La luce radeva discreta il lenzuolo: lucido, candido, teso: in quel letto era nato, l’anno 1769, Augusto Federico, l’ultimo rampollo dei Gregory.
La vita trascorreva placida nella vecchia casa di campagna. Era il crepuscolo. In cucina una donna soffiava sul fuoco: era l’appetitosa amante del maresciallo di finanza (detto, per disprezzo, maresciallo dei francobolli). Comparve un’altra donna: e rimase ferma sulla soglia, vedendo, nell’oscurità della stanza, il rosso vivo dei carboni accesi.
Era notte… nella camera della torre tre donne consultavano un responso con gli occhi sbarrati: aspettavano che l’acqua della pentola bollisse per affacciarsi e vedere, nel chiaro di luna, in piedi al centro della radura, a capo scoperto, colui o colei che aveva stregonato il piccolo Augusto Federico, ammalato di rosolia. Erano la signora Gregory, madre del fanciullo, la sorella di questa, Luisa, e la cognata, Cleofe.
Gregory lasciò l’isola a diciassette anni. Era già capitano quando conobbe le due sorelle Baciocchi nella loro casa in Italia.
Il capitano e Becky sedevano immobili nella stanza; la sorella minore, Elisa, suonava il piano. La gavotta alternava pause, gruppi di note lente, languide; limpide fughe. Il capitano guardava il volto di Elisa nella luce morbida del pomeriggio avanzato.
“Ferma nel suo galoppo la pineta era raccolta sotto la diafana altezza del cielo. Le macchie selvagge si stendevano a perdita d’occhio nella dolce luce della sera, sotto lo sguardo sereno dei monti.”
«Suonate meravigliosamente» disse Gregory senz’ombra di galanteria.
«Grazie capitano» rispose Elisa arrossendo.
Rimaste sole le due sorelle cenarono alla luce vagante del candeliere; ombre continue passavano sui loro visi eccitati.
Durante cinque anni non seppero niente del capitano. Non uscivano mai di casa, né ricevettero altre visite.
Nei quieti pomeriggi le due sorelle vedevano dalle loro finestre la distesa variata dei campi: gli uomini intenti ai lavori, le donne chine a spigolare, i prati dove si muovevano placidi i bufali e le figure minuscole dei pastorelli; una festa campestre, coi ballerini al centro e da un lato i suonatori e altre piccole figure che mangiavano e bevevano. Attraverso l’aria già presaga del freddo crepuscolo venivano distinti i richiami, il tintinnio dei sonagli, i canti, le voci.
Elisa aveva smesso di suonare. Incrociò le braccia sul piano: la musica indugiava nella stanza e più vivo e struggente era il ricordo di quel pomeriggio. La sera, prima di addormentarsi, pregava Dio perché lo portasse in salvo nella battaglia.
Cinque anni dopo un ufficiale si fermò sotto la casa. Era un pomeriggio festivo. Nell’aria saliva dileguandosi il sussurro del passeggio. Quell’ufficiale era Gregory; e dalla finestra del salotto scendeva nella via, attutito dai vetri chiusi, il suono non dimenticato di una gavotta.
Così il capitano Gregory sposò Elisa Baciocchi. Aveva lasciato l’isola a diciassett’anni: quando vi fece ritorno ne aveva trenta di più.
Trovò il maresciallo dei francobolli vecchio decrepito: non si muoveva più dalla stanza che divideva con uno sconosciuto, e mangiava appena una zuppa in tutto il giorno.
«Mi riconoscete?» fece Gregory.
«Sì» rispose il vecchio. «Sì che ti riconosco. Sei tornato, figlio mio.»
La voce apparentemente calma gli si spense in gola; e abbassò il viso per nascondere le lacrime.
«Non mi lamento di nulla» balbettò. «Solo vorrei che quell’uomo non mi mancasse tanto di rispetto. È una viltà, non ti pare, Gregory? Ma bada bene, Gregory, lo fa senza intenzione.»
Dopo ricordarono i vecchi tempi: mentre “quell’uomo”, lo sciagurato che abitava col maresciallo, rientrò bestemmiando, ubriaco; e si buttò dietro il paravento, a lamentarsi e a russare. Era un giovanotto elegante, con una redingote attillata, un panciotto a scacchi, una camicia di seta e una cravatta vistosa, basette nere quadre: uno sfaccendato, giocatore e donnaiolo.
I vecchi tempi…: le prime sorprendenti vittorie del pallido generaletto corso; le grandi battaglie dell’Impero; lo scoglio flagellato dalle onde, nella solitudine dell’Oceano. Ma ad altre memorie scivolava tacito il suo cuore: ad altre memorie, indicibili e segrete.
E Gregory andò via lasciando due monete d’oro sul tavolo. Un mese dopo il maresciallo moriva e lo seppellivano nel cimitero di Ajaccio.
Per ultimo Gregory ricercò la casa natia. La vide tra gli alberi, e affrettò il passo. Invano. Nessuno lo attendeva: i passi risuonarono per lo scalone deserto, nel corridoio gli usci chiusi guardarono il visitatore senza aprirsi sotto la spinta di mani care, né comparvero i cari volti di un tempo. E Gregory, improvvisamente vecchio, riprese la via dell’esilio e non tornò nell’isola natale mai più.