«Ho le informazioni che mi avevi chiesto.»
La voce di Arnaud Condamine: il broker aveva preso sul serio i suoi sospetti.
«Sembra che si stia preparando qualcosa.»
«Un’OPA?»
«Non necessariamente, ma stanno cambiando alcune posizioni. Certi trader hanno comprato pacchetti della Coltano. È da questo che dipende il rialzo.»
«Quanti?»
«Diverse decine di migliaia, a quanto mi hanno detto.»
Quel numero nascondeva di sicuro una volontà esplicita di modificare i rapporti di forza all’interno della società. E forse anche di assumerne il controllo.
«Chi è a comprare?»
«Non posso dirti i nomi. Comunque la mia dritta vale già abbastanza.»
Loïc fece finta di non aver sentito. «Chi dà gli ordini?»
Condamine eluse a propria volta la domanda; un vero dialogo tra sordi. «Mi hai chiesto di informarmi e l’ho fatto. Mi aspetto che ricambi il favore. Quando capirai che cosa sta succedendo, concedimi una lunghezza di vantaggio sugli altri.»
Il broker riagganciò. Loïc tenne ancora per un po’ l’auricolare nell’orecchio, senza reagire. Osservò l’ufficio a semicerchio: la sua «cabina di pilotaggio». In quell’istante ebbe l’impressione di trovarsi in quella del Titanic: l’iceberg era in vista, troppo tardi per cambiare rotta...
Da dove proveniva quella minaccia? Per il momento nessuno era ancora uscito allo scoperto, ma si prospettava una scalata volta a ottenere un controllo forte: il trenta per cento della minoranza di blocco, per esempio. Una quota che avrebbe permesso ai compratori di sbarazzarsi di quelli che non gli piacevano, a cominciare da Grégoire Morvan.
Loïc ripensò alle parole del Vecchio e alla sua leggendaria paranoia. Per una volta forse aveva ragione. L’obiettivo era quello di eliminarlo, di estromettere dalla Coltano il suo storico fondatore.
Ma chi avrebbe potuto trarre vantaggio da una manovra simile?
In cima alla lista c’erano gli africani. I membri della corte personale del presidente Kabila, gli azionisti di maggioranza del gruppo incaricati di supervisionare i processi estrattivi perché quella gigantesca pompa di soldi di cui beneficiava soltanto un’esigua minoranza continuasse a funzionare senza problemi. Che interesse avrebbero avuto a sbarazzarsi di Morvan? Non certo di tipo economico o logistico. Ma, come diceva spesso suo padre, «gli africani sono volubili».
Poi c’era la Heemecht, il gruppo lussemburghese che deteneva il diciotto per cento delle azioni; Loïc non era mai riuscito a identificare né gli azionisti né le loro intenzioni. Per non parlare degli altri candidati: i predatori esterni interessati all’Africa e alle sue materie prime, cinesi in testa, che in quella terra arraffavano tutto quello che potevano. O gli americani, che impiegavano grandi quantità di coltan nel settore tecnologico; o altri paesi europei e, perché no, anche la Corea o il Giappone...
Ma, a prescindere da chi potessero essere gli acquirenti, bisognava pure che ci fosse una ragione all’origine di quella mossa, motivata da qualche nuova informazione. Una fuga di notizie a proposito dei futuri giacimenti? Nessuno all’infuori di lui e di suo padre – e dei geologi che avevano lavorato sul terreno – era al corrente degli strabilianti risultati delle prospezioni. Di sicuro anche Nseko ne era stato informato: aveva parlato prima di morire? Morvan era sicuro che non lo avesse fatto. Quanto alle voci che potevano rincorrersi sul posto, sarebbero comunque state poco credibili. Sebbene suo padre avesse già cominciato lo sfruttamento clandestino dei nuovi giacimenti, le miniere si trovavano comunque in mezzo alla giungla, in una zona di guerra dove nessuno avrebbe mai voluto mettere piede.
Per sondare il terreno, Loïc scrisse una e-mail, cercando di essere il più possibile evasivo, ai tre tecnici responsabili delle prospezioni. Non li conosceva personalmente, ma suo padre gli aveva garantito che si trattava di persone fidate. I loro rapporti erano stati hackerati? Impossibile: con la sua tipica diffidenza, il Vecchio aveva vietato ogni comunicazione via satellite o via Internet. I geologi avevano dovuto redigere le loro relazioni a mano. Loïc ne aveva una copia nella cassaforte del suo appartamento.
“Torniamo ai compratori.” Era il terreno su cui si muoveva meglio. Preparò una lista di nomi di alcuni broker che gli sembravano avere il profilo adatto per organizzare un’operazione simile e scelse i cinque che giudicò i più papabili. Aggiunse anche qualche trader tra quelli che potevano permettersi acquisizioni di un tale livello. Non era proprio il caso di usare il telefono. Avrebbe dovuto incontrarli, parlare con loro, in modo che tutto desse l’impressione di essere il più possibile spontaneo e informale. Le quattro e mezzo. Tanto valeva cominciare subito.
Avrebbe potuto trovarli ancora nelle agenzie di brokeraggio o intercettarli nei bar che frequentavano dopo il lavoro, prima di andare a spendere i loro bonus nei ristoranti chic e nei club alla moda. Aveva tutta la serata e la notte per raccogliere informazioni.
Una striscia per il viaggio e vamos. Nessun effetto. Ci avrebbe pensato più tardi.
Nel parcheggio brandì il telecomando per aprire la sua Aston Martin. Quel gesto gli trasmise un brivido la cui natura nessuno sarebbe stato in grado di comprendere davvero. Non godeva per il fatto di possedere quella macchina; al contrario, ne assaporava la vanità. Comprava i beni più preziosi soltanto per eliminare il desiderio, per sopprimerne l’illusione. Giocava con il samsara in attesa di uscirne...
Avviò il motore e decise di cominciare con una delle maggiori agenzie di Parigi, in rue de la Paix. Lungo la strada si ricordò di un’altra rogna: Sofia, che aveva appena vinto una battaglia decisiva nella loro guerra per ottenere la custodia dei figli. All’idea di vederli soltanto un fine settimana su due sentì qualcosa rompersi dentro di lui, come quando si spezza un osso.
Arrivato nel parcheggio di place Vendôme, pensò che un’altra striscia gli avrebbe fatto bene. Nascosto nel terzo piano seminterrato, fra due macchine, diede una sniffata con ottimismo. Ancora niente. Quella cazzo di roba non gli dava nessuna sensazione. Era forse un passo verso il distacco assoluto? La liberazione cui aspirano tutti i buddhisti? Stava soltanto confondendo il nirvana con la letargia di uno sfigato con tendenze suicide.
Quando fu in ascensore, un altro ricordo lo fece rabbrividire: la lingua di vitello avvolta nella carta di giornale. Gli africani sarebbero tornati alla carica? Suo padre gli aveva promesso di aggiornarlo in giornata. Si disse che se Erwan avesse ricevuto la stessa minaccia, se ne sarebbe dimenticato nel giro di qualche ora. Lui invece non faceva che pensarci. Sorrise mentre si guardava nello specchio della cabina, con il viso pallido e scosso da tic nervosi. Per sentirsi vivo poteva sempre contare sulla paura.
Si ritrovò all’aria aperta, in place Vendôme, e si prescrisse una piccola ricetta personale: se la coca non gli avesse più fatto effetto, sarebbe tornato all’eroina. E se anche quella non fosse servita, sarebbe... “Basta cazzate.”
Varcò la soglia dell’agenzia con la camicia impregnata di sudore incollata alla schiena.
“Concentrazione, Loïc, concentrazione...”