Il pomeriggio della domenica, specie dopo la partita e il primo spettacolo cinematografico, le strade si riempiono di una folla annoiata e triste: annoiata delle lunghe ore vuote, triste per una vaga consapevolezza di aver sprecato l’unico giorno di libertà. Chi possiede l’automobile, è difficile che si sottragga alla tentazione di allontanarsi per qualche ora.
Per andar dove? Le località dei dintorni sono note e arcinote, e prive di particolari attrattive. Ma tant’è, bisogna pure proporsi una meta, scegliere una località qualsiasi dove fare una sia pur breve sosta. Nella buona stagione, si preferiscono le località della costa; d’inverno, i paesini dell’entroterra.
Oggi ero deciso a passare la giornata chiuso in casa, ma alle tre una scampanellata: sono dei lontani parenti che m’invitano a una gita in macchina. Accetto senza entusiasmo. «Dove vogliamo andare?» mi dicono. Ed enumerano le località che possono essere raggiunte in un’ora di macchina. Per l’appunto le conosco quasi tutte, le ho girate durante la campagna elettorale. Nominano un paesino dove non sono mai stato: scelgo quello, pur sapendo che non sarà diverso dagli altri.
I paesini dell’interno, infatti, si somigliano tutti. Sono arrampicati sui cocuzzoli e hanno un’origine feudale. Dentro il paese c’è un’unica strada, una rampa, che gira intorno a spirali sempre più strette fino a concludersi in una piazzetta che è al tempo stesso il centro del paese e il suo punto più elevato. Vicoli, piccoli tunnel, scalette, collegano radialmente la rampa. Le case sono tutte disuguali, nessun regolamento edilizio ha mai presieduto alle costruzioni: queste sono avvenute per gradi, via via che la famiglia s’ingrandiva, si “rialzava”, in modo da avere una o due camere in più. Accanto alla porta d’ingresso, un piccolo uscio immette in quella che un tempo era la stalla per il mulo. Ora, magari, ci tengono la motoretta.
La giornata è grigia e nebbiosa. I campi aperti sono spopolati, negli oliveti invece uomini, donne e ragazzi sono intenti alla raccolta. Abbandoniamo la strada asfaltata per prenderne una in salita in mezzo alla boscaglia. Il fondo è pessimo, l’automobile procede sobbalzando. «Ecco là M*» mi dicono. Sulla destra è comparso infatti un paesino in cima a una collinetta pelata. Sembra cinto da una cerchia di mura, ma guardando meglio vedo che sono le case esterne a formare come un bastione compatto. Il terreno sottostante è percorso in tutti i sensi da siepi che lo dividono e suddividono. Evidentemente gli abitanti del paese possiedono tutti un pezzo di terra. Durante la settimana vanno a lavorare come braccianti e la domenica lavorano il loro campicello o il loro orto.
Entriamo in paese, percorriamo per intero la rampa e giungiamo sulla piazzetta. A piedi ridiscendiamo in fondo al paese perché vogliono farmi vedere la chiesina romanica. Eccola infatti, in un’altra piazzetta, o meglio, in uno slargo, al centro del quale c’è una cisterna. «Anche la cisterna, dev’essere antica.» Ma io do solo un’occhiata distratta alla cisterna e al portale romanico della chiesina. Mi interessa più guardare le donne che siedono fuori delle porte o stanno affacciate alle finestre. Per esse, qualunque età abbiano, siano giovani, mature o vecchie, la domenica si è svolta come gli altri giorni, salvo l’andare alla Messa la mattina. Gli uomini non si vedono in giro: saranno tornati a lavorare il campicello o si saranno chiusi nelle botteghe di alimentari che fanno anche da osterie.
Il mio sguardo si ferma su una donna ancora giovane, con un fazzoletto nero in testa, le ciabatte ai piedi, che sta filando la lana seduta sullo scalino della porta. Due bambini fra i due e i quattro anni giocano sul selciato. Immagino che sia una donna sposata da qualche anno, il marito farà come gli altri il bracciante, quelli sono i loro figli. Ella ha alzato appena gli occhi su di noi, e subito li ha riabbassati sul lavoro, non per timidezza, ma perché evidentemente la nostra presenza non la interessa. La sua vita, lo si vede bene, è circoscritta entro le faccende di casa, la cura dei bambini, il marito che deve essere soddisfatto nei suoi elementari bisogni di assistenza e di amore. Eppure non so staccare gli occhi da lei, quasi ci fosse un segreto nella sua vita che dovrei penetrare. Nulla è più stupefacente di un’esistenza comune, di un cuore semplice…
Mi decido a distogliere gli occhi da lei solo perché mi sento osservato. Ma una vecchia che se ne sta in piedi con le mani sui fianchi, e guarda in fondo alla strada, attrae con la stessa intensità la mia attenzione. Ella chiama: «Maurizio! Marcello!». Son certo i bambini che la figlia o la nuora ha affidato alla custodia della nonna. Nessuna risposta: la vecchia rientra in casa. Io continuo a pensare alla sua vita. Posso facilmente immaginarne le vicende. Ma il senso di quella vita?
Torniamo indietro, risaliamo in macchina e usciamo dal paese. Solo dei ragazzini hanno fatto caso a noi e ci hanno gridato qualcosa dietro.