XXXV

La decisione arrivò alla fine di un acceso dibattito.

Viola sosteneva di essersi conquistata il diritto di precedenza, perché era stata lei a pedinare Piscopo e a scoprire la storia di Carla De Rosa. Inoltre, ne era certa, la presenza di Pardo, uno sbirro nemmeno troppo sensibile, avrebbe spinto il giovane a chiudersi a riccio, compromettendo l’esito del confronto.

Da parte sua, Davide aveva chiarito a muso duro che, da che mondo è mondo, un poliziotto è il più adatto a far sciogliere la lingua a un delinquente; e in ogni caso, senza un minimo di autorità, che lui era l’unico in grado di esibire grazie al suo tesserino, Piscopo l’avrebbe liquidata con un’alzata di spalle, proseguendo per la sua strada.

Sara ascoltò entrambi, poi considerò che la copertura di Viola poteva tornare utile in futuro e che sarebbe stato meglio non bruciarla; e comunque, la mattina dopo, era prevista la visita del pediatra, perciò lei e Pardo se la sarebbero cavata da soli. Questione di priorità.

Si piazzarono ai lati del portone che dava sul vicolo, uno a destra e l’altra a sinistra, confusi tra la variopinta folla che, come un fiume in piena, percorreva la viuzza. Sara si chiedeva spesso come riuscisse tutta quella gente a passeggiare per strada, senza la minima fretta, il naso all’insù e un mezzo sorriso stampato sulla faccia, sia nei giorni feriali sia in quelli festivi, sempre in sintonia con il mondo e con la stagione. Era bello da vedere, ma anche straniante. Quella città, pensava la donna invisibile, era speciale anche per l’apparente spensieratezza con cui i suoi abitanti prendevano la vita.

Il giovane uscì più o meno alla stessa ora del giorno precedente, secondo quanto aveva riferito Viola. Pardo e Sara non ebbero difficoltà a riconoscerlo. Aveva l’aria dimessa e un po’ stralunata da studente fuorisede, e i capelli, ricci e neri, erano così folti da sembrare un cespuglio. Si immerse nella calca passando davanti a Sara. Lei lo seguì e Davide si mosse per ultimo, attento a rimanere a qualche metro di distanza da entrambi.

Senza rallentare l’andatura, Manuel con un paio di guizzi fulminei alleggerì una borsa e una tasca posteriore dai portafogli, che gettò subito a terra dopo averli svuotati. Prevedendo la reazione di Pardo, Sara rivolse un cenno al poliziotto per dissuaderlo dal prendere iniziative.

Qualche minuto dopo, Piscopo si fermò nei pressi di un bar. Esitò per qualche istante, e alla fine si decise a entrare. Dall’esterno Sara non lo perse di vista mentre si sedeva a un tavolino, ordinava a un cameriere, e cominciava a smanettare col cellulare.

In quell’istante, Pardo raggiunse la donna e, senza guardarla, commentò:

«Ma ti rendi conto, ’sto delinquente? Due borseggi in un minuto. È un mago! Quelli non si sono accorti di niente. E io devo pure starmene zitto».

Sara lo invitò a calmarsi:

«Di che ti stupisci? Viola ci ha detto quello che fa. Comunque, questo mi pare il momento giusto. Vado io, poi nel caso…».

«Eh, no, cara. Andiamo insieme. I patti erano questi. Devo riferire a Fusco per filo e per segno.»

La donna sospirò rassegnata, ed entrò nel locale.

Manuel ci mise qualche secondo ad accorgersi della presenza di Sara, in piedi davanti a lui. Continuò a digitare sul display, un vago sorriso sulla faccia, che gli si spense quando alzò gli occhi e la vide. Di colpo, il suo viso tradì tutti i segnali della diffidenza: labbra serrate, fronte corrugata, lieve inclinazione del capo. Non manifestava paura, più che altro una congenita sfiducia nei confronti degli altri.

La donna pensò che un’espressività così pronunciata lo rendeva un libro aperto per chi, come lei, era abituato a leggere il linguaggio del corpo. Poi chiese:

«Ciao, Manuel, posso sedermi?».

La confidenza di quella sconosciuta non sorprese il giovane, che rispose secco:

«No, e anzi è meglio che cambi aria. Chiunque tu sia».

Sara si sforzò di essere più convincente:

«Ho solo un paio di domande per te, magari i nostri interessi coincidono, e potremmo…».

Manuel si alzò di scatto. «Sai che c’è? Me ne vado io. Pagami il cornetto e il caffè, se i nostri interessi coincidono. Ciao ciao.»

Il ragazzo, però, non riuscì a muovere un passo, perché il manone di Pardo, materializzatosi alle sue spalle, lo inchiodò di nuovo sulla sedia con un brusco strattone:

«Ehi, quanta fretta. E che maleducazione! Non ci si rivolge così a una signora. Non ti hanno insegnato le buone maniere?».

Gli occhi neri di Manuel si spostarono da Pardo a Sara, valutando le possibili vie di fuga, quindi tornarono su Davide, che si era accomodato in modo da averlo sempre a tiro. Il giovane era abituato a modificare i suoi piani in base al mutare delle condizioni, così comprese al volo che non poteva più sottrarsi al dialogo con quei due, e assunse un’espressione beffarda. «D’accordo, ma almeno offritemi la colazione e ditemi chi cazzo siete.»

Pardo allungò di nuovo la mano e strinse con forza il polso di Manuel, strappandogli un lieve lamento. «Allora, giovanotto, tanto per evitare equivoci: chi siamo noi non è rilevante. Importa chi sei tu, invece. Cioè un ladruncolo da quattro soldi che, nella migliore delle ipotesi, può aspirare a un paio d’anni in appello, ammesso che abbia la condizionale. Ti abbiamo pure immortalato in un bel servizio mentre eserciti la tua professione. Per inciso, stai una chiavica perché non sei per niente fotogenico. Quindi la tua prima preoccupazione dovrebbe essere di non finire in galera. È chiaro?»

Il ragazzo spalancò gli occhi, fingendo meraviglia:

«Accidenti, è arrivato Batman! Me la sto facendo sotto. Ora posso avere l’onore di sapere che volete da me, o dobbiamo continuare con questa commedia?».

Pardo era sul punto di tirargli un ceffone, ma Sara lo bloccò con un gesto. «Ascolta, Manuel, ci servono delle informazioni di cui potresti essere in possesso. Non devi accusare nessuno, e nessuno rischia di finire nei guai, a cominciare da te. Allora, possiamo parlarne?»

Il cameriere arrivò col vassoio, gettò un rapido sguardo a Pardo e chiese al ragazzo:

«Tutto a posto, Manuel? Stai bene, sì?».

Il giovane annuì sorridendo. «Tranquillo, Miche’. Con me non ci stanno mai problemi. Poi, col caffè che fate qua, che mi può succedere?»

Pardo restituì l’occhiataccia al cameriere, che se ne andò indietreggiando piano, senza smettere di fissare il poliziotto.

Piscopo si rivolse a Sara, masticando il cornetto:

«Avanti, signora, ma ricordati che domandare è lecito, rispondere è cortesia. E io, con chi non ha neppure la gentilezza di presentarsi, non devo per forza essere cortese».

«Lombardo» scandì la donna. «Antonino Lombardo.» Il nome era un amo, al quale si augurava che il giovane abboccasse.

In effetti, la risposta in termini di espressione arrivò, eccome. Manuel smise di masticare, gli occhi si spalancarono per ridursi un attimo dopo a due fessure, la mano sinistra ebbe un fremito, si chiuse a pugno per poi riaprirsi. Il naso lungo si arricciò e si distese. Sara colse con chiarezza l’impercettibile alterarsi della respirazione. Sorpresa, rabbia e paura si accavallarono in sequenza su quel viso come attori su uno schermo cinematografico.

Dopo qualche attimo, il ragazzo sembrò recuperare il controllo. Ingoiò il boccone, bevve un sorso di caffè e si asciugò le labbra senza mai guardare Sara in faccia, poi disse:

«Non ho la minima idea di chi sia, e non mi interessa nemmeno. Credo che abbiate sbagliato persona».

Sara si sporse verso di lui. «Fidati, Manuel. Noi siamo dalla tua stessa parte. Prima di morire, Lombardo voleva incontrare un tizio che ci sta a cuore. Poi c’è la vedova di un magistrato, che tu hai provato ad avvicinare. Noi dobbiamo sapere qual è il legame tra queste persone, che cosa voleva comunicare Lombardo al nostro amico, e per quale motivo tu andavi a trovarlo.»

Il giovane ormai era sulla difensiva, ma le circostanze elencate da Sara lo sorpresero comunque. La donna invisibile lesse la sua incertezza, e persino un filo di indecisione. Si morse il labbro inferiore, prima di optare per il mantenimento della distanza. «Quante belle favole, signora. Però ti ripeto che hai sbagliato persona.» Si alzò.

Pardo si mise in piedi a sua volta, sovrastandolo.

Il ragazzo, più basso di una decina di centimetri, lo spinse via.

Sara trattenne Davide. «Lascialo, tanto ci incontreremo ancora.»

Il giovane sogghignò:

«Tutto è possibile nella vita, ma tenderei a escluderlo».

Arrivato sulla porta, si arrestò. Tra le mani stringeva un portafogli, di cui stava ispezionando il contenuto con divertita curiosità. «Ispettore Pardo Davide. Uno sbirro, ovvio. E pure miserabile. Solo quindici euro, che tristezza.» Poi lasciò cadere l’oggetto e, mentre Davide allibito si toccava la tasca vuota della giacca, uscì dal locale.