Capitolo X

 

 

 

 

 

Nel quale si parla male di Garibaldi. Citazioni bibliche. Primo si fa latore. La bioetica. Orto dove si coltivano gli sproloqui. La parabola dei vecchioni rivisitata. Ma la letteratura, per fortuna, non è mai concorde.

 

Alle 17 in punto, il commendator Garibaldi arrivò, evidentemente irritato e assai poco cordiale. Era un uomo di circa 50 anni, piuttosto piccolo e massiccio, pochi capelli in testa, doppio petto blu gessato, un foulard a pois bianchi sotto la camicia. Primo decise che quell’uomo non gli piaceva, oltretutto aveva una spontanea antipatia per gli uomini che portavano un foulard; e la sua antipatia aumentò quando lesse, nel biglietto da visita che il commendator Garibaldi gli aveva messo in mano, il nome di battesimo, Arturo. Dunque questo era il signor Arturo, il manager di Dorotea, l’uomo dei concorsi di bellezza.

Il signor Arturo venne al dunque senza alcun preliminare, quasi precipitosamente.

«Dov’è Giuseppe, suo cugino?» gli chiese.

«Io non lo so; sono forse il guardiano di mio cugino?» gli rispose Primo.

Il signor Arturo si mostrò sorpreso e seccato insieme.

«Cosa sta dicendo?».

«Genesi, 4, 9, sa, la Bibbia. Caino, nella fattispecie».

«Ah, vedo che lei è un uomo pieno di spirito, peccato che io non sia in grado di apprezzare i suoi buoni motti. Lei mi ha anche costretto a venire quaggiù, beh, lasciamo perdere. Il fatto è che io debbo parlare a suo cugino, è una cosa di una certa rilevanza. Mi chiedo se lei può farsi latore di un messaggio».

Non può essere un uomo normale, pensò Primo, un uomo che dice «buoni motti», «rilevanza» e «latore» non può essere del tutto normale. Forse è meglio che io mi faccia proprio latore, tanto per vedere cosa ha in testa.

«Mi farò» disse.

«Cosa?» il signor Arturo sembrava perplesso.

«Latore. Mi farò latore».

«Ah. Mi ero dimenticato. Bene, allora quello che suo cugino Giuseppe deve sapere è che la famiglia della signorina Dorotea considera la sua presenza qui un fastidioso inconveniente. La signorina Dorotea è impegnata in una cosa importante, per la sua vita e per la sua carriera, e lei stessa mi ha dichiarato di essere infastidita dalla corte insistente e non gradita di suo cugino Giuseppe. So che l’ha anche portata qui, a casa sua».

«Sì, ma non mi sembrava contrariata».

«La signorina Dorotea è persona cortese ed educata, capace di celare i suoi sentimenti in certe circostanze. Ma ha pregato me di esternare i suoi veri sentimenti al signor Giuseppe, gli chiede di non occuparsi più di lei. Spero che lei possa aiutarci nel conseguire questo risultato. Nessuno di noi vorrebbe rivedere il signor Giuseppe. Non la signorina Dorotea, non io, non la famiglia».

«La madre» precisò Primo.

«Che rappresenta la famiglia» puntualizzò il signor Arturo.

«Come le dicevo, mi farò certamente latore di questo messaggio, ma posso anticiparle una inevitabile richiesta di mio cugino Giuseppe, vorrà sentire queste parole dalla signorina Dorotea».

«Immagino che sarà inevitabile, ma non qui e non ora. Ora la signorina Dorotea ha bisogno di tutta la sua tranquillità, lo stesso compito in cui è impegnata lo richiede».

«Compito? Quale accidenti di compito? Stiamo parlando di un concorso di bellezza, qui non si tratta di vincere una cattedra all’Università…».

«Le persone del suo genere non possono capire, lo so bene. Grazie comunque per avermi ricevuto e per... per...».

«Farmi latore» concluse Primo.

Il signor Arturo se ne andò tutto impettito, e guardandolo mentre si allontanava Primo realizzò che portava tacchi alti almeno quanto quelli di Maria. Perde cento scudi solo nella camminata, avrebbe detto Proverbio. Primo si chiese, senza potersi dare una risposta, quali interessi il signor Arturo stesse realmente curando. Intuiva comunque che la risposta non gli sarebbe piaciuta.

 

Il mattino dopo Primo accompagnò le bambine a scuola e scortò Maite fino al reparto di radiologia dove doveva cominciare i suoi benedetti esami, la dottoressa Piccolomini era stata fulminea nel prenotarli. Maite era stranamente silenziosa e Primo decise di non farle domande e di aspettare tempi e umori migliori. Dalla radiologia salì direttamente fino al reparto di terapia intensiva dove trovò una nota che il direttore generale aveva lasciato per lui, gli chiedeva di passare dal suo ufficio. Le notizie che gli diede l’infermiera del reparto erano buone, Proverbio aveva passato una notte tranquilla, si era svegliato presto, ma poi si era addormentato di nuovo, lui viveva secondo i principi stabiliti dai suoi detti, pri vècc e pri babì, dla tèta e de litì, per vecchi e bambini, latte e letto. Così Primo scese, rasserenato, dal dottor Aquilani, per una chiacchierata.

«Le dico molto onestamente che non l’avrei richiamata se non avessi avuto una lunga conversazione con il suo amico Macbetto, che ha per lei una stima e un affetto straordinari, ma che soprattutto mi ha detto alcune cose che mi hanno colpito: che lei fa eccezione alla regola del gaff e piò bass che trè, che è il numero di persone che può mantenere un segreto secondo il vostro orribile dialetto, se ho afferrato bene, dispari e meno di tre, questo, lei capisce, è di grande importanza. Anzi, il suo amico Macbetto mi ha anche detto che lei è uno dei pochi che sa interpretare saggiamente un altro dei vostri terribili detti, spero di non farla ridere, qualcosa come la mân la fa andê in te fòss. La seconda cosa, alla quale non avevo pensato, è che lei è un punto di riferimento per una gran parte dei cittadini di questa città, la stimano, conoscono la sua storia, lei è una persona che ha avuto un notevole successo, ma che è rimasto uno di loro. Può darsi che questa storia dei vecchioni finisca in una bolla di sapone, ma purtroppo ha anche tutte le prerogative per diventare l’origine di un grande casino, e in questo caso lei può essere utile, non a me personalmente o ai medici, ma a costringere una società che va facilmente fuori giri a mantenere equilibrio e saggezza. Scusi lo sproloquio. Poi, quando avrà tempo, mi spiegherà anche la questione della destra e della sinistra, del pari e del dispari nel vostro ostrogoto».

Primo conosceva troppo bene Macbetto per non immaginare in quali termini avesse descritto la sua capacità di mantenere i segreti, in genere usava un’espressione dialettale che in lingua suonava più o meno «non ha mai mangiato sedere di gallina», il riferimento doveva per forza essere alla frequenza con la quale la gallina defeca.

«Il proverbio che lei ha citato usa il termine “mano” per indicare la mano destra, che è la mano per eccellenza, l’altra, la sinistra, si definisce la stânca, la mano stanca, perché è più debole dell’altra: il significato del detto mi sembra chiaro, se uno segue alla lettera la legge, se sta troppo sulla sua destra, dove la legge lo costringe a camminare, finisce nel fosso. Non sono sicuro che sia un complimento, detto da un altro certo non lo sarebbe, detto da lui… Gaff, invece ha un’origine molto semplice, c’è una parola dell’italiano medioevale, caffo, che significa dispari, non mi chieda l’etimologia».

«Comunque – riprese Aquilani – le cose stanno prendendo un corso difficile da definire, come sempre in questi casi, domani vedremo le prime reazioni dei giornali locali. Intanto è stato aperto un fascicolo, e il magistrato incaricato è il dottor Parini, persona molto perbene, cattolico intemerato, lo trova tutte le mattine alla prima Messa della chiesa del Carmine. Il fatto che sia molto religioso potrebbe avere un peso sull’andamento dell’inchiesta. Poi ho interrogato i medici, e posso anzitutto assicurarle che la storia dell’elettroencefalogramma silente non è come la dicono i suoi amici, hanno colto, come pensavo, solo le parole che li colpivano di più. Le modalità con le quali è stata accertata la morte dei quattro vecchioni è quella stabilita dal decreto dell’11 aprile 2008, le 6 ore di osservazione sono state ridotte in tre casi perché c’è stato un arresto cardiaco, documentato da un elettrocardiogramma protratto per 20 minuti, ho qui le registrazioni. Nel quarto caso, che riguarda la donna, il cuore ha continuato a battere ed è stato necessario completare gli accertamenti necessari per documentare la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell’encefalo. Si può certamente storcere il naso per via della contemporaneità di questi eventi, e per il fatto che sono occorsi mentre fuori dall’uscio urgevano alcuni ragazzi che avevano bisogno proprio di quei letti, posso comprendere che ci siano dubbi e sospetti, ma qui contano le cartelle cliniche, che fanno pubblica fede, e le testimonianze dei medici, che sono concordi nel confermare quanto è contenuto nei documenti».

«Quindi, tutto bene».

«Quasi. C’è qualcosa che non torna negli esami della donna, qualche modestissimo segnale che il tronco encefalico aveva minimi accenni di vitalità, che dico minimi, impercettibili. A questo punto c’è stata una discussione con il figlio della signora. Un disaccordo, diciamolo pure, e questo potrebbe rappresentare un problema».

«Cioè, il figlio non voleva che si staccasse la spina, e i medici l’hanno staccata ugualmente, è così?».

«È esattamente il contrario. Il figlio è sempre stato contrario al fatto che sua madre, un caso di Alzheimer all’ultimo stadio, complicato da una emorragia cerebrale massiva, fosse mantenuta in vita, ha sempre dichiarato che sua madre gli aveva fatto giurare che in circostanze come quelle “l’avrebbe lasciata andare”, che di vivo in sua madre c’erano solo i visceri, che lei quel corpo l’aveva abbandonato da tempo, si è persino messo a piangere, insomma i medici hanno considerato quanto fosse effimero quel segnale neurologico e l’hanno accontentato. Secondo me, sbagliando, anche se c’è una attenuante, una strana attenuante, che ha a che fare più col buonsenso che con la medicina. E in ogni caso è bene che lei sappia che la madre di questo sacerdote era considerata una donna terribile, il figlio ne era terrorizzato, prima che il cervello le andasse in acqua gli faceva dei tibisoli che si sentivano fino alla parrocchia vicina».

«Tibisoli?».

«Diciamo rimproveri solenni».

«Ha parlato al figlio?».

«Sì, sono andato io stesso da lui, in chiesa. È il parroco di una chiesa della periferia della città, un quartiere molto povero, quasi tutti nuovi cittadini. È un prete scomodo, sempre dalla parte della gente, spesso in contrasto con la curia, amatissimo, persino i musulmani lo adorano. Sarà un bel casino».

«È questa la strana attenuante?».

«No, l’attenuante sta nell’interpretazione di quel segnale di vitalità, la letteratura non è concorde, se si va in tribunale i periti si dilanieranno. Come le ho già detto, esistono casi, certamente coerenti con lo standard neurologico di determinazione di morte, in cui possono essere evidenti alcune residue funzioni encefaliche. E poiché un minimo livello di integrazione resta in molti casi, se uno assicura il trattamento intensivo e ventilatorio, alcune attività, e in particolare quella cardiocircolatoria, possono essere mantenute a lungo: il che non vuol dire che non siamo di fronte a un cadavere. Il guaio sarà che in tribunale gli avvocati si attaccheranno a tutti i cavilli possibili e che questo sarà balsamo per le orecchie di chi ci accusa di depredare soggetti ancora vivi dei loro organi, lei non sa che danni possono fare questi fatti alla trapiantologia».

Non c’era molto altro da aggiungere, concordarono quello che Primo avrebbe potuto dire e avrebbe dovuto tacere ai parenti dei tre vecchioni, ma prima di uscire dallo studio Primo gli chiese cose pensasse di quelle nuove linee guida della legge 40, che ammettevano ai trattamenti solo i casi di sieropositività maschile. Aquilani non si dimostrò per niente ottimista:

«Questa apertura delle linee guida è insostenibile anche semplicemente dal punto di vista della razionalità, non le dico poi dal punto di vista della legittimità, tratta in modo diverso situazioni praticamente identiche. Ma i suoi protetti troveranno molte difficoltà a far sentire le loro ragioni, Reggiani è una pinzochera dispettosa: vedrà che anche sul piano della certificazione di sterilità idiopatica, quella che non si riesce a diagnosticare, gli farà delle storie, ad esempio il fatto di non essere sposati lui lo interpreterà in modo negativo, insomma valuti lei l’opportunità di andare a cercare miglior fortuna altrove».