XLVIII

È morto, dottore’. Ve lo posso assicurare. E non solo perché gli organi hanno ceduto, e ora sono le macchine a provvedere al posto del cuore, dei polmoni e del fegato. Basta osservarlo, per capire che è morto.

Il corpo, sotto il lenzuolo, è secco e rigido. La faccia, color del cuoio, è quella di una mummia, le orbite sono infossate, la bocca assomiglia a un taglio.

Io voglio verificare, perché è impossibile che abbia suonato il campanello. Controllo il monitor. Magari è rotto, mica sarebbe la prima volta. Ma appena mi avvicino, una mano che sembra un artiglio mi afferra un braccio.

È fredda, dottore’, uguale alle ossa di uno scheletro. Sono le dita di un morto, quelle. A un altro gli piglierebbe un infarto, sicuro al cento per cento, ma io sto qua da trent’anni, e non mi succede niente. Più spaventosa dell’arto rinsecchito, degli occhi socchiusi e delle pupille rovesciate all’indietro è la voce.

Sì, perché il cadavere attacca a parlare. E parla normale, dottore’, come noi adesso. Anzi, non proprio così, perché nel tono non c’è alcuna emozione, quasi leggesse una lettera.

Io ascolto, come al solito con la massima attenzione, perché conosco l’importanza di quei momenti. Sono l’addio alla vita, e se ti trovi lì, hai il dovere di non dimenticare niente.

Dice Lombardo che se ne sta in macchina, mentre la ragazza aspetta l’autobus. È disperato, perché non tiene il coraggio di farle del male, ma lei ha visto un messaggio che non doveva vedere, e le è rimasto impresso il nome del magistrato, anche se crede che sia quello di una donna. Allora lui ha chiamato a quelle persone, dice proprio «quelle persone», e lo hanno rassicurato che non c’è problema, però deve portare la giovane in un posto preciso sulla Domiziana, poi provvederanno loro a risolvere la questione.

Dice Lombardo che non sa come muoversi, perché la ragazza non accetterà certo di andare con lui, non è proprio il tipo che dà confidenza a un estraneo, anche se si sono già incontrati in libreria.

Intanto che sta là chiuso in macchina, sforzandosi di trovare una soluzione, si ferma un ragazzo su una Ducati di grossa cilindrata e attacca bottone con la ragazza. Lombardo intuisce che i due si conoscono. Lei, però, è a disagio, si guarda attorno, vorrebbe che arrivasse l’autobus.

Dopo qualche minuto, il motociclista diventa insistente. La ragazza si spazientisce e gli risponde male. Lui sembra innervosirsi. Un fioraio esce dal suo chiosco, li nota, quindi torna dentro per servire una cliente.

Io non capisco come Lombardo riesca a essere così preciso nelle sue condizioni; poi penso che è morto, e che quella storia viene dall’altro mondo. Non ho paura, provo solo una pena infinita.

Dice Lombardo che in quel momento decide di tentare. Si avvicina, abbassa il finestrino e la saluta: «Salve, signorina. Serve un passaggio?». La ragazza teme che il motociclista ritorni, così accetta d’impulso: apre lo sportello e monta in auto. Dice il cadavere che lui sperava si rifiutasse, eppure al tempo stesso desiderava con tutte le sue forze il contrario. Io non comprendo, ma non devo comprendere: devo solo ricordare.

Lombardo parte. Domanda alla ragazza dove vuole che la accompagni, e lei gli dà un indirizzo in periferia. Lui guida. E guida. A un certo punto, la giovane gli chiede dove sta andando, perché non le sembra proprio che quella sia la strada di casa. Allora Lombardo accelera, e comincia a correre, in silenzio, fissando la strada. Non c’è traffico e spinge sull’acceleratore.

La ragazza è terrorizzata, a quella velocità non può gettarsi fuori dalla macchina, e se prova ad aggredirlo, lui perde il controllo e si schiantano. Così inizia a piangere, e piange e piange. Dice Lombardo che quei singhiozzi, simili ai guaiti di un cucciolo, lo tormentano ogni notte da trent’anni, e spera di non sentirli più, adesso che è tempo di morire.

Consegna la ragazza a “quelle persone”, senza proferire parola. Lei è docile, anche se ha il viso rigato di lacrime e continua a emettere quel lamento animale.

Dice Lombardo che il giorno dopo lo portano dove l’hanno nascosta. Lo convincono che può stare tranquillo, ma per quanto riguarda l’incontro in libreria e il rapimento alla fermata, deve sbrigarsela lui. Loro su quello non possono intervenire e, se qualcuno l’ha notato, dovrà accollarsi l’omicidio.

Dice Lombardo che allora si rivolge al magistrato, del resto è stato costretto a combinare quello scempio per difenderlo, perché la ragazza aveva letto il suo cognome sul foglio. Il PM ascolta, poi telefona a un vecchio amico, uno con cui ha anche collaborato in passato, per motivi di lavoro. Gli raccomanda di andare da lui, e spiegargli tutto. Lombardo obbedisce.

La ragazza sparisce nel nulla come se non fosse mai nata. Nessuno indaga, nessuno cerca, nessuno trova. Nessuno sa.

Dice Lombardo che invece lei è sempre con lui, ogni notte, da trent’anni.

Poi la stretta della mano intorno al mio braccio si allenta, e la voce si interrompe.

Sul monitor, la linea della frequenza cardiaca è piatta.