra madre» cominciò Costanza. «Provava amor per vostro padre?»
Amore? Valerie dubitava che uno dei tre matrimoni della sua genitrice avesse mai incluso l'amore. «Mia madre non parlava mai dell'amore. Solo dei compiti di una moglie.»
Costanza portò lo sguardo in direzione della finestra rivolta a meridione, quasi fosse in grado di scorgere il suo paese da lì. «Mio padre amava mia madre. Moltissimo.»
Una confidenza inaspettata. Quanto più penosa doveva essere allora la sua vita coniugale.
«È una cosa insolita in un matrimonio, immagino.»
La regina si volse a guardarla con un'espressione mesta. «Non erano sposati.»
Valerie deglutì a stento, incerta su come rispondere. Innamorati, ma non sposati. Costanza si rendeva conto fino a che punto quella situazione rispecchiasse la propria? Benché apparisse chiaro che detestava Katherine, lei non aveva mai capito se fosse veramente a conoscenza della sua relazione con il duca. Era vissuta isolata, lontana dalle chiacchiere della corte. «Aveva... altri figli?»
Per poco non si era lasciata sfuggire figli legittimi. «No. Lo costrinsero a sposare altre donne, una, due volte. Ma lui non diede loro dei niños. Solo a mia madre.» Si percepiva un orgoglio in quelle parole. Come se i figli potessero essere generati soltanto dall'amore.
Sapevano entrambe che non era vero.
«Perciò vi ha nominata sua erede.» Una figlia illegittima destinata a succedere a un re. Una cosa che sarebbe stata inconcepibile in Inghilterra.
«Sì. E dopo che lei è mancata, l'arcivescovo ha dichiarato che erano stati sposati.»
Valerie sgranò gli occhi. Era possibile una cosa del genere? «Secondo la legge di Dio?»
E Costanza, che lei aveva pensato amasse il Signore sopra ogni altra cosa, si limitò a scrollare le spalle. «A volte, l'amore è più forte.»
«Voi avete visto un simile amore, Vostra Grazia. Io no. Mi è difficile comprendere un sentimento così intenso.»
«Vostro marito... vi ama?»
Una domanda insolita e terribilmente imbarazzante. «Credo che voglia farlo. Che desideri quel tipo di amore fra noi.»
«E voi lo amate?»
Una domanda semplice, questa volta. E una risposta diversa da quella che sarebbe stata alcuni giorni prima. «Penso che potrei riuscire ad amarlo.»
Desiderava amarlo, come non aveva neppure immaginato possibile prima di conoscerlo.
«Andrete con lui adesso.» Un ordine. «Nella vostra nuova casa.»
Il guaio era che non esisteva una casa. Gil si rifiutava di tornare nella sua tenuta. E Florham le era stata portata via. Dove sarebbero potuti andare? «Credo che lui si aspetti che io continui a servirvi, Vostra Grazia. E io sono felice di farlo.»
Anche se si scambiarono un sorriso, la regina scosse la testa. «È giusto che restiate al suo fianco.»
«Tenterò, Vostra Grazia.» La regina aveva scelto il dovere ed era stata privata dell'amore. Forse desiderava che altri lo trovassero.
Costanza tese le braccia, pronta a riprendere la piccola, e Valerie le porse il minuscolo fagotto, sentendo le braccia insolitamente vuote e fredde.
«Inoltre» continuò la regina, cambiando argomento, «io ho l'erede della Castiglia adesso. Gli altri figli del re non sono eredi e dovrebbero vivere altrove. Con Lady Katherine.»
Dunque, ne è a conoscenza.
Quanto doveva essere penoso espiare i peccati commessi dalla propria madre. Ora era lei la regina sposata, costretta a vedere il marito amare un'altra donna, come una volta aveva fatto suo padre.
Se Costanza aveva notato la similitudine, lo tenne per sé. Sapeva altresì che cosa avrebbe potuto significare. Se non altro, aveva una figlia. E se anche Katherine avesse avuto dei figli da Lancaster?
Be', quei figli non avrebbero avuto alcun diritto di aspirare a occupare il trono.
Valerie si sentì stringere il cuore per entrambe. La donna che amava il marito di un'altra e la moglie che era costretta ad assistere alla loro relazione.
«Come desiderate, ovviamente, Vostra Grazia. Sono certa che sarà possibile trovare una sistemazione.» Anche Lancaster, senza dubbio, avrebbe preferito abbandonare la finzione, ossia che Katherine era al servizio della regina. Sarebbe stato più facile per loro stare insieme.
«Glielo direte voi. Comunicatele il mio desiderio.»
«Lo farò, Vostra Grazia. Non sarà necessario che la rivediate.»
Quella conferma parve rasserenare Costanza. Sorrise. Poi agitò la mano. «Potete andare.»
Sorpresa, Valerie chinò la testa e toccò la pesante catena d'oro. «Grazie. Per la vostra cortesia. E per la collana. E per tante altre cose. Vaya con Dios.»
Benché avesse temuto di scorgere un'espressione arcigna e infelice, non vide che comprensione. «Dovete stare con lui. Diteglielo. Se lo permito.»
«Lo spero, Vostra Grazia.»
La regina aggrottò di nuovo la fronte. «Per generare un figlio. Dovete trovare il tempo di farlo.»
Valerie avvampò. «Sì, Vostra Grazia.»
Quello, se non altro, era un obiettivo che lei e il marito potevano condividere.