Quando Nathaniel tornò a casa, dopo aver camminato per miglia, non trovò più Cecile nella sua stanza, e quindi si diresse nella propria camera da letto. Lei aveva lasciato un foglio sul comodino, con un messaggio scritto con la sua bella e chiara grafia.

Ti chiedo perdono per tutto il dolore che ti ho causato. Sì, ho mentito su me stessa, ma i sentimenti che provo per te sono veri. Ti prego, perdonami.

Nathaniel chiamò MacKenzie e seppe dal maggiordomo che madame Lambeaux era partita in carrozza.

Il suo primo impulso fu quello di sellare Taccola e di seguirla. Non poteva essere lontana. L’avrebbe raggiunta e... e cosa? Le avrebbe detto che la perdonava? Che la voleva accanto a sé, nonostante tutto? No, non era pronto a farlo.

Benché sentisse che tra loro esisteva un legame speciale, una comprensione reciproca che lui non aveva mai condiviso con nessuno, si rendeva conto che tutto ciò si basava sulla falsità. Lui non conosceva affatto Cecile Lambeaux... sempre che quello fosse il suo vero nome. Quanto di ciò che aveva mostrato di sé corrispondeva alla donna che lei era, e quanto invece era solo una finzione creata ad arte per poterlo conquistare? Forse si era trattato solo di una superba recitazione e non c’era traccia della donna che lui aveva amato per la sua personalità.

Onestamente, in quel momento non aveva né il tempo, né la voglia di scoprirlo. Nutriva ancora molta rabbia, e al tempo stesso non poteva lasciare Peter, che stava iniziando a fidarsi di lui. In quel momento era importante che restasse lì per il ragazzo, ogni singolo giorno. Non poteva andarsene in giro per tutto il paese dietro a una donna misteriosa.

E poi c’era Ronald.

Nathaniel non aveva ancora avuto l’opportunità di parlare con lui, ma sapeva che suo fratello tornava a casa solo quando si trovava in condizioni finanziarie critiche. Avrebbero dovuto discuterne. La prima cosa da fare era prenderlo in disparte per poter parlare di questioni familiari senza essere interrotti dai suoi ospiti. Dovevano parlar chiaro, solo così forse Nathaniel avrebbe finalmente capito perché suo fratello lo odiava tanto.

Ma prima aveva bisogno di dormire. Era stata una giornata piena e faticosa, in cui aveva dovuto stare vicino a Peter durante il funerale di sua nonna e affrontare la verità a proposito di Cecile. Se avesse discusso con Ronald quella sera, probabilmente lo avrebbe preso a schiaffi.

Il mattino seguente, riposato e con la mente più lucida, avrebbe preso in disparte suo fratello e avrebbero parlato. Nel frattempo, mentre Nathaniel si metteva a letto per dormire, con lo stomaco che brontolava per aver saltato la cena, gli fu impossibile impedire alla propria mente di tornare al ricordo di Cecile. Ripercorse ogni momento, le sfumature delle loro conversazioni, la loro intimità, cercando delle tracce che gli facessero capire chi era lei veramente.

Il problema era che Cecile gli era parsa sempre sincera per tutto il tempo che avevano passato insieme. Non c’era stato un solo istante in cui aveva avuto l’impressione che lei esprimesse un’opinione o fingesse interesse in qualcosa solo per mostrarsi d’accordo con lui. Non gli aveva mai dato l’idea di voler accalappiare un marito. Se avesse puntato al matrimonio, non gli avrebbe ceduto sessualmente, ma avrebbe fatto un gioco diverso.

Qual era il suo fine? Solo un’effimera avventura sessuale? La speranza che lui le proponesse di essere la sua amante? Dove si trovava in quel momento? Stava percorrendo una strada accidentata in piena notte, oppure si era fermata a dormire in una locanda lungo il tragitto? Anche lei era sveglia e stava pensando a lui? Sperava che lui la seguisse? Era questo ciò che si aspettava?

Innumerevoli interrogativi gli frullavano per la testa. Passarono parecchie ore prima che Nathaniel riuscisse infine a prendere sonno, tormentato dall’enigma di Cecile e dall’enorme responsabilità che si sarebbe assunto facendo entrare Peter nella propria vita.

— Dobbiamo parlare. Lascia che i tuoi amici escano senza di te. — Il tono di Nathaniel era brusco quando, il mattino seguente, si rivolse a suo fratello.

— Sono il padrone di casa, non posso abbandonare i miei ospiti.

Nathaniel lo guardò dritto negli occhi. — Non farmi infuriare. Ho pazientato troppo a lungo e ora dobbiamo parlare.

Ronald scrollò le spalle. Tutto il gruppo si era vestito per un picnic sul fiume. Le scarpe delle donne e i tacchi alti anche di alcuni uomini non erano adatti per percorrere i sentieri accidentati nel bosco. Gli amici di Ronald e le loro mode appartenevano a Londra, dove sarebbero dovuti restare.

— Sanderson — chiamò Ronald, rivolgendosi al tizio con le lunghe basette — vorresti guidare tu l’escursione di oggi? Sembra che mio fratello abbia bisogno di consultarsi con me su alcune importanti questioni.

— Assolutamente. — L’uomo quasi scodinzolò. Era così felice di essere stato scelto per sostituire il conte!

Il gruppo si avviò lentamente, seguendo i valletti, e Ronald si rivolse a Nathaniel. — Di cosa vuoi parlare? — gli chiese, incurvando le labbra in quell’irritante sorrisetto onnipresente.

— Facciamo due passi anche noi. Per di qua. — Nathaniel prese la direzione opposta rispetto al gruppo, e Ronald lo seguì.

— Questa è una vera sorpresa. Pensavo mi avresti trascinato in quello studio angusto per mostrarmi i libri contabili.

— Conosci bene la situazione della contabilità. Sai che la tenuta è appesa a un filo. Non c’è nulla di nuovo che io possa dirti in proposito — replicò Nathaniel in tono pacato, reprimendo la collera. — Ma se vuoi continuare a condurre lo stile di vita che ti piace tanto, avrai bisogno di una rendita costante e per ottenerla è necessario agire in modo sensato.

— Per questo mi sono affidato a te. Sei un amministratore eccezionale... e a costo zero.

Nathaniel aveva licenziato l’amministratore quando aveva assunto la gestione della tenuta. E ora era intrappolato e costretto a lavorare come uno schiavo nel tentativo di bilanciare le necessità dei fittavoli con le spese esorbitanti del loro signore. Il commento sbrigativo e superficiale di Ronald gli faceva ribollire il sangue, ma si costrinse a mantenere la calma.

— Non voglio parlarti unicamente delle disastrose finanze della tenuta. — Nathaniel decise di passare da una questione irrisolvibile ad un’altra che probabilmente gli avrebbe fatto sprecare altre parole invano. — Quel che hai fatto ieri, l’aver smascherato Cecile di fronte ai tuoi ospiti, è stato... imperdonabilmente rude. — Era un’accusa troppo debole, ma non era riuscito a trovare di meglio. — Perché non sei venuto a parlare con me in privato?

Ronald schiacciò una foglia con il bastone da passeggio dal pomo d’argento, un’affettazione fuori luogo quanto lui stesso su quel sentiero di campagna. — Vuoi davvero sapere perché? Credo che la risposta non ti piacerà.

— Sì. — Nathaniel non aggiunse altro, e rimase in silenzio in attesa di una spiegazione.

— Perché mi divertiva farlo.

— Perché? Come puoi essere divertito dalla sofferenza delle altre persone? Cecile non ti ha fatto nulla di male e io... non ho mai capito perché mi hai sempre odiato.

Ronald si fermò, costringendo Nathaniel a fare altrettanto. Si guardarono negli occhi. La brezza arruffava i riccioli acconciati con cura di Ronald e faceva svolazzare la sua cravatta. I suoi occhi erano lucidi mentre fissava Nathaniel ed era impossibile capire se quel luccichio fosse dovuto alla collera o alle lacrime.

— No, suppongo che tu non l’abbia mai capito.

— Che cosa è successo? Non è stato sempre così, o almeno, non sempre fino a questo punto.

Ronald distolse lo sguardo solo per un attimo, per poi puntarlo di nuovo su Nathaniel. — E così siamo al giorno della verità. Molto bene. Sono sicuro che tu troverai ingiuste le mie ragioni. So che lo sono, ma non posso farci nulla. È semplicemente quello che provo. La verità è che ti ho sempre ritenuto responsabile della morte di mia madre. Tu sei venuto al mondo e mi hai portato via mia madre. È infantile, lo so. Forse, col tempo, sarei anche riuscito ad accettarlo, se tu non fossi stato così maledettamente saccente. Mi dispiace, ma proprio non riuscivo a sopportarti. La situazione poi è precipitata quando ti sei intromesso e mi hai portato via anche Fiona.

— Fiona? — Nathaniel era incredulo, non riusciva nemmeno a parlare. — Tu?

— Ridicolo, vero? Anch’io avevo fatto dei progetti su quella piccola servetta. Essendo giovane e stupido quasi quanto te, pensavo di essermi innamorato di un bel visetto e di un corpo avvenente. Naturalmente, anch’io come te ignoravo che il nostro caro padre se l’era già scopata.

— Tu...

— No, non l’ho mai avuta. Non in senso biblico, anche se una volta ci ho provato. Lei non era interessata a me e io ero troppo orgoglioso per prenderla con la forza. Ma l’avevo adocchiata io per primo, mi ero innamorato di lei per primo. Poi tu sei tornato a casa dal collegio e mi sono accorto di come ti guardava. Era esattamente il tipo di sguardo che avrei voluto fosse rivolto a me. — Ronald fece una risata amara e riprese a camminare, frustando l’erba con il bastone.

Nathaniel lo seguì, incapace di trovare le parole adatte per rispondergli. Sentiva quasi il bisogno di giustificarsi, nonostante non avesse fatto nulla di sbagliato.

— Non indovini chi è stato a dire a nostro padre di voi due? — Ronald gli rivolse un’occhiata carica d’odio e Nathaniel perse all’istante l’impulso di giustificarsi. — In qualsiasi caso, non avrebbe mai funzionato tra voi. Ora te ne rendi conto anche tu, vero? Ti ci vedi a vivere solo d’amore e di povertà? Nostro padre ti avrebbe diseredato, lo sai.

— Hai rovinato la mia vita — mormorò Nathaniel, ma non c’era enfasi nelle sue parole, né alcun desiderio di colpire Ronald e di ridurlo in poltiglia. Si rese conto che la sua vita non era stata rovinata. Aveva solo preso una strada molto diversa, forse la strada giusta, chi poteva dirlo?

— Be’, ormai è una storia vecchia, no? Se non fosse per l’esistenza del ragazzo che la riporta continuamente al presente. Hai intenzione di riconoscerlo, vero? Anche senza avere la certezza che sia davvero tuo.

— Sì.

Ronald scrollò le spalle. — È un Covington. Suppongo sia giusto così, e nostro padre approverebbe. — Alzò gli occhi al cielo. — Credo che sia giunto per me il momento di cercare una moglie e di generare un erede. Senza dubbio, mi troverò accasato con una ragazza con la faccia cavallina e una dote straordinaria.

Nathaniel quasi sorrise. Ronald sembrava così avvilito... Non ne voleva sapere di sposarsi e aveva la stessa espressione disgustata che assumeva quando, da piccoli, la loro bambinaia li costringeva a mangiare la verdura.

— E suppongo che dovrò riportare i miei amici a Londra. Qui non sappiamo già più cosa fare. Naturalmente, avrò bisogno di denaro per sostenere le spese del viaggio e mantenermi per un altro mese o due.

— Naturalmente — mormorò Nathaniel, disposto a pagare qualsiasi cifra pur di liberarsi di suo fratello per un po’. — Dimmi quanto ti serve e vedrò che cosa riuscirò a fare.

— Il denaro è all’origine di tutti i mali — disse il conte dalle mani bucate. — Non dovremmo trovarci in queste condizioni. Avere un titolo e non avere i mezzi per goderselo è terribile.

Nathaniel si morse la lingua per non fargli l’ennesima paternale sul fatto che avrebbe dovuto moderare le spese. Era certo che non avrebbe fatto alcuna differenza. — Per di qua — disse a Ronald, il quale respirava affannosamente, non essendo abituato all’esercizio fisico.

— Oh, no, non la tomba di famiglia!

— Ho pensato che sarebbe stato il luogo adatto per una breve sosta. — Nathaniel aprì il cancello di ferro battuto attraverso cui si accedeva al piccolo cimitero, e gli fece strada.

Si fermarono davanti alla lapide di loro padre. Il granito era più pulito delle altre pietre, e le lettere scolpite da poco si stagliavano pallide contro il fondo grigio scuro: HAROLD ROBERT SCOTT COVINGTON, SETTIMO CONTE DI HILLSHIRE.

— Eccolo qui, il grand’uomo. Mi manca il vecchio demonio — disse Ronald.

Nathaniel si sforzò di provare qualcosa al di là del disgusto, al ricordo di suo padre, ma non ci riuscì. Dopo averlo odiato ferocemente per anni per averlo separato da Fiona, gli orrori della guerra avevano stemperato la sua rabbia. Ma ora che aveva saputo che il conte aveva abusato di tante giovani donne, compresa Fiona, l’odio era risorto più intenso che mai. Persino ora, dopo quasi un anno dalla sua morte, Nathaniel non riusciva a superare la repulsione causata dall’egoistico abuso di potere di quell’uomo.

— No — replicò — io lo odio ancora.

Ronald era accanto a lui e fissava la lapide. — Anch’io.

Si alzò il vento, e le foglie dorate del noce che faceva ombra al sacro luogo, ricaddero a pioggia sulla tomba del padre come una benedizione celeste.

Nathaniel apprezzò l’ironia di quel pensiero.

Un pomeriggio, qualche giorno dopo, il cielo era grigio e una pioggerellina gelida cadeva in sporadici scrosci. Nathaniel e Peter stavano pescando sulla riva del torrente e le trote abboccavano in abbondanza in quella nebbiosa e placida giornata.

— Ne ho presa un’altra! — Peter diede uno strattone alla lenza e portò il pesce in superficie, dove danzò, rimbalzando sull’acqua, mentre lui lo tirava a riva. — Ed è anche grosso!

— La cuoca sarà felice di avere tutti questi pesci da cucinare per cena. Verrai a cena a casa questa sera?

— Potrei portare quelli che ho pescato io a casa mia e friggerli, so come fare. — Il tono di Peter era velato di aggressività. Continuava a ostinarsi a vivere nella casa della nonna e resisteva ai tentativi di Nathaniel di convincerlo a trasferirsi nella grande casa del conte.

— Allora, potresti friggerli anche per me — gli propose Nathaniel, affabilmente. — Se non ti dispiace avere un ospite.

Peter slamò rapidamente il pesce che si agitava e lo depose nel cesto. — Credo che sarebbe interessante vedere come li prepara la vostra cuoca. Pensandoci bene, potrei venire io a casa vostra.

Nathaniel fece un sorriso trionfante per quel piccolo passo avanti. — Sarebbe bello. E se dovessimo finire di cenare troppo tardi, mi farebbe davvero piacere se ti fermassi a dormire.

— Forse lo farò. — Peter chiuse il coperchio del cesto e gettò di nuovo la lenza.

Gocce di pioggia trafiggevano la superficie dell’acqua e da esse si dipartivano cerchi concentrici sempre più grandi. Nathaniel si sentiva sereno in quella giornata uggiosa, ma il dolore causato dall’assenza di Cecile non voleva andarsene.

— Nella mia scuola c’è questa tradizione — disse Peter.

— Sì?

— Una volta all’anno, durante il semestre autunnale, c’è un giorno in cui i genitori possono venire a visitare la scuola. Gli studenti mostrano loro le aule e li presentano agli insegnanti.

La stessa cosa avveniva nella scuola che aveva frequentato lui, rammentò Nathaniel. Suo padre non ci era mai andato e lui aveva osservato con divorante invidia le altre famiglie, orgogliose dei loro ragazzi. Naturalmente, non era stato l’unico a non ricevere la visita dei genitori, ma dentro di sé lui si era sempre sentito come se lo fosse stato.

— Mi piacerebbe venire a vedere se è adatta a te. Forse, se sono fortunato, potrò assistere a uno dei tuoi incontri di boxe.

Riuscì a intravedere il sorriso compiaciuto di Peter, prima che il ragazzo si voltasse a scrutare l’acqua. — Se vi fa piacere... — mormorò, come se non gliene importasse nulla.

La pioggia iniziò a cadere più fitta e Nathaniel si alzò il bavero della giacca. — Abbiamo pescato pesce a sufficienza, credo che potremmo anche andare a casa.

— Sì — annuì il ragazzo, riavvolgendo la lenza. — Dov’è madame Lambeaux? Non la portate più con voi.

Nathaniel si sentì trafiggere da una pugnalata udendo il suo nome. — Era qui solo di passaggio. È tornata a casa sua. — Anch’egli riavvolse la lenza intorno al fuso.

— Ah! Era gentile, mi piaceva molto — disse Peter dopo un breve silenzio.

— Anche a me.

— Avete intenzione di sposarla?

— Ci avevo pensato.

— Gliel’avete chiesto?

— Era troppo presto. Bisogna considerare tante cose prima di prendere una decisione così importante. — Nathaniel raccolse il cesto pieno di pesce e si allontanò dalla riva.

Peter gli marciava accanto. La pioggia gocciolava dalla tesa del suo cappello sulle spalle della giacca. Aveva bisogno di una giacca nuova, i polsini della camicia gli uscivano dalle maniche.

— Conoscete Tommy Weaver, che vive al villaggio? — chiese a Nathaniel.

— Conosco la sua famiglia, non so chi sia esattamente Tommy.

— È molto più grande di me, ma parlavamo spesso insieme quando frequentavo la scuola del villaggio. Tempo fa gli piaceva una ragazza... non posso dirvi chi è perché gli ho promesso che non l’avrei detto a nessuno... ma non le ha detto niente. Mi ha detto che preferiva aspettare e pensarci bene, perché è una delle più grandi decisioni che un uomo possa prendere. La sera del ballo d’autunno, quando finalmente l’ha invitata a ballare, lei era già promessa a Tom Norris.

— Un altro Tom.

Peter lo guardò come se fosse stupido. — Sì. Ma il punto è che aveva aspettato troppo. Lei ha sposato Tom Norris.

Nathaniel annuì, divertito dal fatto che Peter non si fosse reso conto che raccontando quella storia aveva svelato l’identità della ragazza. — Apprezzo il tuo consiglio, ma ci sono altre complicazioni per quanto riguarda me e Cecile... madame Lambeaux.

— L’amate?

— Io... credo di sì — balbettò Nathaniel, assillato dalle sue domande incalzanti. Sarebbe stato perfetto come avvocato, un giorno.

— Come in passato avete amato mia madre? — Gli occhi intelligenti di Peter scrutarono il suo viso. Nathaniel capì che desiderava sapere qualcosa della madre che ricordava a malapena. Desiderava sapere che lei era stata degna di essere amata.

— Ero molto giovane quando l’ho conosciuta, ma l’ho amata profondamente. Tua madre era una donna speciale. L’affetto che provo per madame Lambeaux è diverso, perché io ora sono una persona diversa, ma non per questo è meno intenso.

— Allora, dovreste chiederle di sposarvi prima che sia troppo tardi. — Peter corrugò la fronte e scosse la testa, facendogli capire che pensava che il suo futuro padre si stesse comportando come uno stupido.

— Sì, probabilmente dovrei.

Percorsero il sentiero sterrato verso Covington House, con il fango che faceva cic ciac sotto le suole, mentre la pioggia scendeva sempre più fitta. Nathaniel rabbrividì quando un rivolo d’acqua s’infilò sotto il bavero e gli scese lungo la schiena. Era una giornata fredda, umida e cupa, ma era stato uno dei giorni più belli della sua vita, pensò, arrancando nel fango verso casa insieme a suo figlio.