86.

Gaëlle stava fumando una sigaretta sul balcone.

Quando era arrivato Loïc, l’aveva accompagnato a fare la doccia, gli aveva messo il pigiama, lo aveva pettinato e profumato. Poi gli aveva preparato una pasta e l’aveva messo a letto come un bambino, senza fargli domande. Le misteriose scorribande del fratello non erano una novità.

E ora eccola lì, con il telefono che esplodeva di e-mail, SMS e inviti, a fare da balia a quel coglione.

Faceva ancora caldo e sotto i suoi piedi nudi nella via c’era movimento. Appoggiata al parapetto, riusciva a distinguere la corte del Palais de Chaillot, circondata dai due edifici anni Trenta dei musei dei monumenti francesi e della marina nazionale. In lontananza, la Tour Eiffel crepitava di luci, segno che erano le undici in punto. Non male.

Era tutta la sera che non faceva che ripensare con vergogna alla notte precedente. L’orgia scalcagnata, la cerimonia ridicola, quei riccastri depravati... A mortificarla era stato soprattutto lo sguardo che le aveva lanciato il fratello. Era la persona che detestava e amava di più allo stesso tempo.

Per gli stessi motivi.

Erwan: l’eroe senza macchia.

Suo padre era un mostro, Maggie una sciroccata, Loïc un relitto umano. Almeno con loro le cose erano chiare. Ma il fratello maggiore... Rifletté ancora e riuscì a riordinare i propri pensieri (cinque anni di filosofia possono essere utili). Voleva umiliare la propria famiglia, calpestare i loro valori ipocriti. L’intervento di Erwan in fondo era stato una buona cosa: a che serve bestemmiare se i bigotti non ti sentono?

Si voltò e si appoggiò con la schiena al parapetto di pietra. Davanti a lei c’era l’immenso salone, illuminato dalla luce soffusa delle lampade MaMo Nouchies di Ingo Maurer. Il trittico di Anselm Kiefer alla parete doveva valere qualche milione di euro. Il divano, il tavolino e gli altri mobili centinaia di migliaia.

Era turbata dalla bellezza rarefatta di quelle linee, ma il suo era lo stesso stupore dei barbari che contemplavano la perfezione delle ville romane prima di distruggerle. L’ammirazione non esclude l’odio, anzi, lo nutre. Quell’appartamento, quei mobili, quelle opere d’arte sarebbero ben presto andati in frantumi.

Non le interessavano i soldi. E nemmeno la sua carriera era poi così importante.

Li voleva mettere tutti al tappeto.

Di colpo riacquistò il suo buonumore.

Credevano di averla in pugno, di controllarla, di poterla salvare. Ma lei stava per annientarli con una strategia che loro non potevano nemmeno immaginare.