12.

«Che cosa si aspettava», domandò stupito Michel Clemente. «Questo è tutto ciò che ho da mostrarle. I pezzi separati. E comunque anche quelli sono ridotti praticamente a una specie di pâté di carne.»

Il medico legale aveva appena alzato il telo che copriva il primo dei due tavoli sui quali erano disposti i resti di Wissa. Illuminati dalla lampada scialitica si riconoscevano una mano e un pezzo di tronco o di un’altra parte del corpo dai contorni irregolari e bruciati.

Vincendo il senso di ripugnanza, Erwan si costrinse a osservare con attenzione. Nell’esplosione, il bunker si era letteralmente fuso con il corpo del ragazzo. Alcuni brandelli erano disseminati di schegge di ferro, altri coperti di detriti. Un particolare più di ogni altro lo fece inorridire: sulla parte interna del polso tranciato scorse una croce tatuata. Si ricordò che quello era il simbolo dei copti ortodossi. Sicuramente ce l’avevano anche i genitori di Wissa...

«Abbiamo quasi tutto», riprese Clemente. «Ma rimettere insieme i resti sarà impossibile: molte parti sono bruciate, si sono disintegrate o sono state mangiate dai granchi o dagli uccelli marini.»

Evidentemente al medico piaceva fare la parte del cinico. Il suo aspetto non lo aiutava per niente: viso attraente, rughe profonde, capelli brizzolati, camice aperto su vestiti eleganti (pantaloni di velluto, maglione con scollo a V di Ralph Lauren, camicia celeste a righe), sembrava pronto a impersonare il ruolo di un affascinante primario in qualche serie televisiva. What else?

«Secondo me il missile è esploso all’interno del bunker e lo spazio chiuso ha amplificato l’onda d’urto.»

Nessuno gli rispose. Tutti indossavano camice, guanti da chirurgo e cuffia di carta ed erano come paralizzati dall’orrore. Solo Le Guen girava attorno al tavolo per scattare le sue foto. Tra loro era quello che sembrava meno scosso. Si concentrava sulle inquadrature dimenticandosi di quanto aveva sotto gli occhi.

«I resti sono stati numerati sul posto», proseguì Clemente. Allungò il braccio verso un computer appoggiato su una mensola e premette la barra spaziatrice. Sullo schermo comparve una mappa dove si riconosceva il cratere del missile circondato da una serie di cifre che indicavano la posizione dei resti del povero Wissa sul suolo dell’isola. A una seconda pressione della barra apparve il profilo di una figura umana in piedi, vista di fronte e da dietro. Per il momento soltanto alcune parti erano state numerate.

«I ragazzi hanno recuperato dodici pezzi, senza contare i frammenti più piccoli che si sono fusi con i detriti. Sto provando a ricomporli virtualmente con questo programma, poi vedrò cos’è possibile fare con quelli veri. Una decina di anni fa ho collaborato a un paio di inchieste in incidenti simili a questo. L’esplosione dell’AZF a Tolosa e l’incendio del traforo del Monte Bianco. In ogni caso, dobbiamo evitare che i genitori vedano i resti.»

Erwan tornò alla carica con la sua idea. «Siamo sicuri che sia un corpo solo?»

«Prego?»

«Tra le parti che sono state trovate non potrebbe essercene qualcuna appartenente a un altro cadavere?»

«Se fosse stato un monco o un amputato... Non ci sono abbastanza mani e piedi.»

Erwan dovette arrendersi all’evidenza. L’ennesima cazzata. Il rischio più grave per un poliziotto era quello di generalizzare. Il cervello si muoveva sempre a un ritmo più veloce rispetto a quello delle indagini.

Il medico rimise il telo sul tavolo. Erwan avvertì fisicamente il senso di sollievo che si diffuse nella stanza. «In un caso come questo», riprese, «cosa può concludere un’autopsia?»

«Non molto. Glielo ripeto: tenterò soltanto di ricomporre i pezzi prima della sepoltura.»

«E le cause della morte?»

«Se vuole i particolari, le basterà leggere il manuale delle istruzioni del missile...»

«Ora del decesso?»

Il medico lanciò a Erwan uno sguardo carico di irritazione. «Sappiamo l’ora in cui è stato lanciato il missile. Che altro le serve?»

«Vorrei essere sicuro che Wissa Sawiris fosse ancora vivo al momento dell’esplosione. Ha chiesto delle analisi tossicologiche?»

«Che assurdità. Cosa crede? Che sia stato avvelenato? E comunque mi servirebbe uno stomaco... La maggior parte degli organi è bruciata.»

«E gli esami anatomopatologici?»

«Ci vorrebbero tre settimane.»

«Ha qualche elemento per stabilire l’ora del decesso?»

«No. Considerato lo stato in cui si trovano i resti, possiamo anche dimenticarci il rigor mortis. E per quanto riguarda le macchie ipostatiche non serve che le faccia un disegno.»

Erwan provò a cambiare strategia. Per contrastare il senso di disagio doveva essere determinato. «Ci sono troppi frammenti di metallo.»

«Ottima osservazione, signor investigatore», replicò sarcasticamente Clemente. «Non ci sono soltanto pezzi di cemento. Immagino che la testata del missile fosse di tipo shrapnel o qualcosa del genere. Bisognerebbe analizzare i residui metallici, ma io non sono autorizzato.» Fece un cenno del capo in direzione dei soldati, come a voler passare loro la palla.

«Segreto militare», disse Archambault. «Gli ordini al riguardo sono molto chiari.»

«Nel mio referto non dovrà comparire alcuna menzione del missile», confermò Clemente.

«Che cazzata è questa?» esclamò Erwan. «Devo avere accesso a tutte le informazioni. La legge è uguale per tutti!»

«Impossibile», ribatté l’Asparago. «E comunque il referto verrà mandato prima ai periti dell’esercito. Saranno loro a decidere quali particolari potranno essere divulgati e quali dovranno restare riservati.»

«Ma così perderemo un sacco di giorni!»

Archambault fece un’espressione desolata. Erwan non insistette: un problema alla volta. Si rivolse a Clemente.

«Le chiedo comunque di eseguire un’autopsia il più approfondita possibile.»

«Questo l’avevo capito. Farò del mio meglio.»

«Dovrà aspettare anche la visita dei tecnici della Scientifica.»

Clemente guardò Verny. Verny guardò Erwan.

«Manderemo una squadra di tecnici a raccogliere il raschiato ungueale e a fare altri prelievi», spiegò il poliziotto.

«Che senso ha tutto questo circo?»

Erwan non si prese nemmeno la briga di rispondere. «Tenente», disse rivolgendosi ad Archambault, «lei si fermerà per assistere all’autopsia. Come ufficiale del servizio di sicurezza militare è più che qualificato per farlo.»

«Ma... e le foto?»

«Le Guen le presterà la macchina fotografica. La incarico anche di spiegare la situazione ai genitori. Avranno bisogno di trovare un albergo in zona.»

L’Aragosta si separò a malincuore dalla sua fotocamera e cominciò a spiegarne il funzionamento ad Archambault. Tutti si strinsero la mano senza sfilarsi i guanti da chirurgo. Erwan non riuscì a capirne la ragione, ma quell’intreccio di dita coperte di lattice gli ricordò un’esplorazione rettale.