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Erwan aveva fatto una telefonata a Sergent per chiedergli di montare la guardia davanti alla stanza di Gaëlle. Il poliziotto non aveva capito nulla: bisognava proteggere la sorella del capo da... sé stessa. Erwan non aveva avuto tempo di accompagnarlo al Sainte-Anne. Già si immaginava l’accoglienza che gli avrebbe riservato Gaëlle quando si fosse svegliata.

Place de la Nation gli apparve in tutta la sua tristezza. Troppo vasta, troppo vuota, si apriva su luoghi che erano tutto fuorché allegri: il cimitero del Père-Lachaise, il lurido quartiere della Bastille, il Viadotto delle Arti di avenue Daumesnil, tanto pittoresco quanto finto...

Kripo imboccò cours de Vincennes, scegliendo di passare per la circonvallazione. Era andato a prendere Erwan al Sainte-Anne. L’atelier di Lartigues si trovava lungo la Petite Ceinture, l’anello ferroviario di Parigi, abbandonato da tutti, compresi i suoi residenti.

Erwan se ne stava in silenzio. A poco più di settantadue ore dal ritrovamento del corpo di Anne Simoni e quarantott’ore dopo aver trovato quello di Ludovic Pernaud, non c’era ancora nessuna vera pista da seguire. Le uniche cose che aveva erano un presunto ladro di chiodi sui dock di Marsiglia, i capelli di una sconosciuta e uno scultore che comprava ferraglia arrugginita proveniente dal Congo.

Parigi era attraversata da un’ondata di panico e non sembrava esserci nessuna ipotesi investigativa plausibile. I media parlavano già dell’«assassino dei chiodi», testimonianze assurde e confessioni spontanee si rincorrevano e le pressioni dai piani alti aumentavano. Quella mattina Fitoussi l’aveva chiamato cinque volte. Aveva ragione: nessuno capiva i metodi di Erwan. Continuava a sparire e in quattro giorni non aveva ancora arrestato un sospettato né interrogato alcun testimone. Che cazzo stava facendo?

Fu costretto a promettere che il lunedì successivo avrebbe allargato la sua squadra, chiamando in aiuto il reparto d’investigazione scientifica della gendarmeria, con sede al Fort de Rosny, criminologi compresi. Bisognava almeno fare un po’ di rumore, agitarsi, menare qualche colpo all’aria. Trovare qualcosa da dire ai giornalisti!

Quando riemerse dai propri pensieri, Kripo stava facendo inversione all’incrocio tra boulevard Soult e avenue Courteline. Si ritrovarono di nuovo nel XII arrondissement, a poca distanza da rue de la Voûte e rue d’Avron. Un’altra coincidenza?

L’alsaziano svoltò a destra in una traversa.

«Stai andando contromano», gli fece notare Erwan.

«À la guerre comme à la guerre

Altra sterzata: villa du Bel-Air correva lungo la ferrovia sopraelevata, terminando con un vicolo cieco. I ciottoli della pavimentazione sembravano quelli di un cartone animato di Walt Disney. Sul lato della strada di fronte alle rotaie si susseguivano alcuni edifici bassi con giardini all’inglese. Nessun pedone in vista.

Erwan scese dalla macchina e si guardò attorno: i binari coperti da alberi ed erbacce offrivano un affascinante squarcio di verde, come se qualcuno avesse scoperchiato uno dei segreti di Parigi. Un misto di abbandono e malinconia, che ricordava al contempo i romanzi di Henri-Pierre Roché e un sottobosco giapponese. Oltre le rotaie, le facciate posteriori di altri edifici ricoperte di graffiti.

L’atelier di Lartigues si trovava in fondo alla via. La quiete che regnava in quel luogo gli fece bene: trattenne la propria impazienza e decise che avrebbe condotto quell’interrogatorio con le buone. Lo stabile al 19 era una vecchia stazione, un edificio alto a un solo piano che un tempo aveva ospitato i viaggiatori in attesa dei loro treni.

Vide dei bidoni di plastica e richiamò Kripo ai loro doveri: «Spazzatura».

Rovesciarono i contenitori e si dedicarono ai controlli di routine. Lartigues mangiava soltanto yogurt e quinoa. Faceva ampio uso anche di prodotti per aumentare la potenza sessuale: poppers, Viagra, Cialis, pillole di ginseng e alcaloidi vasodilatatori.

«Si tiene allegro, il nostro uomo.» Kripo ridacchiò.

In un altro bidone trovarono pezzi di metallo che puzzavano ancora di bruciato così come il corpo odora di sesso dopo l’amore, residui di prodotti chimici (sicuramente colle), brandelli di gomma (per gli stampi)...

«Cercate qualcosa?»

Si voltarono.

«Ivo Lartigues», annunciò l’uomo che stava sullo stretto marciapiede. «Immagino che siate qui per me.»

Erwan sapeva che Lartigues non era il suo ladro di chiodi, ma lo scultore sarebbe comunque stato al di sopra di ogni sospetto: era su una sedia a rotelle.

Il poliziotto nascose la propria sorpresa mostrando il distintivo, un gesto che gli concesse l’attimo di cui aveva bisogno per ritrovare il suo sangue freddo. Il disabile osservò il tesserino tricolore per poi renderglielo con una lunga occhiata scrutatrice.

«Sclerosi a placche, comandante. Posso leggerle nello sguardo che le informazioni che le hanno dato su di me erano incomplete. Seguitemi. Ho del caffè caldo.»