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Stretta tra le braccia forti e protettive di Sloan, Rachel si sentiva in paradiso. La musica lenta li avvolgeva nel ritmo più sensuale che si potesse immaginare.

Conosceva Sloan da anni, quindi non erano mancate le occasione di stare vicini. Lei era la madrina delle sue figlie. Era stata la migliore amica della sua defunta moglie. Lo aveva aiutato a curare Olivia finché era sopraggiunta la fine. E lavorava con lui tutti i giorni nello studio medico. Supponeva dunque che la considerasse sua amica, anche se lei avrebbe voluto essere molto di più. Per via di quell’amicizia passavano quasi tutte le feste insieme. C’erano abbracci ai compleanni e baci a Natale, fugaci espressioni di affetto che venivano consumate in un battere di ciglia.

Solo una volta avevano ballato un lento. Al matrimonio di Sloan, tanti anni addietro, si era trovata tra le sue braccia ed era stato il momento più orribile che avesse mai vissuto. Ancora adesso, se chiudeva gli occhi, rivedeva il volto tirato di lui, la mascella contratta, lo sguardo cupo. Aveva provato pena per lui e rabbia nei confronti di Olivia e delle sue macchinazioni. Nessuno meritava il trattamento che aveva riservato a Sloan...

La mano di lui le scivolò nell’incavo della schiena e Rachel avvertì un ben noto sfarfallio alla bocca dello stomaco. Detestava quell’assurda reazione da adolescente che sperimentava ogniqualvolta era vicino a Sloan. Pensava che sarebbe andata svanendo col tempo, specie dal momento che non era ricambiata, ma le emozioni che la sua vicinanza evocavano in lei erano rimaste inalterate nel tempo.

Lottare contro i sentimenti era stato impossibile. Ci aveva provato. Ignorandoli, soffocandoli... ma niente aveva funzionato. Niente. Così aveva deciso semplicemente di sopportarli in silenzio.

Le dita di Sloan si muovevano sulla sua schiena. Rachel era così conscia del suo tocco... Era una situazione così strana... Il calore della sua pelle attraverso la stoffa le faceva accelerare i battiti. Tuttavia fece del suo meglio per concentrarsi sui movimenti e non pestargli i piedi. Sarebbe stato imbarazzante.

D’un tratto avvertì tangibilmente il suo sguardo su di sé. La fissava intento, come se volesse farle alzare gli occhi. Tentò di sopprimere le emozioni, ma come sempre non ci riuscì. Lentamente alzò il viso... e di colpo si perse negli occhi scuri e profondi di lui.

Perché doveva essere così bello? Perché i suoi occhi avevano quell’irresistibile sfumatura marrone che ricordava il cioccolato fondente? Perché aveva quel profumo così sexy, che faceva pensare a una calda e misteriosa notte tropicale? Rachel scosse impercettibilmente il capo mentre cercava di allontanare dalla mente quelle sciocche fantasie.

Ma il taglio dell’abito accentuava le spalle ampie e possenti di lui. La cravatta era elegantissima sulla camicia candida. Come poteva una donna restare indifferente a un uomo così affascinante?

Fu allora che lo notò. Lo strano luccichio che brillava negli occhi di Sloan.

«Hai l’aria di uno che sta architettando qualcosa» mormorò. «A cosa pensi?»

Lui alzò leggermente le spalle mentre la guidava con abilità lungo la pista. «Stavo riflettendo.»

«A che proposito?» gli domandò incuriosita.

Per un attimo ebbe l’impressione che Sloan non intendesse rispondere. Ma poi lui sorrise, un sorriso che le mozzò il respiro in gola.

«Mi stavo chiedendo perché una bella donna come te non si sia mai sposata. Come mai non ti sei trovata un marito, Rachel?»

Sbalordita dalla domanda, lei perse la concentrazione e gli pestò un piede. «Oh, Signore» mormorò subito confusa. «Mi dispiace.»

«Nessun problema» rispose lui ridacchiando.

Rachel era rossa come un peperone. Non avrebbe saputo dire se per via della propria goffaggine o per l’idea di dare la vera risposta alla domanda che lui le aveva posto.

Per anni, dopo che Olivia si era sposata, Rachel aveva fatto il possibile per incontrare un uomo che catturasse la sua attenzione e la distogliesse dal marito della sua più cara amica. Era uscita con molti uomini, ma nessuno di loro aveva retto il confronto con Sloan. Cominciava a pensare che fosse un’impresa disperata, quando Olivia si era ammalata e aveva avuto bisogno di lei. Poi, dopo la sua morte, aveva dovuto aiutare le gemelle a superare il trauma del grave lutto che le aveva colpite. Era stato così che, a poco a poco, l’idea di cercare l’anima gemella era passata in secondo piano. Il lavoro e il tempo che trascorreva con Sydney, Sasha e Sophie bastavano ad appagarla.

Non era scontenta della propria esistenza, tra lo studio e le ragazze aveva una vita piena. Doveva però riconoscere che le notti erano troppo solitarie e vuote. Naturalmente non lo avrebbe mai ammesso con Sloan. Piuttosto sarebbe morta.

«Allora?» la incalzò lui gentilmente.

Oh, Dio, aiutami, pregò Rachel tra sé. Sloan pretendeva una risposta. «Non ho incontrato l’uomo giusto» rispose con fare disinvolto. «Non ancora.»

In effetti l’uomo giusto lo aveva trovato da tempo, ma visto che non la ricambiava, non c’era nulla che lei potesse fare in proposito.

Mentre rifletteva sui sentimenti che nutriva per Sloan, si sentì travolgere dal senso di colpa. Una sensazione che le era familiare, purtroppo. Non aveva il diritto di provare qualcosa per lui. Nessun diritto.

In quell’attimo la musica s’interruppe e Sloan la lasciò.

Immediatamente dopo, le note di un twist si diffusero nella sala.

Sloan incurvò le labbra in quel suo sorrisetto incantevole che aveva il potere di stregarla.

«Cosa ne dici? Ci buttiamo?»

Il tono era così gioviale che Rachel non poté che accettare l’invito con un’allegra risata. Il senso di colpa svanì nel momento stesso in cui incominciò a muovere i fianchi al ritmo della musica. I ragazzi, che avevano disdegnato i lenti, sciamarono come api sulla pista.

Sloan si muoveva con agilità sorprendente per un uomo della sua statura. Si produsse in virtuosismi che la lasciarono di stucco e la sfidò con gli occhi a imitarlo.

A un certo punto la prese per mano e continuarono a ballare con le dita intrecciate.

«Ti ha mai detto nessuno che sei un ballerino fantastico?» gli chiese Rachel ridendo e seguendolo in ogni passo.

«Sono un po’ arrugginito» ribatté Sloan. «Ma mi sto divertendo da matti.»

Rachel assentì. «Anch’io.»

«Spero che le ragazze non pensino che mi sto comportando da stupido» osservò Sloan, le labbra incurvate in un sorriso birichino.

«Sono troppo impegnate a ballare!» Lei rise di rimando. «Probabilmente non si sono nemmeno accorte che siamo qui anche noi.»

Giusto in quel momento il twist terminò e le note di un altro lento riempirono la sala.

«È un bene che non se ne siano accorte» disse Sloan tirando Rachel a sé, «perché avevo dimenticato quanto possa essere divertente scatenarsi in un twist.»

La stanza di colpo le parve farsi troppo piccola, l’aria irrespirabile.

Rachel pensò che aveva le guance arrossate e il fiato corto per il gran dimenarsi e ridere di poco prima, ma qualcosa le diceva che non era esattamente così.

Era la sua immaginazione o Sloan la stava tenendo più stretta di quanto avesse fatto durante il primo lento della serata?

Era così vicino. Troppo perché lei potesse sentirsi a proprio agio. Tuttavia quel disagio era delizioso. Era pura estasi.

A un passo dal lasciarsi travolgere dalle emozioni, alzò il viso verso di lui e sorrise cercando di tenere desta l’allegra complicità che il twist aveva instaurato tra loro. Ma negli occhi di Sloan non trovò divertimento o gaiezza. La sua espressione era... intensa. Non l’aveva mai guardata in quel modo prima di allora.

Rachel si sentì afferrare dall’ansia e, di colpo, ebbe la certezza di avere dimenticato come si faceva a respirare. Se Sloan avesse continuato a fissarla, era certa che sarebbe svenuta per mancanza di ossigeno.

«Non dovresti passare la notte di Capodanno a una festa di ragazzini» mormorò Sloan. «Dovresti essere in qualche posto romantico. Coccolata da un uomo che è pazzo di te. Meriti molto più di questo, Rachel. Molto di più.»

Quelle parole le toccarono il cuore. Sloan era così dolce... Come quei costosi cioccolatini d’importazione di cui non se ne aveva mai abbastanza.

Un sorriso le incurvò gli angoli della bocca. «Ma è esattamente qui che voglio essere» ribatté senza pensarci.

Si stupì per prima della sincerità di quell’affermazione e del tono appassionato della propria vo ce. Come aveva potuto rivelare così tanto di sé?

Il suo tono sensuale comunque non parve produrre lo stesso effetto su Sloan. Lungi dall’essere sorpreso, ora le guardava la bocca come stregato. Lentamente, sollevò una mano a sfiorarle la guancia con il dorso, poi le prese il volto tra le mani.

Oh, Signore. Stava per...

Un istante dopo Sloan la baciava rapito. D’istinto Rachel gli si appoggiò contro, ma prima che avesse il tempo di reagire, di assecondarlo, lui scostò il viso interrompendo il bacio.

Ora sì che appariva sbalordito. Lo sbigottimento che aveva dipinto in faccia era così assoluto, così identico a quello che provava lei, che Rachel quasi boccheggiò. Non solo avevano smesso di ballare, ma si erano scostati l’uno dall’altro mentre si fissavano increduli.

Rachel aveva le guance in fiamme e il cuore che batteva così forte da coprire la musica. Entrambi si guardarono intorno rapidamente per vedere se qualcuno li stesse osservando.

«Le ragazze» mormorò Sloan preoccupato gettando un’occhiata in tutte le direzioni.

Nessuno, né i ragazzini né gli adulti, sembrava prestare loro attenzione. Anche la loro ospite, Virginia, era completamente assorbita dai suoi compiti di padrona di casa.

«Credo che non ci siano problemi.»

Sloan bisbigliò quelle parole con evidente sollievo mentre riportava lo sguardo su di lei. Poi sul suo volto passò un’ombra di sgomento.

«Non che mi senta in imbarazzo...»

Rachel scosse il capo. «Tutto bene. Capisco.»

Lui la guidò verso un angolo relativamente tranquillo del salone. Quando si voltò a guardarla era chiaramente a disagio.

«Chi sto prendendo in giro?» disse. «Sono terribilmente imbarazzato, Rachel. Come ho potuto permettere che succedesse una cosa del genere?»

Lei avrebbe preferito che non si scusasse. Quel bacio era stato meraviglioso. L’aveva colta di sor presa, certo, ma era stato comunque... magico.

«Mi perdoni?» continuò lui. «Non so cosa mi abbia preso. Mi dispiace. Non riesco proprio a immaginare...»

«Sloan... per favore.»

A ogni parola di scusa, Rachel sentiva crescere il tormento.

«Era tanto che...» Sloan scrollò la testa, «... che non mi divertivo con qualcuno. È passata un’eternità dall’ultima volta che ho ballato con una donna.» Si strinse nelle spalle. «Puoi perdonarmi, Rachel? Sono tremendamente dispiaciuto.»

La pena di lei aumentò.

Possibile che Sloan non capisse cosa le stava facendo profondendosi in quelle scuse?

Non capiva perché lei non glielo lasciava capire, si disse. Non voleva perdere la sua dignità.

Non dopo un breve bacio senza importanza, comunque.

Chiudendo gli occhi, si sforzò di non pensare quanto significato quel bacio avesse per lei.

«Sul serio» ripeté Sloan.

La tensione tra loro divenne insostenibile.

Per fortuna, proprio allora il disc jockey annunciò: «Pronti per il conto alla rovescia? Mancano solo cinque secondi. Quattro, tre, due, uno... Buon anno a tutti!».

Un’esplosione di bottiglie stappate, risate e grida salutò il nuovo anno. Tutti si baciavano e abbracciavano felici.

Ma era come se una nube nera fosse scesa su Rachel e Sloan. Se ne stavano in disparte, pieni di rammarico, del tutto estranei alla gioia che li circondava.

Rachel avrebbe ricordato quella festa come la più bella e al tempo stesso la più triste della sua vita. La più bella per quei lenti che aveva ballato con Sloan e per il bacio che si erano scambiati. La più triste perché non c’erano dubbi che Sloan avrebbe voluto cancellare del tutto quel bacio.

Il primo giorno lavorativo del nuovo anno era terso e freddo.

Rachel aprì la porta dello studio e accese le luci via via che passava accanto alle varie stanze. Le piaceva arrivare con una mezz’oretta buona di anticipo. Le dava modo di preparare il caffè nella saletta ristoro, di sbrigare la corrispondenza e di accertarsi che i moduli per le richieste di nuove forniture fossero a posto.

Adorava dirigere lo studio di Sloan. Be’, era anche lo studio di Travis e Greg. Quel lavoro era praticamente la sua vita. Quello e le gemelle.

Avevano passato il primo giorno dell’anno insieme, a casa di Travis Westcott.

I gemelli Kolheek che Travis aveva adottato, Josh e Jared, avevano ricevuto i loro nomi indiani durante la cerimonia officiata dalla guaritrice della tribù, Diana Chapman. Il rituale aveva affascinato Rachel. Ai bambini, come pure a Travis, per metà indiano Kolheek, era stato dato un nome suggestivo, adeguato alle rispettive personalità.

Diana era apparsa serena e bellissima nell’abito cerimoniale di daino bianco con le splendide decorazioni di perline colorate. Davanti al fuoco che era stato acceso nella capanna, i suoi lunghi capelli corvini parevano un manto di luce.

E non era stato solo il fuoco a scaldare la serata. Durante la cena offerta dopo la cerimonia, Rachel aveva notato che c’era una forte attrazione tra Diana e Travis.

Anche Jane e Greg, gli sposini del gruppo, erano così presi l’uno dall’altro che non si erano accorti della tensione tra lei e Sloan. Meglio così, si era detta Rachel. Non voleva che i colleghi di Sloan si mettessero in testa strane idee su di loro.

Tuttavia le gemelle avevano registrato qualcosa di anomalo. Sophie le aveva chiesto se lei e Sloan avessero litigato. Rachel l’aveva sviata domandandole se Bobby avesse avuto il coraggio di baciarla la sera prima.

A quel punto Sophie aveva dimenticato i suoi sospetti e si era lanciata in una descrizione entusiastica e sognante dell’esperienza. Alla fine era diventata così melodrammatica che lei l’aveva presa in giro accusandola di essersi fatta dare lezioni di recitazione da Sasha. Le aveva poi chiesto se si sarebbe mai più lavata il viso, dopo il bacio di Bobby. La ragazzina sulle prime si era risentita, ma aveva finito per riderci sopra insieme a lei.

Quelle risate avevano contribuito a rendere me no pesante la serata. Sloan sarebbe stato un pessimo giocatore, perché non era per nulla bravo a dissimulare le emozioni. Come lei, anche tutti gli altri dovevano avere notato che era tesissimo.

In più, l’aveva evitata per tutta la sera e in un gruppo così ristretto la cosa non doveva certo essere passata inosservata.

Travis varcò la soglia dello studio giusto mentre Rachel stava accendendo il computer.

«Buongiorno» lo salutò. «Sei parecchio in anticipo, questa mattina.»

Lui sorrideva raggiante. «Sono pronto a mettermi al lavoro.»

«Fantastico» ribatté lei sorridendo a sua volta. «Un medico che aspetta i pazienti. Non si era mai visto nulla del genere.»

Ridacchiando, Travis appoggiò le mani sulla scrivania e si protese in avanti.

«Posso metterti a parte di un segreto?»

«Adoro i segreti.»

«Diana e io abbiamo raggiunto... un accordo» le rivelò visibilmente felice.

Non essendo sicura di cosa volesse intendere, Rachel rimase in attesa augurandosi che chiarisse meglio.

«Non torna alla riserva» proseguì lui. Il sorriso si fece più largo e smagliante. «Le ho chiesto di sposarmi e lei ha accettato.»

«Oh, Travis!» Rachel fece il giro della scrivania e lo strinse in un abbraccio caloroso. «È davvero meraviglioso!»

In quel momento arrivò Greg.

«Santo Cielo, si sono alzati tutti presto stamattina!» Rachel rise. «Hai sentito la bella notizia? Travis e Diana si sposano. Tra poco non sarete gli unici sposini qui.»

«Congratulazioni!» esclamò Greg stringendo vigorosamente la mano dell’amico e circondandolo poi in un abbraccio cameratesco. «A quando il lieto evento?»

«In primavera» rispose Travis. Quindi si rivolse a Rachel. «Diana vorrebbe che l’accompagnassi a fare acquisti. È nuova di qui, lo sai, e sarebbe carino se le facessi conoscere la città.»

«Con molto piacere» replicò Rachel. «E credo che Jane sarà lieta di unirsi a noi.»

«A proposito di Jane» disse Greg. «Stavo aspettando i risultati delle analisi.»

«Eccole.» Rachel prese una grossa busta e gliela porse.

«Grandioso!» esclamò lui mentre scorreva rapidamente i referti. «Sentite qui...»

Una folata di aria fredda precedette Sloan nell’ufficio. «Greg. Travis» salutò con un breve cenno del capo. «Messaggi per me, Rachel?»

Diamine... non riusciva nemmeno a guardarla in faccia. Rachel si affrettò alla sua scrivania, le guance rosse per l’imbarazzo. Di certo Travis e Greg avrebbero rilevato la stranezza del comportamento dell’amico e collega.

Raggiunto lo schedario con i messaggi raccolti dal servizio segreteria, ne estrasse la scheda di Sloan e gliela passò oltre la scrivania.

Lui non la ringraziò neanche. Proseguì verso la sua stanza e si chiuse la porta alle spalle.

«Cosa gli prende?» domandò Travis stupefatto.

«Cosa vuoi che ne sappia?» rispose Rachel sulle difensive.

Subito dopo arrossì come un peperone.

Greg e Travis, infatti, si voltarono verso di lei simultaneamente.

Rachel gemette tra sé. Se non fosse stato il comportamento di Sloan a dare il via ai pettegolezzi, sarebbe stato il suo. Soprattutto dal momento che la domanda di Travis era rivolta a Greg, non a lei.

Doveva risolvere la questione, decise. Subito. Non era tipo da amare i confronti, ma se non avesse parlato con Sloan al più presto tutti in studio avrebbero cominciato a fare congetture, a chiacchierare.

«Volete scusarmi?» disse dunque facendo del suo meglio per mantenere la calma. «Mi devo occupare di una cosa.»

I due uomini annuirono consapevoli.

Mentre si avviava in corridoio, Rachel non ebbe difficoltà a immaginarli nell’atto di scambiarsi uno sguardo incuriosito.

Stava diventando paranoica, realizzò. Ragione di più per parlare con Sloan, si disse. Sino a quella mattina l’ambiente di lavoro era stato stupendo, non voleva che la situazione cambiasse.

Bussò alla porta di Sloan e, senza attendere risposta, entrò.

«Vuoi darci un taglio?» sibilò andando subito al dunque. «Mi rendo conto che ti rammarichi di avermi baciato, ma è stato solo un bacio, santo cielo! Non ci siamo rotolati nudi su quella dannata pista da ballo. Smettila di sentirti in colpa! Si è trattato di un banalissimo bacio. Non ha significato nulla. Non voglio che si creino voci sul comportamento che hai nei miei confronti. Che comincino a dire che mi tratti come un’appestata o roba del genere. Dobbiamo lavorare insieme, ricordatelo. E non siamo le uniche due persone in questo studio!»

Con ciò, girò sui tacchi e uscì dalla stanza lasciandolo lì a fissarla allibito.