Gira gira la ronda al segnale rigido caporal…

Era un canto perduto nel tempo.

Quando Albino Mori fu congedato e tornò al suo paese, la prima persona che incontrò fu Gino Mannoni. Aveva una commissione per lui ma si dimenticò di fargliela. Gino Mannoni lo accompagnò fino all’uscio di casa, gli diede la buonanotte e se ne andò per i fatti suoi.

Il giorno dopo Albino stava seduto al caffè in mezzo agli amici. Passò Gino Mannoni, e il giovanotto s’interruppe per chiamarlo. I due rimasero in piedi a parlare.

«Mi avevano detto di salutare anche il povero dottor Semoli» disse a un certo punto Albino.

Il signor Mannoni si scurì.

«Be’… ora ho fatto il mio dovere» fece Albino ritraendosi.

«Grazie Albino» rispose il signor Mannoni.

Proseguì verso la piazza. Il sole scaldava le bancarelle del mercato. Rientrò svogliatamente in ufficio.

Tornò a casa dopo l’una e la moglie si fece sentire con le sue proteste abituali.

«Una partita tira l’altra» disse il signor Mannoni. «Sai come succede.»

«Non so niente io» rispose la moglie.

«Stai a sentire,» ricominciò il signor Mannoni cercando di interessare la moglie alle sue cose «eravamo io e…»

«Per carità!» esclamò la moglie. «In casa poi non ne voglio sentir parlare.»

Il marito si spazientì. Smisero di parlarsi e, siccome la loro figliola era a Massa dai nonni, nella casa ci fu silenzio perfetto. Il marito non prese nemmeno il caffè e se ne andò senza una parola. La sera, uscendo dall’ufficio, era ancora giorno. Il suo primo impulso fu di andare a casa per far la pace con la moglie; ma l’orgoglio ebbe il sopravvento sul desiderio.

Insieme con un amico andò in bicicletta a Marina. Una placida luce schiariva le alture retrostanti su cui si profilavano nitidamente i paesi.

A Marina i due amici si fermarono sulla piazza. La chiesa, la caserma e una fila di case la limitavano irregolarmente da tre lati; il quarto dava libero verso il mare. Uno spiazzo abbandonato e via via sabbioso conduceva sulla spiaggia.

I due appoggiarono le biciclette alla porta della trattoria. Una ragazza li guardò dalla finestra, continuando a lavorare nella fissità nitida del sole cadente. Entrarono e si fecero strada fra i tavoli deserti. Due voci pesantemente maremmane venivano dalla stanza accanto. Gino e il compagno si diressero verso la cucina dove trovarono il padrone che discorreva con Ines.

La luce stagnava sugli scuri; Ines e l’uomo erano fermi nella luce polverosa della stanza. Gino strizzò l’occhio al compagno e, mentre quest’ultimo discorreva col padrone, condusse fuori la donna. Ella s’appoggiò allo stipite, con le mani incrociate dietro la schiena, e Gino le disse:

«Gli anni non passano per te, Ines.»

«Sai quanti ne ho?» fece Ines ridendo.

Gino non rispose ma la guardò fissamente.

«Ne avevo trenta il giorno che scoppiò la guerra» finì Ines imbarazzata.

Lo sguardo di lui le richiamava alla memoria il passato. Erano stati fidanzati, e anche qualcosa di più e di peggio.

«Noi due siamo stati giovani insieme» disse finalmente Gino scuotendosi dal suo torpore.

L’eccitamento era passato, lasciandogli una lunga eco di vuoto. Pensò a Giovanni Semoli che era morto. Lui stesso era nell’altra metà della vita. Pensò ad Albino e gli venne in mente il tempo lontano in cui aveva fatto il soldato. Rivide la pianura rigata di vie diritte, fiancheggiate da case e da gruppi d’alberi; e le pallide risaie limitate dalle aeree file di pioppi, nel grigio cielo lombardo. Era stato lassù tre anni.

Quando insieme all’altro riprese la via di Cecina, l’ombra aveva raggiunto i monti e con essi i paesi lontani. Solo un gruppo di case resisteva, staccandosi sull’orizzonte sotto la vivezza della luce quasi rossa; e un vetro brillò. L’ombra silenziosa saliva sempre e spense quell’ultima luce.

Anche il cielo aveva ormai il pallido aspetto del crepuscolo: il chiarore finiva e l’aria si faceva fitta. Le case e le strade di Cecina erano immerse in quell’aria; molta gente usciva a quell’ora, muovendosi meccanicamente nelle vie e nelle piazze. Subito fuori del paese le ciminiere si levavano nude nel cielo.

La signora Mannoni non era uscita in tutto il giorno. Le aveva fatto compagnia la donna di servizio; e insieme preparavano cena. La signora svolse un cartoccio di pasta e si mise a spezzarla. Pensava al ritorno del marito, quando avrebbero fatto la pace. Si sentì giovane: e contribuiva a darle quest’impressione l’insolita lontananza della figliola.

L’olio sfriggeva nella padella. La serva si muoveva nella stanza. La luce chiara batteva sul marmo del tavolo, sull’acquaio lavato, sull’impiantito lucido. La signora lasciò stare la pasta.

Sentì qualcuno che fischiava e subito dopo i passi del marito su per le scale. Fischiava:

Gira gira la ronda al segnale rigido caporal…