— Sir Nathaniel, vorrei presentarvi la mia amica, madame Cecile Lambeaux. — La mano di Meredith posata contro la sua schiena era un’ancora che la sorreggeva, mentre Cecile fronteggiava i freddi occhi azzurri dell’uomo del giardino.
Visto da vicino, Nathaniel Covington era ancora più irresistibile di quanto non le fosse parso a distanza, illuminato dalla luna.
— Buon pomeriggio, sir. — Cecile gli porse lentamente la mano, con la languida grazia di una lady. — Sono molto felice di fare la vostra conoscenza. — Riuscì ad abbozzare un timido sorriso, ma non poté dire altro. Il loro incontro era strano e imbarazzante come lei aveva temuto, e ora si rammaricava di essere stata tanto folle da chiedere a madame di presentarglielo.
Lui le prese la mano e il cuore di Cecile si arrestò per un momento.
“Guardalo negli occhi.” Le tornarono alla mente i consigli che le aveva dato madame per conquistare un amante. “Il contatto visivo è molto importante per fargli capire il tuo interesse. Non è il momento di mostrarsi timida. Guardalo e trasmettigli il tuo desiderio.”
Anche a rischio di avere l’aria imbambolata, Cecile sollevò il mento e i loro sguardi s’incontrarono. Lei non tentò di ritrarre la mano fino a quando non fu lui a lasciarla. Il contatto fu breve, per lui sicuramente di nessuna importanza, ma Cecile fu attraversata da un lampo che le diffuse un intenso calore tra le gambe.
— Ora faremo una passeggiata e alla fine ci attenderà un picnic — annunciò Meredith alla piccola compagnia. Il gruppo era composto da un insolito assortimento di persone che facevano parte della cerchia di amicizie della contessa. Persone che lei conosceva bene, inclini a un sano esercizio fisico e dalla mentalità aperta riguardo alle pratiche sessuali. I tabù sociali significavano poco per Bernard Featherstone e sua moglie, che si erano sposati per amore, e per questo motivo ora erano senza un soldo. Lady Abigail Meeks era accompagnata dalla sua amica intima, Sylvia Pratt. Questo faceva sì che Cecile e Covington, gli unici due single, facessero coppia.
Camminavano affiancati, seguendo i loro ospiti attraverso i giardini situati dietro la casa, nella bellezza naturale della campagna. Cecile era ben consapevole dell’imponente figura di sir Nathaniel al suo fianco. Era molto alto e lei era intimidita dalla sua presenza virile. Non era abituata a stare così vicina a un uomo.
— Madame Lambeaux, siete qui in visita, oppure vivete attualmente in Inghilterra?
— Sarò ospite della contessa per un po’. Ci conosciamo da quando lei viveva in Francia. — Cecile si mostrò evasiva. Si era ripromessa di mentire il meno possibile, non solo per essere sicura di non tradirsi, ma soprattutto perché non voleva distorcere la verità più di quanto fosse strettamente necessario.
— Sembra che ormai i tempi turbolenti siano passati.
— Forse, ma ho visto troppa discordia nel mio paese, sin da quando ero bambina, per avere fiducia nella stabilità del governo. Da anni non conosciamo la pace.
Lui annuì, continuando a camminare silenziosamente al suo fianco. Parecchi metri davanti a loro, la contessa e il suo amante ridevano. Il calore delle loro voci e le loro risa ben si accompagnavano a quella giornata di sole. Cecile avrebbe voluto trovare qualcosa d’interessante da dire per cancellare quell’espressione cupa dallo sguardo di sir Nathaniel, ma l’unico suono che riusciva a produrre era il fruscio delle sue scarpette tra l’erba alta.
— Ho combattuto contro l’imperatore Napoleone a Ligny con i prussiani, e poi di nuovo con il mio reggimento a Waterloo — disse lui d’un tratto. — La prima volta siamo stati sconfitti e la seconda... be’, sapete com’è finita. Dopo aver fatto esperienza dei campi di battaglia e di quel massacro, non si riesce più a vedere il mondo nello stesso modo.
— Sì. — Per un attimo Cecile vide il riflesso del sole sulla lama insanguinata della ghigliottina e poi subito l’immagine scomparve. — Ma oggi siamo qui, no? Ed è una splendida giornata di sole. Forse è giunto il momento di metter da parte i tristi ricordi.
Cecile guardò il suo compagno. Il sorriso trasfigurava il suo viso, addolcendo l’espressione severa e la triste linea delle labbra.
— Assolutamente, madame. Carpe diem. Ma ditemi di voi. Vi piace ballare? O giocare alle carte? O forse dipingete o suonate il piano per passare il tempo?
— Temo di non essere molto portata per nessuno di questi passatempi. — Cecile si affannò a pensare a qualcosa in cui eccelleva o che avrebbe potuto interessare una nobildonna. — Sono considerata piuttosto abile nel cucito.
— Il ricamo. Dovrete mostrarmi uno dei vostri lavori.
— Un’occupazione noiosa che non credo possa interessare un uomo. E voi, sir? Come passate il vostro tempo?
— Attualmente, sono molto impegnato nell’amministrazione della tenuta della mia famiglia. Prima facevo parte dell’esercito e il mio tempo non mi apparteneva. Ma quando sono libero mi piace cavalcare e leggere un buon libro.
Cecile s’illuminò. Lei aveva letto tutti i libri della biblioteca di madame, compresi quelli estremamente espliciti, che la facevano arrossire. Le piaceva rifugiarsi in mondi e vite ben più affascinanti dei suoi. — Anche a me. Che genere di letture apprezzate?
Lui sorrise di nuovo. — Mi vergogno nel dirvi il titolo del libro che ho appena terminato. È piuttosto macabro e selvaggiamente melodrammatico.
— Sembra affascinante. — Come si sarebbe comportata Meredith per dimostrare il proprio interesse? Superando l’innata reticenza, Cecile posò la mano sul braccio del proprio compagno e strinse lievemente. La manica della sua giacca era calda di sole. — Parlatemene.
— Die Elixiere des Teufels, di E.T.A. Hoffmann. È la fosca storia di un monaco che beve l’elisir del diavolo, che risveglia i suoi desideri sensuali e lo spinge all’omicidio. Naturalmente, alla fine il monaco colpevole riceve la meritata punizione.
— Ah non, alors! Signore, mi avete detto la fine! E io che stavo per chiedervi di prestarmelo.
— Désoleé, madame. Pardonnez-moi. Se volete, ve lo presterò ugualmente, così potrete darmi la vostra opinione. Nella traduzione inglese, così non dovrete farvi faticosamente strada attraverso il testo originale. — Covington posò la mano sopra la sua. Il calore dal suo palmo risalì lungo il braccio di Cecile come una febbre improvvisa.
— Ma forse preferireste una lettura più sana — proseguì. — Resoconti di viaggio, o diari, o epistole spirituali. Qualcosa di più elevato.
Cecile sorrise, pensando al racconto sconvolgente del barone e della contadina, che faceva parte della collezione privata della contessa. — Mi piacciono tutte le storie, sia quelle di fantasia che quelle di vita vissuta. La varietà è il sale della vita, come si suol dire.
— In questo caso, sarò felice di condividere con voi tutti i libri della mia biblioteca, e se ne avete qualcuno da raccomandarmi, vi prego di dirmelo.
Il sole rendeva i suoi occhi più luminosi e azzurri che mai. Quando inclinò lievemente il capo verso di lei, Cecile pensò che sembravano due zaffiri lucenti. Sir Nathaniel abbassò confidenzialmente la voce e il suo basso mormorio la fece rabbrividire e le diffuse un dolce languore nel basso ventre.
— Madame Lambeaux, devo ammettere che quando ho ricevuto l’invito della contessa ho pensato che sarei stato accompagnato a una lontana cugina scialba e goffa. Invece sono rimasto affascinato dalla compagna che mi è capitata in sorte.
Due profonde fossette si formarono ai lati della sua bocca e Cecile provò l’impulso improvviso di sfiorarle con la punta delle dita e scivolare lungo le sue labbra. Rabbrividì. Aveva il viso in fiamme e abbassò la tesa del cappello.
Che cosa avrebbe detto Meredith in risposta a quel commento? Lei non avrebbe abbassato il capo e non sarebbe arrossita come una scolaretta. Cecile lo guardò da sotto la tesa del cappello, con la speranza di riuscire ad apparire civettuola. — Io sono altrettanto soddisfatta del mio compagno, signore. Di sicuro questa giornata non sarà noiosa come temevo.
Lui le prese la mano e se la mise sotto il braccio, mentre lasciavano il sentiero di ghiaia del giardino e procedevano attraverso il prato, diretti verso il lago. Il silenzio cadde su di loro, rotto solo dal mormorio delle altre voci, dal cinguettio degli uccelli sui rami e dall’acuto frinire delle cicale sugli alberi. Il calore del sole conferiva a quella giornata un aspetto sonnolento, e Cecile si chiese se in effetti stesse sognando. Non era possibile che sir Nathaniel Covington stesse davvero camminando al suo fianco e stesse flirtando con lei.
“Che cosa succederebbe se scoprisse chi sei in realtà?” La vocina interiore carica di rimprovero ricordava quella di suor Marie Bertrice, che aveva guidato la sua infanzia. “Quando si gioca con il fuoco, ci si scotta le dita.”
Cecile azzittì la voce dentro di sé, riprendendo a parlare. — Avete detto che vi piace cavalcare. Parlatemi del vostro cavallo preferito.
— Taccola. È insieme a me da quando ero in cavalleria. Una volta è stato ferito da una palla di moschetto e ora si è ritirato a vivere in campagna. Amo quel cavallo più di quanto ami alcuni dei miei parenti. È fedele e sincero, qualità che sembrano mancare a molti umani.
La parola “sincero” la punse come il pungiglione di un’ape, ma Cecile decise d’ignorarla e proseguì. — Taccola è un nome insolito, perché lo avete scelto?
— Una colonia di taccole aveva fatto il nido nella cavità di un albero nel campo in cui è nato il puledro. Il suo manto era nero come le piume degli uccelli e trovavo divertente il suono del loro nome.
— Mi piace la pronuncia di certe parole — disse Cecile. — Come “marmellata”.
— “Cantico” — aggiunse lui.
— “Zaffiro.” — Come i vostri occhi.
— “Sussurro.” — La parola pronunciata dalle sue labbra sprigionava sensualità.
Lei scosse la testa. — Questo termine non mi è familiare.
— Un basso e costante mormorio, come il vento che fruscia tra gli alberi. — Nathaniel sollevò il viso per guardare i rami mossi dalla brezza e Cecile rimase a fissarlo incantata. Come sarebbe stato posare un bacio proprio nel punto in cui quella vena pulsava al ritmo del suo cuore?
Lui tornò a guardarla con i suoi occhi penetranti. — Oppure il lieve gemere di una donna vinta dal piacere.
La voce nasale di lady Abigail alle loro spalle infranse la magia di quel momento. — Non sapevo che uscissero anche durante il giorno, ma quello è un gufo, vero? Guarda, mia cara.
— Sorprendente! — esclamò Miss Pratt. Le due donne avevano raggiunto Cecile e Covington, mentre la coppia si fissava intensamente negli occhi. — Lo vedete anche voi? — chiese loro.
— Si tratta di una specie particolare, riconoscibile dalle dimensioni e dalle macchie sul petto — le informò Covington.
In altre circostanze, Cecile sarebbe stata eccitata di esaminare il grosso volatile marrone che quasi si mimetizzava con il tronco dell’albero, ma l’irritazione per essere stati interrotti superava l’entusiasmo.
Le due donne restarono con loro, lanciando esclamazioni riguardo al ciuffo che il gufo portava sulla testa e ai suoi grandi occhi tondi, fino a quando il resto del gruppo fu attratto dal loro vociare e si avvicinò per conoscere la causa di tutto quel clamore. Fu la fine dell’intimità, e da quel momento il gruppo procedette in massa verso il luogo del picnic organizzato in riva al lago.
La cuoca aveva preparato un pranzo leggero che consisteva in petto di pollo al vapore e verdure saltate, serviti su piatti di fine porcellana da numerosi valletti. Gli ospiti si accomodarono sulle coperte disposte sull’erba. Le ampie gonne degli abiti da passeggio delle signore, color giunchiglia, rosa e pervinca, sembravano petali di fiori allargati a ventaglio intorno a loro.
Che strano far parte dell’élite, conversare del più e del meno in modo rilassato come se fosse una di loro. La vita di Cecile di solito era molto solitaria. In qualità di cameriera personale della contessa e sua intima confidente, nessun altro tra il personale era al suo stesso livello all’interno della casa, a eccezione, per certi aspetti, della signora Crowley, la governante. La servitù era stata istruita per assecondare la finzione, ma questo non significava che fossero felici che Cecile fosse stata improvvisamente elevata tanto al di sopra del suo rango. Jamison, il più giovane dei due valletti, inarcò furtivamente un sopracciglio, porgendole un piatto di pollo e verdure croccanti. Cecile lo prese, chinando educatamente il capo.
La contessa le indirizzò un’occhiata eloquente e lei annuì sorridendo. “Sta andando tutto bene.”
Cecile toccò appena il cibo disposto raffinatamente sul piatto. Aveva lo stomaco sottosopra. La spontaneità con cui aveva conversato con Covington mentre passeggiavano era evaporata, ora che erano seduti uno accanto all’altro sulla coperta. Cecile ascoltava le chiacchiere degli altri ospiti e osservava le anatre scivolare sulla superficie del lago, tanto aggraziate sull’acqua quanto goffe sulla terra.
— È molto...
— Gradite...
Parlarono entrambi nello stesso momento e poi scoppiarono a ridere.
— Vi prego, continuate — disse lui.
— Non avevo nulla d’importante da dire. — Cecile sorrise. — Stavo solo per fare un commento sulla bella giornata e sul meraviglioso panorama. Del tutto sciocco e banale.
— E io stavo per chiedervi se vi piacciono le fragole, madame Lambeaux. — Nathaniel faceva dondolare una fragola, tenendola per il picciolo, con gli occhi fissi sulla sua bocca.
Cecile aprì la bocca per accettare il frutto dalla sua mano. Lui le sfiorò delicatamente le labbra con la punta delle dita e lei si sentì percorrere da un intenso brivido. Morse il frutto maturo e il succo le colò lungo il mento. Nathaniel asciugò il rivoletto con la punta delle dita e la casuale intimità di quel gesto accese i suoi sensi.
La fragola agro-dolce esplose nella sua bocca. Cecile la masticò, inghiottendola, nonostante si sentisse la gola serrata. — Squisita — mormorò.
— Avete terminato di pranzare? — Covington guardò il suo piatto ancora quasi pieno. — Vi posso invitare a fare due passi? — La sua voce sembrava suggerire qualcosa di più di una semplice passeggiata.
Cecile aveva il cuore che le batteva all’impazzata. Non riusciva quasi a respirare. Sebbene non fosse avvezza alle attenzioni di un uomo, sapeva che quell’invito implicava altro. Quel che aveva sognato dalla sera in giardino, quando lo aveva visto per la prima volta e aveva perso la testa per quell’uomo, stava per accadere. Un bacio. Forse qualcosa di più.
— Oui. — Annuendo, Cecile gli concesse di prenderle la mano per aiutarla ad alzarsi. Vide la contessa che sorrideva compiaciuta prima di tornare a rivolgere le proprie attenzioni al loquace Featherstone. Essendo di vedute molto ampie riguardo al sesso e alle relazioni umane, Meredith aveva saputo creare intorno a sé un’atmosfera bohémien, che permetteva ai suoi ospiti di seguire qualsiasi loro naturale inclinazione. Gli interludi e le relazioni amorose erano ben accetti, addirittura sostenuti caldamente. Le regole della buona società lì venivano ignorate.
Covington continuò a trattenere la mano di Cecile dopo che lei si fu alzata in piedi. Erano entrambi senza guanti, pelle contro pelle.
Lui abbassò lo sguardo sulle loro mani unite, e la sua voce colò su di lei come miele caldo. — Perdonate la libertà, madame Lambeaux. Ci conosciamo appena, e devo dire che solitamente non sono così diretto. — Un sorriso incurvò le sue labbra. — Mi rendo conto che è ciò che direbbe un qualsiasi mascalzone che ha intenzione di sedurre una donna, ma nel mio caso è la verità. Non sono molto estroverso e non è mia abitudine avere questo tipo di comportamento. Ma oggi, stento a riconoscermi.
— Anch’io — concordò Cecile. — Sono riservata di natura, alcuni potrebbero persino definirmi fredda, eppure mi è stato così facile parlare con voi. Oggi pomeriggio, semplicemente, non sono io.
— Allora, forse, potremmo comportarci come due sconosciuti liberi da qualsiasi vincolo e fare cose che normalmente non prenderemmo nemmeno in considerazione. — Nathaniel le sfiorò il dorso della mano con il polpastrello del pollice.
— Sì, forse potremmo.
S’inoltrarono profondamente nel bosco, oltre il lago. Attraverso gli alberi giungevano sino a loro le risate provenienti dal picnic. Gli uccelli cinguettavano animatamente nel folto della vegetazione e gli insetti ronzavano intorno a loro, ma sul sentiero che si snodava attraverso il bosco i rumori erano attutiti. I raggi dorati del sole filtravano attraverso l’intreccio dei rami, facendo fluttuare una miriade di corpuscoli danzanti. Ombre color smeraldo luccicavano alla luce del sole.
Covington si fermò e si voltò verso di lei. Con stretta ferma e decisa, le prese anche l’altra mano. — Posso baciarvi, madame Lambeaux?
Lei fece una risatina nervosa. — Se state per baciarmi, sir Nathaniel, penso che potreste anche chiamarmi con il mio nome: Cecile.
— E voi potete chiamarmi Nathaniel o, meglio, Nate. — Il suo sorriso durò lo spazio di un secondo, sostituito subito da un’espressione seria. I suoi occhi, dalle palpebre pesanti, fissarono con avidità le sue labbra. — Sì, sto per baciarvi, Cecile.
Era un’affermazione questa volta, non una domanda. Lui le lasciò le mani e le cinse la vita, attirandola a sé. Cecile poteva sentire il calore del suo corpo attraverso l’abito di mussola leggera e la biancheria di fine batista, e immaginò come sarebbe stato se fossero stati entrambi nudi. Era certa che il calore del corpo di sir Nathaniel l’avrebbe marchiata a fuoco.
Cecile sollevò il capo per guardarlo negli occhi. La sua vicinanza le toglieva il respiro. Stava davvero invitando uno sconosciuto a baciarla? Poteva contare sulle dita di una mano gli uomini che aveva baciato nella sua vita. Le occasioni per farlo erano state limitate. Ma in quel momento non era più Cecile, la cameriera personale della contessa de Chevalier. Era madame Lambeaux, una misteriosa sconosciuta capace di sedurre un uomo come Nathaniel Covington. Si sentì invadere dall’ebbrezza del potere, mentre si alzava in punta di piedi per abbandonarsi al suo abbraccio.
Il bacio fu una lieve carezza, un delicato sfiorare di labbra, come la brezza che le solleticava il viso. Poi le labbra di Nathaniel si posarono sulle sue, esercitando una rassicurante pressione che le strappò un debole gemito. Tutto ciò era reale e così diverso dalle sue fantasie. Nelle sue fantasie, Cecile non aveva sentito il profumo della sua pelle, né il sapore delle sue labbra, o la solidità del suo torace sotto il palmo delle mani. Fece risalire le dita verso le spalle e gli prese la nuca.
Nathaniel si era tolto la giacca e l’aveva lasciata sulla coperta del picnic. In maniche di camicia e panciotto appariva più avvicinabile e le metteva meno soggezione. Cecile poteva immaginare che fosse un contadino, dato il fisico muscoloso.
Aveva l’impressione di sciogliersi come cera sotto il sole cocente. Il suo corpo si andava a poco a poco modellando contro quello di Nathaniel. Lui poteva plasmarla come voleva con la sua bocca invitante e la sua lingua, che si stava insinuando delicatamente tra le sue labbra. Era così strano baciare tanto intimamente un uomo a cui era stata presentata solo poche ore prima. Eppure, aveva la sensazione di conoscerlo da molto tempo. Quella sera, in giardino, quando aveva avuto modo di percepire la sua solitudine, aveva avvertito un forte legame con lui, come se lo conoscesse da sempre.
E ora lui era lì, con il suo corpo forte e muscoloso premuto contro di lei, le sue mani che le accarezzavano la schiena e andavano a posarsi nel punto in cui la vita s’incurvava verso i glutei. La bocca di Nathaniel esplorava la sua, cercando delicatamente la sua lingua. Lui emise un debole gemito e Cecile si sentì sciogliere ancora di più al suono del suo desiderio.
Quando era ormai quasi stordita dai suoi baci, Nathaniel abbandonò la sua bocca e iniziò a baciarle il collo. Cecile gettò la testa all’indietro, ansimando di fronte all’eccitante sensazione che le procuravano le labbra vellutate di Nathaniel sul collo. Intrecciò le dita tra i setosi capelli che gli coprivano la nuca e lo attirò a sé.
— Siete così bella... — mormorò lui, staccandosi per poterla guardare negli occhi. — Proprio la donna di cui avevo bisogno.
Quindi, era davvero solo come lei aveva immaginato! Ma Nathaniel non sapeva chi fosse lei in realtà. Una fitta di malinconia le serrò il petto. Avrebbe voluto dirgli tutto di sé, raccontargli il suo passato, parlargli dei sogni che nutriva per il futuro, ma con lui poteva solo condividere il piacere di quel momento. Per loro due non esisteva alcun futuro.
Potevano solo vivere il presente. Cecile chiuse gli occhi e si abbandonò ai brividi che scossero il suo corpo quando lui posò le labbra sul rigonfiamento dei seni. La baciò attraverso il tessuto leggero che copriva pudicamente la sua scollatura, ma lei poté ugualmente sentire il calore del suo respiro sulla pelle. Un debole gemito le sfuggì dalle labbra, quando Nathaniel le posò una mano sul seno e lo soppesò nel palmo.
Lui la guardò intensamente negli occhi. — Tutto bene?
Cecile annuì. — Sì, sono solo sopraffatta dall’inattesa svolta degli eventi.
Nathaniel le prese il viso tra le mani, scrutandolo con attenzione. — Se vi sentite a disagio, mi controllerò. Possiamo continuare a passeggiare e a conversare... magari tenendoci per mano. — Il suo sorriso era dolce... come se volesse scusarsi.
Cecile s’inumidì le labbra con la punta della lingua. — Io vorrei... — In realtà, non sapeva esattamente quello che voleva o fino a quando fosse disposta a protrarre la finzione di essere una ricca vedova pronta ad avere un’avventura. Fortunatamente, non dovette terminare la frase, perché ancora una volta furono interrotti dagli altri ospiti. Questa volta furono Bernard e Amanda Featherstone a sorprenderli sul sentiero nel bosco.
— Ah, andavamo in cerca di uccelli e abbiamo disturbato una coppia di piccioncini. — La voce baritonale di Featherstone rappresentò quasi una gradita interruzione, mentre Cecile cercava di ricomporsi e si sventolava con la mano il viso accaldato.
— Scusate. Non badate a noi, proseguite pure — disse l’uomo, con un sorriso malizioso.
La signora Featherstone alzò gli occhi al cielo e prese il marito sottobraccio. — Te l’avevo detto che avremmo dovuto prendere l’altro sentiero.
— Non importa, stavamo per rimetterci in cammino — la rassicurò Nathaniel. — Proseguiremo insieme.
E così il loro momento d’intimità si concluse prima d’iniziare, ma le labbra di Cecile fremevano ancora per i baci di Nathaniel e dentro di lei continuò a divampare il fuoco. Se dalla farsa che avevano escogitato non fosse scaturito nulla, avrebbe almeno serbato il ricordo di un attimo indimenticabile di quel torrido e languido pomeriggio in cui aveva rubato un bacio all’ombra fresca degli alberi.