Erwan riagganciò e rimase per un istante a guardare il cellulare nel palmo della sua mano. A differenza del Vecchio sapeva chi era il responsabile del colpo della Narcotici.
Compose un numero a memoria e attaccò subito senza tanti preamboli: «Che cazzo hai combinato con Loïc?».
«Ti avevo avvertito.»
«Stai sfasciando una famiglia.»
«Questa è buona.»
Al telefono Sofia perdeva molto del suo fascino: aveva una voce stridula, troppo acuta.
«Non so cosa vuoi, ma i bambini hanno bisogno di tutti e due i genitori.»
«Risparmia il fiato per l’udienza», ribatté lei. «Ma tutti i vostri discorsi non serviranno a molto contro il mio fascicolo. “Fatti, solo fatti”: è così che dite voi poliziotti, o mi sbaglio?»
Fu costretto suo malgrado ad ammirare il sangue freddo di quella donna. Aveva il coraggio di affrontare i Morvan. «Perché non provate a chiarirvi? Perché per il momento non rinunciate al divorzio? Rifletteteci un attimo e...»
Lei scoppiò a ridere. «Avete sempre creduto di essere i più forti, ma anche in Francia la legge è uguale per tutti. E a dimostrarvelo sarà un’italiana.»
«Puoi provare a organizzarti con Loïc...»
«No. Voglio un accordo in piena regola.»
Ripassò mentalmente i suoi argomenti: un’arringa improvvisata. «A ogni modo, dopo due anni di separazione otterresti comunque il divorzio per alterazione definitiva del legame coniugale.»
«Vedo che ti sei informato.»
«La vostra separazione manda fuori di testa tutti quanti.»
«Vuoi dire te e tuo padre.»
«Lascia perdere. Siete già separati da un anno, un altro anno e poi...»
«Troppo tempo. Intanto i miei figli sarebbero sballottati tra due case e vivrebbero la metà del tempo senza regole né orari.»
«Non esagerare. Non c’è soltanto Loïc. Ci sono anche Maggie, Gaëlle...»
«Una hippie mezza pazza e una...»
«Basta!»
Lei rimase per un istante in silenzio. La sentì aspirare il fumo e immaginò il suo volto velato da quelle volute bluastre.
«Di preciso cosa speri di ottenere mettendo in mezzo la Narcotici?» riprese lui.
«Se Loïc firmerà un accordo alle mie condizioni, non tirerò mai in ballo il suo arresto.»
«È solo un fermo!»
«Secondo il mio avvocato, con dodici grammi di cocaina addosso potrebbe essere accusato di traffico illecito e ricettazione aggravata.»
«Vedo che anche tu ti sei informata. E se lui dovesse rifiutarsi?»
«Invocherò le aggravanti del caso.»
«Che differenza farebbe per te? Vinceresti comunque.»
«Se accetta, potrà vedere regolarmente i bambini. Se dovessimo presentarci davanti a un giudice, non li vedrà più: non si affidano dei bambini a uno spacciatore.»
Erwan provò a deglutire. La bile gli bruciò l’esofago. «Perché dovremmo fidarci di te?»
«Innanzitutto perché non avete scelta. Secondo, perché anch’io penso che i nostri figli abbiano bisogno del loro padre.»
«Parlerò a Loïc.»
«Avresti dovuto farlo la prima volta che te l’ho chiesto.»
«Non ti vergogni a comportarti come un ricattatore?»
Altra risata. «Come sosteneva Machiavelli, che veniva dalle mie parti: bisogna adattarsi al proprio nemico. Loïc è un debole, ma tuo padre è un uomo pericoloso dal quale mi devo tutelare.»
“Molto più pericoloso di quanto tu possa immaginare...” Se Sofia avesse continuato così, presto avrebbe potuto ritrovarsi una taglia sulla testa. Ma lei aveva un’assicurazione sulla vita: Morvan voleva che i nipoti crescessero con la madre.
Di colpo fu preso da una tremenda stanchezza. Che se la sbrigassero tra loro, i due padrini, la strega italiana e il tossico buddhista... D’altronde, perché opporsi a quel divorzio? Loïc, nonostante le sue buone intenzioni, era un pessimo padre. Quanto al Vecchio, nessuno capiva perché non tollerasse l’idea che quella separazione venisse ufficializzata. Non aveva mai potuto sopportare Sofia e detestava il ferravecchio fiorentino.
Erwan stava per chiudere la chiamata quando lei propose: «Ceniamo insieme quando torni?».
«Per fare che?» domandò lui, mettendosi sulla difensiva.
Lei rise ancora: una risata sonora, beffarda. In quei casi la sua voce si abbassava di diverse tonalità e d’un tratto sembrava di potervi percepire gli accenti rochi delle canzoni italiane. «In genere ho più successo.»
«Scusami... Certo, usciamo a cena.»
«Quando?»
«Tra qualche giorno», buttò lì.
«Chiamami tu. Io nel frattempo chiederò al mio avvocato se posso parlarti.»
Sofia riappese senza che lui fosse riuscito a capire se scherzava o parlava sul serio. Preoccupato, infilò il cellulare in tasca e tornò a immergersi nelle proprie ricerche. Stava per aprire una pagina sulle navi ammiraglie dell’esercito quando un rumore gli fece voltare la testa.
«Cazzo!»
Un uomo lo stava osservando dalla finestra. Erwan afferrò la pistola, si alzò con un balzo e cercò di aprire. Non ci riuscì. Gli ci vollero almeno cinque secondi per trovare il meccanismo laterale che sbloccava la maniglia.
L’altro nel frattempo era già saltato per terra e fuggiva in direzione della pista. Erwan considerò l’altezza: tre metri come minimo. Un’altra prodezza da giovanotto.
Rinfoderò la pistola, scavalcò il davanzale e si appoggiò sulla grondaia: non era impossibile, ma dopo la corrida nelle docce... Saltò raccogliendo al massimo il corpo, atterrò sull’erba, rotolò su sé stesso e si rimise in piedi con qualche difficoltà. Aveva male dappertutto. O, per essere più precisi, non c’era nessun punto del corpo in cui non provasse fitte lancinanti.
Chi era quel tipo?
Prima di tutto doveva mettersi a correre. La risposta l’avrebbe trovata al traguardo.