XVII

L’uomo dietro la scrivania si asciugò il sudore dalla fronte ampia e sbuffò, lanciando un’occhiata al rumoroso ventilatore che a stento smuoveva l’aria calda e viziata di fumo. «Io la capisco, Fusco, mi creda. È preoccupato, ha preso qualche giorno di ferie ed è venuto qua da Roma. E immagino quanto siano in pena pure i suoi genitori al paese. Da laggiù la città deve sembrare Sodoma.»

Il poliziotto in divisa si agitò sulla sedia. «Dottore, non è solo questo, è che…»

L’altro riprese, allentando ancora il nodo della cravatta:

«Però io ci andrei coi piedi di piombo, Fusco. Lei è giovane, ha una bella carriera davanti. Le conviene combinare casino? Qua non ci vuole niente a suscitare le antipatie di qualcuno. Vogliamo questo, Fusco?».

«No, di certo no, dottore. D’altra parte converrà con me che…»

L’uomo tirò fuori un grande fazzoletto dalla tasca e se lo passò sulla faccia. «No, no, non deve dirmi niente. Dalle fotografie ho visto che sua sorella è una bella ragazza, con un sorriso incantevole. Perciò comprendo la vostra apprensione, ma dovete considerare anche altre ipotesi, non le pare?»

Angelo Fusco sbatté le palpebre, perplesso:

«Non la seguo, dottore. Quali ipotesi?».

L’uomo si alzò e si avvicinò al ventilatore, prendendo un pacchetto sgualcito di sigarette ed estraendone una. La bocca era piegata in un sorrisetto allusivo che al poliziotto parve alquanto laido. «Insomma, Fusco, è normale che una figlia o una sorella sia sempre e comunque una bambina per i genitori e il fratello, per carità. Ma a essere obiettivi e parlando da uomo a uomo, qua siamo davanti a una donna… E che donna. Mi spiego, no?»

Angelo cominciò ad avvertire una specie di ronzio nelle orecchie. «Non proprio, dottore.»

L’altro sbuffò una nuvola di fumo verso il soffitto, e la ventola la disperse nell’ambiente, aumentando la sensazione di afa. «Eh, caro Fusco, non la vogliamo considerare, la gioventù? E la primavera? Pure se c’è un caldo neanche fosse ferragosto, non la vogliamo considerare, la primavera? Sua sorella è una magnifica giovane. E manca da quanto? Da due giorni?»

«Da cinque, dottore» lo corresse Fusco. «Mia sorella è sparita nel nulla da cinque giorni.»

L’uomo rise. «E si sarà concessa una vacanza, che diamine! Ha una vita pesante sua sorella: tutta studio e lavoro. Qualcuno le avrà proposto di svagarsi un po’, e lei avrà accettato, vivaddio! Ma ha visto che giornate, sì? Sarà al mare, in barca, oppure all’estero, non può chiamarvi e magari spera che nemmeno vi accorgiate della sua assenza. Sono certo che da un momento all’altro, forse oggi stesso, vi telefonerà.»

Angelo si spazientì:

«Dottore, la ringrazio ancora per avermi ricevuto e riservato il suo tempo. E ringrazierò anche il mio superiore, che si è tanto prodigato per questo appuntamento. Ma, mi creda, la situazione non è semplice come la descrive».

L’uomo sembrò offeso dal tono del poliziotto e domandò, stizzito:

«Ah, davvero? E perché ne è così convinto?».

Fusco cominciò a enumerare con calma le proprie argomentazioni:

«Primo: non è mai, mai accaduto che Ada non abbia contattato i miei per più di ventiquattr’ore. Siamo solo in due, e lei è molto più piccola di me. È legatissima a loro, soprattutto a mia madre. Non li avrebbe lasciati senza sue notizie così a lungo».

L’altro agitò la mano in un gesto vago. «Forse hanno discusso, o litigato.»

Angelo escluse l’ipotesi con decisione:

«No, ci ho parlato, non hanno avuto nessuno screzio con Ada. Secondo: lei è uscita dalla libreria antiquaria, dove ha un impiego part-time, e non è mai rientrata a casa. Non aveva nulla con sé, solo la borsetta. Nella sua stanza c’era ancora il libro aperto dell’esame che stava preparando, il pigiama sotto il cuscino, nei cassetti la biancheria e gli effetti personali, e c’era anche la valigia che usava quando tornava al paese. Nessun segno di una partenza programmata».

«E io infatti ho menzionato una circostanza improvvisa, mica uno spostamento pianificato. In quel caso sì, che ci sarebbe stato da agitarsi. Intendo, se sua sorella avesse preparato un viaggio per chissà dove, senza informarvi.»

Fusco continuò, imperterrito:

«Terzo: i soldi. Ada non aveva ancora ritirato lo stipendio, la signora del negozio è stata chiara, pensi che voleva addirittura darlo a me. In più, aveva appena pagato l’affitto e versato la sua quota per le spese dell’appartamento che condivide con altre colleghe fuorisede, quindi doveva avere solo pochi spiccioli. E quarto: ha portato con sé le chiavi della libreria, sapendo di creare un problema alla titolare che invece, glielo assicuro, le stava molto a cuore. Ne abbiamo parlato l’ultima volta che l’ho sentita».

L’uomo sbuffò una boccata di fumo e spense la sigaretta in un posacenere ricolmo di mozziconi. «Con tutto il rispetto, Fusco, qual è il suo mestiere?»

Con una certa fierezza, Angelo rispose:

«Il poliziotto, dottore».

«Sì, ma che genere di poliziotto?»

«Come lei sa, sono di scorta al ministro…»

L’uomo batté le mani, con uno schiocco. «Ecco! Lei è di scorta a un ministro. Bravo. Invece io e la mia squadra ci occupiamo delle persone scomparse in un’area di tre milioni di abitanti. Si rende conto, Fusco? Tre milioni! Ha idea di quello che vediamo noi qui, dalla mattina alla sera? Ci sono centinaia, che dico?, migliaia di giovani che si innamorano e scappano, di ragazzini che hanno buscato un brutto voto a scuola e scappano, di casalinghe che si trovano per amante un camionista slavo e scappano, di ragionieri che si mettono con una puttana e scappano, di imprenditori che non possono pagare gli strozzini e scappano. In questa cazzo di città, Fusco, scappano tutti. Poi rispuntano sempre da qualche parte dopo quindici giorni o un mese.»

«E questo, dottore, che c’entra con mia sorella?»

«C’entra, Fusco, c’entra. I mariti, le mogli, le madri e i padri, i soci in affari e le sorelle di tutte queste persone che si sono allontanate non hanno un superiore che gli consenta di venire in quest’ufficio a elencare le ragioni, senza dubbio lecite, per cui i congiunti non se ne sarebbero andati di loro volontà. E invece è questo che succede il novantanove per cento delle volte.»

Fusco avvampò per la frustrazione e la rabbia:

«Ma dottore, c’è la testimonianza della padrona della libreria, che ha raccontato di questo motociclista che…».

L’altro lo interruppe in tono quasi paternalistico, che per qualche motivo ad Angelo sembrò minaccioso. «Allora lei non mi ascolta. Eppure guardi con quanta pazienza le sto parlando, per riguardo al suo superiore, Giangrande, che, glielo ricordi, mi è tanto caro. È presto, Fusco. Troppo presto. E la circostanza di quel giovane che l’ha cercata al lavoro dovrebbe suggerirle, mi perdoni se lo ripeto, che in famiglia non siete affatto al corrente di quello che riguarda la vita di sua sorella, che coltiva in libertà, com’è giusto che sia e senza nulla di losco, amicizie e contatti. Quanti anni ha detto che ha?»

Angelo rispose, in un sussurro:

«Ventuno tra due mesi».

«Quindi è maggiorenne, in grado di gestirsi da sola. Lei e i suoi genitori lo sapevate quando le avete consentito di trasferirsi in città, lontano da casa.» Fusco rimase in silenzio, e l’altro continuò:

«È così, glielo assicuro. Ora, io non intendo lavarmi le mani e nemmeno minimizzare l’accaduto, ma il nostro modo di procedere, che ci ha procurato diversi encomi e ci consente di ottimizzare le poche risorse a disposizione, prevede che ci si attivi su un caso di sparizione a tempo debito. A tempo debito, Fusco. Aspettiamo ancora qualche giorno, magari una settimana, e se la ragazza… che si chiama?».

Angelo disse, cupo:

«Ada, dottore. Si chiama Ada».

«Ecco, Ada. Se non ricompare, allora cominceremo col diramare la fotografia in stazioni, aeroporti, ospedali. La solita procedura, insomma. D’accordo? Intanto vi consiglio di stare tranquilli. Lei, per esempio, rientri in servizio. Senz’altro l’amico Giangrande, come tutti noi, avrà bisogno di ogni suo agente. Le ho già raccomandato di salutarmelo con tanto affetto, vero?»

Fusco si alzò. All’improvviso l’aria di quel dannato posto gli sembrava ancora più irrespirabile. «Grazie, dottore. Io, comunque, per qualche giorno mi trattengo in città, ho parecchie ferie arretrate. Voglio guardarmi un po’ in giro. Posso lasciarle il numero della pensione in cui alloggio, se ci fossero novità?»

L’uomo prese il foglietto e lo mise con esagerata cura in mezzo alla montagna di carte e documenti che ricopriva la scrivania. «Ma certo, Fusco. E non si preoccupi, la sua Ada oggi o domani tornerà, fresca come una rosa.» S’interruppe per accendersi un’altra sigaretta. «Sa, con questo mestiere alla lunga si acquisisce una certa preveggenza» concluse emettendo un’orribile risatina complice.