VENTIDUE

Il funerale di Rockhold fu celebrato nel Sussex, a Poynings, un paesino nascosto in una piega dei South Downs a qualche chilometro da Devil’s Dyke. Non era lontano da dove i Rockhold avevano vissuto tanti anni, e la moglie aveva preso da tempo un posto per entrambi nel piccolo cimitero dietro la chiesa.

Naturalmente sapeva che all’inizio sarebbe stato occupato da uno solo. Ma non aveva immaginato che sarebbe accaduto così presto, e in quelle circostanze. Vennero tutti i Codrington da Londra e si fermarono qualche giorno al Metropole di Brighton: il fratello di Jimmie, Rupert, i nipoti, e Naomi, tornata dalla Grecia per le formalità. Era piovuto tutta la settimana e la funzione nella chiesa gelata non sarebbe piaciuta a Jimmie – così disse suo fratello. Il prete, che conosceva bene il defunto, ne decantò le virtù; i presenti osservarono il silenzio. La salma di Rockhold fu consegnata alla terra all’ombra dei tassi vittoriani, prima di Chalk Hill e della sua crosta ricca di resti medievali che il defunto andava a cercare con il metal detector la domenica. Il ritrovo al Plough Inn dopo il funerale fu imbarazzante. Rockhold aveva lavorato trent’anni per i Codrington, ma pochi Codrington sapevano chi era. Era il segreto di Jimmie, e Jimmie non sarebbe riapparso, né allora né mai. Perciò il segreto durava e cresceva. Chi restava non sapeva cosa dire o pensare di Rockhold. Non conosceva la vedova minuta e irrigidita con le sue perle nere e l’aria livida, accusatrice. Non sapeva quali erano state le vere virtù del defunto. Le conosceva solo Rupert.

Prese in disparte Naomi e uscirono nel piovischio della stradina solitaria e ripida fuori dal pub. Le propose di fare un giro in macchina al Dyke, per parlare.

«Andiamo a prender aria, ti farà bene» disse. «Mi sembri un po’ agitata».

«Sempre meglio che mescolata».

Rupert arrivò quasi a sorridere.

«Certo».

Erano ormai a fine giornata e il caffè in cima si apprestava a chiudere. Ma la pioggia estiva era cessata e camminarono insieme sul fianco aperto della collina con i suoi fossati erbosi. Negli abiti da funerale sembravano adatti, pensò Naomi, come ambasciatori dell’aldilà, in un posto dove aveva sempre immaginato che ci fossero frotte di spettri.

«Jimmie mi portava qui da piccolissima» disse. «Nelle giornate limpide si vede il mare».

«Sì. Oggi no, però».

Al posto del mare si vedeva solo una riga di luce orizzontale. Si erano fermati in mezzo ai ginestroni diritti, dove il vento increspava l’erba. Le allodole trillavano così in alto da non riuscire a vederle. Rupert era un tipo coriaceo, più coriaceo del fratello, ma alla fine la parentela diede i suoi frutti e Naomi constatò che i due erano della stessa pasta. In parte si erano fatti da soli e nel profondo avevano la stessa durezza. Rupert, più giovane, aveva preso ad esempio il fratello maggiore solo fino a un certo punto della vita. Forse non era stato un errore irreparabile.

«Mi fa piacere che tu sia venuta al funerale» disse, senza guardarla. (Il panorama fu per entrambi una scusa per evitare lo sguardo reciproco). «Mi pare che tu abbia conosciuto Rockhold, no?».

«È venuto in Grecia a farmi due domande».

«Due domande o un interrogatorio?».

«Tutt’e due le cose. Ma non me la sono presa. Aveva le sue ragioni».

«Mi spiace che non abbiano trovato tuo padre e Phaine. La polizia italiana ha voluto sapere molte cose da me...».

Era successo a Roma. Ci era andato con sua moglie, avevano alloggiato al Savoy e la polizia si era presentata tutti i giorni in albergo per interrogarlo. Era stato più surreale del previsto e aveva attraversato tutta la trafila con una certa passività. Gli avevano detto che con ogni probabilità il migrante aveva aggredito Jimmie e Phaine nell’Italia meridionale per impossessarsi dell’auto, li aveva uccisi e fatti sparire in un luogo sconosciuto tra Brindisi e Roma. Era, in ogni caso, l’ipotesi più probabile. Adesso che il sospettato era morto non c’era nessuno da interrogare e la teoria era rimasta campata per aria, per così dire. Era vero che la coppia non aveva detto a nessuno di essere intenzionata a tornare in Italia quella settimana, e quando la polizia aveva interrogato Naomi lei aveva risposto semplicemente che il padre e sua moglie tendevano a quel genere di improvvisate. Lo stesso Rupert aveva ricevuto quel mese un’e-mail nella quale Jimmie diceva di volerlo fare – succedeva tutti gli anni. Solo il fatto di non aver detto niente a Naomi era un po’ strano.

«Ma lui aveva accennato alla cosa» disse con calma Naomi. «Però non mi ricordo quando. Comunque era molto impulsivo, lo sai...».

«Sicuramente. Era forte anche per questo».

«Non gli ha fatto bene» ribatté amaramente Naomi. «Se fosse stato meno impulsivo gli sarebbe andata meglio».

«Non posso darti torto. Ma sei sicura che ti ha accennato che voleva tornare in Italia?».

«Sì. Si stava stancando di Idra».

«Litigavate? Voglio dire, secondo te si era stancato di Idra anche per questo?».

Naomi trasalì leggermente ma non si voltò.

«Come faccio a saperlo? Stava sulle sue. Dico solo che non sono rimasta sorpresa quando sono partiti senza preavviso».

Chissà se Jimmie era davvero libero di fare tutto quello che voleva, pensò Rupert.

Naomi si chiese cosa sapesse di lei suo zio; negli anni avevano avuto pochissimi contatti. Troppo pochi perché Rupert sospettasse di lei. Pensò che la gran parte delle sue informazioni poteva venirgli da Rockhold. Questo lo avvicinava alla verità o lo allontanava? Rupert le spiegò tutte le complicazioni delle proprietà immobiliari adesso che si trattava di morte presunta. Le parlò di che cosa avrebbe ereditato e cioè, in sostanza, la casa di Idra, la casa di Londra, una grossa fetta di titoli dell’azienda. Era il classico modo di procedere, per i figli unici, e nessuno avrebbe fatto contestazioni. L’unica persona che avrebbe potuto farne, realisticamente, era Rupert, che non ne aveva intenzione. Era l’unico risarcimento per un trauma così orrendo, e Rupert sapeva che Jimmie non avrebbe mai messo quelle cose nel testamento se non avesse voluto. Restava la questione della parte di Phaine. Jimmie le aveva assegnato la casa in Italia, ma dal momento che anche per lei si parlava di morte presunta dovevano trovare un accordo. A lui, personalmente, non interessava granché. Forse ci voleva qualcosa per i nipoti, anche se erano molto ben assistiti. Magari Naomi poteva rifletterci un attimo.

Disse solo: «Quindi li stiamo considerando morti?».

«Temo proprio che a questo punto lo siano. La polizia italiana ha detto che continuerà a cercare. Stanno passando al setaccio tutte le strade, ma, detto tra noi, è un compito praticamente impossibile. Non li troveranno. È difficile, lo so».

«L’aspetto più difficile è proprio questo».

«Non sapere dove sono?».

«Sì. È mostruoso».

«Sono d’accordo. Comunque, c’è sempre una possibilità di trovarli».

«Chi era il sospettato?».

Rupert aveva voglia di fumare, ma non gli sembrava un buon momento. Si accarezzò il mento e si domandò cosa dire.

«Non lo sanno. Non aveva documenti. Niente di niente. Un migrante del cazzo. Non c’è modo di sapere da dove sia arrivato. Anche le impronte digitali non hanno portato da nessuna parte».

«Quindi è uno che non esiste?».

«Sì, possiamo dire così. Non esiste per noi, comunque. Per qualcuno di chissà dove, esiste».

«E non possiamo nemmeno capire la nazionalità?».

«No, niente da fare. Più o meno, la polizia ha detto che il caso è chiuso. Ovviamente controlleranno le impronte per un po’, ma prevedo che non servirà a niente. Voleva la macchina e la situazione è degenerata. Hanno detto addirittura che probabilmente non era nemmeno un criminale, ma solo un disperato».

«Non era obbligato a ucciderli».

«Non lo sappiamo... Come ti dicevo, forse la situazione è degenerata. Succede, se rubi le auto».

«Per me è incredibile che nessuno li abbia visti al terminal dei traghetti».

«No, li hanno visti. Se li ricordano perfettamente. La gente è strana. Si ricorda perfettamente cose che non sono successe».

«La gente è idiota» disse tristemente Naomi.

Rupert rise. «Questo è innegabile».

«E le autorità italiane cos’hanno fatto del corpo?».

Rupert centellinò le parole e le misurò il più possibile. Il tono di Naomi era stato un po’ strano.

«Mi sembra che l’abbiano cremato dopo una settimana. Non c’erano molte altre possibilità. Credo che abbiano fatto bene».

Perciò sono tutti scomparsi senza lasciare tracce, pensò Naomi.

Lentamente, si stava rendendo conto di essere diventata ricchissima, ed era curioso non averci pensato affatto nelle settimane precedenti. Era come un nuovo dato di fatto piovutole addosso grazie a zio Rupert. Era diventata milionaria. Come si comportavano i bravi milionari di sinistra?

Facevano le loro scorribande in silenzio; spesso erano cose condotte solo nella mente. Ma erano anche in grado di alzare qualche scudo nel mondo reale. Potevano cercare un briciolo di rivalsa.

«Pensi di stare a Londra?» le chiese suo zio. «È una bellissima casa. Per te sarà anche legata a qualche ricordo».

«A molti ricordi. Non saprei, comunque. Potrei anche tornare in Grecia. Londra mi esaurisce. Non la sopporto».

«D’accordo. E cosa farai a Idra?».

«Quello che ho sempre fatto: tutto e niente. Magari ridipingo la casa. Sarà terapeutico».

«Probabile».

Tanto tempo prima Rockhold gli aveva detto: «Quella ragazza è particolare. È il negativo di Jimmie». Rupert sorrise ripensandoci. Ma cosa voleva dire?

Tornarono verso l’auto.

«Stasera c’è un raduno di famiglia al ristorante dell’albergo, se ti va di venire. I giovani bevono champagne, sai come funziona. Se non ti va, lo capisco».

«Ora sono un po’ stravolta. Il funerale è stato difficile».

«Sì, mi dispiace per il povero Rockhold. L’ho sempre trovato un po’ infervorato, capisci?».

«Non proprio. In che senso?».

«Un po’ fanatico. Ma non era un difetto, in una persona come lui. Su che cosa ti ha tormentato quando è venuto da te?».

«Sulla mia infanzia, principalmente. È strano, ma non l’ho trovato invadente. Era solo preoccupato perché Jimmie non lo richiamava. Anzi, mi era simpatico. In quel momento mi è sembrato perfettamente normale che fosse curioso, e la penso ancora così. In fondo era il suo mestiere. Non potevo prendermela con lui perché stava facendo il suo mestiere».

«Certo».

«E poi la cena la offriva lui».

Rupert sorrise e sorrise anche Naomi.

In un modo o nell’altro, rifletté Rupert, aveva risolto la questione senza scatenare un putiferio. Si congratulò con sé stesso. Percorsero con la sua Jaguar le strade sinuose delimitate dalle recinzioni di filo spinato per tornare a Brighton, e quando arrivarono alla prima rotatoria una luce argentea si aprì sul mare davanti a loro. Il mare dei normanni, pensò Naomi; non è il mio. Non ha niente di azzurro.

Passò la sera nella stanza dell’albergo. Gin alla mano, guardò alla finestra le onde frangersi contro una spiaggia di ghiaia scura e il vento da uragano strappare i fili di lucine tra lampioni celesti decorati da motivi di delfini. Certi giorni, qui persino l’estate era invernale. Stava già ripensando a Idra. Le ritornò il senso di isolamento dopo una lunga giornata tesa, piena di pantomime e chiacchiere insulse, e insieme le tornarono i dubbi e il senso di colpa – per quanto effimero – e l’odio verso la sua famiglia. Non perché erano intollerabili, ma perché li odiava per quel che erano. Il sentimento era semplice e naturale. Al centro dell’improvvisa agitazione e della recrudescenza dell’odio c’era il pensiero della cremazione di Faoud. Le ceneri dovevano essere da qualche parte, conservate in un posto dove qualcuno alla fine potesse ritirarle. E se le avesse ritirate lei, esprimendo solo curiosità con gli italiani? Voglio le ceneri dell’assassino di mio padre. Non c’era una certa logica? Ma non l’avrebbe mai fatto. Nessuno avrebbe reclamato la cassetta delle ceneri e alla fine qualcuno l’avrebbe smaltita senza clamore, a meno che un familiare fosse informato degli eventi e venisse a prenderla. Non sarebbe accaduto. Faoud dava l’impressione di essere orfano, un inconfondibile senso di abbandono. Certe persone non tornano dopo la morte nella mente degli altri – eppure lui esisteva nella mente di Naomi.

Il giorno dopo prese il treno per Victoria e un taxi per St John’s Wood. La casa di suo padre, in un cortile, non sembrava mai abitata, malgrado la confusione del suo studio. Avevano già esaminato i suoi documenti e qualcuno, senza comunicarlo a lei, evidentemente aveva esaminato anche il suo computer. Forse era stato Rupert. Naomi si chiese se aveva parlato con la vedova Rockhold usando quelle sue maniere accorte e suadenti. Rockhold doveva avere informato la moglie delle sue mosse, dei suoi sospetti. Era impossibile che lei non sapesse nulla. Forse un paio di cose se le era lasciate scappare. Cose che Rockhold aveva pensato a proposito della ragazza su cui stava indagando. Cose sullo straniero di Episkopi e del Four Seasons, che poteva avere benissimo scoperto. Turbata dalle possibilità che non avrebbe mai potuto verificare, Naomi rimase distesa nella vecchia cameretta di quando andava a scuola – dove c’erano ancora i libri che amava e conservava – e ripercorse nella mente le stradine di Idra, le scale, le piazze, le terrazze, le chiesette a picco sul porto e specialmente quella vicina a casa: la cappella di Agia Paraskevi. Sapeva fin da piccola quando era aperta (di solito era chiusa) e conosceva la storia della santa sconosciuta il cui viso era dipinto sopra la porta: una donna greca della Roma del secondo secolo il cui nome significava «Venerdì», sottoposta alla tortura di portare un elmo di ferro pieno di chiodi. Era stata poi decapitata perché in sua presenza si erano disintegrati gli idoli di un tempio di Apollo. A Idra, Agia Paraskevi era l’edificio preferito di Naomi, anche se non era molto frequentato dai greci.

C’era quasi sempre una tenda tirata sulla porta, lunga fino a terra, come si usava in Grecia, e il terreno incolto davanti era una massa di erbacce fiorite. Lì accanto, rovine di archi di pietra coperte da una vegetazione invadente, sentieri che non portavano da nessuna parte. C’erano case che i vecchi avevano lasciato da anni e che nessuno aveva ancora reclamato. I fichi d’india si protendevano precariamente dai muri come per colonizzare più spazio e sotto gli alberi si erano formate chiazze d’ombra odorose: Naomi percorse mentalmente ogni strada come in cerca di un errore che poteva aver fatto, una svolta sbagliata a un determinato punto del passato. Si riesce a calcolare solo un certo numero di cose. Gli errori sono inevitabili.

Aprì la porta della chiesa ed entrò. C’era soltanto una vecchia nella penombra, in attesa di una risposta dal cielo. Un po’ la conosceva, si ricordava quasi il nome. Quando Naomi era bambina, lei era giovane. Così il tempo passa e le distrugge. Poi si svegliò e sentì la pioggia inglese sulle case del cortile. Sopra, proprio sopra di lei, nello studio, sentì Jimmie camminare, come al solito. Jimmie andò ad aprire la porta e una luce si accese nel corridoio fuori da camera sua. Naomi si mise a sedere e afferrò il lenzuolo a destra e a sinistra, e per un momento ebbe il dubbio che le cose si fossero svolte come aveva immaginato lei. Ma il piede di Jimmie non aveva mai fatto cigolare il primo gradino in discesa. Jimmie esitò, come per prendersi gioco di lei, e come risultato il terrore di Naomi non diminuì. Durò finché Naomi riprese a respirare normalmente e ricordò che, a differenza di Faoud, lui non era stato cremato.