Era un sabato freddo e soleggiato.
Mentre si asciugava dopo la doccia, Rachel arrivò a una decisione. Avrebbe dato le dimissioni.
Naturalmente non aveva in programma di trasferirsi in un’altra città.
Sarebbe rimasta a Philadelphia. Voleva restare nella vita di Sasha, Sydney e Sophie, ma non era obbligata a torturarsi giorno dopo giorno lavorando a fianco a fianco con Sloan.
Lo amava. Non avrebbe più potuto nascondergli i suoi sentimenti. Ed era dolorosamente consapevole del fatto che il suo amore non avrebbe portato a nulla. Avevano un rapporto professionale, erano amici e ultimamente era scoppiata una forte attrazione tra loro. Ma Sloan era tormentato dal passato e questo precludeva ogni possibilità che divenissero amanti.
Amanti.
Rachel rabbrividì mentre quella parola le echeggiava nella mente. Voleva disperatamente essere l’amante di Sloan. Voleva passare la vita con lui, essere la sua compagna. Sua moglie.
E lo voleva da così tanto tempo da non ricorda re un istante in cui non fosse stata libera da quel desiderio struggente. Ma continuare a vivere in quel modo... a soffrire, lavorando accanto a un uomo che amava e non poteva avere, l’avrebbe condotta alla pazzia.
Doveva liberarsi di quell’ossessione. Doveva crearsi una vita propria. Oh, probabilmente non si sarebbe mai sposata. Nessun uomo avrebbe mai potuto reggere il confronto con Sloan. Lo sapeva per esperienza, visto che aveva già tentato di trovarne uno che fosse alla sua altezza. Aveva le idee molto chiare su ciò che voleva. Purtroppo era altrettanto chiaro che non poteva averlo.
Era tempo di affrontare la realtà. Una volta per tutte.
Non sarebbe stato difficile trovare un altro impiego. Era brava nel suo lavoro. C’erano tanti medici in città che sarebbero stati ben felici di averla con loro.
Tuttavia l’idea di iniziare un nuovo lavoro, di lasciarsi alle spalle tutto ciò che le era familiare nella sua vita professionale, la spaventava.
Lo specchio era appannato e Rachel, dopo averlo asciugato, fissò la sua immagine riflessa. Chi stava prendendo in giro? A riempirla di paura era la prospettiva di non vedere più Sloan.
Non che non lo avrebbe più rivisto. Aveva tutte le intenzioni di restare in contatto con le gemelle, quindi avrebbe per forza interagito anche con lui. Ma non ogni giorno. Non con continuità. Forse lo avrebbe visto una volta al mese. O un mese sì e un mese no. Sei volte l’anno. Le sarebbe bastato? Sarebbe riuscita a sopravvivere, lontana da lui?
Doveva riuscirci, fu la risposta che si diede. Non aveva scelta.
Quindi era deciso, concluse mentre si spazzolava i capelli. Si sarebbe licenziata e avrebbe trovato un altro impiego. Era la cosa giusta da fare.
Ne sei sicura?, bisbigliò una vocina dal fondo della sua coscienza.
Rachel serrò le dita attorno al manico della spazzola. Sì, ne era sicura. Ora non doveva fare altro che dirlo a Sloan. Non sarebbe stato facile, ma lo avrebbe fatto. Quel giorno stesso.
Squillò il telefono. Rachel si avvolse nell’asciugamano e andò a prendere la chiamata in camera.
«Mancano quattro ore alla festa e qui c’è il finimondo.»
Non sapeva se ridere o piangere quando sentì la voce disperata di Sloan. Il fatto che le gemelle riuscissero sempre a fargli perdere la bussola la faceva sorridere. Ma il pensiero che stava per allontanarsi da lui, rendendosi inaccessibile quando avesse avuto bisogno del suo aiuto, le faceva venire le lacrime agli occhi.
In ogni caso non avrebbe pianto. La scelta che aveva fatto era per il suo bene. E per il bene di Sloan. Non avendola intorno, non si sarebbe più sentito attratto da lei e non avrebbe più avuto ragione di sentirsi in colpa.
«Non può essere così terribile» ribatté in tono leggero nella speranza di calmarlo.
«Le ragazze sono tese come corde di violino» le disse lui. «Litigano persino per l’abbigliamento. A un certo punto sia Sydney sia Sasha erano in blu, non gli stessi indumenti, nota bene, ma solo lo stesso colore. E tutt’e due pretendevano a urli che l’altra si cambiasse. Alla fine sono intervenuto io e ho ordinato a entrambe di togliersi di dosso tutto quanto. Hanno la proibizione assoluta di mettersi addosso qualcosa di blu.»
Sbuffò esasperato e Rachel dovette sorridere.
«È un incubo, credimi. Non ho ancora ritirato la torta. La taverna non è stata addobbata. Ho appena tirato fuori gli ingredienti per i panini, ma non ho avuto il tempo d’iniziare a prepararli che mi hanno chiamato dall’ospedale. La signora Lawrence è stata ricoverata.»
«Niente di grave, spero.»
«Il medico di guardia dice che ha una leggera bronchite.»
«Non poteva prescriverle dello sciroppo per la tosse? Visto che non è un’emergenza...»
«Chiede di me. È sola. Probabilmente ha soltanto bisogno di qualcuno che l’ascolti.»
Rachel sentì il suo sospiro rassegnato e capì che aveva deciso di fare un salto in ospedale.
«Puoi venire qui?»
«Certo» gli rispose. «Ritiro io la torta e faccio i panini.»
«Gli addobbi falli fare alle ragazze, mi raccomando.»
«Stai tranquillo. Le farò filare come soldatini.»
«Non avevo dubbi in merito» bisbigliò lui. Per un momento rimase silenzioso e Rachel s’interrogò sullo strano tono che aveva avvertito nella sua voce. Quando Sloan riprese a parlare, tuttavia, il tono era di nuovo normale.
«Ce la fai a venire subito? Devo correre all’ospedale, così potrò essere di ritorno prima che inizi la festa. Le gemelle se la caveranno da sole sino al tuo arrivo.»
«Mi vesto e parto» replicò Rachel.
Quando entrò in casa di Sloan, teneva la torta con una mano e una borsa di regali nell’altra. Il mazzo di chiavi le cadde e in quell’istante pensò che doveva ricordarsi di restituirle. Se voleva prendere le distanze da Sloan, avrebbe dovuto preoccuparsi anche dei più piccoli dettagli.
Un brivido freddo le corse lungo la schiena mentre posava sul bancone torta e regali. Aveva ragionato in quello stesso modo tanti anni addietro, quando aveva deciso di lasciare l’appartamento che divideva con Olivia. Non avevano mai più condiviso una casa, ma erano riuscite a recuperare un buon rapporto. Questo non sarebbe successo con Sloan. Era troppo ossessionato dal passato.
Le ragazze stavano litigando in bagno. Rachel riportò la calma, le abbracciò e fece loro gli auguri di buon compleanno. Poi le fece scendere in cucina, dove consegnò loro rotoli di carta crespa, forbici, nastro adesivo, tovaglia e tovaglioli abbinati, stoviglie e una coppa di punch. Diede l’ordine di non risalire dalla taverna finché tutto non fosse stato pronto.
Quando le chiesero come dovessero addobbare la stanza, le consigliò di usare l’immaginazione. Quella libertà di azione scatenò gridolini di giubilo e risatine eccitate.
Rachel stava preparando i panini quando il campanello suonò. Andò ad aprire e si trovò davanti Greg, Jane e la piccola Joy, con Diana, Travis e i gemelli indiani che quest’ultimo aveva adottato: Jared e Josh.
«Abbiamo sentito che Sloan è dovuto andare all’ospedale» disse Greg.
«E abbiamo pensato che potessi avere bisogno di una mano» aggiunse Travis.
«Puoi scommetterci che ho bisogno di una mano» ribatté lei mentre li faceva entrare.
«Per essere precisi» disse Jane sorridendo, mentre toglieva il cappottino a Joy, «Diana e io siamo venute ad aiutare. Greg e Travis daranno un’occhiata ai bambini.» Porse la piccina al padre, che la prese in braccio e sparì in soggiorno con l’amico e i gemelli.
Sistemati i cappotti, le tre donne andarono in cucina. Dalla sala giungevano i rumori di una partita di basket.
«Travis ha detto che non c’erano problemi a venire prima, purché potesse vedere comunque la sua partita» spiegò Diana. «Ha comprato ai gemelli tre giornalini ciascuno per tenerli occupati.»
«Tra non molto guarderanno la partita con lui» l’avvertì Jane. «Sei sicura di volerti sposare? Ti ritroverai in una casa piena di uomini.»
Risero tutt’e tre all’entusiastica risposta affermativa di Diana.
Quelle donne erano diventate molto importanti per lei nelle ultime settimane e Rachel considerò l’eventualità di annunciare loro che intendeva licenziarsi. Ma poi la scartò.
Prima doveva dirlo a Sloan.
E nello stesso tempo gli avrebbe anche rivelato l’ultimo segreto, quello che per anni aveva custodito gelosamente.
«Cominciamo a portare di sotto gli stuzzichini» suggerì Rachel. «Così controlliamo anche quello che stanno combinando le ragazze.»
Jane e Diana raggrupparono i sacchetti di patatine, popcorn e noccioline che Sloan aveva comprato; Rachel si occupò del primo vassoio di panini.
«L’idea di mettere insieme papà e Rachel è stata...»
Nell’udire quelle parole Rachel si voltò verso le amiche segnalando di non fare rumore.
La voce delle gemelle arrivava chiara e distinta sulle scale.
«Grandiosa.»
«Concordo in pieno» disse Sasha.
«E con me fanno tre» le fece eco Sophie.
«La trovata dell’ultimo dell’anno ci ha liberato dalla tirannia di papà» dichiarò Sasha ridendo. «Quando sono andati a fare compere insieme questa settimana, sono andata di nascosto a casa di Alice e papà non ne ha mai saputo nulla.»
Rachel era scioccata dall’allegro compiacimento che il tono rivelava.
«E quando sono stati svegli a fare i biscotti» affermò Sophie, «sono stata al telefono con Bobby per ore... sin dopo le undici.»
«Ci ucciderebbero se sapessero che ci siamo offerte noi di portare tutti quei biscotti» intervenne Sydney.
Soffocando un grido di sdegno, Rachel raggelò mentre assimilava lentamente quanto era avvenuto. Le ragazze avevano fatto in modo che andassero tutti e due alla festa.
Non c’erano stati malintesi, era stato intenzionale. Volevano che lei e Sloan scoprissero un interesse reciproco. E tutto questo solo per avere più libertà.
Ripensò ai baci infuocati che lei e Sloan si erano dati, ai segreti del passato che avevano sentito il bisogno di portare alla luce... e alla sua decisione di dimettersi. Di sicuro Sasha, Sydney e Sophie non avevano idea di quanto fossero riuscite a complicare le loro due vite.
Con un’occhiata significativa, Rachel fece capire a Jane e a Diana di allontanarsi per un momento. Aveva un paio di cosette da dire alle gemelle. Le due donne afferrarono al volo annuirono, e subito dopo si sedettero sui gradini, ovviamente decise a non perdere una parola di quello che sarebbe stato detto.
Rachel scese le scale ed entrò nella taverna.
«Non potete immaginare quanto sia delusa di voi.»
Tre paia di occhi sgranati si puntarono sul suo volto.
«Dovreste vergognarvi» aggiunse lei. «E quello che mi ferisce di più è che vi siete servite di me contro vostro padre.»
L’espressione delle gemelle da sorpresa si fece contrita.
«Mi sono sempre fatta in quattro per voi» continuò Rachel. «Vi porto a fare shopping. Vi accompagno dal parrucchiere. Vi faccio da autista. Vi do una mano con i compiti. E vi ascolto quando avete problemi. Così come faccio da cuscinetto tra voi e vostro padre quando volete fare qualcosa che secondo lui non va fatto.»
Le gemelle adesso erano il ritratto della desolazione, ma Rachel non si lasciò intenerire. Dovevano capire la portata dell’errore commesso.
«Vostro padre vi adora» proseguì. «Non vi fa mancare nulla. Cerca di educarvi nel modo migliore, d’insegnarvi a distinguere il bene dal male e voi lo ripagate in questo modo: raggirandolo.»
«Non volevamo far del male a papà» mormorò Sydney.
«O a te» aggiunse Sophie piano.
«Volevamo solamente...» Sasha ovviamente non riuscì a trovare parole che le giustificassero.
«Ottenere qualcosa?» suggerì Rachel.
Le gemelle abbassarono il capo, vergognose.
«Mi dispiace» sussurrò Sophie.
«Anche a me» disse Sasha.
Sydney incontrò il suo sguardo. «Dispiace anche a me, Rachel.»
Il fatto che non avesse usato la solita espressione: E con me fanno tre indicava che avevano colto la serietà della questione.
«Dirai a papà quello che abbiamo fatto?» chiese Sasha.
«No» rispose Rachel. «Lo farete voi. Non so che ripercussioni avrà sulla festa, ma glielo direte. Dovete chiarire le cose. Per il vostro bene.»
Sydney gemette. «Perché voi adulti dite sempre così?»
Rachel non poté trattenere un sorriso. «Lo capirai quando sarai un’adulta anche tu e avrai dei figli.» Di nuovo assunse un’espressione severa. «Ultima cosa. Pensavate che il vostro piano vi avrebbe dato la possibilità di fare ciò che volete. Sbagliato. Finché avrò respiro, veglierò su di voi.»
Dalle scale Jane gridò: «Anch’io, potete scommetterci!».
«E con me sono tre» aggiunse Diana.
«Con me, quattro»,disse Greg.
Poi fu la volta di Travis: «Con me, cinque».
Gli adulti si riversarono in taverna, seguiti a ruota dai più piccini. Non c’era traccia di collera sui loro volti, solo amore e comprensione.
Le gemelle si coprirono la faccia.
«Siamo in minoranza» protestò Sophie.
«Proprio così. E non dimenticatevelo» ribatté Rachel ridendo.
«Non è giusto!» gridò un’altra accennando il broncio.
«Cosa non è giusto?»
Rachel si voltò e vide Sloan sulla porta, dietro il gruppo degli adulti. Il cuore prese a batterle dolorosamente. Quanto amava quell’uomo... Sarebbe riuscita a dirgli che voleva licenziarsi?
Sì, ce l’avrebbe fatta. Non sapeva come, ma ci sarebbe riuscita.
«Vi siete di nuovo messe nei guai?» domandò Sloan alle figlie.
«Limitati a dire: Con me, sei» consigliò Greg in tono leggero. «Così avranno la misura di ciò contro cui si devono scontrare.»
«Ah!» Sloan sogghignò. «Si tratta di adulti contro teenager, eh?»
Tutti fecero un vigoroso cenno di assenso.
«Con me, sei» dichiarò Sloan con enfasi. «Se c’è una cosa che ho imparato, è che al giorno d’oggi ci vuole aiuto per crescere dei bambini.»
«Penso che oggi le ragazze abbiano scoperto che di aiuto ne hai da vendere» ribatté Rachel.
Sentì le ginocchia farsi di gelatina quando lui la guardò.
«Possiamo parlare un minuto?» le chiese.
«Certo.»
Mentre lo seguiva sulle scale, Rachel si disse che probabilmente voleva aggiornarla sulla visita in ospedale. Quando avesse finito, gli avrebbe confessato il suo segreto. E poi gli avrebbe detto che lasciava lo studio.
«Come sta la signora Lawrence?» s’informò non appena furono in cucina.
«Aveva solo bisogno di qualcuno che l’ascoltasse, come immaginavo. Mi ha parlato del marito. Del figlio. Di quanto si senta sola e smarrita. Vorrei chiedere a Diana di occuparsi di lei. La signora Lawrence è disposta a farsi aiutare da qualcuno. Credi che l’assicurazione coprirà le spese?»
«Non lo so. Lunedì mattina telefono e chiedo delucidazioni.» Un nodo di ansia le attanagliava lo stomaco, ma Rachel si costrinse ad andare avanti. «Parlando di lavoro... io... intendo dimettermi.»
«Ma perché, Rachel?» Sloan scosse la testa sbalordito. «Perché?»
Era chiaramente ferito, ma Rachel, benché con il cuore in pezzi, continuò: «Perché... c’è un’altra cosa del passato di cui non sei ancora a conoscenza. Ti ho detto il resto e voglio dirti anche questo. Ne ho bisogno. Devo portare allo scoperto tutto quanto. Poi uscirò dalla tua vita». E si afferrò ad aggiungere: «Per quanto possibile. Spero che mi permetterai di continuare a vedere le ragazze».
Sloan era così tirato, così teso. Avrebbe voluto allungare una mano e accarezzarlo, ma non osò.
Si fece invece coraggio e proseguì: «Ti ho detto di avere lasciato l’appartamento che dividevo con Olivia perché avevo scoperto che voleva mentirti, ma era solo una mezza verità». Non abbassare lo sguardo, ordinò a se stessa. Tieni alta la testa. Questa è l’ultima volta che devi subire un’umiliazione del genere. Devi fare chiarezza nel tuo cuore, così come nella tua mente. L’unica maniera di riuscirci è rivelare il tuo segreto. «Io... ero attratta da te, Sloan» confessò guardandolo dritto negli occhi. «E non volevo ferire Olivia. Decisi che se me ne fossi andata sarebbe stato meglio per tutti. Per lei. Per te. E soprattutto per me.»
Ora veniva la parte più dura.
«Una volta rientrata nella vita di Olivia» seguitò, «mi resi conto che quell’attrazione non si era spenta. E nel corso degli anni...» Chiuse gli occhi, domandandosi se la sua bocca sarebbe stata in grado di formare le parole. Doveva farcela, si disse. Doveva assolutamente.
Quando riprese, la sua voce era poco più che un bisbiglio. «Nel corso degli anni, l’attrazione è diventata qualcosa di più profondo. Di più articolato... Mi sono innamorata di te, Sloan.»
Le emozioni minacciavano ormai di sopraffarla. Sentiva che il suo autocontrollo si stava sgretolando. Così terminò bruscamente: «Per questa ragione devo licenziarmi. Non posso più lavorare con te. Non posso».
Non c’era bisogno di altre spiegazioni.
Sloan era abbastanza intelligente da capire che sarebbe stato un inferno per lei lavorare al suo fianco giorno dopo giorno senza alcuna speranza.
In quella si avvide del sorrisetto che gli aleggiava sulle labbra e provò una fitta di dolore. Stava ridendo di lei?
«Ti ho chiesto di venire qui in cucina per parlarti di qualcosa che hai detto nel mio ufficio l’altro giorno» disse Sloan. «Riguardava la rabbia e il perdono.»
Rachel era disorientata. Come mai Sloan non faceva commenti sulla dichiarazione che gli aveva appena fatto? Non l’aveva ascoltata? Non gli importava dei suoi sentimenti? O dell’amore che da anni provava nei suoi confronti?
«Penso tu abbia ragione» continuò lui. «Non posso dire di avere perdonato Olivia. Devo ancora lavorarci su. Ma ti assicuro che non nutro risentimento nei suoi confronti. Come potrei? È vero, ha mentito, mi ha ingannato nel peggiore dei modi, ma mi ha anche dato un grande tesoro. Anzi tre tesori. Le gemelle sono la luce dei miei occhi. Essere il loro padre è la parte migliore della mia esistenza.» Allungò la mano e le accarezzò la guancia. Quindi aggiunse piano: «Be’, una delle parti migliori».
Cos’era quel luccichio nel suo sguardo?, si domandò Rachel. Deglutì penosamente. Aveva la sensazione di non riuscire più a respirare e le girava la testa. Girava, girava, girava...
«Volevo restare solo con te anche perché devo dirti qualcosa... qualcosa che mi sarà più facile esprimere ora che so quello che provi per me.» Il suo sorriso adesso era quello di una persona sicura di sé: largo e magnanimo. «Ma prima devi sapere
che ho passato gli ultimi due giorni a riflettere. Su Olivia. Sulla sua malattia. E su di te. Su tutte le volte che mi sei stata accanto quando ne avevo bisogno. Hai dimostrato quanto tieni alle gemelle. E preoccupandoti per loro hai anche dimostrato quanto tieni a me. Ti amo per questo, Rachel.»
Aveva davvero pronunciato quelle parole?
Sloan le fece scivolare un braccio attorno alla vita e l’attirò a sé.
«La notte dell’ultimo dell’anno, quando ti ho baciato...»
«Le ragazze vi hanno avuto parte più di quanto non pensi» mormorò lei ritrovando finalmente la voce. «Ma spetta a loro raccontarti tutta la storia.»
«Una storia che non mi piacerà, immagino.»
Rachel assentì, un caldo sorriso sulle labbra. «Stavi dicendo...»
«È più forte di te, non è vero?» Lui rise divertito. «Devi mantenere l’ordine e far rigare dritto tutti quanti. Stavo dicendo che quando ti ho baciato è stato come se di colpo mi fosse venuto a mancare il terreno sotto i piedi. Ti volevo disperatamente. Non avevo mai sperimentato prima emozioni così intense. Ma ero tormentato dal senso di colpa, non potevo assecondare i miei sentimenti senza provare rimorso. Poi mi hai detto quelle cose su Olivia e... mi hai liberato dalla mia ossessione. Certo, sarò sempre addolorato per la sua morte. E continuerò a sentirmi dispiaciuto per non averle potuto dare di più. Ma tu mi hai fatto capire che la sua malattia non è in alcun modo collegata al fatto che non l’amavo. E ho davvero fatto quanto umanamente possibile per salvarla.»
Le prese la mano e se la posò sul petto. Sorridendo dolcemente, Rachel gli circondò il collo con un braccio.
«Così ora non c’è più nulla a impedirci di essere felici» bisbigliò Sloan. «Di amarci.»
Rachel pronunciò il suo nome in un gioioso sospiro. «Ho sempre sognato questo momento. Ti amo così tanto...»
«E io amo te.»
Mentre si baciavano, Rachel realizzò che non vi era già più traccia in lei delle cupe emozioni che per anni l’avevano tormentata. E per Sloan era lo stesso, lo sentiva.
Erano liberi.
Si erano finalmente gettati il passato alle spalle e ora potevano guardare serenamente al futuro meraviglioso che li attendeva.