L* C* era universalmente considerato un giovane di belle speranze: roseo, naso greco, barba bionda, dentatura splendida. Studiava a Pisa; era alloggiato al Leon d’oro. Fumava toscani, e giocava a biliardo al caffè Gambrinus. La sera della laurea prese una sbornia memorabile.
Appassionato cacciatore, una volta in Maremma gli capitò di ferire una ghiandaia a un’ala. Le strida acutissime della bestiola servivano di richiamo. Così riportò cinque di quegli uccelli.
A trent’anni sposò la figliola del notaio M*.
Si stabilirono a G*. La signora ebbe subito un aborto, e poi non poterono più avere figlioli (ora è venuta a stare coi suoi parenti di V*. Dicono tutti che è terribilmente invecchiata. Mi è sembrata anche molto più piccola e insignificante del ricordo che ne avevo. Ha stentato a riconoscermi perché erano dieci o dodici anni che non mi vedeva: e dieci o dodici anni fa io ero sempre un ragazzo. Poi è rimasta in silenzio, timida e impacciata davanti a me… L’ho rivista in chiesa pregare fervidamente col volto nascosto fra le mani).