XLII

Quindi volete sapere del vecchio.

Carla ve l’ha già detto che era mio nonno. Il padre di mio padre, per l’esattezza. Anzi, a essere precisi, il padre del tizio che si è scopato mia madre; doveva essere talmente fatta da dimenticare pure di proteggersi da una gravidanza indesiderata. E doveva essere fatto pure lui.

Sì, perché i miei erano due tossici. Forse è per questo che io non ho mai nemmeno toccato una canna: non mi va di finire come loro. Carla vi avrà spiegato che per molto tempo ho sentito la condanna del sangue. Lo ripete ogni volta che parla di me. Be’, anche se con lei non l’ho mai ammesso, alla fine mi ha convinto che i predestinati non esistono, e siamo liberi di scegliere. Io non voglio che il mio destino sia segnato. Il vecchio, invece, è stato padre sul serio. Per tutta la vita. Ogni sua decisione, ogni errore che ha commesso, persino i guai in cui si è cacciato, sono stati sempre e soltanto in funzione del figlio, che a me manco mi ha voluto riconoscere. Quando si dice seguire l’esempio…

Comunque, non mi sono perso granché. Non ha realizzato niente di buono, come mia madre. Lei però era povera, lui no. E per la roba si è venduto tutto quello che poteva raccattare, un vero aspirapolvere. Alla fine s’è ammazzato. Il vecchio mi ha raccontato una dozzina di volte del giorno in cui lo ha trovato appeso al lampadario. E scoppiava sempre in lacrime. Vi rendete conto? Stava morendo in galera, dove l’avevano sbattuto per colpa di mio padre, e ancora si disperava quando ricordava com’era morto.

Io figli non ne voglio. E non perché Carla è molto più grande di me o perché è malata, no: non ne voglio per non ridurmi come il vecchio. Perché per sopravvivere bisogna imparare a regolarsi, e lui mi ha insegnato che un figlio può ucciderti.

Il vecchio non l’ho mai chiamato “nonno”. Mi sembra una parola da bambini, come le favole, la pastina in brodo o le passeggiate mano nella mano ai giardinetti. Ma mi ero affezionato a lui. Gli somigliavo molto, avevamo la stessa faccia, era impressionante, sembrava di guardarsi in uno specchio che mostrava come sarei diventato. Ma non era solo per questo. Era che lui a me si aggrappava. Ero l’unico motivo per cui tirava avanti, proprio io che sono abituato a cavarmela da me e non sopporto di dipendere da nessuno. Tranne che da Carla, perché lei è speciale.

Il vecchio si era rovinato per pagare i debiti del figlio, e l’hanno mandato al fresco dopo che l’altro si era impiccato da anni. Incredibile, no? Invece succede, perché tra avvocati, prove testimoniali e ricorsi in appello, i tempi della giustizia sono questi. Io credo che a lui della galera non fregasse poi molto, era già malato e non gli mancava più di tanto quel mondo che lo aveva escluso senza pietà. Ma c’ero io, e per me si tormentava.

Non volevo che soffrisse, perciò andavo in ospedale. Lui, però, aveva una specie di radar, e si accorgeva subito se avevo qualche preoccupazione. E siccome ce l’avevo, a furia di insistere, ho accennato a Carla.

Ha voluto che gli dicessi tutto, per filo e per segno, più di una volta. Poi, un giorno, ha cominciato a confidarsi. E forse sarebbe stato meglio se avesse tenuto la bocca chiusa.

Era stato cancelliere del tribunale. Sembra un mestiere da niente, invece è una posizione che consente di organizzare maneggi su maneggi e tirar su dei soldi. E lui, disgraziato, ne aveva sempre bisogno.

Un giorno il figlio chiese del denaro ai tipi sbagliati, gente che comandava sulla città, quando a spartirsela erano in tre o quattro. Controllavano l’usura, lo spaccio e tutto il resto. Quella volta il vecchio non fu in grado di saldare il debito, e poco dopo mio padre sparì dalla circolazione. Allora lui lo cercò ovunque finché qualcuno non lo informò che se l’erano portato via loro. Non c’erano più speranze, insomma.

Gli dissi che a quel punto sarebbe stato meglio se si fosse rassegnato, che se non ci sono più margini, tanto vale mollare. E sapete che mi rispose il vecchio? Che se hai un figlio non molli mai; e che se si fosse arreso, io non sarei nato. Aveva una maniera tutta sua di ragionare.

Comunque, incontrò quella gente, di notte, rischiando che l’ammazzassero, e buttassero il corpo in mare, in una discarica o lo ficcassero in un pilone della tangenziale. Invece gli proposero un accordo: poteva azzerare il debito, ma avrebbe dovuto eseguire i loro ordini. Altrimenti erano morti, lui e pure il figlio.

A questo punto della storia, il vecchio ogni volta taceva. Secondo me si vergognava, non voleva ammettere di aver accettato la proposta, qualunque fosse. Ma io lo avevo capito.

Da allora lavorò per quella gente, a tempo pieno. Erano anni particolari, quelli non andavano per il sottile ed erano pronti ad accoppare chi si metteva di traverso. Gli introiti della droga erano enormi, e chiunque voleva guadagnarci. Se un pubblico ministero accettava di voltarsi dall’altra parte, di battere una pista invece di un’altra, o di ignorare un rapporto di polizia, c’erano quattrini per tutti. E un cancelliere era perfetto per contattare un magistrato e informarlo, coi dovuti modi, che da qualche parte lo aspettava un bel regalo.

Fu così che il vecchio ripianò i debiti del figlio. Era stato coinvolto in un affare grossissimo, eppure non l’hanno mai beccato per quello. L’hanno condannato per altro, niente al confronto. C’è da ridere, no?

Il magistrato corrotto era questo Maddalena, Virgilio Maddalena. È probabile che non fosse l’unico, ma contro di lui il vecchio aveva una prova, la lettera di un boss, uno dei più potenti, che era fissato con le intercettazioni: era così terrorizzato che qualcuno potesse registrare la sua voce, da usare solo bigliettini per comunicare.

Be’, una volta il vecchio riceve un messaggio in cui il boss comunica a Maddalena dove sta la sua parte. Lui nasconde il foglio in un vecchio libro, in attesa di contattare il PM. In ballo c’era una grossa cifra, perché il processo era importante: bisognava escludere una prova che poteva costare l’ergastolo. Ma il volume con dentro la lettera sparisce. E salta fuori che il figlio se l’è venduto per comprarsi la dose. Incredibile, no? Quell’idiota ne ha combinata un’altra delle sue.

A questo punto il racconto del vecchio diventava sempre confuso. Cominciava a piangere, come se i ricordi gli spezzassero il cuore. Chissà che brutta scena riviveva ogni volta… Ma qualsiasi sbaglio ha commesso, non è colpa sua. Ha avuto solo una vita di merda.

Comunque alla fine, quel messaggio lo ritrova. E la transazione, diciamo così, va in porto.

Da allora erano passati molti anni, eppure il vecchio era sicuro che Maddalena fosse terrorizzato dalla possibilità che la faccenda tornasse a galla. E l’unica prova della corruzione ce l’aveva proprio lui, il vecchio. Mi rivelò dove la custodiva quando gli spiegai di Carla e del protocollo di ricerca.

Non volevo andarci nell’appartamento del vecchio. Tutti quei dettagli sul figlio appeso al gancio del lampadario e sulla corsa all’ospedale mi impressionavano: per questo, quando mi offrì di abitare lì da lui, rifiutai e cercai una casa in affitto. Ma siccome dovevo salvare Carla, be’, superai la paura.

Adesso ce l’ho io la lettera, ma quella non ve la do. Mi serve, perché anche se Maddalena è morto, può essere che quella stronza della vedova i soldi li scucia in ogni caso: se minaccerò di spiattellare ai quattro venti che il marito era un venduto grazie al quale un assassino è rimasto a piede libero. Il problema è che la vecchia non vuole nemmeno ascoltarmi, neanche se ho fatto il nome di Lombardo davanti a lei.

Ma ci riuscirò, sapete? Ci riuscirò, perché Carla deve guarire. Lei è il mio unico amore.

Ora, per piacere, vi scongiuro di andare da lei a dirle che siete soddisfatte e che non volete altro. Deve prendere gli antidolorifici, poi potrò guardarla riposare.

Non avete idea di quanto sia bella, quando dorme.

Non avete idea.