Capitolo uno

Come faremo a proteggerla?

In tutta la sua carriera il maresciallo Vittorio Ferri non si era mai imbattuto in un caso del genere.

Non sapeva cosa fare. Doveva rendere ufficiale il colloquio che aveva avuto con Angelica, compilare una relazione, avvisare il comandante e i nuclei operativi?

Temeva che sarebbe sembrato il delirio di un’adolescente in cerca di attenzioni, e lui uno stupido ad andarle dietro. Senza contare che più persone venivano informate, più alto era il rischio che la voce circolasse mettendo in pericolo la ragazza.

Decise di andare di persona al vecchio orfanotrofio abbandonato per un sopralluogo, così avrebbe evitato di essere considerato un pazzo da colleghi e superiori.

Del resto, cosa c’entrava lui? Non erano mica parole sue.

Forse Angelica si era inventata tutto. O magari era vero che aveva trovato la ragazza impiccata, ma aveva mentito sulle circostanze del ritrovamento. E forse era addirittura coinvolta nella sua morte.

Mise in moto e partì come un razzo verso casa per cambiarsi. Poi afferrò il telefono e chiese all’appuntato Muzzi di passare a prenderlo con l’auto di servizio.

Mentre guidava, la sua mente rimbalzava tra le diverse possibilità come una pallina negli ingranaggi di un flipper. Nei suoi anni di servizio nell’Arma aveva già avuto a che fare con invasati, pazzi e mitomani convinti di essere coinvolti in qualche evento sovrannaturale: tutta gente della cui cattiva fede era stato subito certo al primo sguardo. Con Angelica invece era stato diverso. A dispetto della razionalità, sentiva che la ragazza non gli aveva mentito.

«Mariaro’?» chiamò entrando in casa e dirigendosi in camera da letto. «Sono io, amore. C’è un’emergenza.»

Entrò nella stanza. Sua moglie come al solito era rannicchiata nel letto in posizione fetale, con i suoi grandi occhi chiari spalancati a fissare il vuoto. Vittorio si bloccò, come se l’avessero schiaffeggiato, e tutta l’energia si spense di colpo: sua moglie era per lui l’interruttore della gioia.

Si avvicinò a lei e le diede un bacio tenero sulla fronte.

«Tesoro mio, come stai?»

Maria Rosaria si riebbe da quella specie di trance e gli rivolse un piccolo sorriso triste.

«Bene» disse poi con un filo di voce, chiudendo gli occhi. «Sono solo un po’ stanca.»

“Come sempre” pensò Vittorio.

Si era ripromesso di non farsi trascinare nell’abisso in cui sua moglie era piombata, altrimenti non sarebbe mai stato in grado di aiutarla a uscirne.

Quanto avrebbe voluto che lei gli chiedesse di che emergenza si trattasse! Decise di parlargliene lo stesso, era convinto che qualcosa le sarebbe arrivato.

Rivoleva la sua complice di un tempo, quella con cui rimaneva sveglio fino all’alba a parlare di tutto, a ridere e fare l’amore.

Tirò fuori la divisa dall’armadio e iniziò a spogliarsi.

«Senti qua, tesoro, è successa una cosa strana: sai la ragazza che qualche notte fa io e Tonino abbiamo trovato sulla statale? Ti ricordi che te ne ho parlato, vero? Si chiama Angelica Nero. È la nipote di Anna dell’Erboristeria Alice, ci ho anche portato mia mamma una volta.»

Da Maria Rosaria nessuna risposta. Ma Vittorio non si arrese e proseguì.

«Be’, l’ho appena incontrata da don Franco perché aveva qualcosa di importante da dirmi. Frequenta lo stesso liceo di quella ragazza scomparsa che tutti stanno cercando, Monica Fasano. E dice di sapere dove sia: l’ha trovata in una villa abbandonata… senza vita. Ma la cosa strana è che sostiene di sapere cosa è successo a quella poverina, che è stato qualcuno a farlo, ha avuto una visione… è una specie di medium.»

Maria Rosaria rimaneva immobile.

«Io però le ho detto che non potevo crederle e che avrebbe dovuto darmi una prova. Mariaro’, non hai idea di quello che ti sto per dire, chiunque ci prenderebbe per pazzi.»

Vittorio era incerto se proseguire o no. Lui stesso sapeva che ciò che aveva vissuto avrebbe avuto pochi riscontri nella vita reale. Però voleva condividere quel tormento con sua moglie, e soprattutto ripetere a voce alta l’avrebbe aiutato a capire che a volte ci sono cose che non hanno una spiegazione logica. A cui bisogna semplicemente arrendersi. Così proseguì.

«Non sapeva nemmeno lei come fare… allora sono stato io a prenderle le mani. Erano bollenti e le mie hanno iniziato a sudare, e ho sentito un calore, forte, in mezzo al petto, come se si sciogliesse, e lei piangendo mi ha detto… mi ha detto…»

Vittorio non se la sentiva di andare oltre. Angelica gli aveva detto della perdita del loro bambino, raccontandoglielo nei minimi dettagli, dettagli che neanche don Franco poteva conoscere. Ma ora si sentiva uno stupido per aver pensato di poter condividere con sua moglie quel particolare che, se per lui era stato come uno schiaffo, per Maria Rosaria sarebbe stato un colpo mortale. E forse sì, l’avrebbe reputato un pazzo. Quindi sviò il discorso.

«E adesso io sto in mezzo ai casini perché non so proprio che fare. Ho paura che se faccio rapporto ai superiori mi prendono per pazzo. Amore, tu che queste cose le senti: secondo te dice la verità?»

Maria Rosaria si tirò su a sedere e per un attimo Vittorio, che aveva parlato tutto d’un fiato, pensò di aver suscitato il suo interesse; ma la donna si alzò dal letto e si trascinò stancamente in bagno, richiudendosi la porta alle spalle.

Per l’ennesima volta trafitto al cuore, Vittorio si infilò la divisa davanti allo specchio dell’armadio aggrappandosi disperatamente alla sua forza di volontà per non crollare in ginocchio e scoppiare a piangere.

A dispetto di tutto, decise di non mollare: «Se Angelica dice la verità e si viene a sapere, scoppia un casino e la stampa fa a pezzi noi e soprattutto lei. Io penso una cosa: è vero che ha visto la ragazza, però ha mentito sul modo in cui l’ha trovata, perché sta nascondendo qualcosa a sua madre. E tu che dici? Tu che segui tutti quei programmi di cronaca nera…».

Avrebbe dovuto parlare al passato, perché sua moglie ormai aveva perso interesse per qualsiasi cosa, persino per quelle trasmissioni che un tempo le piacevano tanto.

Sentì azionarsi lo sciacquone, poi la porta si aprì e Maria Rosaria uscì dal bagno per rimettersi a letto, nella stessa posizione di prima.

«Allora?» la incalzò Vittorio, con il sudore che gli imperlava la fronte. «Che ne pensi?»

«Scusa Vittorio, di che cosa? Mado’, che mal di testa.»

Vittorio, a quel punto, benché non avrebbe mai perso la speranza, si arrese suo malgrado. «Niente, tesoro mio, riposati. Sabato usciamo se ti va, così prendiamo un po’ d’aria, va bene? Magari andiamo al mare a mangiarci una bella frittura di pesce.»

E senza aspettare risposta le diede un bacio su quelle labbra fredde che non lo ricambiarono, indossò il cappello e uscì dalla camera, lasciando la moglie al suo dolore silenzioso.

Ad aspettarlo sotto casa trovò l’appuntato Muzzi col motore acceso.

«Allora maresciallo, che è successo?»

«Toni’, dobbiamo fare un sopralluogo al vecchio orfanotrofio abbandonato, hai presente?»

«Oh mamma mia, proprio lì? È un posto terrificante, marescia’, pare che lì dentro ci fanno le messe nere perché è stregato.»

«Tonino, per cortesia, non facciamoci influenzare da queste superstizioni, su. E muoviamoci. Io intanto chiamo il comandante.»

Prese il telefono e compose il numero.

«Maresciallo, buongiorno, mi dica.»

«Buongiorno, signor comandante, la chiamo per il caso di Monica Fasano, la ragazza scomparsa. Ho delle novità.»

«Bene, la ascolto.»

«Ha presente la ragazzina che abbiamo interrogato in ospedale in stato confusionale?»

«Quindi?»

«Ecco, ha delle informazioni sulla scomparsa della Fasano.»

«Cioè?» chiese il comandante.

«Mi lasci spiegare. Io e Muzzi abbiamo portato la ragazza in ospedale e l’abbiamo interrogata per sapere cosa le fosse accaduto, senza ottenere spiegazioni da parte sua. Non aveva segni di violenza, a parte alcuni graffi superficiali che poteva essersi procurata da sola, e non è risultata positiva né all’alcol test né a nessuna sostanza stupefacente. Sul momento non abbiamo insistito e l’abbiamo lasciata andare a casa con la madre, anche perché non era stato commesso nessun reato. Ma oggi sono stato contattato da don Franco, il parroco di San Pietro Caveoso, e lì da lui c’era la ragazza. Sono legati da un rapporto di vecchia data. Lei si è fidata di lui e gli ha raccontato delle cose.»

Quando ebbe finito di parlare, l’appuntato Muzzi si voltò verso di lui con gli occhi sgranati.

«E come ci sarebbe capitata in quel posto?» domandò il comandante.

Vittorio sapeva che quella domanda sarebbe arrivata. Fece una piccola pausa, deglutì e prese un respiro profondo.

«E qui sta il problema, dottore…»

«Cioè?»

«La ragazza dice di aver raggiunto l’ex orfanotrofio seguendo un amico che poi sarebbe scomparso in circostanze misteriose.»

«Che intende per circostanze misteriose, maresciallo?»

«La ragazza dice di non ricordare.»

Silenzio dall’altro capo del filo.

«Lei si rende conto che questa storia fa acqua da tutte le parti? Mando subito una volante a controllare.»

Dopo una lunga pausa, come se avesse abbassato il ricevitore, il maresciallo riprese possesso della conversazione dicendo che era già sulla strada per verificare.

«Sono in auto con l’appuntato Muzzi e tra un quarto d’ora dovremmo essere lì. Le faccio avere notizie appena arrivati sul posto.»

«Bene, maresciallo. E mi raccomando, non dica a nessuno della ragazzina. Per ora sarà un’informazione strettamente riservata.»

«Certo, dottore, a più tardi», e Ferri mise giù.

«Marescia’, ma veramente quell’Angelica ha trovato una ragazza impiccata? E pensa che qualcuno l’ha ammazzata?» chiese Muzzi, pallidissimo in viso.

«Così dice. Proprio quel giorno in cui l’abbiamo trovata a camminare in stato confusionale in mezzo alla statale.»

«Ecco perché era così sconvolta… e ci credo! Ma… non sarebbe meglio chiamare i nuclei operativi e tutto il resto, maresciallo? Dobbiamo proprio andare noi a verificare se questa ragazza impiccata c’è o no?»

Il tono di Ferri si indurì. «Tonino, se non te la senti rimani in macchina e ci penso io.»

«Ma no, no, maresciallo! Mi scusi, certo che me la sento! Sono un carabiniere, eh, e ho scelto la strada, non una scrivania!» Ma lo disse come se più che altro volesse convincere se stesso.

«Bravo, Tonino» e Ferri gli fece un sorriso tirato. Quella storia non piaceva nemmeno a lui. «Adesso accelera però, dobbiamo arrivare prima che faccia buio. E mi raccomando, non lasciarti scappare con nessuno nemmeno una parola sulla ragazzina, sennò la stampa non le darà tregua. E noi dobbiamo proteggerla.»

«Certo, maresciallo! Di me si può fidare» rispose Muzzi, spingendo l’auto a tutta velocità per le strade di Matera.