Dalla prima stesura del romanzo a puntate
La principessa e il mascalzone
«Vi sbagliate, Vostra Altezza» dichiarò Jane in tono calmo e sereno, mentre si augurava che Anthony arrivasse presto.
«No, mia cara.» La voce melliflua dell'uomo del principe la travolse come una pioggia violenta. In realtà Jane fu investita da un'ondata di dolore, orgoglio e magnificenza. «Vostro padre mi ha concesso la vostra mano per far fronte ad alcuni debiti obblighi. Il vostro signore ha accettato di farsi da parte. Non verrà a cercarvi né ora né mai.» Ciò detto, alzò una mano per ravviarsi i capelli arricciarsi un baffo.
la Signora del Mistero
«Dunque non sarai più costretta a diventare una duchessa?» Margaret, seduta a gambe incrociate sul letto di Isabella, si arrotolava una ciocca di capelli intorno a un dito. Entrambe le sorelle indossavano la camicia da notte.
Quella di Isabella, ovviamente, era più bella, impreziosita da nastri e inserti di pizzo mentre l'altra, di semplice cotone bianco, era troppo corta.
Isabella si lasciò cadere sul letto accanto alla sorella. «Me lo auguro.» Oh, quanto se lo augurava... «I nostri genitori sono furiosi, ma se il nuovo duca non è d'accordo non potranno fare nulla. Mi chiedo» continuò spalancando le braccia, «se esiste un mercato per chi è stata sul punto di divenire una duchessa. Probabilmente io avrei un certo valore, ho persino imparato quel cenno del capo che significa: Sono più importante di voi, ma non vi farò la scortesia di dirvelo anche se entrambi sappiamo che è vero. Che peccato, tutte quelle lezioni per poi scoprire che il duca che stavo per sposare non è un duca» dichiarò, fingendo di essere delusa.
Grazie al cielo.
«Credi che il conte permetterà al duca di tirarsi fuori dai guai così facilmente?» Non chiamava più il genitore padre da quando lo aveva udito per caso affermare che lei non valeva il denaro necessario per il suo mantenimento perché non era bella quanto la sorella. Il che era anche il motivo per cui la sua camicia da notte era assai più modesta.
Isabella avvertì una fitta di dolore al petto, fedele compagna da tre anni, ossia da quando le era stato comunicato il suo destino. «Non lo so. Mi auguro che il nuovo Duca di Gage si rifiuti di esaudire i desideri dei nostri genitori. Di lui so soltanto che si chiama Nicholas Smithfield e che non è sposato. Se lo fosse stato, non avrebbero potuto fare niente.»
«Nicholas Smithfield?» Margaret si sedette sul letto e guardò la sorella a occhi sgranati. «Nicholas Smithfield» ripeté, scandendo le sillabe.
La fitta divenne una morsa. «Sì. Cosa sai di lui?»
Quando la vide sorridere, la tensione al petto si allentò. Sua sorella non sarebbe stata allegra se fosse stata a conoscenza di notizie orribili sul nuovo duca.
Anche se, conoscendola, Margaret era capace di gioire se fosse stato noto per la sua stupidità o perché detestava le donne il cui nome iniziava per vocale.
«Si vocifera che sia molto amato da un certo genere di donne, se capisci cosa intendo.» A quel punto Margaret ammiccò e il suo sorriso si fece più ampio.
Isabella le diede un colpetto sul braccio. «Cosa sai tu di certe donne? E dove hai sentito parlare del duca?»
«Non pensare che le ragazze che non hanno ancora debuttato siano all'oscuro di tutto» la informò Margaret con aria compiaciuta.
«Tu sei sempre più informata di me» fu il commento di Isabella. Era stata sua sorella a rivelarle il patto con il duca, in modo che quando il padre glielo aveva comunicato lei aveva già pianto tutte le sue lacrime ed era riuscita a non far trapelare alcuna emozione, come i suoi genitori si aspettavano dalla figlia maggiore.
«È vero» ammise Margaret soddisfatta. «Il tuo nuovo duca sembrava interessato alla sorella della mia amica Harriet, che ha debuttato l'anno scorso. Quando si è fatto avanti Lord Canavaugh, si è fidanzata con lui anche se nel frattempo aveva chiesto in giro notizie di Smithfield. Non so cosa abbiano scoperto i suoi genitori, però posso dirti che non erano entusiasti all'idea che il tuo duca corteggiasse la figlia, quindi doveva esserci qualcosa di vero nelle voci che circolavano.»
«Non è il mio duca» la corresse Isabella. Almeno lo spero, aggiunse tra sé.
«Il conte ti ha detto cosa devi aspettarti?» Il tono di Margaret era meno allegro, ora. Isabella avvertì una stretta al cuore al pensiero che la sorella fosse consapevole di ciò che i suoi genitori pensavano di lei.
Non che avessero un'alta considerazione della figlia maggiore, tuttavia almeno le prestavano attenzione. Anche se il loro modo di dimostrarlo era rimproverarla in continuazione.
Ciò che Margaret ignorava, e che non avrebbe mai saputo, era che l'unica volta che Isabella aveva provato a ribellarsi la madre l'aveva minacciata di impedire alla figlia minore di debuttare in società, di negarle la possibilità di incontrare un gentiluomo che ne avrebbe apprezzato il senso dell'umorismo e il dolce sorriso.
Da allora Isabella non si era più opposta alle richieste dei genitori.
«No» rispose con un filo di voce. «Non mi ha detto nulla.»
«Il Duca di Gage, milord» annunciò Lowton con un inchino mentre si faceva da parte per lasciar entrare l'ospite.
Isabella tenne gli occhi bassi per non guardarlo, pensando che se non l'avesse visto avrebbe potuto fingere che non esistesse. Sapeva che quel trucco non funzionava nemmeno nelle fiabe, ma per qualche istante volle illudersi.
«Vostra Grazia.» Suo padre andò incontro all'ospite mentre sua madre, dopo essersi alzata, le diede una gomitata nelle costole. «Permettetemi di presentarvi mia moglie, la Contessa di Grosston, e mia figlia, Lady Isabella Sawford.»
A quel punto Isabella alzò lo sguardo, con la solita espressione impenetrabile dipinta sul viso. Quando lo vide, però, si domandò perché Margaret non le avesse detto che il nuovo Duca di Gage era incredibilmente bello.
Lei non era piccola di statura, però quell'uomo era almeno sei pollici più alto di lei. Sovrastava il conte, che pure era un uomo più alto della media. Aveva i capelli biondo scuro, penetranti occhi azzurri, che in quel momento la stavano fissando, e un naso aristocratico. Lo sguardo era talmente intenso che sembrava in grado di leggerle fino in fondo all'anima. Il viso era scarno, gli zigomi scolpiti e aveva un portamento naturalmente autoritario che non sembrava legato al titolo.
Per non parlare del fisico. Spalle ampie e fianchi stretti, gambe lunghe fasciate in un paio di pantaloni aderenti che lo rendevano quasi indecente. O forse sembrava indecente a causa della sua prestanza, della virilità. Comunque fosse, diventava difficile non indulgere a pensieri lascivi quando lo si guardava.
Il suo abbigliamento era sobrio, a differenza di quello dell'ex duca. Lui non aveva bisogno di ornamenti, perché la severità dell'abito metteva in risalto la bellezza sensuale del viso.
Non c'era da stupirsi se certe signore lo trovavano affascinante. Isabella era pronta a scommettere che qualunque donna gli avrebbe rivolto un secondo, se non addirittura un terzo sguardo.
In quel momento, infatti, anche lei stava ricambiando il suo sguardo intenso.
«Onorata di conoscervi» mormorò. Il duca chinò appena il capo, senza distogliere lo sguardo.
«Isabella, vuoi scusarci? Il duca e io dobbiamo discutere di una questione importante.» Suo padre, senza attendere la risposta, si sedette e con un gesto invitò l'ospite a fare altrettanto. «Isabella?» ripeté il conte irritato, perché di solito gli bastava impartire un ordine una sola volta per ottenere obbedienza.
Lei però non riusciva a staccare gli occhi dal duca, come un assetato che guardi una fonte d'acqua. O, meglio, una bevanda ricca e decadente, come quelle che gli antichi dei gustavano prima di un'orgia. Isabella si ritrovò a chiedersi che sapore avesse quell'uomo, e a quel pensiero un intenso rossore le imporporò le guance.
«Naturalmente, vi chiedo scusa» disse infine distogliendo lo sguardo dall'ospite. Mentre si dirigeva verso la porta inciampò. Era assurdo. Lei, che era riuscita a camminare in un tino pieno d'uva indossando due scarpette da ballo e con un bicchiere colmo d'acqua sulla testa, era inciampata nei propri piedi.
Quando il duca allungò una mano per farle riprendere l'equilibrio, quel contatto le incendiò la pelle. Isabella ebbe l'impressione che, se avesse guardato il proprio braccio, avrebbe visto l'impronta della sua mano. Anche se l'aveva toccata per pochi secondi, e per di più indossando un guanto.
Santo cielo. A prescindere da ciò che sarebbe accaduto, che l'avesse sposato oppure no, sentì che se ne sarebbe amaramente pentita.
A Nicholas sarebbe piaciuto complimentarsi con il conte per la sua mossa tattica, ossia mostrargli cosa avrebbe perso se avesse rifiutato di onorare il patto.
Perché la figlia del conte era attraente, anzi, di una bellezza abbagliante. I capelli scuri, raccolti in un'elegante acconciatura, mettevano in risalto la curva aggraziata del collo. Anche gli occhi erano scuri, enormi, e la bocca pareva modellata per essere baciata. Le labbra carnose, rosso scuro, evocarono in lui pensieri lascivi.
O forse era solo il frutto della sua immaginazione.
Anche il corpo era degno di nota. Aveva i seni rotondi e pieni, la vita sottile e i fianchi morbidi. Nicholas aveva imparato a valutare il corpo di una donna senza bisogno di vederla spogliata, qualunque fosse la moda del momento. Per fortuna, il vestito di Lady Isabella sembrava studiato per mettere in evidenza le sue grazie. La scollatura bassa lasciava intravedere le rotondità dei seni, mentre il tessuto operato aderiva al busto e sottolineava il vitino di vespa per poi esplodere in un'ampia gonna che ondeggiava a ogni suo passo.
L'altezza, che superava quella della media delle donne che lui conosceva, suscitò in lui altri pensieri lascivi circa le possibilità che esistevano quando tra un uomo e una donna, sdraiati, c'era meno di un piede di differenza.
Poteva ammirarla quanto voleva, ma non doveva dimenticare che si era recato in quella casa per trovare il modo di sciogliere il patto senza essere costretto a sposarla. A prescindere dal suo aspetto voluttuoso. Pur avendo avuto molte donne, anche se nessuna bella come lei, doveva ancora trovare quella giusta con cui trascorrere il resto della vita. Ed era convinto che non bastasse un momento di ammirazione per legarsi per sempre a una donna.
«Vogliamo sederci, Vostra Grazia?» Il conte gli indicò una poltrona, mentre occupava quella di fronte.
Nicholas si accomodò e piegò il capo. «Ebbene?»
Era una tattica di negoziazione appresa dal padre, che non perdeva occasione per interrogarlo su diversi argomenti. Bisognava restare in silenzio e attendere che l'interlocutore dichiarasse più di quanto avrebbe probabilmente voluto dire, solo per rompere il silenzio.
«Il fatto è, Vostra Grazia, che il Duca di Gage, quello che deteneva il titolo finché voi...»
«So chi era, non è necessario discutere di questi dettagli» lo interruppe Nicholas. La seconda tattica era far perdere il filo del discorso all'avversario.
Il conte incrociò le braccia sul petto. Aveva un'espressione severa sul viso, come se Nicholas avesse commesso uno sgarbo nei suoi confronti diventando l'attuale duca. «Il fatto è che ho speso una considerevole somma di denaro e il patto prevedeva che il duca sposasse mia figlia alla fine della Stagione. Sua madre e io...» A quel punto lanciò un'occhiata preoccupata alla moglie, e Nicholas comprese che era lei la mente che aveva ideato il piano. A giudicare dalla sua espressione, era una donna determinata.
«Abbiamo investito molto tempo e molto denaro nella speranza che Isabella un giorno diventasse Duchessa di Gage.» Il tono fiducioso e arrogante della contessa fece accapponare la pelle a Nicholas, anche se lui non poté fare a meno di ammirarla. Quella donna non si sarebbe fatta distrarre o dissuadere facilmente.
«Di certo comprenderete la situazione» ribatté Nicholas allargando le braccia. «Ho appena scoperto non solo di essere un duca, ma di avere una fidanzata. Sono due notizie difficili da digerire in ventiquattro ore.»
«Naturalmente» dichiarò il conte.
«Naturalmente» disse la moglie nello stesso momento, «ma la questione è che il patto è stato stipulato in buona fede, perciò ci aspettiamo che i termini siano rispettati anche se il detentore del titolo è cambiato.»
Dopo essersi augurato che la figlia non fosse terribile come la madre Nicholas si chinò in avanti, posò i gomiti sulle ginocchia e allacciò le mani davanti a sé. «E se rifiutassi?» Era un pensiero che si era affacciato alla sua mente in quell'istante, quando aveva sentito un cappio – composto dalle foglie che decoravano la corona ducale – stringergli il collo cambiando per sempre la sua vita.
E aveva desiderato rimanere quello di un tempo.
Griff, naturalmente, si sarebbe infuriato. Ma accettare il titolo significava assumersi un gran numero di responsabilità, compresa una moglie.
«Non lo farete.» Il conte parlò come se Nicholas non potesse prendere in considerazione un fatto del genere. In altre circostanze lui sarebbe stato della stessa opinione. Chi mai avrebbe rifiutato un titolo nobiliare solo perché prevedeva un matrimonio inatteso? Al suo posto i più avrebbero sposato la donna e continuato la vita di sempre. Nicholas però sapeva che lui non avrebbe mai disonorato la moglie, chiunque fosse.
«Potrei» lo contraddisse Nicholas. «Non che vostra figlia non sia graziosa, ma detesto che mi si costringa a fare qualcosa.» In realtà è la donna più bella che io abbia mai visto, pensò tra sé.
Non aggiunse altro e rimase in attesa. Non dovette aspettare a lungo.
Quando la contessa alzò il capo e incontrò il suo sguardo, Nicholas si rese conto che aveva gli stessi occhi scuri dal taglio a mandorla della figlia. E davanti a quella somiglianza il cappio si strinse. «Avete pensato a cosa accadrebbe al ducato? Mi sembrate troppo precipitoso, Vostra Grazia» dichiarò Lady Grosston, ponendo l'accento sul titolo. «O egoista, perché non rischiereste solo la vostra reputazione di uomo d'onore, ma mettereste a repentaglio anche un titolo che esiste da centinaia di anni. Come pensate che reagirebbe la nostra giovane regina, se commetteste un gesto così... biasimevole? E voi, sareste ancora accettato in società?» Tirò su con il naso, come se sapesse che le sue frequentazioni prima di ereditare il titolo non erano molto rispettabili. «Credete che vi avremmo convocato qui se avessimo dubitato anche solo per un istante che i nuovi documenti fossero falsi?» Scosse il capo prima di aggiungere: «Voi non siete il marito che desideravamo per nostra figlia ma avete il titolo, che lo vogliate o meno. Lo accetterete e sposerete Isabella, altrimenti...». Lasciò la frase in sospeso e Nicholas pensò che nemmeno suo padre sarebbe riuscito a essere tanto convincente. Il ricatto che quelle parole sottintendevano era evidente.
Lui però era consapevole che rifiutare il titolo significava rovinare non solo se stesso, ma anche Griff, e probabilmente il futuro di tutte le persone che dipendevano dal Duca di Gage. Non solo. La Regina Vittoria si sarebbe adirata con lui, la notizia si sarebbe sparsa e lui si sarebbe condannato con le sue stesse mani a una vita di scandali e di pessima reputazione. Senza alcuna possibilità di riscatto.
Per evitare un simile disastro gli bastava accettare una moglie.
Non poteva decidere. Era costretto a farlo, anche se alla sola idea un nodo gli serrò la gola.
«Vostra figlia cosa ne pensa?» domandò senza tanti preamboli.
«Non solleverà obiezioni, sa che un accordo è vincolante. E anche questo lo è, Vostra Grazia, non abbiamo dubbi.»
Era la stessa conclusione a cui era giunto Griff dopo avere esaminato i documenti legali per qualche ora. Suo fratello, però, si era limitato a rivolgergli un'occhiata severa accompagnata da una pacca sulla spalla.
In quel momento Nicholas capì che non gli restava che accettare. Tuttavia si ripromise di provare in futuro a trovare il modo, uno qualunque, di dominare i suoceri.
Era fiducioso nelle proprie capacità, perciò si augurò che la futura moglie non assomigliasse troppo ai genitori, soprattutto alla madre.
Deglutì mentre annuiva. «Dunque dobbiamo discutere di un matrimonio.»
Quanto sarebbe voluto tornare al giorno precedente, quando la sola decisione da prendere riguardo a una donna era quale delle tre a sua disposizione possedere per prima!