«Mi permetta di presentarle il dottor Hervé Balaga», cominciò il capitano Amarson.
Prima di interrogare il sospettato, quel poliziotto dall’aria banale in giubbotto da pilota aveva voluto ricevere Erwan nel suo ufficio in compagnia di una specie di punk dinoccolato di una cinquantina d’anni, che portava un paio di occhiali a montatura quadrata e un chiodo liso di pelle nera.
«Tenuto conto di alcuni... particolari del soggetto in questione, ho convocato d’urgenza uno specialista di body art.»
Erwan e Kripo si lanciarono un’occhiata: quella notte aveva ancora in serbo delle belle sorprese.
«Ha già collaborato con me in un caso e ho potuto apprezzare le sue competenze in questo settore», proseguì il capitano. «Ha visto il sospettato e...»
«Prima di noi?»
«Non gli ha parlato. È stato un semplice... esame medico.» Si rivolse al punk. «Prego, dottore.»
Balaga aveva in mano un foglio pieno di scarabocchi. Si aggiustò gli occhiali e con una voce strascicata da critico di musica rock troppo avanti con gli anni cominciò: «Il soggetto è alto un metro e ottantasette e pesa quasi cento chili. Per me si tratta di un caso tipico».
«Tipico di cosa?»
Balaga si fermò e fulminò Erwan con lo sguardo: nessuna interruzione. «Body art. Body hacking. Transumanesimo. Fetish sadomaso art. L’obiettivo è sia decorare sia modificare il proprio corpo. Ho contato trentasette piercing di ogni forma e dimensione, comprese una fila verticale di chiodi in mezzo alla fronte e una cresta metallica sulla schiena.»
«Un attimo», lo interruppe Erwan. «Lo ha visto nudo?»
«Si trova in stato di fermo», intervenne Amarson. «Questi riscontri sono stati fatti durante la perquisizione.»
Era contro il regolamento: il poliziotto aveva aspettato l’arrivo del suo «esperto» prima di cominciare la perquisizione personale. Perché?
«Il soggetto ha anche alcuni impianti sottocutanei che formano dei rilievi insoliti sotto le tempie», proseguì Balaga. «Ho contato una quarantina di scarificazioni e marchi impressi a fuoco con la tecnica del branding. Porta lenti a contatto bianche e rosse e ha denti appuntiti di metallo. Ha estensioni in titanio ai lobi delle orecchie. La cosa più strana è la lingua biforcuta. È una modificazione corporea chiamata tongue splitting. Non mi stupirebbe se ci fosse anche un’incisione lungo la parte inferiore del pene, ma si è rifiutato di spogliarsi del tutto.»
Il sospettato sembrava uscito direttamente dalla festa di Lartigues. Era davvero l’intruso del Sainte-Anne? Gaëlle aveva visto soltanto un uomo dal fisico atletico con addosso uno zentai.
«Tatuaggi?»
«No. Per un motivo evidente.»
«E cioè?»
«È nero. Molto nero.»
Erwan lanciò uno sguardo di rimprovero ad Amarson: non gli aveva menzionato quel particolare così importante. «Nazionalità?» chiese al capitano.
«Nigeriana.»
«Gli avete fatto l’etilometro? Un prelievo del sangue?»
«Solo l’etilometro. Pulitissimo. Non abbiamo potuto spingerci oltre: ha chiesto l’applicazione dell’habeas corpus.»
«Ma è o non è in stato di fermo?»
«Non è così semplice...» Il poliziotto mise sulla scrivania una passaporto di colore rosso su cui in lettere dorate era scritto: DIPLOMATIC PASSPORT. «È l’attaché culturale dell’ambasciata nigeriana a Parigi. Joseph Irisuanga, quarantotto anni, residente in avenue Raymond-Poincaré, nel XVI arrondissement. Celibe, almeno in Francia. Abbiamo verificato tutto. Non possiamo imputargli nulla. Anzi, siamo noi che abbiamo agito contro la legge. Il suo avvocato arriverà da un momento all’altro e lo farà rimettere subito in libertà.»
«E la sospensione dell’immunità?»
«Per quale motivo?»
«Abbiamo una montagna di indizi contro di lui...»
«Non abbiamo un bel niente, lo sa bene anche lei. L’unica cosa che possiamo fare è interrogarlo ancora una volta prima che arrivi l’azzeccagarbugli. Se ne occupi lei: dopotutto è di sua sorella che si tratta. Le auguro buona fortuna, perché non ha aperto bocca da quando l’abbiamo portato qui.»
Erwan si alzò. «Non ho abbastanza informazioni. Perché è stato arrestato?»
«Sembrava completamente fatto. Barcollava in mezzo alla strada con la sua tuta di finta pelle.»
«Mi è stato detto che è di lattice.»
«Sì, esatto.»
«Ha cercato di ottenere maggiori informazioni sul suo conto?»
«Non è facile a quest’ora, ma abbiamo buttato giù dal letto l’agente di collegamento della Nigeria a Parigi. Mi è sembrato terrorizzato: Irisuanga è un tipo importante al suo paese.»
«Lavora davvero all’ambasciata?»
«Più che altro è il proprietario di una galleria in rue de Seine.»
Nuova coincidenza. Con un po’ di fortuna, Irisuanga poteva vendere minkondi del Basso Congo a Lartigues e Redlich.
«Inoltre», proseguì Amarson, molto più informato di quanto volesse far credere, «in Nigeria sembra essere una vera celebrità. È stato un campione olimpico.»
«In che disciplina?»
«Corsa. Non ho capito quale prova in particolare. Ha vinto un oro o un argento ai Giochi di Los Angeles nel 1984, quando aveva vent’anni.»
L’atleta che correva così veloce sulla passerella del cargo a Marsiglia. Una galleria che forse vendeva statuine mayombe. Il profilo fetish e lo zentai. Il fatto che si trovasse vicino all’ospedale Sainte-Anne pochi minuti dopo l’aggressione di Gaëlle...
Erwan si rivolse al medico punk. «Ne sa qualcosa di serate fetish?»
«Fa parte delle mie competenze.»
«Ha mai sentito parlare dei no limit?»
«In questo ambiente sono il massimo. Sotto questo nome i più sciroccati di tutti si ritrovano per...»
«Lo sapeva che ce n’è stato uno questa sera?»
Il medico e il capitano si lanciarono un’occhiata.
«Organizzato dal loro guru, Ivo Lartigues, vicino a porte de Vincennes.»
«In questo caso è probabile che Irisuanga stesse tornando da lì», replicò Amarson. «Quando l’abbiamo fermato, era diretto verso place d’Italie.»
Erwan non staccava gli occhi da Balaga. «Lartigues: lo conosce o no?»
«Sì. È uno scultore e anche un guru, come dice lei. È molto noto nell’ambiente del body modding.»
«Sébastien Redlich?»
«Mai sentito nominare.»
«Dobbiamo andare», sibilò Amarson. «Quando arriverà l’avvocato, non...»
«Lo interrogo da solo», lo avvertì Erwan. «Nessuno entra in quella cazzo di stanza finché non ho finito.»