III

NASCITA DELLA RECENSIONE

 

 

 

Le origini dei generi letterari sono per lo più avvolte nella nebbia. Abbiamo i 1028 inni del Ṛgveda, ma nessuno oserebbe dire che cosa li abbia preceduti. Abbiamo l’Iliade e frammenti di poemi del «ciclo epico», ma anche il più temerario degli omeristi non si spingerebbe fino a individuare quale sia stato il primo epos greco. Eppure c’è un genere letterario minore – e oggi spesso considerato con sufficienza e con impazienza – per il quale possiamo stabilire con certezza addirittura la data di nascita: è la recensione. Quella data fu il 9 marzo 1665, quando il «Journal des Savants» pubblicò una breve recensione – modello di ogni altra successiva – scritta da Madame de Sablé su un libro che, da quel giorno a oggi, ha avuto una immensa fortuna: le Maximes di La Rochefoucauld. Le quali si mostrarono così al mondo, secondo le parole di Sainte-Beuve: «I giornali se ne occuparono; quando dico giornali, bisogna intendere il “Journal des Savants”, il solo allora fondato, e peraltro da pochi mesi». Per l’esattezza, da tre mesi. L’articolo di Madame de Sablé, nella sua stesura originaria, non è più lungo di una pagina e mezzo a stampa e sarebbe difficile trovare un esempio di recensione più perfetto, più puntuale e più illuminato. Ma sul «Journal des Savants» non apparve in quella versione, bensì in una versione corretta – e corretta dall’autore stesso di cui si trattava.

La Rochefoucauld e Madame de Sablé erano legati da una stretta amicizia e complicità. Così accadde che Madame de Sablé non solo provvide a far copiare le Maximes, facendole circolare in manoscritto, fra mille accorgimenti e finte cautele, in una cerchia di giusti lettori e lettrici, ma ebbe anche l’amabilità di sottoporre all’autore in questione la sua recensione appena scritta. Conosceva così bene il suo amico da non aver dubbi sul fatto che avrebbe avuto qualcosa da ridire, pur essendo la recensione un ricamo di elogi. Quando ne inviò il testo a La Rochefoucauld, lo accompagnò con un biglietto in cui raggiunse la sommità ineguagliata delle maniere (e dell’eleganza, nonché dell’affettuosa ironia) che un critico può mostrare verso un autore di cui scrive: «Vi invio quel che ho potuto tirar fuori dalla mia testa per il “Journal des Savants”. Ci ho messo quel passo a cui siete così sensibile ... e non ho avuto timore di mettercelo perché sono sicura che non lo farete stampare, anche se il resto vi piacesse. Vi assicuro che vi sarò più obbligata se lo userete come fosse cosa vostra, correggendolo o buttandolo nel fuoco, che non se gli faceste un onore che non merita. Noi altri grandi autori siamo troppo ricchi per temere di perdere qualcosa delle nostre produzioni...». Non si sa che cosa ammirare di più, in questo biglietto di alta sapienza, ma forse il primato spetta all’uso inopinato della parola «produzioni».

Madame de Sablé aveva impeccabilmente divinato quello che sarebbe stato il comportamento del suo caro amico recensito. Sainte-Beuve lo raccontò come un perfido, asciutto cronista: «M. de la Rochefoucauld, che tanto male ha detto dell’uomo, rivede egli stesso il suo elogio per un giornale; elimina solo ciò che non gli piace. Di fatto, l’articolo venne inserito nel “Journal des Savants” del 9 marzo; e, se lo si paragona con il progetto, il passo che Madame de Sablé definiva sensibile vi scompare. Nulla rimane di questo secondo paragrafo: “Gli uni credono che sia un oltraggiare gli uomini darne una raffigurazione così terribile, e che l’autore non ha potuto ricavarne l’originale se non in se stesso. Dicono che è pericoloso portare alla luce pensieri di tal genere e, una volta mostrato così bene che non si fanno buone azioni se non sulla base di cattivi princìpi, non ci si preoccuperà più di cercare la virtù, perché è impossibile possederla, altrimenti che nell’idea”». Ciò che La Rochefoucauld aveva cancellato erano le righe più significative – e definitive – della recensione. Ma, anche negli interventi minori, che l’autore non si risparmiò, si trattava sempre di correzioni peggiorative. Là dove Madame de Sablé parlava di «una così grande penetrazione nel conoscere il vero stato dell’uomo», La Rochefoucauld sostituiva una versione banalizzante: «Una così grande penetrazione nel districare la varietà dei sentimenti del cuore dell’uomo». E, come già allestendo un quote da citare poi sulla copertina del libro in una edizione a venire, l’autore torceva un’altra frase di Madame de Sablé trasformandola in questa: «Le persone giudiziose troveranno qui una quantità di cose molto utili». Nello sforzo di migliorare ciò che già era eccellente, La Rochefoucauld finì per espungere la frase più memorabile della recensione, che la apre come un colpo di piatti: «È un trattato dei moti del cuore dell’uomo, che si può dire gli siano stati come ignoti fino a questo momento». Nulla di più radicale e azzardato si sarebbe potuto scrivere delle Maximes di La Rochefoucauld. Ma l’autore dell’opera non esitò a cancellare proprio quelle parole. Forse per evitare che facessero paura, anche a lui stesso.