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Lane si era fatto prendere dall’ossessione del caso NOON. Harpur ne riconosceva i sintomi, che si aggravarono di colpo quando fu trovato il cadavere di Timothy Astor Montain. Nonostante la cosa fosse sempre stata più che probabile, Lane sembrò devastato da questo secondo shock. La reazione del Capo era ancora più convulsa che di fronte alla morte della bambina. Sottili rughe di angoscia o di rabbia o di tutte e due le cose gli tremolavano all’improvviso sulla faccia e la fronte giallastre. Non riusciva più a controllare la voce, e quasi tutto il tempo parlava strombazzando, come se fosse deciso a imporsi, ma non fosse sicuro di riuscirci. Non c’era mai riuscito, tranne quando Iles era distratto da problemi a casa o andava in ferie. Harpur non sopportava di vedere Lane ridotto così. Non avrebbe potuto sopportare di vedere nessuno in quello stato lì, ma nel caso del Capo la cosa sembrava particolarmente triste. Lane un tempo era stata una testa fina, un ottimo investigatore operante nel territorio limitrofo, e di tanto in tanto ad Harpur era capitato di collaborarci con profitto. Ma quel ruolo di vertice, più Iles, ne avevano avviato il processo di disfacimento. Aveva già avuto un esaurimento nervoso e adesso pareva candidato al secondo. Iles non avrebbe messo a disposizione alcun supporto terapeutico. Perché il Capo non si concedeva una vacanza? No, certo che no, non adesso. La missione. Doveva salvare il reame dal marciume. La faccia poteva pure essere giallastra, però poteva dare un’impressione di risolutezza, di tanto in tanto.
La notizia che Montain era morto arrivò verso la fine di una riunione convocata da Lane, presenti Harpur e Iles nonché tutti i funzionari della Squadra Narcotici che avessero una buona conoscenza dell’Ernest Bevin. Il Capo voleva quel che ebbe a definire un «aggiornamento a trecentosessanta gradi», che però finì col rivelarsi un aggiornamento che non aggiornava chissà quanto. Nel momento in cui Francis Garland fece il suo ingresso in sala riunioni in veste di messaggero, Lane stava riassumendo il tutto con ragionevole compostezza, nonostante i vestiti indossati, e con il suo normale, moderato tono di voce. Aveva sottolineato la propria determinazione nel rifiutare tacite alleanze tra la polizia e trafficanti o grossisti d’alto rango. Si era persino fatto una risatina: «O di basso rango, se è per questo. Ma soprattutto non tollererò una politica delle “larghe intese” con i magnati del crack e dell’erba nell’ipotetico interesse della pace sulle strade. Questo è un prezzo che non possiamo pagare». Il discorso era rivolto principalmente ad Iles, anche se questo lo sapevano soltanto il suddetto, Harpur e il Capo. Lane stava proclamando che qualsiasi cosa Iles pensasse in base alla sua «teoria del caos», Lane non ci stava, e voleva combattere contro il crimine. E combattere pure contro Iles. Da un certo punto di vista era una bella dimostrazione di coraggio da parte del Capo: come se finalmente avesse superato quel senso di soggezione nei confronti dell’A.C.C. Magari non ci sarebbe stato nessun esaurimento nervoso, dopo tutto. Mentre il Capo arrischiava l’affondo, Iles si dedicava a grattarsi e riallinearsi le palle all’interno dei pantaloni di flanella grigia con il cavallo stretto. L’A.C.C. manteneva un sorrisetto compiaciuto.
Poi era entrato Garland ed era rimasto in piedi in fondo alla stanza, come se fosse entusiasta di ascoltare le perle di saggezza di Lane in materia di politica aziendale. Quando il Capo ebbe finito, Garland si avvicinò e sussurrò la notizia all’orecchio di Harpur.
«Be’», domandò Iles, sprofondando ulteriormente nella sua poltroncina, «che cazzo è successo?».
Garland disse: «Una questione di una certa urgenza che riguarda il dipartimento, signore. Pensavo che...».
«Hanno trovato uno di quelli di Sphere Street?» fece Iles. «Morto?».
Harpur disse: «Francis mi sta dicendo che è Timmy Montain».
«Ah...» disse Iles. Harpur lo vide dare mentalmente un’occhiata al fascicolo. «Sui ventisette anni? Occhiali da sole? Potrebbe corrispondere all’identikit del giovanotto sparato accanto alla Carlton?».
Lane adesso si mise a gridare, ed una ruga rossa gli serpeggiò su una guancia e lungo il naso, come i proiettili traccianti in mezzo al cielo notturno nei film di guerra. «Ma lei come faceva a saperlo, Desmond?».
«A sapere che cosa, signore?» mormorò Iles.
«A sapere che sono queste le informazioni riferite da Francis».
«Non lo sapevo, signore. Sono andato d’intuito. All’Accademia mi avevano affettuosamente ribattezzato “Iles l’Intuitivo”. Dicevano fosse il felice risultato della mia vena femminile. Tutti quanti abbiamo tracce dell’altro genere sessuale, si capisce. Sono certo che la signora Lane appoggerebbe questa tesi». Quelli della Squadra Narcotici si erano seduti ancora più comodi e osservavano ed ascoltavano in estasi, ma nessuno parlava.
«E come fa lei a conoscere quest’uomo?» replicò Lane, sempre con la voce tra il ringhio e lo strillo.
«Timmy dovrebbe essere noto alla gran parte dei presenti, signore. È un frammento insignificante del microcosmo dei trafficanti locali, già da alcuni secoli. Gran bella madre vedova, sui quarantacinque ma con una sua eleganza».
«Dei trafficanti locali?» fece Lane. «Già da alcuni secoli? E tutto questo è stato tollerato?».
Il Capo lo sapeva benissimo, ovviamente. O quantomeno, un tempo lo sapeva. Adesso che stava in alto, doveva fare la parte di quello che pensa che la criminalità in tutte le sue manifestazioni vada annientata all’istante.
«Perché è stato tollerato, signore?» rispose Iles. «Beh, per quella consueta, famosa discrepanza».
«Quale discrepanza?» disse il Capo. «Ah, lei vorrebbe dirmi un’altra volta...».
«La discrepanza tra il sapere una cosa e il provarla in maniera soddisfacente agli occhi di una giuria britannica scarsa di comprendonio, corrotta, anti-polizia nonché oggetto d’intimidazioni...» replicò Iles. «Dico il vero, eh, Harpur?».
«Tim Montain è stato rinvenuto cadavere in una delle case abbandonate presso Valencia Esplanade, al porto. Francis dice che c’erano due ferite d’arma da fuoco al tronco, ma ad ucciderlo dovrebbe essere stata una pallottola alla testa, sparata da distanza molto ravvicinata. La Valencia è molto distante da dove è stata ritrovata la Carlton».
«Mio Dio» strillò Lane. «Una giungla».
«Un’esecuzione» disse Iles. «Questa possibilità c’è sempre stata».
«Che sta succedendo?» urlò rabbiosamente Lane. «Eliminato dai suoi stessi compari? Ma quel nero non lo aveva tratto in salvo, a Sphere Street?».
«A Sphere Street può anche averlo tratto in salvo, signore» rispose Iles. «Però le cose cambiano. La pazienza nei confronti di un ferito può anche affievolirsi. Oppure Montain stava talmente male che alla fine se l’è chiamata: non volevano rischiare una visita all’ospedale, perciò questa era la soluzione più pietosa tra quelle praticabili. In ogni caso, forse non è corretto dare per scontato che gli abbia sparato il nero col Kalashnikov. C’era anche l’autista della banda».
«Andrei a dare un’occhiata al cadavere, signore...» disse Harpur.
«Ma certo» rispose Lane. «Sa che le dico, Colin, penso sia il caso che venga anch’io. Questo omicidio... ha tante di quelle implicazioni. L’effetto cumulativo di questo fatto e della bambina. È mio dovere esser presente».
Il Capo stava eternamente all’erta riguardo a quello che a suo modo di vedere era l’effetto cumulativo del male. Viveva nel terrore che, nel suo distretto, l’illegalità procedesse al galoppo fino a diventare la norma. Forse, nel momento stesso in cui si sforzava di confutarla, Lane in realtà credeva nella teoria del caos dell’A.C.C., se teoria del caos significava che qualsiasi cosa potesse succedere avrebbe comportato un effetto valanga, e di lì fino alla catastrofe. In effetti, Harpur aveva la sensazione che i timori di Lane andassero oltre le più nere aspettative di Iles. Il Capo pensava che il male potesse vincere su scala planetaria e che con ogni probabilità avrebbe iniziato la sua vittoriosa avanzata proprio da qui, dal suo territorio, se lui non riusciva a fargli fare marcia indietro. La figlia maggiore di Harpur, Hazel, aveva osservato una volta che il Capo la faceva pensare a un personaggio di Graham Greene: chissà che cosa intendeva dire. Vabbè, che cosa intendeva dire gliel’aveva spiegato: pensava che Lane l’insuccesso se lo andasse a cercare, dimodoché Dio lo commiserasse e lo amasse di più.
«Sì, forse sarebbe meglio andare tutti e tre a vedere Montain» disse Iles.
Oh, Gesù.
L’A.C.C. si alzò in piedi, pronto; sissignore, pronto e con indosso uno dei suoi doppiopetto azzurri usciti dalle pagine della defunta rivista Tailor and Cutter.
«È un peccato dover interrompere la riunione, signore» disse Harpur a Lane. «Era molto utile». Vabbè, insomma: qualche diceria, qualche ipotesi, qualche nome. Non c’erano dubbi che alcuni elementi della Squadra Narcotici sapessero praticamente tutto quello che c’era da sapere in merito al traffico di droga all’Ernest Bevin e al di là dei suoi confini: elementi come Sophie Pole, Peter Lace, Wayne Patterson Jantice – o W. P. come preferiva farsi chiamare –, Naomi Anstruther e Daphne Ann Calt. Mentre ascoltava, Harpur si era ritrovato a pensare che, se infiltrazione doveva essere, allora la più adatta era probabilmente la Anstruther. Era nella sua lista di candidati sin dall’inizio, e più la guardava e più la ascoltava adesso più si andava convincendo che fosse la persona giusta. Aveva quello sguardo nervoso e nostalgico che poteva significare una passata dipendenza. Qualcuno era stato di manica larga nell’arruolarla in polizia... oppure ci aveva visto lungo. Un sacco di trafficanti venivano fuori da una dipendenza, o c’erano ancora dentro, e quella sua aria disorganizzata poteva essere un vantaggio. Era molto sveglia, e quando parlava della struttura delle organizzazioni criminali lo faceva con totale cognizione di causa, con simpatia perfino, avrebbe detto Harpur. La gente che coltiva una dipendenza, o la memoria di una dipendenza, prova una certa simpatia nei confronti del sistema che soddisfa quella dipendenza, e crepi l’avarizia. A livello di vestiti la Anstruther era piuttosto sciamannata, ma non così sciamannata da far capire che era uno sbirro in incognito.
«Possiamo sempre riunirci un’altra volta» dichiarò il Capo. «Ma io penso che abbia ragione Colin, che questo secondo morto debba essere una priorità, a questo punto». Si alzò in piedi anche lui e per un attimo concesse la miglior visione possibile del suo profilo. Anche questa è leadership.
Iles osservò: «Siamo fortunati qui, col Capo che entra nel vivo dell’azione, dico bene, Col?».
«Credo che Montain lavorasse di frequente con un tizio chiamato Neville Greenage» disse Harpur. «Mansel Shale a volte li utilizzava in coppia».
«Di recente molto meno, signore» disse W. P. Jantice. «Hanno lavorato fuori, da qualche altra parte. Ho informazioni stando alle quali Mansel non si fidava più di quei due».
Lane disse: «Voialtri sapete tutto quello che c’è da sapere, a livello di strada».
In macchina, con Harpur e Iles, il Capo disse: «Lo vedo bene, W. P. Jantice. Come possibile infiltrato, dico. Ha la sottigliezza e ha le cognizioni... è al corrente di tutte le mutevoli complessità. Quello lì all’interno di un’organizzazione criminale saprebbe orientarsi subito. Cosa cruciale per la sua incolumità, che è la mia prima preoccupazione. La nostra comune preoccupazione, in effetti, lo so bene».
«Lo dicono tutti di lei, signore» replicò Iles. «Lo dicono ad alta voce».
Montain giaceva in mezzo ai calcinacci al piano terra di una delle grandi derelitte vecchie ville di Hawser Street, che dava sulla Valencia Esplanade. Delle lampade ad arco illuminavano il cadavere e altri punti dello stanzone. Un paio di uomini stavano cercando in mezzo ai detriti vicino alla porta, ma non ancora secondo una logica ben precisa. Ce n’erano un sacco, di detriti vicino alla porta: pezzetti di stucco e di muratura, vecchi cartoni di cibo da asporto, pezzi di legno, lattine, bottiglie, preservativi raggrinziti, frammenti di vestiti vecchi e sudici. Qualsiasi movimento sollevava un muro di polvere che ci metteva dei minuti prima di tornar giù. Dopo un po’ ci si poteva abituare agli odori. La testa di Montain aveva subito gravi danni. Questo poteva significare proiettile di grosso calibro o semplicemente distanza ravvicinata. Harpur gli si accosciò accanto.
Si notava il rigonfiamento dovuto a una fondina ascellare sotto il risvolto sinistro della giacca di Montain, e si scorgeva il calcio di qualcosa di pesante. Buona parte della carriera di Harpur era trascorsa a guardare cadaveri, armati e disarmati, rinvenuti presso queste un tempo nobili magioni. La città le avrebbe spazzate via tutte quante e ci avrebbe costruito sopra dell’altro, quando avrebbero ricominciato a girare i soldi. Non ne giravano da cinque anni almeno. Ed ogni anno queste case sprofondavano un po’ di più nel degrado. La gran parte erano sigillate con le assi. Ma le assi non tenevano alla larga gli avvinazzati e i vagabondi e le prostitute con i clienti, e i latitanti, e la gente che cercava un posto tranquillo per un omicidio. Queste case qui erano state costruite nel secolo precedente per i ricchi commercianti. A quei tempi, Valencia Esplanade doveva esser sembrato il nome giusto, con un suono allegro, per una strada sul lungomare, un nome che sapeva di successo e di prospettive. Adesso, “Esplanade” suonava pomposo. La gente di solito chiamava questa zona “la Valencia” e basta, e quando lo dicevano non c’era nessun incanto, nella loro voce.
Era venuto sul posto pure Garland, che iniziò a spiegare: «Ha addosso una calibro 45 Smith & Wesson Modello 645. Arma formidabile. Grilletto a doppia azione, caricatore da otto colpi».
Iles fece: «Ma è stata adoperata?».
«Ho pensato fosse meglio non controllare finché non arrivano quelli della Scene of Crime» replicò Garland.
«Assolutamente...» disse il Capo.
«Harpur, gli chieda se secondo lui è stata adoperata, mi faccia la cortesia, eh?» disse Iles.
«Secondo lei è stata adoperata, Francis?» chiese Harpur.
«C’è un solo colpo nel caricatore» rispose Garland. «Sì, l’odore indica attività recente. Ci sono frammenti di cibo piuttosto fresco in giro per la stanza. I tre potrebbero essersi accampati qui subito dopo Sphere Street. Magari avranno pensato che ci sarebbero stati posti di blocco, in seguito alla sparatoria, e che sarebbe stato più sicuro nascondersi. Ovviamente avranno rubato un’altra macchina, per cui stiamo controllando se manca qualcosa vicino al posto in cui abbiamo ritrovato la Carlton. Stiamo controllando pure i veicoli parcheggiati intorno alla Valencia. Sarà nelle vicinanze. Montain poteva non essere in grado di camminare a lungo».
«Negozi?» disse Lane.
«Naturalmente stiamo facendo il giro di tutti i posti dove potrebbero aver fatto provviste» rispose Garland. «Ma c’è tutta una popolazione che passa per queste case qui, e i residui di cibo non sono necessariamente quelli dei loro pasti. Niente affatto». Garland, il ragazzo meraviglia in corsia preferenziale per le alte sfere gerarchiche, adorava salmodiare. La sua voce andava a sbattere contro i muri scrostati e riecheggiava. Iles era solito dire che se Garland avesse dovuto lasciare la polizia poteva sempre lavorare come one man band di tamburi d’acciaio. Ma a proposito di Hawser Street aveva ragione: c’era gente di tutti i tipi che passava qui una notte o due, poi se ne andava. Non c’era nessun altro nella casa, adesso. Ovviamente. Il rumore di uno sparo bastava a far scappare la gran parte degli inquilini. E la presenza di un cadavere a fare scappare gli altri. Tutti fuori prima che arrivi la legge.
«Dovrebbe essere un fatto di routine, perquisire queste case, ogniqualvolta un sospetto scompare» disse Lane.
«Le abbiamo perquisite, signore» gli disse Iles. «Per questo ce l’abbiamo trovato».
«Prima, intendo dire...» fece Lane.
«La prossima volta che sparano a una ragazzina in mezzo alla strada, veniamo qui di corsa...» gli rispose Iles.
Harpur disse: «Abbiamo dovuto concentrare le prime ricerche vicino a dove è stata ritrovata la Carlton».
Lane si chinò accanto ad Harpur, guardando fisso la ferita e le macchie di polvere su quel che restava della faccia di Montain. «Era uno del luogo?» domandò il Capo.
Harpur annusò qualcosa di profondo e forse di religioso, nella domanda. Lane voleva sapere com’era possibile che a un ragazzo del luogo, a un concittadino, fosse stato permesso di fare un simile capitombolo, questa fine meschina in una catapecchia abbandonata. Era il secondo giovane del luogo a morire di morte violenta. Era la normalità, questa, nel territorio di sua competenza? Il senso di colpa, il senso di responsabilità: non smettevano mai di tormentare il Capo. Adesso gli facevano tremare la voce.
Iles disse: «Forse potrebbe esser presente anche Harpur, ma intendo dare la notizia alla madre di persona».
«Oh, Desmond...» replicò Lane, raddrizzandosi, «ma sarà...».
«Qui ci vuole delicatezza» disse Iles. «Montain era un delinquentello da due soldi, fermo restando che il Signore ci ha fatto la grazia e c’è un malfattore di meno. Allo stesso tempo, Timmy era senza dubbio alcuno un figlio di mamma, proprio come noi, signore: lei, io stesso, Harpur, perfino Garland».