Sofia avrebbe voluto fare l’amore lì, sul pavimento, ma Erwan si rifiutò per un oscuro principio di decenza, di rispetto o di non sapeva nemmeno lui cosa. Si precipitarono in camera da letto. Questa volta fu più lucido, più sereno, ed energico come la sera prima. Tutto accadde in silenzio, senza un rumore, nonostante lui si aspettasse che tuoni e fulmini si sarebbero scatenati sopra la sua testa, avvertimenti divini, punizioni celesti...
Mezz’ora dopo si trovavano di nuovo dove lei lo aveva sorpreso al telefono.
«Un altro caffè?» gli propose passando dietro il bancone.
«No, grazie. Ne ho già presi due.» Guardò l’orologio. «Devo scappare.»
«Così adesso mi fai la scena dello sbirro scorbutico?» ribatté lei ridendo.
«No, anzi. Ma...»
Gli si avvicinò con la tazza in mano. Il suo profumo era più forte di quello del caffè. Il misterioso metabolismo delle donne, che distilla un effluvio dolciastro e irresistibile.
«Riguardo a noi due», bofonchiò lui, «io...»
«Stop. Preferisco essere io a parlare prima che tu dica qualche cazzata.»
Erwan allargò le braccia con aria triste. Era ancora in camicia e boxer, a piedi nudi sul parquet.
«Potrei dire che ieri ho bevuto e che sono pentita di quello che è successo. Ma invece è il contrario. Ho bevuto proprio per trovare il coraggio di fare quello che ero pentita di non aver fatto per un sacco di tempo. Mi segui?»
«Credo di sì.»
«Ora tornatene a casa e pensaci su. Per me si tratta di una cosa seria. E spero che tu non mi consideri la ragazza di una notte.»
Erwan non riuscì a trattenere un sorriso. «Non sei proprio il tipo da una botta e via.»
«Allora baciami.»
Mentre pronunciava quelle parole, Sofia appoggiò la tazza e lo afferrò per i lembi della camicia. Gli balzò davanti agli occhi l’immagine del proprio cuore, palpitante e grondante miele, infilzato su uno spiedo sopra un fuoco. Riprese fiato, come un apneista sul punto di svenire. «Per me», si arrischiò a dire, «sei la ragazza di ogni notte.»
Lei rise di nuovo, ritrovando la sua voce roca, quella delle canzoni italiane. «Non è che così sia molto meglio...»
«Intendevo che...»
«Non adesso. Ora sbrigati, va’ a catturare i tuoi assassini.»
Obbedì. Camera da letto. Pantaloni. Giacca. Lei stava in piedi alle sue spalle, a braccia conserte. Si sentì obbligato a giustificarsi. «Mi farò una doccia a casa. Ho bisogno di... rimettere assieme i pezzi.»
Sofia gli posò una mano sul sesso. «Vedi di non dimenticarne nessuno.»
Lo squisito fascino dell’aristocrazia: qualsiasi volgarità potesse pronunciare, qualsiasi gesto potesse fare, le sue azioni sarebbero sempre state eleganti e raffinate. Si infondevano nella realtà come foglie di tè nell’acqua bollente.
«E Loïc?»
La domanda gli era sfuggita mentre si infilava il cellulare in tasca e si allacciava la fondina. Non l’aveva ancora richiamato.
«Loïc è un mio problema.»
«È anche mio fratello.»
«Credo che siamo d’accordo sul fatto di non dire niente a nessuno per il momento.»
Erwan annuì indossando la giacca.
«Io rischio più di te», aggiunse lei. «Se viene a sapere cos’è successo questa notte, sarà molto più forte in tribunale.»
«Adulterio contro fermo in questura. Palla al centro.»
«Appunto.»
Uscì dalla camera e imboccò il corridoio. Lei lo seguiva con passo silenzioso, come un felino perfettamente inserito nel suo habitat.
«Volevo parlarti di una cosa», gli disse in anticamera. «Ieri sera non c’è stato tempo.»
«Di che si tratta?»
«Il mio avvocato sta valutando il nostro patrimonio per il divorzio.»
«Siete in separazione dei beni, no?»
«No. Quando ci siamo sposati eravamo...»
«Innamorati pazzi?»
«Sì... Volevamo condividere tutto. E soprattutto volevamo fare incazzare i nostri rispettivi padri.»
Erwan avvertì una stretta in fondo allo stomaco. Era sempre stato geloso di suo fratello, ma in quel momento, per la prima volta, gli sembrò di averne pienamente diritto. Il dolore gli parve soltanto più acuto, più giusto.
«L’avvocato si è procurata dei documenti per fare una stima della fortuna di Loïc. Ha scoperto qualcosa di strano: tuo padre ha già deciso come sarà divisa la sua eredità.»
«Non mi stupisce.»
«Ha in programma di lasciare a Loïc le sue azioni della Coltano. Tu e tua sorella avrete tutto il resto.»
«Come fai a saperlo?»
«Ti ho detto che il mio avvocato sa il fatto suo. Non conosco i dettagli.»
«Immagino che ti abbia esclusa dal lascito.»
«Invece no. Secondo i documenti, dal momento che siamo in comunione dei beni, tutto sarà anche mio.»
«Hai visto le carte?»
«Non ancora. Ma è strano, no?»
Erwan appoggiò la mano sulla maniglia della porta blindata. «Vedrò di informarmi. Ti richiamo.»
Una battuta sarebbe stata perfetta per spezzare la serietà di quei saluti, ma non era ispirato. Sofia optò per la versione senza parole: un bacio. Decisamente meglio.