«È così che lei si fa degli amici?»
Con un atteggiamento da mamma chioccia, Archambault stava disinfettando le ferite di Erwan servendosi di ciò che era riuscito a recuperare nell’infermeria. Era stato lui che, spinto da un’intuizione, lo aveva cercato nella scuola e aveva interrotto il festino facendo irruzione nelle docce e mettendo in fuga i soldati. Non aveva arrestato nessuno e nemmeno identificato i colpevoli, ma almeno era riuscito a salvare il poliziotto di Parigi e questa ai suoi occhi era la cosa più importante.
In quel momento si sarebbe detto che stesse soffrendo al posto di Erwan. Ogni volta che tamponava i margini di una ferita con il cotone si mordeva le labbra per non gridare. Erwan, invece, non avrebbe potuto né gridare né mordere nulla neppure se avesse voluto: il suo labbro inferiore era triplicato di volume.
«L’hanno ammazzato loro», farfugliò con voce impastata.
Archambault indugiò su un taglio. Erwan fece una smorfia. L’ufficiale gli aveva già iniettato un analgesico, ma il dolore persisteva. Sentiva il sangue rappreso tirargli sul viso come il sale dopo un bagno in mare.
«Li arrestiamo?»
«Non abbiamo nulla. Soltanto congetture.»
«Mi pare che le sue congetture sanguinino mica male.»
Rise come un adolescente. Erwan fece segno di no con la testa. La rabbia era sbollita ma gli tremavano ancora le mani.
«Dobbiamo lasciarli liberi. Prima o poi o commetteranno un errore.»
«Di sicuro cercheranno di farle la pelle. Li conosco bene: quei ragazzi non scherzano.»
Archambault cominciò ad armeggiare con le garze. Erwan assaporò per qualche istante quel momentaneo sollievo finché una nuova scarica di violenza non gli attraversò il cranio. I colpi di zoccolo. Il box doccia pieno di sangue. Le cicatrici... Dietro tutta quella ferocia avvertiva la presenza dell’Altro: Di Greco. Nel Libro di Giobbe l’Eterno domanda a Satana: «Da dove vieni?». Il demonio gli risponde: «Dalla terra, che ho percorso in lungo e in largo...».
Bussarono alla porta: Branellec, l’Uomo Stampella. Finalmente...
«Allora?»
«È il PC che ci si aspetterebbe da un giovane appassionato di aviazione.»
«I social network?»
«Wissa aveva alcuni amici a Le Mans e qualche conoscenza all’aeroclub. Ho letto un po’ di messaggi. Niente di speciale.»
Archambault, reggendo in mano una garza verdastra imbevuta di disinfettante, sussurrò a Erwan: «Non si muova».
«È caduto?» lo prese in giro l’informatico.
«Mentre mi facevo la doccia. Niente ragazza?»
«Non ufficialmente.»
«Porno?»
«Nella norma. Niente di compulsivo.»
«Tendenze?»
«Etero, mio generale!» esclamò Branellec facendo il saluto militare. «Il mare è calmo e tutto va bene!»
Archambault era passato ai cerotti.
«Il minimo indispensabile», gli disse Erwan.
Chiuse le palpebre. La sensazione dell’adesivo sulle garze aveva un non so che di contraddittorio: piacevole e opprimente, rassicurante e inquietante. Gli stavano murando la faccia.
«È tutto?» domandò rivolgendosi di nuovo a Branellec. «Aspettavamo il rapporto da ore...»
«No. C’è qualcosa di strano.»
Erwan riaprì gli occhi.
«Ho trovato una cartella protetta. Pensavo di riuscire a craccarla prima di questa sera ma...»
«Vuoi che faccia venire un tecnico da Parigi?» lo provocò.
«Starà scherzando! Domani mattina avrò finito.»
«Hai già un’idea del tipo di programma utilizzato?»
«Non ancora. Ma è molto potente. Forse roba proveniente dall’Est.»
«È un sistema di protezione diffuso?»
«Per niente. Direi che si tratta di un software usato dall’esercito o dai servizi segreti...»
«Finito!» disse Archambault nel tono di un chirurgo che abbia appena terminato un trapianto cardiaco. Posò il materiale.
Erwan si alzò e si diresse verso lo specchio del bagno. Un cerotto sopra l’arcata sopracciliare sinistra, un altro sulla tempia, un terzo sotto l’orecchio. Pensava peggio. Aveva il naso gonfio e il labbro spaccato. Gli altri graffi insanguinati sarebbero presto diventati croste superficiali.
Branellec stava ancora parlando di «codifica sofisticata» e «cibernetica militare». Erwan considerò un’ipotesi che aveva precedentemente scartato, un movente legato al passato di Wissa o a un altro segreto. Qualcosa che non avesse niente a che fare né con l’iniziazione né con la cultura della violenza della K76.
Le sue origini copte? Stando alle ultime notizie di cronaca si trattava di una comunità che avrebbe potuto essere implicata in attività terroristiche. Un copto aveva appena girato Innocence of Muslims, un film accusato di blasfemia nei riguardi di Maometto che aveva provocato forti reazioni in tutto il mondo musulmano.
Wissa un terrorista? Una talpa infiltrata in un’accademia dell’esercito?
Non aveva senso. Erwan tornò in camera. «Hai notato qualcosa che abbia a che fare con la religione?»
«Niente di niente. Sembra che il nostro amico non fosse molto praticante.»
Al poliziotto tornò in mente la croce tatuata sul polso strappato. «Okay, ti concedo ancora questa notte.»
«Agli ordini, capo!»
Il geek scomparve. Erwan si accorse che senza rendersene conto aveva subito dato del tu all’informatico mentre dava ancora del lei agli altri tre. Buttò giù due Doliprane e si preparò un caffè. Con i computer, le stampanti, i monitor e il fornelletto la stanza assomigliava sempre di più al loro ufficio in commissariato. Pensò a Kripo. Avrebbe dovuto resistere senza di lui ancora per quella notte.
Archambault gli chiese se volesse cenare, ma Erwan non aveva fame e comunque non era intenzionato a esibire le sue ferite in mensa. In realtà desiderava soltanto crollare sul letto. Congedò il tenente e si mise davanti al suo Mac. Il silenzio della camera lo avvolse come un bozzolo. Gli antidolorifici lo avvilupparono. Il Doliprane fece il resto. Fuori la notte scendeva, apponendo il proprio sigillo sulla serata...
Ormai non pensava più né alla folle violenza nelle docce né alla brutta faccia di Gorce (dov’era? Dove si era fatto medicare?). Rivide l’ammiraglio con le mani di ragno, il volto spettrale e le ossa troppo lunghe. Quell’accademia era posseduta dal suo spirito.
Internet: nuova ricerca su Di Greco.
Dopo un’ora di collegamenti, rimandi e deduzioni riuscì a mettere insieme uno scarno curriculum. Il padre, Piero Francesco, originario della Lombardia, era arrivato in Francia negli anni Quaranta. A seguito di un lungo servizio nei territori d’oltremare aveva preso la cittadinanza francese e terminato la propria carriera con il grado di comandante di fanteria a Gibuti. Jean-Patrick, nato nel 1943, era cresciuto nei territori d’oltremare: Mayotte, Guyana francese, Guadalupe. Diplomatosi all’accademia aeronautica di Rochefort, nel 1967 era stato promosso maggiore a Saint-Cyr. Dopodiché le informazioni su di lui si facevano sporadiche. Sulla sua carriera calava un velo d’ombra. Stratega dell’esercito? Spia? Agente segreto? Negli anni Ottanta lo aveva ritrovato al comando di navi famose e in seguito consulente in importanti operazioni belliche. Aveva partecipato alla guerra nel Golfo ma era impossibile stabilire con quale ruolo.
Sulle sue imprese militari: non una parola.
Sulla sua malattia: non una parola.
Sulla sua filosofia di guerra: non una parola.
Come immagini Erwan riuscì a trovare soltanto una foto del 1962. Un bel ragazzo di diciannove anni dal volto tormentato che sembrava uscito da un racconto di Edgar Allan Poe.
Si ricordò delle parole di Almeida a proposito del furor guerriero dell’antichità. Lesse qualche pagina su Internet che confermò quanto gli aveva detto il medico: Di Greco cercava di preparare i suoi uomini alla guerra liberando in essi una rabbia sovrumana e insegnando loro a controllarla proprio come gli scienziati americani di Los Alamos erano riusciti a fare con l’energia atomica. Il sogno di un vecchio malato...
Il cellulare cominciò a vibrare: Neveux, l’analista criminale.
«Questa faccenda diventa sempre più strana», esordì.
«Spiegati», ordinò Erwan dandogli d’ufficio del tu.
«Ho analizzato alcune punte di metallo ritrovate sull’isola questa mattina intorno al cratere. Ho rinvenuto, in quantità infinitesimali, urea, glucosio, acido urico e ormoni.»
«Cosa sarebbe?»
«Saliva. A quanto pare l’assassino le ha succhiate, a meno che non le abbia fatte succhiare alla vittima...»
«Non erano infilzate nella carne?»
«No. Devono essere state scaraventate lontano al momento dell’esplosione. Anche se ho rinvenuto tracce di sangue dello stesso gruppo di Wissa.»
La testa rasata, l’asportazione degli organi, lo stupro a colpi di mazza d’arme e ora anche quella follia. Nonostante il clima malsano di Kaerverec, l’ipotesi più probabile restava quella di un assassino solitario, un pazzo psicopatico. Era opera di Gorce?
«Credi che quelle punte provengano da un’arma?»
«Non saprei. Sono troppo piccole.»
«E il DNA della saliva?»
«Niente da fare. I campioni sono contaminati.»
«Ti sono arrivate le punte di Clemente?»
«Non ancora.»
«Richiamami quando avrai dato un’occhiata.»
«Un’ultima cosa: in fondo al cratere c’erano anche frammenti di specchio. L’assassino potrebbe essersene servito per mutilare la vittima o averlo usato per sé.»
«Cioè?»
«Per truccarsi, pettinarsi... Non so. In quel bunker è successo qualcosa di... inimmaginabile.»
Erwan era d’accordo ma si astenne dal commentare: tra poliziotti – come dappertutto, del resto – chi meno parla è quello che sembra più intelligente. Ringraziò Neveux e riappese. Il telefono ricominciò subito a vibrargli in mano. Andando avanti di quel passo gli sarebbe venuto il Parkinson.
«Sono io.»
Il Padre in persona.
«Ti avrei chiamato», disse Erwan. «Non ho avuto tempo di scrivere il rapporto...»
«Tuo fratello è in stato di fermo.»
«Cosa?»
«Quel coglione si è fatto beccare con dodici grammi di coca. Non so chi ci sia dietro ma...»
Un assassino che asportava organi, succhiava i propri strumenti di tortura, violentava le proprie vittime con armi taglienti... Di fronte a una simile follia, le scappatelle del fratellino milionario non gli sembravano così gravi.
«Gli hai mandato un avvocato?»
«No. Una notte in questura non gli farà male.»
«Resterai con lui?»
Risata tonante. La risata di un orco che non mangia da lungo tempo. «Ti chiamavo per sapere se conosci qualcuno alla Narcotici.»
«Non più, ma posso provare a informarmi...»
«Lascia perdere. Devi rientrare.»
«Per salvare il culo a mio fratello?»
«Ho un brutto presentimento. Torna a casa.»
«Devo chiudere questa faccenda.»
«A proposito, a che punto sei?»
«L’iniziazione non c’entra nulla. E anche la mia ipotesi del linciaggio non regge. Abbiamo a che fare con un maniaco assassino. Sicuramente uno dei peggiori omicidi di questo inizio secolo.»
«Cos’è ’sto sproloquio? Sei un poliziotto o un giornalista? Segui gli indizi e trova quello stronzo, dannazione!»
«Dammi ancora questa notte.»
«Domani mattina, quando ti chiamo dovrai già essere in autostrada.»