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Verso la fine di quella settimana, Sloan sedeva alla sua scrivania riflettendo su come cambiavano le cose e le persone.

Nei due mesi passati i due amici avevano trovato l’amore. Greg irradiava felicità da quando Jane e Joy erano entrate nella sua vita. Travis pareva camminare a due metri da terra da quando aveva chiesto a Diana di sposarlo.

Avendo fatto l’università con i due uomini e lavorando con loro nello stesso studio, li conosceva molto bene. Tuttavia non riusciva a capacitarsi di come avessero potuto innamorarsi in un lasso di tempo così breve. Oh, era contento che fossero felici. Ma gli era parso che lo fossero anche da scapoli, che loro tre se la cavassero a meraviglia pure da soli, senza le complicazioni di un coinvolgimento sentimentale.

Be’, nessuno e niente, ragionò, restava lo stesso per sempre.

Il che valeva anche per le sue figlie. La fase di cambiamento che stavano attraversando le gemelle era sbalorditiva. Il periodo dell’adolescenza sarebbe stato per lui un vero inferno. Le ragazze stava no diventando più ribelli di giorno in giorno. Si lamentavano di continuo, erano egocentriche, esigenti, insofferenti. Aggettivi che probabilmente, bisognava riconoscerlo, si adattavano a qualunque ragazzino della loro stessa età. Questo, tuttavia, non gli era di alcun conforto. Si sentiva costantemente sotto pressione con loro.

Sì, stava cambiando tutto. Persino il suo rapporto con Rachel stava subendo una strana, ma netta trasformazione. Non era in grado di spiegarne il perché, ma c’era stata una svolta stupefacente nel modo in cui la vedeva e in cui pensava a lei.

Rachel era la migliore amica di Olivia già da prima che le conoscesse. In tutti quegli anni non era mai riuscito a capire come potessero essere così legate. Erano diverse come il giorno e la notte. Rachel era cresciuta in una famiglia che lottava per tirare avanti, mentre il padre di Olivia aveva messo insieme una vera fortuna con le sue imprese commerciali. Rachel adorava studiare, ma non avendo mezzi si era dovuta accontentare di scuole mediocri. Olivia, che avrebbe potuto affrontare le spese di qualunque università, non era mai stata interessata allo studio. Dopo avere incontrato lui, non aveva fatto altro che metterlo alle corde per farsi sposare, avere una bella casa e dei bambini.

Sloan chiuse gli occhi, la fronte aggrottata. Come sempre, quando pensava alla moglie defunta veniva sommerso da una moltitudine di cupe e complesse emozioni: risentimento, senso di colpa, rabbia, rimpianto. Si sforzò di dominarle.

Al momento voleva concentrarsi sul suo rapporto con Rachel e su come ultimamente fosse cambiato.

Gli sarebbe piaciuto poter dire che non l’aveva mai considerata altro che la più cara amica di sua moglie e la madrina delle sue bambine, ma sarebbe stata una bugia. Quando l’aveva conosciuta, aveva provato molta ammirazione per lei. Era così determinata a terminare gli studi, ad avere successo nella vita... Si era anche sentito attratto da lei, ma all’epoca aveva già cominciato a uscire con Olivia e un gentiluomo non si sarebbe mai messo tra due amiche.

Di nuovo si ritrovò alle prese con i sensi di colpa. E non ne capiva il motivo.

Non aveva assecondato la sua inclinazione. Diavolo, non aveva nemmeno avuto il tempo di considerare con maggior attenzione ciò che sentiva per Rachel... In un batter d’occhio il destino, e la sua scarsa capacità di giudizio, avevano dato una svolta decisiva alla sua esistenza; si era ritrovato sposato con Olivia e padre di tre gemelle.

Aveva fatto la cosa giusta. Assumersi le proprie responsabilità era stata l’unica scelta. Dopo il matrimonio era stato troppo occupato a provvedere ai bisogni della famiglia per preoccuparsi d’altro. Poi, quando era ormai arrivato alla deprimente conclusione che quello che gli stava davanti era un futuro tutt’altro che roseo, fatto d’interminabili giorni passati a etichettare provette in laboratorio per uno stipendio miserevole, Olivia lo aveva spinto a tornare all’università. Il resto era storia.

Quando sua moglie si era ammalata, lui aveva già finito il tirocinio e stava avviando lo studio con Greg e Travis.

Grazie al cielo, c’era stata Rachel a dargli una mano con la moglie e le bambine. Se lui era in studio, lei si occupava di Olivia e viceversa. Senza Rachel non ce l’avrebbe mai fatta a superare quel periodo orribile. E dopo la morte di Olivia... Be’, era stata meravigliosa con le gemelle.

Quella donna era stata un vero dono di Dio.

Anche adesso che le ragazze stavano entrando nell’adolescenza stava loro vicino offrendo sostegno e aiuto. Gliene era immensamente grato.

Rimasto vedovo, aveva concentrato le sue energie sull’educazione delle bambine e sul lavoro. Non aveva avuto il tempo di venire a patti con il dolore o con le confuse emozioni associate a Olivia. Proprio per via di queste emozioni non aveva osato permettersi di considerare Rachel se non come una cara amica per lui e le sue figlie.

Tuttavia, dopo averla vista con quell’abito da sera aderente e sexy, dopo averla tenuta tra le braccia e avere baciato la sua bocca morbida e voluttuosa...

Deglutì penosamente mentre sedeva nella quiete assoluta della stanza. Quella sera passata con lei aveva cambiato tutto.

Tutto.

Ogni volta che erano insieme l’atmosfera si caricava di elettricità. L’aria diveniva densa, pesante, al punto che aveva la sensazione di non riuscire più a respirare. In vita sua non aveva mai sperimentato nulla di simile.

Doveva affrontare la realtà.

La scintilla di attrazione che un tempo aveva provato per Rachel si era riaccesa.

Ma non si trattava più di una semplice scintilla.

Era ormai un incendio di proporzioni immani, qualcosa che gli risultava impossibile spegnere.

Rachel ebbe un attimo di esitazione prima di bussare alla porta di Sloan. Era sempre riluttante ad avvicinarlo, e non perché non volesse stare con lui, ma perché aveva paura che il suo desiderio di stargli vicino divenisse evidente per tutti, lui compreso.

Un’infermiera in camice rosa le passò accanto e la salutò con un cenno. Rachel ricambiò il sorriso con imbarazzo, conscia di essere stata sorpresa a indugiare fuori dalla stanza di Sloan.

Era per via di quel dannato bacio che ultimamente si sentiva così a disagio. Era sempre stata attenta a nascondere ai colleghi i suoi sentimenti per Sloan, ma prima non era mai stata così paranoica. Ora arrossiva ogni volta che qualcuno le lanciava un’occhiata o le sorrideva.

Senza indugiare oltre, batté qualche colpetto alla porta ed entrò.

Sloan aveva appena finito di telefonare. Il suo cipiglio la impensierì.

«Tutto a posto?» chiese automaticamente.

Lui, sospirando, scosse la testa. «No. Temo di no.» Con un cenno indicò il telefono. «Era il preside della scuola. Le ragazze oggi pomeriggio devono fermarsi a scuola dopo le lezioni. Sono state sorprese a fumare nella sala ricreazione e questa settimana è la terza volta che succede. Il signor Harris non ha mosso accuse precise alle gemelle, ha detto solo che nella sala c’era un fumo che si tagliava con il coltello. C’erano altri studenti con loro. Tutti quanti dovranno assistere a una lezione sui danni provocati dalle sigarette.» Di nuovo sospirò. «Ma cosa succede? Cosa sta capitando alle mie ragazze?»

«Oh, Sloan» mormorò Rachel in tono di commiserazione sedendosi davanti alla scrivania. «Non me le immagino proprio a fumare. È un’abitudine deplorevole. Ma se...» Si strinse nelle spalle. «Be’, anche se lo hanno fatto, è normale per un adolescente provarci, no?»

«Il loro padre è un medico, Rachel» ribatté lui. «Conoscono bene i rischi legati al fumo. Sanno che ho perso dei pazienti per cancro ai polmoni. Sono ragazzine intelligenti. Proprio non capisco.»

«Sono d’accordo con te, sono intelligenti. Ma sono delle adolescenti. I ragazzi non pensano di potersi ammalare. Si sentono invincibili, forti. Vivono alla giornata. La malattia è qualcosa che riguarda i vecchi come te e me.» Rachel sorrise, nel tentativo di sollevargli l’umore, ma il sorriso le svanì dalla labbra quando vide che Sloan restava serio. «Andiamo» aggiunse dolcemente. «Non è la fine del mondo. Obbligale a ripulire la loro stanza. Meglio ancora, impedisci loro di andare al centro commerciale questa settimana. Dovrebbe essere una bella lezione.» Ancora una volta gli sorrise. «Mettiamola in questi termini: dovresti essere contento che le abbiano scoperte. Ora che sai cosa sta succedendo, puoi correre ai ripari.»

La bocca di Sloan era serrata in una linea dura, amara. «Il problema è che ultimamente non sono molto bravo a trattare con loro. E non penso che la mia reazione alle loro intemperanze sia quella che dovrebbe avere un buon padre. Un padre comprensivo.»

Rachel inarcò le sopracciglia, sorpresa. «Non dirai sul serio? Tu sei un padre meraviglioso. Voglio dire... non ho figli e quindi non sono autorizzata a parlare... ma se dovessi averne... vorrei che fossi tu il loro padre.»

Santo Cielo, come aveva potuto dire una cosa del genere?, si chiese sbalordita dalle sue stesse parole. «Quello che intendo dire» si affrettò a correggersi, «è che farei dei figli con te senza...»

No, no, no!, gridava una vocina nella sua mente. Quel commento aveva solo peggiorato le cose. «Volevo dire che... che sei un buon padre, Sloan. Ami le tue bambine. Fai del tuo meglio con loro. Nessuno potrebbe affermare il contrario.»

Sloan sembrava sorpreso da quel complimento. «Grazie, ma...» Scrollò piano il capo, «non tutti mi darebbero la loro approvazione.» In tono velato di rammarico, aggiunse: «Olivia sarebbe delusa».

Il cuore quasi le si spezzò quando sentì quelle parole. Di colpo Rachel sollevò il mento con determinazione. «Sai una cosa, Sloan? Olivia non è qui.» E in fretta sottolineò: «Ci sei tu».

Le parve di cogliere un che di accusatorio nel proprio tono e il senso di colpa nei confronti di Olivia tornò a farsi sentire. Tuttavia lo mise a tacere, perché voleva incoraggiare Sloan.

«Stai facendo del tuo meglio» ripeté in tono convinto. «Da sempre.»

Lui mormorò un ringraziamento, poi chiese: «Ma basterà? Sarà sufficiente ad aiutare le ragazze a uscire indenni da questa fase critica della vita?».

«È questo tutto ciò che può offrire un genitore: il meglio di sé. Inoltre questo periodo sarà molto più traumatico per te che per loro. Ma voglio ricordarti che non sei solo. Hai me.»

Ecco, ancora una volta aveva aperto bocca senza prima pensare a quello ne sarebbe uscito...

Rossa d’imbarazzo, si alzò.

«È meglio che torni al lavoro» disse avviandosi alla porta.

«Rachel» la chiamò Sloan.

Lei si voltò.

«Cosa volevi? Sei venuta qui per parlarmi di qualcosa, no?»

Rachel rise, visibilmente a disagio. «Oh, certo. Sono così stupida a volte. Mi dimentico le cose. Volevo dirti che la signora Lawrence non ha ancora saldato. Sono sei mesi ormai che deve quei soldi. Devo passare la pratica all’agenzia di recupero crediti?» Come se lui non avesse già abbastanza problemi di cui preoccuparsi, pensò. Detestava scaricargliene addosso altri quando ne aveva già tanti con le figlie. Ma era politica dello studio discutere dei conti dei pazienti prima di ricorrere all’intervento dell’agenzia.

Sloan si massaggiò la nuca. «No, abbiamo recuperato un po’ di denaro dall’assicurazione, no?»

Rachel assentì. «L’ottanta per cento del totale. Ma ha coperto le analisi effettuate qui in studio, non le visite. Deve ancora una somma piuttosto consistente.»

Per qualche istante lui parve considerare la situazione, poi concluse: «Per il momento soprassediamo. La signora Lawrence sta divorziando dal marito. Suo figlio è appena entrato in marina. Le sue condizioni di salute non sono delle migliori. Non è il caso che le stiamo con il fiato sul collo».

Era proprio un brav’uomo, rifletté Rachel mentre si chiudeva la porta alle spalle. Non era giusto che avesse dei dubbi sulle sue capacità di padre. Non era giusto che si sentisse in colpa pensando che Olivia non lo avrebbe approvato. Non era giusto che avesse pazienti che non volevano, o non potevano, pagarlo per il suo tempo e la sua esperienza.

Mentre percorreva il corridoio, Rachel sospirò. Aveva il cuore così gonfio di emozioni per lui da temere di non riuscire a contenerle.

Rachel aggiunse zucchero al suo tè. Era con Jane e Diana in un piccolo bar del centro commerciale; si stavano godendo qualche attimo di pausa dallo shopping gustando una fetta di torta di mele e del buon tè inglese.

Le piacevano quelle due donne.

Jane, la moglie di Greg, era una persona semplice e franca. Dolce e piena di calore, non esitava tuttavia a esprimere la sua opinione quando riteneva che fosse il caso di farlo.

Diana, la fidanzata di Travis, era un tipo più tranquillo e riservato, ma anche lei era estremamente onesta quando le veniva chiesto un parere su qualcosa.

Durante quel pomeriggio di acquisti la loro conversazione aveva affrontato diversi argomenti.

Adesso, mentre si rilassavano al bar, cominciarono a discutere animatamente dei risultati di alcune analisi alle quali Jane si era da poco sottoposta.

«Quando ero giovane» spiegò lei, «sono stata investita da una macchina. L’incidente mi causò lesioni interne. Una lesione alla cervice, per l’esattezza. Nulla di realmente grave, non fosse stato per l’infezione che ne seguì. I tessuti cicatrizzarono male e mi venne detto che per via di quelle cicatrici non avrei mai potuto avere figli.» Un sorriso le incurvò le labbra e il volto si accese di speranza. «Greg però sostiene che un intervento con il laser potrebbe rimettermi a posto.»

«È meraviglioso» disse Diana.

«Sì, fantastico» concordò Rachel.

Un’ombra velò gli occhi di Jane. «Sono felicissima di avere Joy, ovviamente. Mia nipote è stata un dono del cielo sin dal giorno in cui è venuta al mondo. È la luce della mia vita. E lo è anche per Greg. Ma se potessi avere un figlio da lui... un figlio mio...» sospirò con desiderio.

Diana le strinse la mano gentilmente. «Se così dev’essere, così sarà.»

Jane le rivolse un muto ringraziamento, quindi prese tra le dita la delicata tazza di porcellana.

«Bambini» osservò Rachel. «Sono una benedizione, ma anche una fonte di preoccupazioni.»

Avevano già parlato dei problemi che Sloan aveva con le gemelle. Così, quando ridacchiò, Jane e Diana si unirono a lei concordando appieno con la sua affermazione.

«Sai» disse Jane d’un tratto, «Sloan è molto fortunato ad avere te.»

Rachel si fermò con il boccone di torta sulla forchetta, a mezz’aria.

«Sei proprio carina a dirlo.»

«È la verità.» Jane abbassò lo sguardo sulla tazza. Era chiaro che stava decidendo se esprimere o meno il suo pensiero. Alla fine, da persona franca qual era, scoprì le carte. «Voglio che tu sappia, Rachel, che faccio il tifo per te.»

Sbalordita, lei posò la forchetta.

«Eh? Fai il tifo per me?»

«Esatto. Ti conosco solo da un paio di mesi, ma... vedo benissimo quello che provi. Per Sloan, intendo.»

Rachel rimase immobile, come impietrita.

«Già, solo uno stupido non lo vedrebbe» intervenne Diana con una risatina effervescente. «E ti auguro tanta felicità.»

«Anche tu?» mormorò Rachel.

Diana annuì. Poi, rendendosi conto di quello che aveva detto, fece marcia indietro. «Non che pensi che Sloan sia uno stupido, intendiamoci.»

«Naturalmente» ribatté Rachel. Poi non poté fare altro che unirsi alla risata contagiosa di Diana. Era stata smascherata. Da due donne che riteneva quasi estranee, ma che stavano invece diventando care amiche.

Commossa, bevve un sorso di tè e cercò di ricomporsi.

Quando un cancro al seno si era portato via la sua migliore amica, aveva pensato che non avrebbe mai più sperimentato con altre donne il legame profondo che aveva condiviso con Olivia. Invece eccola lì, così a suo agio con Jane e Diana da prendere in considerazione l’eventualità di parlare con loro dei suoi sentimenti per Sloan.

Sospirò. «Ero convinta che non sarebbe mai trapelato quello che provo per lui» si ritrovò ad ammettere. Un’immensa tristezza le calò addosso, pesante come una cappa di piombo.

«Come ha detto Diana» affermò Jane, «Sloan non è stupido. Prima o poi aprirà gli occhi. Si accorgerà che lo ami.»

Rachel sembrava incapace di alzare gli occhi dal piatto, ma quando Diana le prese la mano si sentì scaldare il cuore e sollevò lo sguardo su di lei.

«Non è quello il problema, vero?» le chiese l’amica dolcemente. «Stai lottando contro i tuoi sentimenti. Vuoi sopprimerli. Perché?»

Rachel era sbalordita dall’intuito dimostrato da Diana. C’erano così tante ragioni per cui non poteva amare Sloan... Così tante!

Alla fine riconobbe pacatamente: «Mi sento in colpa». Trasse poi un profondo respiro, lo trattenne per un istante e lo liberò lentamente. «Perché la mia migliore amica è morta... e io sono innamorata di suo marito. Lo voglio». Aveva di nuovo gli occhi colmi di lacrime. Per quanto fosse difficile, si costrinse a continuare: «E non voglio solo suo marito, ma anche le sue figlie. Adoro quelle ragazze. Voglio diventare parte integrante della loro vita».

Prima di andare avanti si asciugò le guance. «Non immaginate quanto sia strano ammetterlo apertamente, a voce alta. È da tanto che ho questo tormento nel cuore.» Abbandonò le mani in grembo e in sussurro soggiunse: «Sono una persona orribile».

«Niente affatto!» protestò Jane. «Non stai facendo alcun torto a Olivia, credimi. Proprio nessuno.»

Rachel non poté fare a meno di notare che Diana si era fatta silenziosa.

Raccogliendo quel poco di energia che le restava, incontrò il suo sguardo e domandò: «Tu cosa ne pensi? È orribile che voglia in qualche modo impadronirmi della... della vita della mia migliore amica?».

Lei rimase immobile per un istante, quindi rispose: «Non prenderesti la sua vita, Rachel. Sei una persona diversa da quella che eri due anni fa. E anche Sloan è cambiato dopo l’esperienza che ha vissuto. Se vi metteste insieme, la vostra esistenza non avrebbe nulla a che fare con quella che è stata di Olivia, con il passato che Sloan ha vissuto con lei».

S’interruppe, l’espressione pensosa.

«Non so quali siano le tue credenze religiose» proseguì qualche attimo dopo, «ma io sono convinta che quando una persona muore, diventa tutt’uno con la Luce della Comprensione, la Luce dell’Amore. Credo che Olivia vorrebbe che tu fossi felice. Vorrebbe che Sloan trovasse qualcuno con cui trascorrere la sua esistenza. E soprattutto vorrebbe che le sue bambine fossero amate e seguite.»

Se avesse conosciuto meglio quelle due donne, Rachel avrebbe potuto anche spingersi a dire tutta la verità su Olivia. Ma visto che la sua amicizia con Jane e Diana era allo stadio iniziale, non le sembrò giusto rivelare i suoi dubbi sulla natura complessa dell’amica defunta.

Si augurò tuttavia che Diana avesse ragione. Anzi, se lo augurò di cuore perché gettava nuova luce sulla situazione.

L’idea che Olivia fosse piena di amore e comprensione e che volesse solo il bene di coloro che aveva dovuto lasciare le risultava confortante.

Rachel sospirò e si sorprese a considerare con maggior ottimismo le circostanze in cui si trovava.