Male. Male. E ancora male. È proprio vero che quando piove viene giù a secchi.
“Non hai ancora finito di molestarmi?” Getto un’occhiataccia a Roscoe come volessi dargli fuoco. Quelle parole piene di odio lasciano le mie labbra nel momento in cui gli apro la porta, ma resto spiazzata dalla vacuità dei suoi occhi.
Qualcosa è cambiato. Non riesco a identificare bene cosa, ma sembra diverso da prima.
“Non posso andare avanti così.” Ha la voce che trema.
“No, non puoi.” Gli rivolgo uno sguardo stranito.
“Sheri è incinta. Non me l’ha mai detto.” Mette un palmo sul lato della casa e ci scarica tutto il suo peso. “Dice che non vedrò mai mia figlia.”
Il mio primo istinto è quello di chiedere se è sicuro che sia sua, ma c’è troppo dolore sul suo volto. Per la prima volta, da quando Roscoe è venuto in Florida, posso sentire il legame di sangue che ho con lui toccarmi le corde del cuore. Non riesco nemmeno a immaginare come possa essere ritrovarsi in una relazione così violenta. Ritrovarsi con la persona che ami che ti ricatta in ogni modo possibile, facendo leva su qualsiasi cosa per piegarti alla sua volontà fino a farti spezzare. Derrick era cattivo, ma Sheri è a livelli di stronzaggine mai visti prima.
“Mi dispiace, Roscoe” mormoro.
Gli si illumina il volto di speranza quando coglie la sincerità nella mia voce. “Ho bisogno di te adesso, Raven. Ti prego, mettiti alle spalle ciò che è successo fra noi. Sei davvero tutto ciò che mi resta.”
Ci penso per un attimo. C’è una piccola parte di me che vuole cedere e perdonarlo. Ha davvero bisogno di me, questo è più che evidente. Ma c’è stato un tempo in cui ero io ad averne di lui e lui non c’era.
“Roscoe.” Scuoto la testa.
“Mi sento così solo, adesso.” Si nasconde il volto dietro alle mani e comincia a singhiozzare. Questo serve solo a farmi sentire peggio.
D’istinto e contro la mia volontà, faccio un passo in avanti per abbracciarlo. Mi appoggia la testa sulla spalla e piange fuori controllo. Gli sfrego la schiena, sentendomi un po’ imperturbabile rispetto all’intera situazione.
Mi importa, no? Non gli starei offrendo conforto se non me ne importasse. Questo non significa che possa perdonarlo, però.
“Non so cosa farò.” Tossisce.
Non ho nessun consiglio da dargli. Non appena riprende il controllo di sé, mi libero.
“È una situazione davvero brutta” ma te la sei cercata.
“Non so quanto ancora riuscirò a resistere.” Guarda in lontananza.
Attingo dalla mia enorme conoscenza in materia di essere soli, di sentirsi abbandonati senza nessuno che ti conforta o supporta. “Resisterai fino a quando dovrai farlo, perché non hai altra scelta.”
“Non sono forte come te. Non lo sono mai stato.”
“Certo che lo sei.” Gli rivolgo un debole sorriso. “Siamo fatti della stessa pasta.”
“Della stessa pasta, eh?” Si lascia scappare una risata provata.
“Sì. La supererai. Non importa quanto terribile sia una situazione, la vita va avanti. Se c’è una cosa che ho imparato è che la vita va avanti, sempre.” Annuisco alle mie parole.
“Mi sembra che la mia sia finita. Ho perso tutto.” Roscoe si asciuga gli occhi col retro della manica. È vestito come se stesse andando a lavoro, anche se sono certa che non abbia lavorato da quando è arrivato in Florida. Ha sempre avuto gusto per gli abiti, però.
“Persino quando pensi di aver perso tutto, non è così. La cosa positiva di aver toccato il fondo è che non puoi far altro che risalire.”
“Sembra una di quelle cose che direbbe papà.”
“È vero.” Un flash di nostro padre seduto sulla sua poltrona davanti alla televisione mi passa per la testa, e sento un’ondata di dolore per la perdita, una perdita che condividiamo entrambi.
“Non so dove andare da qui.” Roscoe fa un profondo respiro.
“Lo capirai.”
“Forse potrei farcela con te al mio fianco.”
“Non ci sarò” gli dico, anche se il mio tono non è crudele.
“Sì invece. L’hai detto tu. Siamo fatti della stessa pasta. Dobbiamo restare uniti.” La disperazione si impadronisce ancora della sua espressione.
Mi stringo fra le braccia per proteggermi. “Quando i nostri genitori sono morti, stavo davvero malissimo. Avevo bisogno di te più che mai. Tanto quanto tu ne hai di me adesso. Tu non avevi bisogno di me, perché avevi Sheri a darti conforto. Io non avevo nessuno. Ero sola. Sono state troppe le volte in cui ho pensato di non potercela fare.” Le lacrime mi riempiono gli occhi e ce la metto tutta per non farle traboccare.
“Raven, mi dispiace così tanto. Non volevo... vorrei essermi comportato meglio.” Si allunga per afferrarmi le braccia, ma mi ritraggo.
“Non c’eri. Ho dovuto trovare la mia strada.” Stringo gli occhi a chiuderli per respingere il dolore e le lacrime mi rigano le guance. “So che non dovremmo ricambiare il dolore col dolore. So che voltandoti le spalle sto in pratica facendo la stessa cosa che mi hai fatto tu tagliandomi fuori dall’eredità, ma adesso non posso. Non ce la faccio a perdonarti.”
“Non posso farcela da solo, Raven” gli si spezza la voce e sono preoccupata che stia per ricadere in un’altra crisi di pianto.
“Puoi e ce la farai. Proprio come ho fatto io” dico prima di rientrare in casa e chiudere la porta dietro di me.
***
“A volte mi chiedo come sarebbero state le cose se Roscoe non avesse fatto ciò che ha fatto.” Picchietto le dita a ritmo sul tavolo del salotto. Per la testa mi passa solo ciò che non è mai avvenuto. Io e mio fratello che ci sosteniamo a vicenda per superare la tempesta emotiva per la morte dei nostri genitori, passiamo in rassegna tutte le loro cose e ripercorriamo i ricordi della nostra infanzia, ridiamo dei bei momenti e ci aiutiamo l’un l’altra mentre piangiamo su cose così personali che vanno dritte a colpire il cuore.
Quel passato non è mai esistito. Forse già consapevole che mi avrebbe lasciata quasi senza niente, quando i nostri genitori sono morti Roscoe ha preso le distanze. Non lo vedevo mai, a meno che non passasse per occuparsi dei suoi affari personali. Quelle volte erano brevi e faceva sempre la faccia seria, senza mai mostrare un accenno di emozione. Avrei dovuto sentire l’odore del tradimento da chilometri di distanza ma, in quel momento, avevo pensato che fosse il suo modo di affrontare il dolore. Sono restata del tutto sconvolta quando mi ha detto come aveva pensato di gestire il testamento.
“Sembra che stia iniziando ad arrivare a te.” Cindy mi getta un’occhiata da sopra alla spalla dalla cucina. La cena di stasera è salmone con pesto all’aglio. Non è una delle sue creazioni, dato che l’ha comprato già pronto al supermercato.
Imposta la temperatura del forno e toglie la pellicola di plastica dal pesce. Era già in una vaschetta da forno quindi non deve far altro che mettercelo dentro, una volta riscaldato. Un pasto semplice col minor disturbo possibile.
“No” insisto e scuoto la testa. “Vorrei solo che le cose non fossero andate in quel modo.”
“Non puoi cambiare ciò che è successo e neanche lui può farlo. Puoi solo perdonarlo e andare avanti.” Cindy si lava le mani nel lavello prima di venire verso di me e sedermisi davanti.
“Lo so. Non sono ancora pronta per perdonarlo, però.” Faccio un respiro profondo e appoggio i gomiti sul tavolo.
“Sei davvero brava a portare rancore.” Sorride.
“Non è passato poi tanto tempo” le ricordo.
“Comunque, è ovvio che il ragazzo stia davvero male se continua a venire qui.”
“È vero, ma anche io stavo male non molto tempo fa.” Sospiro.
“Vuoi davvero ripagare la crudeltà con la crudeltà? Non credo che tu sia quel tipo di persona.” Si china un poco per attirare la mia attenzione.
“Non è crudeltà. Sto solo dando una mano al karma. Prima Roscoe capirà che non ci sarò per lui, prima muoverà il culo e farà ciò che deve.”
“Non tutti reagiscono come fai tu, Raven.” Guarda indietro verso la cucina come se servisse a far cuocere il salmone più in fretta. “Sto pensando di fare i cavoletti di Bruxelles come contorno. Quelli o i broccoli. Abbiamo mangiato i broccoli ieri sera, però.” Fa una smorfia. “Che ne pensi?”
“È uguale.” Scaccio via la domanda con la mano. “Sono così nervosa che non ho neanche fame.”
“Beh, a quanto pare i suoi tentativi non sono del tutto vani. Sta iniziando ad arrivare a te.” Fa un grande sorriso. “Non sei mai stata così pensierosa dopo una sua visita, finora.”
“Era diverso, questa volta.” Richiamo la assoluta disperazione stampata sui tratti di mio fratello. “Irradiava un tipo di dolore che non ho mai percepito prima.”
***
“Sei nervoso per domani sera?” chiedo a Croix mentre giaccio fra le sue braccia e mi crogiolo nei postumi di un meraviglioso orgasmo. Mi ha portata in vetta con le dita prima di immergermi il volto fra le pieghe e farmi venire di nuovo. Quando mi sono avvicinata per restituirgli il favore, mi ha tirata a sé, in pratica obbligandomi ad appoggiargli la testa contro al petto.
In quel momento, ho pensato fosse perché aveva bisogno di riprendere fiato, ma non mi c’è voluto tanto perché capissi che c’era di più. Si sta comportando in modo strano. Ha senso, però, considerando tutta la pressione che si ritrova addosso. Domani sera ci sarà l’inaugurazione del Club dei Miliardari. Ogni cosa per cui ha lavorato verrà alla luce.
“Sono nervoso,” ammette, “ma non per i motivi a cui forse stai pensando.”
Mi scosto da lui per guardarlo in volto, lo stomaco mi si contorce per un misto di confusione e terrore. “Cosa vorresti dire?”
Croix mi prende la mano nella sua, posando gli occhi fissi sui miei. “Ci sarà un ospite parecchio spiacevole, domani sera.”
Più spiacevole della tua piccola mammina? penso, anche se non mi azzardo a dirlo. Non appena quel pensiero sfuma, capisco di chi sta parlando. La torsione del mio stomaco si stringe in un nodo.
“Oh Dio, no. Non me lo dire.” Cado di faccia sul cuscino accanto a lui.
“Sì.” Annuisce con un forte sospiro.
Mi tiro su per confermare ciò che so già. “È quello stronzo di Derrick, vero?”
“Già.” Si fa piccolo, come si aspettasse che mi prenda un colpo.
Rotolo sulla schiena e premo le dita contro alle tempie. “Com’è successo? Non hai tu il controllo della lista degli ospiti?”
“Ce l’ha Bruno. Beh, di una parte.” China la testa per guardarmi. “È stato lui a invitare Derrick. L’ha fatto con tutti i miliardari di bell’aspetto.”
“Come alla festa.” Lascio cadere le mani sui fianchi nel comprendere, anche se la frustrazione non se ne va.
“Come alla festa.” Fissa il soffitto.
“Da quanto lo sai?”
“Dall’inizio. Derrick non aveva confermato la sua prenotazione fino a poco fa, però. A essere sincero, non pensavo che sarebbe venuto, dato che ora è occupato col suo club. Non volevo che ti stressassi finché non ero sicuro che si sarebbe presentato.”
“Che vita di merda” gemo e rotolo accanto a Croix.
Mi accarezza dolce i capelli. “Non devi venire all’inaugurazione se non vuoi, Raven.”
“Devo farlo, altrimenti gliela darò vinta, se penserà che sia scappata per paura.”
“Non è vero.” Scuote la testa. “Posso anche dirgli che ti sei licenziata, così metteremo fine a tutto.”
Ancora una volta, ho l’impressione che non mi ci voglia. Avere attorno Kenzi forse avrebbe generato un dramma. Il fatto che adesso ci sia anche Derrick rende la cosa più probabile. Sono sicura che la mia presenza non farà altro che stressare Croix, perché sentirà il bisogno di farmi da tata per mantenere la pace. E farlo mentre deve intrattenere le persone sarà dura per lui. Non voglio che si senta obbligato a stare accanto a me.
“Voglio esserci per sostenerti” dico debole.
“So di avere il tuo sostegno.” Mi avvolge fra le braccia.
“Preferiresti che non venissi?”
Mi rimette una ciocca di capelli dietro all’orecchio e mi scansiona il volto con gli occhi. “Certo che no, non potrebbe esserci cosa migliore per me. Voglio la donna che amo al mio fianco, sempre.”
Le sue parole mi toccano un punto debole del cuore e vado in estasi. Sembra così sincero che non posso fare a meno di credergli.
“D’accordo allora.” Sorrido dolce. “Ci sarò.”