XXXIV

Quella sera, a casa di Viola, gli animi erano dominati da passioni contrastanti.

Come al solito Sara assomigliava a una sfinge, o a una divinità orientale scolpita nella pietra. Se ne stava seduta, le mani intrecciate in grembo, lo sguardo fisso nel vuoto davanti a sé. Sembrava assente o persa dietro chissà quale pensiero, eppure era attentissima.

Viola, al contrario, era come tarantolata. Aveva il viso arrossato per l’entusiasmo, e le parole le uscivano dalla bocca come scariche di mitraglia. Era fiera dei risultati ottenuti. Quello che doveva essere un semplice pedinamento aveva portato alla scoperta di informazioni preziose.

Pardo, infine, era il ritratto dell’angoscia. Vagava per la stanza con Massimiliano in braccio, succhiandosi i baffi. Aveva gli occhi arrossati sotto la fronte aggrottata, e un muscolo gli guizzava sulla guancia destra.

Si erano scambiati le novità, e adesso erano tutti in preda a sentimenti diversi.

Pardo si rivolse a Sara, senza smettere di muoversi:

«Vorrei capire, sempre se sarai così gentile da spiegare a un comune mortale come ragionate voi menti sovrumane, per quale motivo hai preso di punta quella vecchia stronza. L’hai solo irritata, e così ora lei si è cucita la bocca. Di sicuro mi avrà già rovinato con una telefonata di rimostranze ai piani alti. Avrà chiamato un secondo dopo che il maledetto cane mi ha mollato i pantaloni». Terminò la frase lanciando un’occhiata sconsolata all’indumento ridotto a brandelli.

Sara rispose con la pazienza che un insegnante comprensivo riserva a un alunno un po’ tardo:

«Ti ho già ripetuto che non avrebbe detto niente comunque, e ti assicuro che non telefonerà a nessuno».

«Ah, sì? E perché sei così certa? Hai piazzato una microcamera nel polsino della vecchiaccia? Oppure hai infilato un microfono direzionale tra le chiappe della bestia, mentre era occupata a masticare la vigogna dei calzoni migliori che avevo?»

Viola commentò:

«Caspita, se questi erano i migliori, figuriamoci gli altri…».

Davide si voltò verso di lei inviperito:

«Ti avverto che non è serata! E non accetto lezioni di stile da una che si è travestita come un’inglesina in vacanza».

Sara cercò di stemperare i toni:

«Gisella Maddalena se ne starà tranquilla, vedrai, perché era diffidente, persino impaurita. E tratteneva a stento la rabbia che le provocava il senso di impotenza. Aveva tutto scritto in faccia, nei gesti, nell’espressione. Ce l’ha a morte con quel ragazzo, ma per qualche motivo è costretta a mantenere il silenzio. Se protestasse per la nostra visita, dovrebbe chiarire troppe cose, e non le conviene».

Il poliziotto spalancò la bocca, la richiuse e la riaprì:

«E certo, una grattata d’orecchio, una smorfia o un tic dovrebbero bastare a persuadermi che ho ancora una vita e una carriera? Non è un po’ poco, cazzarola?».

Viola intervenne:

«Allora, Pardo, intanto non gridare, perché spaventi il bambino. Poi ti ricordi, sì, che tutto questo ambaradan l’abbiamo messo in piedi perché ti sei comportato di merda con un tuo amico? Ti stiamo aiutando, insomma. Io ho mobilitato un ospedale intero, e costretto due infermiere a compiere una mezza dozzina di reati. E tu, manco un grazie».

Sara cercò di ricondurre la conversazione sui fatti principali:

«Sei stata bravissima, Viola. Adesso su Manuel Piscopo abbiamo scoperto tanto. Ma ci mancano due elementi fondamentali: capire perché è andato a trovare Lombardo in ospedale e perché ha cercato di prendere contatto con la vedova Maddalena, il cui marito a sua volta ha avuto un colloquio riservatissimo con Antonino in prigione».

Davide ridacchiò. «Che, per inciso, è l’unica questione a contare davvero. Di tutta la storia strappalacrime dell’amore tra il ragazzo e l’assistente sociale malata ci dispiace, per carità, ma non è che ce ne freghi poi tanto. No?»

Viola non era disposta ad accettare che l’altro sminuisse il suo trionfo:

«Eh no, caro mio. È importante eccome: adesso sappiamo che Piscopo ha bisogno di soldi. Di molti soldi. E siccome è un ladro e anche fenomenale, come documentano le mie riprese, per procurarsi il denaro non avrebbe scrupoli a delinquere».

Pardo la fronteggiò a muso duro, senza smettere di cullare con tenerezza Massimiliano, che giocherellava coi suoi capelli:

«Intanto, se io non mi fossi procurato la copia del documento di Piscopo da mostrare al portiere, adesso non saremmo al corrente della relazione tra il ragazzo e la vedova. Magari, a forza di innamorarsi di donne attempate, si sarà preso una sbandata pure per l’infame cariatide e le avrà proposto un primo appuntamento».

Sara annuì:

«Ecco, sì, questo è fondamentale. Bisogna scoprire cosa vuole Piscopo da Gisella, e di certo non possiamo interpellare Virgilio Maddalena e Antonino Lombardo».

Pardo simulò un’espressione di profondo stupore. «Molto brava, miss Sherlock. Splendida intuizione. Magari potremmo organizzare una bella seduta spiritica. Oppure torniamo dalla vecchia, la sequestriamo e torturiamo lei, la domestica indiana e il cagnaccio finché non cantano.»

«Potremmo tentare con Piscopo» suggerì Viola. «Perché non lo incontriamo? Forse sarà meno reticente della signora.»

Davide quasi urlò:

«Ma non ti rendi conto che quello è un borseggiatore da strapazzo? O sei così accecata dalla favola struggente con l’assistente sociale, che adesso pensi sia un eroe? Se ne starà zitto, te lo garantisco. L’unica che può sbrogliare la matassa è la vedova, di cui abbiamo già apprezzato la cortese disponibilità. Per me, dobbiamo fermarci qui».

Viola non credeva alle proprie orecchie:

«Cioè, sei così vigliacco e attaccato a quel miserabile tesserino da arrenderti proprio adesso che siamo sulla pista giusta?».

Sara intervenne:

«Esagerate entrambi. Non è vero che siamo a un punto morto, perché conosciamo l’identità di due persone in possesso delle informazioni che ci servono; e non è vero che abbiamo la soluzione in tasca, perché queste due persone non vogliono parlare con noi».

Il poliziotto ghignò:

«E quindi, come intendi muoverti?»

«Viola non ha torto: dobbiamo provare col ragazzo. Anche se scegliesse di tacere, dalle sue reazioni potremmo ricavare qualche elemento interessante. E al massimo, insisteremo con la vedova. Non ci resta che procedere per tentativi.»

Pardo brontolò:

«Massì, procediamo pure per tentativi, mentre il povero Fusco si spegne senza che Ada abbia avuto giustizia. Dovremmo rassegnarci, invece. Sono passati trent’anni, ormai non salta fuori più niente. E forse i morti vanno lasciati in pace».

Viola gli lanciò un’occhiataccia:

«Arrenditi tu, se vuoi. Io a questo punto voglio scoprire perché Lombardo ha ricevuto in carcere la visita di un magistrato in pensione e in ospedale quella di un ragazzo innamorato di una donna che è in fin di vita. E andrei in fondo anche se l’omicidio della sorella di Fusco non c’entrasse per niente».

Davide adagiò nella culla Massimiliano, che si era addormentato. Quando toccava il bambino, i suoi gesti erano di una premura che rasentava la devozione. «Va bene, proviamo col ladro. Tu però in cambio domani chiami il pediatra, e me lo passi. Se non ci penso io, a questa creatura, non ci pensa nessuno.»