XII

Stavolta Pardo non riuscì nemmeno ad arrivare al bancone del bar di Peppe. Angelo Fusco lo aspettava in piedi, appena dopo la curva cieca del vicolo, in una posizione strategica.

Aprile, con la sua volubilità, proponeva come piatto del giorno una fastidiosa, malinconica pioggerella, che sarebbe stata perfetta sui boulevard parigini ma che all’ispettore rompeva i coglioni senza pietà.

«Buongiorno, volevo dirti che sei una merda» lo salutò Fusco.

Pardo scomodò un paio di santi imprecando tra sé. «Buongiorno anche a te, Fusco. Com’è che mi merito questi complimenti di prima mattina?»

L’ex poliziotto indicò l’orologio con un gesto teatrale. «Giusto, per uno sfaticato della tua categoria le undici e due minuti sono l’alba. Complimenti. Sei fortunato che ormai tutto è permesso, ai tempi miei ti avrei fatto il culo a capanna.»

Una goccia di circa due litri, caduta da un cornicione crudele, centrò in piena fronte Davide che, con la rassegnazione di chi subisce l’ennesimo castigo divino, tornò a ringraziare tra sé quella coppia di santi. «Per favore, puoi continuare a insultarmi nel bar? Sono cagionevole di gola, se prendo pioggia, mi ammalo. E se mi assento, dovrò convenire con te che sono uno scioperato.»

Angelo lo seguì nel locale.

Peppe si mise in moto appena li vide, come per un riflesso condizionato.

Pardo si consolò pensando che almeno stavolta il caffè lo avrebbe preso.

«Sei una merda» ripeté Fusco.

Peppe lanciò un’occhiata divertita a Davide, che lo fulminò con lo sguardo, e lui riprese ad armeggiare alla macchina del caffè.

«E per quale motivo? Ammetterai che come giudizio è un po’ sintetico.»

Fusco lo scrutava inespressivo, e Pardo cominciò ad avvertire un certo fastidio. Spostò il peso da un piede all’altro, e con un tovagliolino di carta si asciugò la fronte colpita dall’enorme goccia.

«Scusa, Fusco» disse, «mi è mancato proprio il tempo, ho avuto il corso di aggiornamento online. Lo sai, sono un uomo d’azione, io, non sono portato per il computer. Ma ti prometto che oggi stesso, dopo che ci siamo gustati questo caffè, chiamo padre Rasulo. Mi attaccherà un bottone spaventoso, ma per un amico questo e altro.»

«Ormai è inutile. Per questo sono venuto a informarti che sei una merda.»

Peppe ridacchiò mascherando la risata con un colpo di tosse, quando Davide gli lanciò un’occhiataccia. «Fusco, io ho un bel ricordo di te e mi dispiace che non stai bene, ma se insisti con questa storia della merda, devo reagire. Sono disposto ad ammettere i miei difetti, però non mi va di stare qua a sorbirmi i tuoi insulti.»

«È morto. Ieri.»

Pardo sbatté le palpebre. «Padre Rasulo? Davvero? E come è morto? L’ultima volta che l’ho visto stava beniss…»

«No, idiota» lo interruppe Fusco. «Lombardo. Lombardo Antonino, il detenuto che mi cercava è deceduto ieri, all’ospedale di San Lorenzo. E adesso, per colpa tua, io non saprò mai che voleva.»

Davide prese tempo, cercando un’altra giustificazione plausibile, poi disse:

«Primo, perdonami ma non l’ho ammazzato io. Secondo, non mi avevi spiegato che era questione di ore e che c’era questa fretta. Terzo, è passato solo un giorno, non due mesi, quindi non mi si può incolpare più di tanto. Uno può tenere pure degli impegni, no? Quarto, non hai la minima idea del motivo per cui voleva incontrarti. Magari era una stupidaggine o addirittura una rogna: forse, e sottolineo forse perché al contrario di te non mi arrogo il diritto di sapere quello che ignoro, ti ho fatto un piacere».

Angelo non pareva disposto a cedere. «Su un punto hai ragione, e tra tante cazzate, per una questione di statistica succede anche a te di avere ragione: non sai niente. Per esempio, non sai che io posso immaginare benissimo il motivo per cui questo Lombardo voleva vedermi, e che l’informazione, o le informazioni, che intendeva rivelarmi potevano essere cruciali per risolvere, prima di schiattare, la storia che mi ha rovinato la vita. Tutta la vita.»

Pardo boccheggiò, a corto di argomenti:

«Ma… non ne hai la certezza, no?».

L’altro continuò, implacabile:

«E tu, povero, inutile coglione, con una semplice telefonata a un prete avresti potuto chiudere la faccenda. I cappellani sono autorizzati a visitare i detenuti malati quando vogliono e insieme a chi vogliono: la conosci anche tu la procedura. Peraltro Lombardo stava dentro per reati finanziari, era una mezza tacca: nemmeno mi avrebbero chiesto chi ero. Bastava una telefonata. E ti sei rifiutato».

All’improvviso Peppe, dall’altra parte del bancone, emise un verso di riprovazione.

Pardo lo fissò, bovino. «Sei ingiusto, l’avrei chiamato oggi, al massimo domani, non immaginavo fosse così urgente. Ma raccontami di più di questa storia che ti ha rovinato la vita. Magari, rivolgendoci alle persone giuste e capendo come muoverci, la sistemiamo comunque. Io ho conoscenze recenti che…»

L’ex vicecommissario Angelo Fusco, senza distogliere gli occhi colmi di disgusto dal volto di Davide mise sul bancone una moneta da due euro. «Offro io per questa merda. È un caffè di addio, perché spero di morire prima di incontrarlo ancora.» Uscì, e la lieve zoppia sembrò il passo fiero di un reduce di guerra.

Peppe parlò, e fu la prima volta che Pardo udì la sua voce:

«Secondo me, tiene proprio ragione».

Fuori dal locale, Davide scoprì che la pioggerella si era trasformata in un acquazzone. Se una giornata è così, è così.