«Loïc? Non capisco...»
Serano stava in piedi sul pianerottolo davanti alla porta di casa, con addosso una tuta di marca. Dietro di lui si intravedevano stanze immense, parquet scintillanti, quadri dipinti a colori vivaci. Prima l’appartamento di Sofia, poi quello di Loïc, ora questo: pensando al suo modesto bilocale nel IX arrondissement, Erwan si sentiva un pezzente.
«Dobbiamo parlare. Sono venuto con un amico.»
Serano non toglieva gli occhi di dosso ai due visitatori, come se si sforzasse di capire quale fosse il loro rapporto. Con le spalle larghe e le gambe corte, sembrava una versione antipatica e troppo abbronzata di Braccio di Ferro. «Non possiamo rimandare?»
«Facci entrare», tagliò corto Loïc.
Si era fatto una striscia appena prima di salire per trovare il coraggio di imporsi. Erwan, che sperava di limitarsi a fare la parte del cattivo che si teneva in disparte, si chiese quanto tempo ancora sarebbe durata quella pagliacciata.
Serano si spostò per lasciarli passare. In confronto al suo torace, ampio come una botte, le braccia sembravano eccessivamente lunghe.
Loïc entrò, seguito da Erwan, che richiuse la porta con la schiena.
«Sei solo?»
«Cos’è questo tono?» protestò l’operatore. «Chi ti credi di essere?»
Erwan si mise tra i due e afferrò Serano, sbattendolo contro il muro. Tanto valeva accelerare le cose. Il trader lanciò un grido. Loïc aveva un’aria esultante.
«So che tutte le acquisizioni della Coltano sono passate da te», ricominciò, facendo la voce da duro.
«Quindi?»
«Voglio il nome dei compratori.»
«Impossibile, non...»
Erwan lo tirò verso di sé per poi tornare a sbatterlo con maggior violenza contro la parete. In fondo, trovava rilassante il ruolo del gorilla silenzioso.
«I nomi!» urlò Loïc.
In quel momento si affacciò nella stanza una splendida ragazza – del tipo ucraino –, vestita con una felpa da jogging che arrivava appena a coprirle le mutandine. Erwan le sorrise, senza però mollare Serano. Se c’è una cosa su cui si può sempre contare con i professionisti e gli uomini d’affari sono i cliché: nell’arsenale di un finanziere di successo non poteva mancare una modella.
«What’s going on, here?» Voleva sapere che cosa stava succedendo.
Quella violenza mattutina non sembrava averla scioccata più di tanto. Doveva aver visto ben di peggio nel suo paese d’origine. Serano non rispose: stava cercando di riprendere fiato. Loïc ostentava un atteggiamento rilassato e rideva nervosamente.
«Don’t worry», disse Erwan. «If this guy is behaving well, we will be gone in ten minutes.» Se il suo uomo si fosse comportato bene, entro dieci minuti se ne sarebbero andati.
La ragazza diede una scrollata di spalle e uscì, sicuramente per andare a farsi un bagno e prendersi cura in qualche modo della giovinezza del suo viso o della morbidezza della sua pelle.
Erwan la seguì con lo sguardo per qualche secondo. Come suo padre, anche lui amava cogliere in flagrante la mediocrità degli esseri umani: perché le donne più belle sceglievano sempre gli uomini più ricchi? Perché la cosa che ammirava maggiormente – la bellezza della natura – si accompagnava a quella che disprezzava più di tutte, ovvero la triviale ricerca dei quattrini? Pensò a Sofia: non aveva alcuna speranza.
«Allora, Serano, non vuoi tornare dalla tua bella?» riattaccò Loïc.
«Non posso dirti niente...»
Erwan sollevò il pugno. Il trader lanciò un grido e incrociò le mani davanti al viso.
Nella vita di tutti i giorni la violenza è un evento raro. Per evitare quel genere di scene patetiche, Erwan sarebbe stato favorevole che a scuola i ragazzi apprendessero a sopportare la sofferenza psicologica.
«Il primo era Richard Masson», squittì il trader, «l’amministratore della banca spagnola Díaz. Mi ha incaricato di...»
«Per la sua banca?»
«No, per lui.»
«So chi è. Non ne capisce nulla di minerali. Cosa ti ha chiesto?»
«Solo azioni della Coltano. Tutte quelle che riuscivo a procurargli.»
«Ti ha detto perché?»
«No. Ma era evidente che aveva informazioni... fondate.»
Loïc ed Erwan si lanciarono un’occhiata.
«Quando è stato?»
«A metà agosto.»
«Quante gliene hai comprate?»
«Tutte quelle che ho trovato. Migliaia. Non è stato difficile. Il tuo è un titolo di merda.»
Debole tentativo di Serano, ancora con le spalle al muro, di riguadagnare un minimo di autorità.
«Okay. Poi?»
«Sergej Borgisnov. Gestisce un fondo d’investimento russo. Ha fatto fortuna con i suoi giacimenti. E all’improvviso, chissà perché, si è buttato sull’Africa. Sulla Coltano. Ha detto che stava per diventare interessante.»
«Ti ha detto qualcos’altro?»
«No, ma è già abbastanza. Borgisnov è un gran chiacchierone.»
«Ha parlato di una perizia fatta da esperti?»
«No.»
«Ti ha detto da dove gli arrivava la dritta?»
«NO! Ha solo fatto una battuta. Ha detto che si riforniva “alla fonte”.»
Altra occhiata tra i due fratelli: sembrava prospettarsi una fuga di notizie in Africa.
«Quante azioni gli hai comprato?»
«Non mi ricordo. Ho puntato al flottante. Costavano di più, ma ne ho prese a migliaia.»
«Quando?»
«All’inizio di settembre.»
Anche se Erwan non ne capiva niente, poteva immaginare che dopo quelle transazioni il valore azionario del titolo fosse salito vertiginosamente. Non aveva seguito la faccenda e se ne fregava, ma sospettava un problema su più livelli: quelle acquisizioni innanzitutto mettevano Morvan in una posizione delicata (gli africani dovevano senz’altro sospettare che fosse lui il mandante) e, in secondo luogo, dipendevano da informazioni che il Vecchio aveva tentato di nascondere. Un altro dei suoi intrallazzi.
«Hai sentito parlare della morte di Jean-Pierre Clau?» gridò Loïc, che si stava calando sempre più nella parte di Tony Montana.
«Non so nemmeno chi è!»
«Ci sono stati altri compratori?»
«Un altro, lunedì scorso.»
«Chi?»
«Un cinese che conosco da molti anni. Johnny Leung.»
Sembrava il nome di un attore di film di kung-fu di Hong Kong. Tutta quella faccenda diventava sempre più incredibile.
«Non lo conosco», ribatté Loïc perentoriamente.
«Lavora per la Hong Kong Securities, reparto acquisizioni.»
«Quante ne ha comprate?»
«Quasi ventimila.»
«Non ti ha detto niente sul suo informatore?»
«Non è quello che si definirebbe un tipo loquace... Ma da quanto ho capito voleva fregare i suoi clienti. Mostrargli di cos’era capace.»
«Non ti sei chiesto perché all’improvviso tutta questa gente si è buttata sulla Coltano?»
«Ne ho viste così tante...»
«Non sei stato tentato di comprare anche tu qualche azione?»
«Solo perché tre coglioni hanno deciso di farlo?»
«Sicuro che non si conoscono?»
«No, ma comunque non si sarebbero mai passati un’informazione come questa.»
«Stanno tutti a Parigi?»
«No. Masson fa avanti e indietro tra Parigi e Madrid. Borgisnov fa un salto di qui una volta ogni tanto. Leung ha qualche ufficio in città ma non ci viene mai.»
Erwan provò invano a immaginarsi qualche possibile scenario. I geologi di cui gli aveva parlato Loïc non c’entravano nulla: non se li vedeva piombare nei salotti parigini con la loro perizia sottobraccio. Secondo lui non reggeva più nemmeno la pista di una fonte africana: anche se un belga, un francese o un congolese fosse stato a conoscenza dei nuovi giacimenti, perché avrebbe dovuto contattare proprio quei tre banchieri sempre in viaggio? «Bene. Andiamocene», disse dando una pacca sulla spalla a Loïc.
Serano spalancò i suoi occhi rotondi: aveva appena capito che quello che aveva preso per un semplice gorilla in realtà era il capo.
Una volta usciti, Loïc, ancora pieno di adrenalina, saltellava come un pugile.
«Non c’è niente di cui rallegrarsi», gli disse Erwan. «Non conosciamo ancora la fonte.»
«Ma abbiamo i nomi dei compratori! Ci basterà trovarli e poi...»
Erwan lo afferrò per costringerlo a fermarsi. «Tu fa’ quel che vuoi, io devo tornare al lavoro.»
«Papà ha detto che...»
«Chiudi il becco.»
La magrezza del collo di Loïc lo sorprese. La sua immagine del fratellino era quella di un uomo di sessantacinque chili che indossava giacche da migliaia di euro e che si era ripreso dai suoi eccessi. Ma ora si accorse che sembrava nuotare nella camicia. La droga aveva ricominciato a roderlo fino alle ossa.
«Chi aveva copia di questo rapporto sui giacimenti?»
«Ce ne sono soltanto due: una ce l’ho io e l’altra il papà.»
«Ti sono entrati in casa?»
Loïc esitò e restò in silenzio.
«Ti sono entrati in casa, sì o no?»
«No. Ho controllato: il rapporto è ancora in cassaforte.»
«E nel Katanga?» chiese Erwan lasciandolo andare.
«Nessuno sapeva niente. Non esiste nemmeno una mappa del sito. Il papà mi ha raccontato che l’elicottero lasciava i geologi a diversi chilometri dalla zona. Poi impiegavano giorni per raggiungere il posto, accompagnati da portatori che non sapevano nemmeno che cosa stavano cercando.»
«Il papà ha già cominciato l’estrazione?»
«Non saprei, ma nel caso avrà di sicuro preso gente del posto che non ha nessun contatto con Parigi.»
«Adesso sbrigatela da solo. Io gli avevo promesso che ti avrei aiutato a farti dare i nomi: ne hai almeno tre. Scusami ma devo pensare alla mia inchiesta.»
Lasciò il fratello confuso alla fermata del metrò di Courcelles e salì in macchina. Mezzogiorno. Giusto il tempo di precipitarsi a Orly per il suo volo delle due. Destinazione: Marsiglia.