Giorgio Gromo stava affacciato al parapetto della terrazza senza timore del vuoto. Aveva una maglia con le maniche lunghe, un paio di pantaloni alla sport, i polpacci nudi e le calze arrotolate. Sul viso sedicenne non si scorgeva ombra di pelo. Aveva i capelli biondi tirati indietro, piuttosto lunghi e ondulati.

Erano le due dopo mezzogiorno; il cielo appariva limpido; solo, sulla terrazza della casa di fronte, stavano addensate lente nuvole nevose. E nuvole nevose nascondevano qua e là le cime della gran cerchia alpina.

L’uscio della terrazza si aprì con violenza facendo rovinare un calcinaccio che si spaccò sulle mattonelle dell’impiantito.

«Sei molto in ritardo» disse Giorgio prendendo i guantoni dalle mani dell’amico.

Cominciarono a boxare in un ring limitato da due file di panni tesi, il parapetto e la parete dov’era l’accesso alla terrazza.

Più tardi Giorgio mostrò all’amico la bicicletta attaccata a un chiodo, in uno stanzino al secondo piano. Disse: «Credo che non la staccherò mai più. Papà mi ha promesso la moto».

«Una motoleg…»

«No, una moto. Forse una Benelli.»

Rimasero in silenzio.

«E quello?» domandò l’amico indicando un aeroplano in miniatura.

«È un modello di mia invenzione» rispose Giorgio con un sorriso ambiguo. Boxando s’era scomposto e i capelli gli ricadevano sulla fronte dalle due parti. Quando ebbero deciso il da farsi, entrò nel bagno, si rimboccò le maniche e si lavò il viso facendo rumore con l’acqua.