Si ritrovarono ancora una volta a casa di Viola.
Pardo si fiondò subito in camera da letto, dalla quale emerse con uno sguardo stralunato:
«Ma vi siete rese conto che questo bambino ha ancora la febbre? È possibile che nessuno si preoccupi, tranne me?».
Viola minimizzò:
«Senti, mammina, datti una calmata. È solo qualche linea. Sarà un colpo di freddo fuori stagione, non sono agitata io che l’ho partorito, vuoi esserlo tu?».
«La tua superficialità non mi sorprende» rispose l’ispettore a muso duro, «sei della nuova scuola, quella delle madri di oggi, che non si rassegnano alla loro incapacità.» Poi si rivolse a Sara, puntandole addosso l’indice in un gesto accusatorio:
«Ma tu, che appartieni a un’altra generazione, tu dovresti essere molto più scrupolosa. Sono davvero deluso».
Sara gli sorrise:
«Tranquillo, se domani questo febbrone da cavallo, che a stento supera i trentasette, non scende, chiameremo l’ambulanza e lo porteremo d’urgenza in un ospedale pediatrico all’avanguardia, specializzato nella cura del raffreddore. Promesso. Ora, però, facciamo il punto della situazione, per favore».
La prima a relazionare fu Viola, che aveva compilato una scheda dettagliata sul passato di Antonino Lombardo. Tenne per ultimo il colpo di scena, il suicidio del figlio. «Nicola aveva una piccola collezione di denunce, proprio un tossico perso, finito due volte in comunità e scappato in entrambe le occasioni. La madre è morta quando lui era adolescente, e il padre ha passato la vita a rincorrerlo cercando, perdonate il gioco di parole, di tappare i buchi. In pratica, il povero cristo ha trascorso vent’anni a combattere la dipendenza del ragazzo da ogni tipo di stupefacenti. Una brutta storia.»
Pardo alzò le spalle:
«Be’? Lo sapevamo fin dall’inizio che Lombardo aveva un figlio drogato morto sette anni fa».
Sara invece pareva molto interessata:
«Ma ignoravamo le circostanze del decesso. Comunque, che altro hai scoperto?».
La ragazza consultò un foglio. «Nel 1990, quando Nicola aveva sedici anni, lo presero con le mani nel sacco, mentre stava borseggiando una signora al supermercato. Di lì in poi è stato un continuo. E alla fine si è impiccato al gancio di un lampadario. Lo ha trovato il padre, che intanto era già sotto processo, quando è tornato a casa. Secondo me, senza quei tentativi di disintossicazione, a trentotto anni nemmeno ci arrivava.»
Pardo commentò:
«Dev’essere stato un trauma terribile per Lombardo. Si è rovinato cercando di aiutarlo, per poi ritrovarsi davanti al cadavere del figlio appeso a un gancio. A quel punto probabilmente non gliene fregava nulla di finire in galera».
Sara calcolava a mente:
«Se il primo reato è del 1990, possiamo supporre che i problemi siano iniziati poco prima».
Viola si strinse nelle spalle:
«Boh, può essere. Comunque per Antonino si è messa male fin da subito».
Tacquero per un po’; quindi Sara fissò Pardo con un’espressione interrogativa.
L’ispettore cominciò a raccontare dell’incontro con padre Rasulo. «Insomma, Lombardo non aveva particolari amicizie con gli altri detenuti. Certo, il prete non deve conoscere per forza tutto quello che succede là dentro, ma non mi viene in mente nessun’altra fonte, partendo dal presupposto che Fusco abbia torchiato a dovere, e non ho dubbi, il tipo che gli ha riferito il messaggio di Antonino. Però c’è questo ragazzo, Piscopo, che somiglia a Lombardo, e che una volta è andato a trovarlo in ospedale. Purtroppo non abbiamo altro.»
Viola domandò:
«Scusa, ma rispetto a questa presunta somiglianza, il prete è attendibile? Perché da quello che ho spulciato, Lombardo non risulta avere parenti, nemmeno lontani».
Davide allargò le braccia:
«Guarda, secondo me Rasulo è fin troppo lucido per il Matusalemme che è, ma Piscopo non l’ho visto con i miei occhi. E ci manca anche il nome di battesimo. Posso provare con qualche collega della Penitenziaria, magari è disposto a mostrami una copia del permesso che autorizzava la visita».
Sara annuì con forza. «Sì, procedi. Chiunque abbia avuto contatti con Lombardo può avere informazioni utili. Anch’io mi sono mossa, e aspetto novità. E Fusco?»
Pardo assunse un’aria afflitta:
«Gli ho telefonato più volte, squillava a vuoto. Quando ha risposto, mi ha detto che era appena uscito da una seduta di terapia. Secondo il dottore, se gli esami non dovessero mostrare un regresso della massa, non insisteranno. Mi è sembrato che si sia… arreso. Come se non avesse più voglia di lottare».
Viola sospirò. «Lo capisco. Al suo posto avrei già mollato.»
Sara disse, guardando la finestra:
«Non può mollare, se c’è anche un’unica possibilità di scoprire chi ha ucciso la sorella. E questo dipende soltanto da noi».
Pardo soggiunse:
«In pratica, siamo noi a tenerlo in vita. Una bella responsabilità».
Sara pensò a Massimiliano, ai suoi ultimi giorni. E mormorò:
«A volte non basta. A volte se ne vanno lo stesso».