7

La brina inargentava gli alberi e i cespugli quando Jane si svegliò, la mattina del Ringraziamento. Senza perder tempo, si alzò e cominciò a prepararsi. Era elettrizzata alla prospettiva di trascorrere la giornata con Greg e i suoi amici.

Dopo una rapida doccia, passò al vaglio il suo scarno guardaroba. La scelta cadde su un abito di lana rossa dalla linea semplice ma elegante. Vi abbinò calze e scarpe nere, quindi pensò al trucco: un tocco di mascara, un po’ di rossetto ed era pronta. Mentre si spazzolava i capelli, si osservò critica allo specchio e concluse che non era male. Era la prima volta che si trovava carina e la cosa la sorprese. Buffo come le attenzioni di un uomo potessero cambiare drasticamente il modo in cui una donna si vedeva, considerò avviandosi alla porta col sorriso sulle labbra.

«Wow!» esclamò Greg al suo ingresso in cucina. «Sei fantastica.»

Un’ondata di rossore le imporporò le guance e un fremito le percorse la schiena. Era una sensazione bella. «Grazie» sorrise. «Sono impaziente di conoscere i tuoi amici. Quando arriveranno?»

«Alle due.»

«Così tardi?»

«È tradizione mettersi a tavola nel primo pomeriggio e mangiare fino all’ora di cena» spiegò lui allegramente. «Così si può fare il bis di tutti i piatti.»

«Mi pare un’ottima trovata.» Qualunque tradizione le sarebbe andata bene. Avrebbe anche mangiato il tacchino a colazione, se era quello che Greg voleva. Era già meraviglioso per lei essere inclusa in quella festa della famiglia, non le importava altro. «Sarà il caso di cominciare a preparare il tacchino, che ne dici?»

«Certo. Ma prima beviamoci un bel caffè» propose Greg prendendo due tazze. Le riempì e gliene passò una, quindi si accomodò su una sedia. Mentre sorseggiavano il caffè discussero delle ultime notizie che lui aveva letto sul giornale. «Ne vuoi un’altra tazza?» le chiese infine.

«Ti ringrazio, ma non vedo l’ora di mettermi ai fornelli.» Gli lanciò un’occhiata esitante. «Non ti spiace, vero, se cucino io? Non ho mai preparato il tacchino del giorno del Ringraziamento. Come ti ho detto, quando ero piccola non c’erano abbastanza soldi per pranzi in grande stile. E da adulta, ero sempre al lavoro durante le feste.»

«Figurati» replicò lui, felice di concederle quell’onore. «Non mi spiace affatto. Se vuoi sporcarti le mani, chi sono io per impedirtelo?»

La sua risata le trasmise un’ondata di calore. Era così gentile e premuroso, così caro.

«Però devi aiutarmi» disse Jane. «Avrò bisogno di qualche piccolo aiuto, visto che non l’ho mai fatto prima. Voglio che il piatto forte della giornata sia commestibile.»

Greg inchinò leggermente il capo. «Sono al tuo servizio, mia bella signora.»

«Allora, forza, al lavoro.» Jane si alzò e andò a lavarsi le mani.

«Aspetta» la bloccò lui. «Ti do una mano.» Le tirò su la manica, in modo che non si bagnasse. Poi fece lo stesso con l’altra.

Era così vicino che Jane sentiva il suo meraviglioso profumo. Ogni volta che le sue dita le sfioravano la pelle le pareva di diventare sempre più sensibile al suo tocco. Il sangue le correva impetuoso nelle vene, il cuore le galoppava in petto. «Grazie» bisbigliò con voce arrochita. «Avrei dovuto pensarci io.»

«Be’, non puoi sempre pensare a tutto» obiettò lui, in un tono che le fece accelerare i battiti ancora di più. «Sei fantastica con noi. Joy è contenta e in salute. La casa brilla. E da quando sei arrivata tu, non ho più messo camici spiegazzati. Quindi mi fa piacere poterti essere utile. Anche solo tirandoti su le maniche.»

Il suo sorriso era così seducente che Jane fu costretta a distogliere lo sguardo. Lui, tuttavia, le mise la mano sotto il mento e la costrinse a guardarlo.

«Voglio che tu sappia che apprezzo molto quello che stai facendo qui» proseguì lui.

Jane faceva fatica a respirare. Avrebbe voluto perdersi nei suoi occhi e, al tempo stesso, sottrarsi al suo sguardo intenso, bruciante.

«Ora diamoci da fare» mormorò Greg strizzandole l’occhio.

Per un paio d’ore lavorarono fianco a fianco in perfetta sintonia.

«Dove hai imparato a cucinare?» chiese Jane mentre si sciacquava le mani e lui metteva in forno la grossa teglia col tacchino ripieno. «Credevo che gli scapoli andassero sempre a mangiar fuori.»

Lui le indirizzò uno sguardo inorridito. «Fare il pranzo del Ringraziamento al ristorante sarebbe un sacrilegio!»

Jane rise divertita. Si stava asciugando le mani quando un rumore proveniente dal monitor le segnalò che Joy si era svegliata. «La senti?» chiese a Greg.

Tutti e due ascoltarono per qualche istante i gridolini e le risatine della piccina, intenta a giocare da sola.

«Ha un carattere stupendo» osservò Jane, gli occhi che brillavano di orgoglio. Stava guardando il monitor per cui, quando Greg la baciò, rimase del tutto disorientata. Fu un baciò così rapido che aveva ancora gli occhi sgranati per la sorpresa quando lui si ritrasse.

«Vorrei poter dire che era per ringraziarti» sussurrò lui con voce calda, vellutata. «Perché ami mia figlia quanto l’amo io. Ma...» La fissò con uno sguardo intenso, bruciante, e concluse: «Ma sarebbe solo una mezza verità».

Poi uscì dalla cucina, lasciandola lì, eccitata e confusa come non mai.

Jane aveva sempre considerato enorme l’appartamento di Greg, ma con Travis, Sloan, le gemelle, Rachel e loro tre pareva sovraffollato. L’atmosfera, comunque, era meravigliosa. Le gemelle giocavano con Joy, gli adulti si godevano l’aperitivo conversando piacevolmente.

Jane era raggiante. Erano tutti così gentili con lei. La trattavano come fosse una di loro.

«Allora, Travis» disse Greg a un certo punto, «nessuna novità sul fronte adozione?»

«Sì» rispose l’amico illuminandosi in viso. «Il Consiglio ha richiesto un altro incontro. Non vorrei illudermi troppo, ma spero ardentemente di poter avere Jared e Josh con me entro Natale.»

«È bellissimo quello che stai facendo» intervenne Rachel. «Hai dedicato tanto tempo a quei due ragazzini... ti sei fatto in quattro per aiutarli. Non capisco proprio come mai non se ne rendano conto anche gli anziani di questo... comitato, o quel che è.»

Greg si rivolse a Jane. «Travis qualche anno fa si è adoperato perché i due bambini venissero operati al cuore. Si è tenuto in contatto con loro e adesso vorrebbe adottarli. Sono indiani della tribù Kolheek, come lo è lui per parte di madre, e spetta agli anziani della riserva decidere della loro sorte.»

«Sono due ragazzini stupendi e sarei fiero di poter essere il loro papà» ribatté Travis. Volse lo sguardo sui presenti. «La settimana prossima parto per la riserva.»

«Mi occupo io dei tuoi pazienti» si offrì Greg.

«Puoi contare anche su di me» aggiunse Sloan.

Jane si sentì scaldare il cuore. In tutta la sua vita non aveva mai sperimentato né visto un legame così forte. Era stata troppo occupata a sopravvivere per stringere amicizie vere, profonde.

«Papà?»

Sloan si voltò verso la figlia.

Quando erano arrivati, le tre ragazzine si erano presentate, ma si assomigliavano così tanto che Jane faceva fatica a distinguere Sydney da Sasha e Sophia.

Evidentemente Sloan non aveva questo problema. «Sì, Sydney?»

«Possiamo mettere lo smalto a Joy?»

«Assolutamente no!» La fronte corrugata, Sloan si alzò. «Non lo lascio mettere a voi, figuriamoci a una bimba di dieci mesi. Dove avete preso lo smalto?»

«Calmati, papà» replicò la ragazza tranquilla. «Se non vuoi, lasciamo perdere.» Si strinse nelle spalle. «Non è un problema.»

«Invece lo è, signorina, e grosso» la rimproverò lui. «Dammi quella boccetta.»

Con uno di quei sospiri melodrammatici che solo gli adolescenti sono in grado di fare, Sydney obbedì.

Jane vide che una delle gemelle faceva scivolare in tasca qualcosa, di nascosto dal padre. Un altra bottiglietta di smalto, pensò. Scoccò un’occhiata a Rachel e notò lo sguardo significativo che stava rivolgendo alla ragazzina. Il messaggio era: Mettila via, subito.

«Non mi hai ancora risposto, Sydney» disse Sloan. «Dove l’hai preso?»

«L’ho comprato coi soldi della paghetta.»

«Sloan...» intervenne allora Rachel, «ha chiesto a me il permesso. L’ha comprato quando siamo andate a fare shopping, la settimana scorsa.»

Un momento di teso silenzio calò nella stanza. «Non dovevate cercare solo quegli aggeggi per i capelli?»

«Mollette, papà» disse Sydney con un altro sospiro. «Si chiamano mollette. E non vedo perché non possiamo metterci lo smalto. Rachel mi ha fatto prendere un colore delicato, da ragazzine. Tra un paio di mesi compiamo tredici anni.»

«Sì, papà» intervenne una delle gemelle.

«Esatto» fece eco la terza.

Oh, pensò Jane. Dover trattare con una figlia adolescente era sicuramente un impegno difficile, figuriamoci con tre.

Sloan assunse un’espressione tipica da papà: sopracciglio inarcato, labbra serrate, sguardo arcigno.

Nessuna delle ragazze, però, parve intimidita.

«Le mie compagne di scuola lo mettono» insistette Sydney. «E usano anche il lucidalabbra.»

«Non mi interessa cosa fanno le altre» replicò lui severo. «E Rachel non avrebbe dovuto darti il permesso di comprare lo smalto, senza prima aver sentito la mia opinione.»

Rachel aveva l’aria di un cane bastonato. «Hai ragione...» sussurrò. «Mi dispiace veramente.»

«Non prendertela con lei» la difese Sydney battagliera. «Sta solo cercando di aiutarci a liberarci dalle tue grinfie.»

Gli occhi sbarrati in un silenzio inorridito, Rachel si portò una mano alla gola.

Jane provò un moto di simpatia per lei. Avrebbe voluto dire qualcosa per allentare la tensione, ma non conosceva abbastanza quelle persone per intromettersi.

Il cipiglio di Sloan si accentuò, mentre fissava la giovane figlia. «Non è questo il luogo per discuterne» dichiarò in tono calmo, ma fermo.

«Giusto» intervenne Greg. «Oggi si deve solo festeggiare. E credo che il pranzo sia pronto. Jane, fatti dare una mano ad apparecchiare. Io penso al tacchino e alla salsa.»

Jane si sentì sommergere da un’ondata di sollievo. Avrebbe baciato Greg per la naturalezza con cui aveva distolto l’attenzione di tutti da quella lite familiare. Ma dato che non poteva farlo davanti ai suoi amici, si accontentò di rivolgergli uno sguardo carico di gratitudine.

Lui le scoccò un sorriso sexy e si avviò verso la cucina, reclutando Travis lungo la strada. Jane, in procinto di spostarsi in sala da pranzo, assistette a qualcosa di straordinario.

Le tre ragazzine si erano raccolte intorno al padre e gli cingevano la vita. «Non essere arrabbiato con noi, papà» mormorò una di loro, guardandolo in viso.

«E non essere arrabbiato con Rachel» aggiunse un’altra.

La terza gli appoggiò la guancia sul braccio. «Ti vogliamo bene, papà.»

La tensione si dissolse con la stessa rapidità con cui era sorta.

Rachel si avvicinò al gruppetto. «Sono sinceramente dispiaciuta.»

Quella donna nutriva sentimenti profondi per Sloan, Jane lo capì dalla luce che brillava nel suo sguardo in quel momento.

«È tutto a posto» disse lui.

Gli occhi di Rachel ora esprimevano tenerezza, preoccupazione, partecipazione... Ma Sloan non se ne accorse, perché aveva già riportato l’attenzione sulle figlie.

«Vi voglio bene» stava sussurrando alle gemelle. «E non sono arrabbiato. Ho solo bisogno di sapere che... sto cercando di...» Sloan sospirò, visibilmente in difficoltà. «Credo che alla vostra mamma non farebbe piacere vedervi crescere... troppo in fretta.» Si schiarì la gola e continuò: «Non voglio pensare che possa rimanere delusa da come vi sto educando, guardandoci dal cielo».

Tutti distolsero lo sguardo quando lui menzionò la moglie defunta. Jane notò che la voce di Sloan si era incrinata e che gli occhi gli si erano riempiti di lacrime. E notò anche che Rachel si era improvvisamente incupita. Per quanto fossero evidenti i suoi sentimenti, Sloan sembrava ignaro di quello che la donna provava per lui e per le ragazzine.

Visto che Greg era già sparito in cucina con Travis, Jane toccò Rachel sul braccio. «Andiamo ad apparecchiare» mormorò offrendole un sorriso pieno di calore.

«Diamo una mano anche noi» disse Sasha. Prese in braccio Joy e con le sorelle e Rachel si spostò in sala da pranzo.

Mentre le seguiva, Jane non poté fare a meno di sentirsi rattristata per Sloan, rimasto solo con un dolore ancora troppo vivo e profondo.

Per fortuna, quando si misero a tavola, il clima era tornato festoso.

Prima di cominciare a mangiare, come tradizione, ognuno fu invitato a dire per cosa era grato quell’anno.

«Be’, anche se non c’è nulla di definitivo» iniziò Travis, «sono grato per aver avuto l’opportunità di adottare Jared e Josh. Mi auguro che siano con me per Natale.»

«Sarà così, ne sono certo» gli assicurò Greg.

Tutti gli altri annuirono incoraggianti.

«Io sono grata per il mio lavoro» mormorò Rachel. «E per il fatto che mi sopportiate durante le feste.»

«Senti, senti» ribatté Greg in tono scherzoso. «La nostra segretaria, di solito così fredda, capace e controllata, ha appena detto una grossa stupidaggine.»

Tutti quanti si unirono alla sua risata. E Rachel arrossì.

«Ti siamo grati per come gestisci lo studio» continuò Greg. «Non è vero, ragazzi?»

«Assolutamente» rispose Travis.

Sloan si limitò ad annuire e a sorridere.

Jane gli avrebbe dato un pugno in faccia per non aver approfittato dell’opportunità di fare un complimento a Rachel. Santo cielo, quell’uomo aveva gli occhi foderati di prosciutto!

«E non ti sopportiamo, Rachel» precisò Greg. «Tu sei una della famiglia. Giusto, amici?»

«Sì!» gridarono in coro le gemelle.

«Io sono grato per le mie meravigliose bambine» disse Sloan. «E tu, Sasha? Per cosa vuoi ringraziare?»

Prima che la ragazzina avesse il tempo di rispondere, una delle sue sorelle gridò: «Sasha è grata per il telefono».

«Sì» confermò la terza. «Pensavamo di cucirle il ricevitore all’orecchio per agevolarle le cose.»

Sophia e Sydney si scambiarono un’occhiata birichina e poi ridacchiarono.

«Be’, Sophia, sappiamo tutti che sei grata per Bobby Snyders» si vendicò Sasha.

La sorella ansimò inorridita.

«E Sydney è grata perché Rachel le ha promesso di accompagnarla a comprare un reggiseno» continuò Sasha imperterrita. «Anche se non ha ancora il seno.»

Sydney e Sophia erano mortificate. Sloan appariva interdetto e Rachel sulle spine.

Per evitare un altro momento di tensione, Jane intervenne. «Posso ringraziare anche io?»

Tutti gli occhi si volsero verso di lei.

«Sono grata di poter passare questa festa con Joy. Lei è... un faro di luce nella mia vita.» Si girò verso Greg e alzò il bicchiere. «A te, Greg, per avermi accordato il privilegio di essere la governante di tua figlia.»

Brindarono tutti, quindi Greg prese la parola. «Quest’anno credo di dover essere grato al cielo più di quanto lo sia mai stato» cominciò lentamente, la voce rotta dall’emozione. «Ho una figlia. Una splendida bambina che ha cambiato in meglio la mia esistenza. E per lei, per la mia Joy, ringrazio Dio dal profondo del cuore.»

«Ehi, stai diventando sentimentale» lo prese in giro Travis.

Sloan annuì e ben presto la conversazione si spostò su argomenti più leggeri.

Il tacchino riscosse grande successo, come il ripieno, le salse, le patate arrosto col burro, le verdure e i dolci. Mangiarono tutti di gusto e alcuni fecero il bis.

A un certo punto Greg prese la mano di Jane e le sussurrò: «Non ci sono parole per esprimere quanto ti sono grato per l’aiuto che mi hai dato».

Quello sguardo carico di affetto, quel tono complice, quel sorriso devastante... Jane ebbe la sensazione di toccare il cielo con un dito. «Grazie» mormorò, imbarazzata.

«Ragazzi, che ne dite di un bel caffè?» domandò Travis in quell’istante. «Mi offro volontario. Come me non lo sa fare nessuno.»

«È stata una giornata perfetta, non credi?»

Jane sorseggiava un bicchiere di vino davanti al caminetto. Il fuoco si era quasi spento, ma le braci ardevano ancora, proiettando una luce magica sulla stanza. Gli ospiti se n’erano andati da una mezz’oretta e Joy dormiva. I piatti erano stati lavati e la cucina riordinata, quindi non restava altro da fare se non ripensare alla bella riunione di quel giorno.

«Sì, perfetta» concordò Greg. «Ma ci divertiamo sempre in queste occasioni.»

«Mi piacciono i tuoi amici. Mi piacciono molto.»

Lo scintillio nello sguardo di Greg indicava che non aveva voglia di parlare di Travis, Sloan e Rachel. «È sempre bello quando ci riuniamo. Oggi però è stato davvero speciale, perché c’eri tu.»

Il bacio che le aveva dato in cucina quella mattina, gli sguardi che le aveva lanciato tutto il giorno, le parole di apprezzamento mormorate a tavola... tutto aveva contribuito a farla sentire veramente speciale.

Ma non dovresti sentirti speciale. Quel pensiero sgradito le si affacciò alla mente come un cupo nuvolone. Non puoi esserlo. Gli hai raccontato una bugia terribile, che lui non ti perdonerà mai, che nessuno ti perdonerà mai.

Nessuno? Jane era confusa. Da dove era venuta fuori quell’idea? Lei aveva mentito solo a Greg...

No, non era così, purtroppo. Aveva mentito a Rachel, settimane prima, per avere un appuntamento col dottor Hamilton. E aveva mentito a Travis, a Sloan e alle gemelle per tutto il giorno... lasciando che la credessero la governante di Joy.

Aveva coinvolto tutti nella sua rete di bugie. Tutti quanti ne sarebbe rimasti invischiati. Doveva dire la verità a Greg. Doveva parlare prima che...

Improvvisamente si sentì cingere le spalle e si ritrovò più vicina a lui.

«È stata una giornata perfetta perché c’eri tu a condividerla con me» mormorò lui in tono basso, vellutato.

Le sue attenzioni avevano riempito Jane di gioia, ma ora le avvertì come una minaccia.

Era sbagliato. Non poteva permettere che la loro relazione andasse oltre.

Diglielo. Digli la verità, le ordinava la sua coscienza. Tira fuori tutto quanto. Esci allo scoperto, ma avrebbe rovinato quella meravigliosa giornata, se avesse rivelato in quel momento la sua vera identità. Il ricordo che voleva portarne nel cuore sarebbe stato inquinato per sempre.

Domani, le suggerì a quel punto una vocina meno imperiosa. Glielo dirai domani, con calma, con delicatezza.

Sì, era la soluzione migliore.

«Sono molto stanca, Greg. Forse farei meglio ad andarmene a letto.»

Lui parve sorpreso. E ferito.

«Ascolta, dolcezza» ribatté togliendole il braccio dalle spalle. «Non è quello che credi. So che ti è giunta voce della mia... reputazione, però non è come pensi. Affatto. Devi credermi quando dico che...»

«Aspetta, Greg. Fermati.» Jane posò il bicchiere e si alzò. «Mi hai frainteso. Questo non ha niente a che fare con... Sono veramente esausta. Non potremmo parlare domani?»

«Va bene» replicò lui, alzandosi a sua volta.

Jane si accorse che stava facendo del suo meglio per nascondere la sofferenza che gli causava quel rifiuto e lo sconcerto per il repentino cambiamento di umore.

Perché non avrebbe dovuto essere confuso?, ragionò lei. Aveva incoraggiato le sue avances, le sue tenere occhiate significative, con silenziosi messaggi altrettanto eloquenti. E ora lo respingeva. Con una scusa. Con altre bugie.

Purtroppo la fantasia si era spinta troppo oltre. Greg era divenuto importante per lei. Ed era quasi certa di essere diventata importante per lui. Ora tutti e due avrebbero sofferto. La sua confessione avrebbe procurato a entrambi un grande dolore.

«Ma prima che scappi via...» continuò lui avvolgendole il braccio con le sue dita calde e forti, «... voglio che tu sappia che... be’, che ti ammiro. E non solo perché sei così fantastica con Joy. C’è di più. Molto di più. Ora che ti conosco meglio...» Si interruppe, come stesse cercando le parole giuste per esprimere ciò che provava. «Significhi molto per me, Jane» concluse, dopo aver tratto un profondo respiro.

Lei aveva il cuore che le martellava in petto.

Doveva riflettere, doveva dirgli la verità... ma come?

«Ne parliamo domani» ripeté, pressata dal bisogno di allontanarsi da lui. «Te lo prometto.»

Poi gli augurò la buonanotte e lo lasciò lì da solo a contemplare le braci che andavano lentamente morendo nel caminetto.

Aveva appena chiuso la porta della camera, quando sentì suonare il campanello di casa.