«L’hai fatto, non è vero?»
Greg guardò Travis, sconcertato dal suo tono accusatorio. «Fatto cosa?» chiese.
«Hai superato il limite.» Questa era la voce di Sloan.
Greg si sentiva messo con le spalle al muro. Ma conosceva Sloan e Travis da sempre, non era la prima volta che due di loro si coalizzavano contro il terzo. Lo aveva fatto anche lui. In diverse occasioni. Ogni volta che uno di loro stava per cacciarsi nei guai, gli altri due non esitavano a intervenire.
Ora, però, era diverso. Sloan e Travis stavano esagerando. Anche se non era sicuro di cosa passasse loro per la testa, Greg aveva la netta sensazione che il nome di Jane sarebbe saltato fuori da un momento all’altro. «Quale limite?» domandò in tono asciutto. «Sentite, ragazzi, è troppo presto per i sermoni. E questa è una riunione di lavoro. Parliamo di quello, va bene? Qualche caso interessante da discutere?»
Travis represse una risata. «Quando mai abbia mo discusso di lavoro durante le nostre riunioni?
Comunque, ditemi qual è il problema, così chiudiamo il discorso e passiamo a cose più importanti. Ad esempio, i nostri pazienti.»
«Ecco!» Travis rivolse a Sloan un’occhiata significativa.
«Già. Sta provando a sviarci.»
Greg trasse un lungo, sofferto sospiro. «D’accordo. Fuori il rospo. Cosa ho fatto? Quale limite ho superato?»
«Sei stato a letto con lei, non è vero?» Travis era andato subito al punto.
«Io... cosa?»
«Non cercare di negarlo» tagliò corto Sloan. «Si capisce che è successo qualcosa tra te e Jane. Ti conosciamo. Ti conosciamo molto bene.»
«Cosa intendi dire con questo?» ribatté lui in tono basso, minaccioso. Sloan e Travis erano i suoi migliori amici, ma c’era un limite a quello che poteva sopportare da loro.
«Via, Greg, non fare il finto tonto.»
«Sai perfettamente cosa intendiamo.»
Nessuno dei due pareva minimamente intimidito dalla sua collera. Anzi! Negli occhi di entrambi brillava una luce divertita che indicava chiaramente cosa ne pensavano del suo sfogo.
Greg abbassò la guardia. Chi stava prendendo in giro? Travis e Sloan lo conoscevano meglio di chiunque altro ed erano preoccupati per lui. Avrebbe dovuto esser loro grato per l’attenzione che gli dedicavano e per l’affetto che sempre dimostravano nei suoi riguardi. «Non sono andato a letto con Jane, d’accordo?» asserì con minor veemenza.
I due lo guardarono in silenzio, l’espressione dubbiosa.
«Non ci sono andato a letto!» insistette lui. «Mi rendo conto che, visti i miei trascorsi, vi riesce difficile crederlo, ma è la verità. Lo giuro sul mio onore.»
«Gli è rimasto abbastanza onore perché possiamo credergli?» chiese Sloan a Travis.
«Quel tanto che basta per essere relativamente credibile» rispose Travis.
Greg aveva due possibilità: mettersi a ridere o prenderli a pugni. Si mise a ridere.
«D’accordo, non sei andato a letto con lei» disse Sloan. «Hai superato il limite, però, non è vero? Siete diventati qualcosa di più che un semplice datore di lavoro e la sua dipendente.»
«L’hai baciata» semplificò Travis.
Dopo un attimo di esitazione, Greg si appoggiò allo schienale e si passò una mano tra i capelli. «Cos’è? Mi spiate?»
«Non ce n’è bisogno» rispose Sloan. «Lavoriamo a fianco a fianco tutto il giorno. Dannazione, hai perso il senno, Greg? Quella donna lavora per te.»
«Lo so, lo so» ribatté lui sfregandosi il volto coi palmi. «Ma non sono stato io a prendere l’iniziativa. È stata lei. Mi ha baciato.»
Due paia di sopracciglia si sollevarono. «Ti aspetti che crediamo che è stata lei a fare il primo passo con te, il Dongiovanni di Philadelphia?»
«Dovete credermi. Perché è la verità.»
Nella stanza scese il silenzio. Dopo qualche istante, tuttavia, temendo che gli amici potessero farsi un’idea sbagliata della situazione, specificò: «Ma non le interessa una relazione».
«Wow» commentò Sloan. «Così la nostra Jane si rivela un tipetto tutto pepe.»
Greg lo fulminò con un’occhiataccia.
«Ehi, stavo scherzando» si scusò Sloan. «Volevo solo stuzzicarti. Non è il caso che ti inalberi. Non parlavo sul serio.»
«Per quale ragione avrebbe fatto delle avances, se non le interessa una relazione?» ragionò Travis a voce alta.
Greg sospirò. «Un momento di debolezza?» Scrollò il capo. «Continuo a domandarmelo anche io, ma non ho trovato una risposta soddisfacente. È... sconcertante.»
«Che cosa?» chiese Sloan piano. «Il fatto che ora sei tu a subire il trattamento che per anni hai riservato alle donne?»
Greg si drizzò sulla sedia. «Credi che sia per questo che mi sento così confuso? Non ci avevo pensato. In genere sono io a prendere l’iniziativa. Ho baciato un’infinità di donne nel modo in cui Jane ha baciato me...»
«Quelle donne ti avevano fatto capire chiaramente che volevano essere baciate, giusto?» puntualizzò Travis. «Forse l’hai incoraggiata tu.»
«No. Però sono attratto da lei.»
«Ovvio» mormorò Sloan. «È una donna e tu sei... be’, tu sei Greg.»
Lui rispose con uno sguardo bieco. Quindi proseguì: «Mi ero ripromesso di ignorare quel che sento. Ho bisogno che Jane mi dia una mano con Joy. Non volevo rovinare tutto. Mi ero detto che se doveva succedere qualcosa, sarebbe stato perché era lei a deciderlo...».
«Oh, no» sbottò Travis.
«Cosa c’è di tanto sbagliato nel mio ragionamento?» chiese Greg, infastidito.
«Se provi attrazione per Jane, se n’è accorta senz’altro. Le donne hanno un sesto senso per queste cose.» Travis scosse la testa lentamente. «Non posso fare a meno di concludere che, dopo tutto questo tempo, sai ancora ben poco di lei. Hai parlato con sua sorella?»
«No» rispose Greg di malavoglia. Pensò al tempo passato con Jane, a quanto lei fosse brava con Joy, a quanto fosse affettuosa e generosa. Improvvisamente i sospetti dei due amici gli parvero ridicoli. «Vi dico io come stanno le cose!» esclamò. «Jane e sua sorella sono due famose rapinatrici. Hanno fatto il colpo del secolo e ora si nascondono. La sorella non può mettersi in contatto con me perché il mio telefono è sotto controllo.» Forse quella battuta avrebbe fatto capire ai due amici cosa lui pensasse della loro diffidenza nei confronti di Jane.
«No, non può essere» replicò Travis in tono serio. «Se Jane avesse rapinato una banca, adesso sarebbe su una spiaggia, in qualche isola tropicale, a bere un cocktail ghiacciato da una noce di cocco. Non qui a lavare le magliette puzzolenti di Greg, a pulire la casa e a fare da balia a una bambina di dieci mesi.»
«Le mie magliette non puzzano.»
«Oh, sicuro... Fatti vedere da un otorino, hai il naso che non funziona.»
Ci fu qualche secondo di silenzio, poi Travis scoppiò a ridere, seguito a ruota da Greg.
«Sì, scherzateci su» borbottò Sloan, rifiutando di unirsi all’allegria dei due amici. «Ma ricordate quel che vi dico: quella donna non mi convince. Sta nascondendo qualcosa.»
Greg si alzò e raccolse le schede che aveva posato sul tavolo quando era entrato. «Sono sospetti da paranoico, Sloan. Devi smetterla. E visto che siamo in argomento... il giorno del Ringraziamento ci sarà anche Jane a tavola con noi. Non voglio che tu dica niente che possa ferire i suoi sentimenti o possa indurla a pensare che non la approvi.»
Perché si stava comportando come una chioccia protettiva? Era così seccato che non poté approfondire. «Buona giornata, ragazzi» dichiarò infine. «Io vado nella mia stanza. Ho una montagna di cartelle da aggiornare.» E lasciò la sala. Aveva appena chiuso la porta del suo studio, quando sentì bussare. Andò ad aprire e si trovò davanti la segretaria. «Salve, Rachel.» Si accigliò vedendo che la donna non rispondeva al suo sorriso di saluto.
«Posso entrare un attimo, Greg?» gli chiese.
«Certo» rispose lui spostandosi per lasciarla passare. «C’è qualche problema?» indagò dopo aver chiuso la porta. «Una delle infermiere si è licenziata?»
«No, no...» Rachel si mise una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. Sembrava incerta, quasi non sapesse da dove cominciare.
Quell’atteggiamento lo impensierì. Rachel era efficiente e motivata. Era una che risolveva i problemi, capitava ben di rado che avesse bisogno di consigli o di aiuto e in quel caso, di solito, richiedeva una riunione con tutti i soci.
«Ecco io... non ho potuto fare a meno di sentire qualche stralcio della conversazione che avete avuto in sala riunioni» si decise infine a dire.
Greg gemette. «Oh, no, Rachel, anche tu! Senti, ci pensano già Sloan e Travis a rendermi la vita difficile...»
«No» lo bloccò lei. «Non ho nulla da dire contro la tua nuova governante. Ho visto Jane con Joy ed è meravigliosa quella ragazza. L’unico consiglio che posso darti è di seguire il tuo cuore. Ascolta quello che ti dice e non potrai sbagliare.» A quel punto distolse lo sguardo. «Ma...» Dopo un istante di esitazione tornò a guardarlo negli occhi. «Io... volevo chiederti di avere pazienza con Sloan.»
«Cos’ha che non va Sloan?»
«Be’, ha qualche problema a casa.»
L’immagine delle tre gemelline gli riempì subito la mente. «Le ragazze? Una di loro sta male?»
«No, nulla del genere.» Rachel giocherellava con il bordo della cartelletta che aveva sottobraccio. «Solo qualche... problema legato all’adolescenza. Ma Sloan è sotto pressione. Pensavo che dovessi saperlo.»
«Hai ragione. Sei stata molto gentile a informarmi.»
Un vago rossore le imporporò le guance e Greg riuscì a leggere chiaramente nel suo cuore. «Sai» mormorò dolcemente, posandole una mano sul braccio, «il consiglio che mi hai dato, quello di ascoltare il cuore e seguirlo... sono parole molto sagge, valide per chiunque...»
Rachel avvampò di imbarazzo.
«Sloan potrebbe aver bisogno di un’amica...»
«Ti prego» lo interruppe lei. «Ho un mare di cose da fare. E non mi paghi perché stia qui a parlare di... questioni personali.» Si diresse alla porta e uscì.
Di nuovo solo, Greg si lasciò cadere pesantemente sulla sedia. Erano solo le otto e mezza del mattino, eppure si sentiva stremato come dopo una lunga giornata di lavoro. Rachel aveva ragione?, si chiese. Sloan era così critico e brontolone a causa della tensione che viveva in casa? Sfogava la sua frustrazione prendendosela con Jane?
Era un dato di fatto, comunque, che Sloan continuasse a nutrire delle riserve nei confronti di Jane. La sua opinione su di lei non era mutata di una virgola in quelle due settimane, a dispetto delle interminabili discussioni che avevano avuto in studio.
E Greg dovette ammettere che l’amico era riuscito a insinuare l’ombra del dubbio nella sua mente.
Quella dannata telefonata... Erano passate settimane ormai e la sorella di Jane non lo aveva ancora chiamato. Avrebbe dovuto affrontare Jane, lo sapeva, ma non ne aveva il coraggio. Perché?, si chiese. Per quale ragione non voleva sollevare l’argomento con Jane? «Perché potrebbe saltar fuori che è davvero una rapinatrice di banche» bisbigliò ai muri della stanza deserta.
«Sei davvero un tesoro ad aiutarmi a preparare il pranzo.»
Jane, che camminava di fianco a Greg nel supermercato, sorrise a Joy, seduta sul carrello. «Sono ben felice di poter dare una mano. Non vedo l’ora di mettermi all’opera.» Era vero. Le riusciva difficile esprimere a parole quanto fosse contenta di passare il giorno del Ringraziamento con lui e la bambina. Il fatto poi che in quell’occasione avrebbe anche conosciuto gli amici di Greg era la proverbiale ciliegina sulla torta. E, anche se era una riflessione pericolosa, non poteva fare a meno di pensare che loro tre sembravano veramente una famigliola unita. Mamma, papà e figlioletta.
«Come mai stai sorridendo?» chiese lui.
«Oh, niente.»
«Mia madre aveva sempre la casa piena di gente per le feste» raccontò Greg. «Amici, vicini. E i nonni, gli unici parenti, visto che papà e mamma non avevano fratelli... C’era una tale allegria, una tale confusione...» Chiuse gli occhi, abbandonandosi ai ricordi. «Mmh... i profumini che venivano dalla cucina... meravigliosi» sospirò.
«Non credo di poter eguagliare l’abilità culinaria di tua madre. Se cerchi cibi squisiti, ti conviene rivolgerti a una ditta di catering.»
Greg ridacchiò. «No, ce la caveremo benissimo anche da soli. Sarà divertente cucinare insieme.»
Gli splendidi occhi verdi di lui catturarono quelli di Jane, che ebbe la sensazione di avere le gambe di gelatina. Non sapeva cosa dire. Sarebbe stato divertente, certo. Ed eccitante, fantastico... Ma non osava dar voce alle proprie emozioni per timore di apparire troppo entusiasta. E patetica. Perciò si limitò a sorridergli.
Greg prese un paio di sacchetti di farina dallo scaffale e li mise nel carrello. «Allora, non mi hai risposto...»
«Mi avevi fatto una domanda?»
«Ti ho chiesto perché stavi sorridendo? Che ricordi hai della festa del Ringraziamento?»
Una morsa di gelo le serrò il petto. «Non stavo ricordando i bei tempi andati» ribatté, corrucciata. «Nel mio passato c’è ben poco che faccia sorridere.» Attenta, l’ammonì una vocina. «Vedi» continuò, «il mio passato si divide in due periodi: prima e dopo la partenza della mamma. Prima che ci lasciasse, le feste erano orribili: niente soldi, poco cibo, lei era spesso ubriaca, in casa c’era un viavai continuo dei suoi amichetti e io dovevo pensare a proteggere Pr...» Inorridita, si bloccò a metà della frase e tentò di mascherare le ultime lettere pronunciate con un colpetto di tosse. Santo cielo, era stata a un passo dal fare il nome della sorella! «A proteggere mia sorella» riprese. «Sai, mia madre era bravissima a farci sentire in colpa per la situazione tremenda in cui si trovava.» Jane era sicura che si sarebbe tradita in qualche modo. Diavolo, come le era venuto in mente di mettersi a raccontare di quei giorni infausti? «Dopo l’abbandono della mamma, le cose sono cambiate in meglio. I soldi continuavano a scarseggiare, non ce n’erano abbastanza per i pranzi speciali delle feste, però non dovevo più sopportare la vista della mamma ubriaca, o i suoi uomini, o il senso di colpa che lei mi instillava.» La bocca incurvata in un sorrisetto privo di allegria, scosse piano il capo. «Il primo Ringraziamento, dopo la partenza di mia madre, l’ho passato in ospedale. Al ritorno dal lavoro una macchina mi aveva investito: avevo delle lesioni interne e parecchie escoriazioni, ma la mia più grande paura era che i Servizi Sociali scoprissero che mia sorella era a casa da sola e la portassero via. Nessuno però fece domande sulla mia famiglia.» Jane aggrottò la fronte, la voce distante mentre proseguiva: «Quando scoprirono che ero una diciottenne che non aveva alcuna forma di assicurazione né denaro, mi curarono in fretta e mi dimisero. In meno di una settimana ero fuori». Sarebbe vissuta con le conseguenze di quell’incidente per il resto dei suoi giorni. Rendendosi conto che non avrebbe mai potuto liberarsi del passato, abbozzò un sorriso, mortificata dall’espressione che scorgeva nel volto di Greg. «Non è il caso che tu mi compatisca» lo avvertì. «Da quella prima, infelice esperienza, ho ringraziato ogni giorno il Signore per le cose belle che ho avuto dalla vita.»
«E sarebbero?»
Il calore della sua voce l’accarezzò come un abbraccio. «Gli sono grata per mia madre.»
Quella risposta lo colse alla sprovvista.
«Davvero» ribadì Jane. «Grazie a lei sono stata costretta a prendermi cura di me stessa sin da giovanissima. Sono indipendente e perfettamente in grado di cavarmela da sola in qualunque situazione. Se fossi cresciuta in un’altra famiglia, forse sarei meno forte.»
Greg le si avvicinò. Sotto il suo sguardo intenso, Jane ebbe la sensazione che il mondo sparisse intorno a loro: esistevano solo Greg e Jane.
«Sei davvero speciale, sai?» mormorò lui, sfiorandole la guancia con le nocche. «Ma ci sono volte in cui è un bene essere vulnerabili, bisognosi di aiuto. Quando si è in difficoltà, è bello poter contare su qualcuno.»
Era come se lui le leggesse nell’animo. Se non avesse fatto subito qualcosa per allentare l’intensità di quel momento, pensò Jane, non aveva idea di cosa sarebbe successo, di cosa avrebbe potuto dire, di cosa avrebbe potuto rivelare a quell’uomo meraviglioso. Alzò la mano e gli allacciò il polso con le dita. «Alcuni di noi, Greg, possono contare solo su se stessi.»
Il suo tentativo si risolse in un fallimento, perché l’espressione di lui si fece più profonda, più carica di significati. Senza proferir parola, Greg abbassò il capo e la baciò.
Colta di sorpresa, lei non poté fare altro che rimanere immobile. Be’, non proprio immobile. Si sollevò sulle punte e chiuse gli occhi, perdendosi nel turbine di sensazioni che la bocca di lui le trasmetteva.
Quel bacio era pieno di calore. E conteneva un messaggio chiarissimo: Greg le stava offrendo se stesso. Stava cercando di farle capire che poteva contare su di lui.
Quando si tirò indietro e la guardò, Jane provò un gran senso di vuoto. Non sapeva cosa dire, cosa fare...
«Ma... ma... ma...» La vocetta eccitata della bambina catturò all’istante l’attenzione di entrambi. «Ma... ma... ma... ma...» ripeté Joy agitando le braccine.
«Sembra che stia cercando di dirci qualcosa» osservò Greg, sorridendo tutto tronfio.
Jane, sopraffatta dall’emozione, non riusciva a staccare gli occhi dal visetto della nipotina. Sapeva che Joy non era consapevole di quello che stava balbettando, anche perché nessuno aveva mai pronunciato la parola mamma di fronte a Joy. Eppure sembrava che...
Lacrime cocenti le salirono agli occhi. Il destino le aveva giocato un brutto scherzo, ma il suo istinto materno era forte quanto quello di qualunque donna normale. E qualunque donna normale che amasse il proprio bambino si sarebbe commossa in un momento simile.
In tutta la sua vita Jane non aveva mai immaginato di sentirsi chiamare mamma. Non si era mai permessa di cullarsi in quella che era una fantasia irrealizzabile. Eppure, anche se sapeva che Joy in realtà stava semplicemente giocando con le sillabe, le era venuto un nodo in gola mentre la piccina le tendeva le braccia e pronunciava quei suoni meravigliosi.
«Ma... mmm... a!» gorgheggiò Joy, contenta. Poi allungò la manina e indicò il pavimento.
«Che c’è, tesoro? Cosa vuoi?» mormorò Jane, la voce rotta dall’emozione. «Oh, ti è caduto il giochino.» Si chinò a raccoglierlo, ma anziché darlo alla piccina lo mise via. «Quello è sporco» spiegò. «Vediamo se riusciamo a trovare qualcos’altro con cui giocare.»
Per qualche istante rovistò nella borsa. Aveva bisogno di un po’ di tempo per ritrovare il controllo. Cosa avrebbe pensato Greg, se si fosse accorto che si era commossa solo perché Joy l’aveva chiamata mamma?
Seguitando a parlare con la piccola, spinse avanti il carrello e l’attenzione tornò nuovamente agli acquisti per il pranzo del giorno del Ringraziamento.
Jane continuava a pensare a Greg, però. Quel bacio... Quello sguardo... Il muto messaggio che lui le aveva inviato... Il loro rapporto stava imboccando una direzione ben precisa, una direzione inaspettata.
Greg era stupendo. Dolce, comprensivo, sensibile: non esistevano parole per descrivere quanto fosse meraviglioso.
Gli gettò un’occhiata furtiva, poi guardò Joy. Che bella famigliola sembravano loro tre!
Una morsa di gelo le attanagliò il cuore mentre realizzava che non avrebbero mai potuto diventare una famiglia. C’era qualcosa che lo impediva.
Una grave, terribile menzogna.