15

Non appena rientrato Shale ebbe la sensazione che dentro casa ci fosse qualcun altro. Era una sensazione e basta. Ma se c’era una cosa di cui si fidava era il proprio intuito. Ci aveva costruito sopra la propria fortuna. Sua madre gli diceva sempre che aveva più intuito di una donna, e sua madre sapeva il fatto suo. Non tirò fuori la Beretta o cose del genere. Il panico lui lo detestava. Poteva semplicemente trattarsi di Alfie, venuto a comunicare un’altra delle sue urgenti e tormentose riflessioni. O magari una delle ragazze che di recente erano state di casa: Lowri o Patricia oppure Carmel. Sia Alfie che le donne di cui sopra avevano le chiavi, e Shale non si preoccupava mai di cambiare la serratura dopo che una ragazza andava via. Pareva una cosa davvero meschina. Se hai condiviso l’intimità con una ragazza per delle settimane o addirittura per dei mesi, quella avrà pure il diritto d’entrare a casa tua di tanto in tanto, basta che non si porti via troppa roba, e tutto sommato le tre suddette s’erano comportate bene da quel punto di vista lì. Come al solito aveva lasciato qualche luce accesa in giro per casa, perciò il visitatore poteva trovarsi in una di tre o quattro stanze, tra pianoterra e primo piano. Se era una delle ragazze, ed era in camera da letto, molto probabilmente la cosa aveva un certo significato, e lui non sapeva se gli andava, stasera, dopo tutto lo stress. Una delle ragazze s’era rifatta viva una sera, non tanto tempo fa, ed era stato bello.

Era stata Patricia, gli sembrava di ricordare. Le ragazze hanno le loro esigenze, in nome di Dio. Gli sembrava che potesse esserci in giro un profumo vagamente familiare, perciò forse la sua reazione non era basata esclusivamente sull’intuito. Poteva essere il Red. O forse il Brute. Era ragionevolmente sicuro che una delle ragazze usasse il Red. Una volta gliel’aveva regalato lui. Magari Alfie usava il Brute.

Shale teneva nell’ingresso una poltrona edoardiana tappezzata in azzurro e oro: ci si sedette sopra e tese le orecchie. Sbottonò la giacca per poter arrivare più facilmente alla Beretta, ma non più di questo. Aspettò tre o quattro minuti seduto lì, ma non sentì nulla. Non per questo si persuase d’essersi sbagliato, però. Tutto gli faceva pensare che chiunque ci fosse volesse rimaner nascosto e sapesse come evitare di far rumore. L’intruso doveva averlo sentito aprire la porta d’ingresso. Ragion per cui non doveva trattarsi né di Alfie né di una delle ragazze. A un certo punto, gli avrebbero dato il benvenuto. Fu allora che Shale estrasse la pistola da sotto la cintura. Meno male che i suoi figlioli erano via. C’era gente problematica in circolazione, e dopo Sphere Street tirava una gran brutta aria. Era arrabbiato, non spaventato. Non gli garbava l’idea che qualcuno facesse un’effrazione in un’ex canonica. Era raro che Shale si prendesse uno spavento. Era convinto che se ti ritrovi un cervello la maggior parte dei pericoli li aggiri da solo. No, non ne era convinto, però voleva esserlo.

La sommità delle scale che andavano dall’ingresso al piano di sopra era al buio. Quando fu trascorso un altro minuto si rese conto di colpo che lassù c’era qualcuno che lo guardava, e non era una ragazza. Sgranando gli occhi, riuscì a distinguere i contorni di un uomo, in piedi sul pianerottolo. La figura era immersa nell’ombra, e Shale non era tanto sicuro. Non era la corporatura di Alfie, e nemmeno di Neville Greenage o di Earl: troppo magro. Nell’ingresso c’era la luce accesa, e Shale si rese conto d’esser lì seduto a fare da bersaglio, con la pistola in bella mostra. Poteva esserci più di un intruso. Quando riportò lo sguardo sulla figura al piano di sopra, vide che s’era mossa e stava scendendo per le scale. Shale si mise in piedi e impugnò la Beretta a due mani. «Resta un minutino dove sei, figliolo» disse. Bisognava sembrare rilassati.

«Questa è una visita d’affari, Manse». Desmond Iles discese gradualmente nella zona illuminata, prima le scarpe poi il resto. «Dovresti adottare maggiori misure di sicurezza, sai, dopo Sphere Street. Potresti pure essere un bersaglio, no? Almeno chiudere le tende...?».

Shale abbassò la pistola, poi la infilò di nuovo nella cintura. Sentì addosso un gran pizzicore, che era una sensazione di trionfo, e sorrise. La rabbia svanì. Questo qui era un Assistente Capo venuto in pellegrinaggio a casa sua, che aveva compiuto un’effrazione per potergli parlare in confidenza, per una trattativa: e che altro sennò? Se solo quel bastardo calunniatore di Jack Lamb avesse potuto vedere la scena. Iles era qui per conto del Capo, questo era ovvio. Probabilmente Lane non riteneva giusto fare il primo approccio di persona. Shale poteva pure capirlo. Era un processo delicato. Iles era proprio il tipo del cazzeggione capace di farsi il bagnetto dentro il Brute.

«Dobbiamo parlare in confidenza» disse Iles. «Ho ritenuto di controllare tutte le stanze con la luce accesa. Non vogliamo interruzioni, Manse, gente che va in giro a fare turismo. Scusa, ma chi ti ha consigliato quest’arredamento del cazzo... il Principe Alberto?».

Era tipico di Iles dire delle cose così giusto per ferirti. Lavorava così, lui. Doveva buttare a terra la gente, pure gente che rispettava e di cui aveva bisogno. Commenti come quello che aveva appena fatto erano metà invidia e metà difesa. «La manda il signor Mark Lane, signor Iles?» replicò Shale. «Lei è una specie di suo emissario?». Il segreto era mantenersi di una cortesia assoluta: avrebbe fatto il suo effetto, persino a un famosissimo barbaro del cazzo come questo qui.

«Al momento sto parlando con una o due persone, in termini del tutto generali» disse l’A.C.C.

«Io la stavo aspettando» replicò Shane.

«Fandonie».

«In effetti, quel che si suol dire l’intuito mi suggeriva che c’era qualcheduno in casa, signor Iles».

«Be’, che coincidenza» esclamò Iles. «Anch’io vado forte a intuizione, Manse. C’è chi mi chiama “Iles l’Intuitivo”, o anche soltanto “Intuitivo”, per brevità».

«Lei dice una o due persone... quali persone?» replicò Shale.

«Ma tu eri il primo della lista, Manse».

«Intende dire che vuol parlare pure con Panico Ralphy e con Vine e Stanfield? Pure con Misto?». Si spostarono in salotto. «Non stia a crucciarsi per le tende, signor Iles. Ci sono i campi circostanti». Aveva letto che le classi alte con case grandi e terreno tutt’intorno le tende non le chiudevano mai.

«Eppure tutto sommato ’sta vecchia casa mi piace, Manse» disse Iles. «Ho passato al setaccio la scrivania senza imbattermi in alcunché di compromettente, e nemmeno di sconveniente. Potresti sembrare pulito. E io questa diligenza la apprezzo. Pure la cassaforte sembra sicurissima».

«Grazie, signor Iles» replicò Shale. Il problema con Iles era che poteva diventare violento, e non potevi prendere in parola nulla di quel che diceva. Non si può prendere in parola nulla di quel che dice un qualsivoglia funzionario di polizia, questo si capisce, e più in alto vai nella gerarchia peggio è: ma di Iles ci si poteva fidare dieci volte meno che degli altri. Aveva questo faccino esile, lo sguardo incredibilmente gentile, la pelle liscia liscia, non sembrava per niente un poliziotto: casomai un chirurgo che pratica amputazioni. «Il signor Lane ha detto come dovrebbe funzionare, questo trattato di pace?».

«Io sento che tra noi due c’è un legame, Manse».

«La cosa mi fa piacere, signor Iles. Il discorso dell’intuizione».

«Il discorso che tua moglie se n’è andata con un altro. Potresti darmi qualche consiglio. È il motivo principale della mia visita».

Eccolo lì, lo stronzo seguitava a mortificarti prima di tirar fuori la sua proposta, per mettersi in posizione di superiorità, per metterti i piedi in testa. «Anche la sua è andata via, allora?» replicò Shale.

«Non ancora. Però si guarda in giro. I segnali li conosci. Se va via sono finito. Possibilmente ti suonerà curioso, Manse. Ma senza di lei io non sono niente. Vanno covando questo disprezzo nei confronti dei mariti. L’hai notato? Eppure, ho visto cose molto più inutili di te riuscire a tenersi la propria donna e vivere apparentemente felici. Oddio, no, non molto più inutili di te, però più inutili. Come lo spieghi?».

Shale versò da bere. Iles volle porto e limone. Shale si preparò un gin e menta. Prese i bicchieri migliori che aveva. Iles si mise a studiare l’Arthur Hughes. Indietreggiò per dare uno sguardo d’insieme, poi all’improvviso fece un passo in avanti e si chinò rapidamente, come per raccogliere qualcosa dal pavimento. Shale non riuscì a vedere di che si trattava. Qualsiasi cosa fosse, Iles se la mise in tasca. L’odore di profumo o d’acqua di colonia era più evidente, perciò forse veniva davvero dall’A.C.C., e si andava diffondendo quando quello si muoveva. Iles si mise a sedere su un divano. Portava un completo doppiopetto che voleva fare la réclame alla sua magrezza e la faceva. L’A.C.C. disse: «Tu prendi questa libreria Salem apposta per lei, Manse, e pure le opere d’arte, e lei se ne va lo stesso. È una cosa tragica. I quadri sono cacate, beninteso, ma lei ce l’avrà il cervello per rendersene conto? Ne dubito. E così lei se ne va da un altro col cazzo più grosso. Perché alla fin fine il fatto sarà stato questo, eh, Manse? E tanti saluti alla tua sensibilità. Ingratitudine e avidità. Temi ricorrenti. E gli uomini finiscono con l’esser vittime».

«Ho sentito che un po’ di gente della polizia gliel’ha messa a sua moglie, signor Iles» disse Shale. «Harpur, l’Ispettore Capo Garland. Sono i nomi che vengono fuori più spesso, durante le soirées». Di tanto in tanto dovevi rendergli pan per focaccia, mettendoci pure un pochino di vocabolario internazionale, che dopo lui ti rispettava pure di più. Shale si mise a sedere di fronte all’A.C.C., su di una poltrona di pelle nera, come si sarebbe fatto in un club di Londra, con ogni probabilità.

«Io ti avrei escluso una volta e per sempre dai papabili per questi negoziati, Manse» disse Iles. «E che, ricerco forse l’amicizia di uno la cui gente ammazza una bambina a colpi di pistola?».

«No, non è vero» strillò Shale. «Come avrei potuto?». Quell’accusa gli faceva ancora male. «È così che pensate di me, che pensa di me il signor Lane?». D’improvviso, sembrava di nuovo che Lamb avesse visto giusto. «Mai».

Iles sollevò delicatamente una mano, a mo’ di benedizione. «Adesso lo so anch’io. L’autopsia e le pallottole dicono che è impossibile».

«Ah?».

«Be’, evidentemente l’hai già sentito dire».

«Che negoziati?» replicò Shale.

Iles parlò adagio, con una voce che aveva fatto il pieno di considerazione. «Io ti osservo, Manse, e penso ecco qui uno che dalla vita ha avuto già abbastanza guai. La moglie se n’è andata, alla ricerca della piena soddisfazione. Sento dire che sta con qualcuno, in Galles. Insomma, Dio onnipotente, un caso disperato. E tu sei rimasto qui con i figli, più quelle croste spaventose e questa farsa di arredamento. Tu non vuoi soffrire ulteriormente. Tu cerchi un po’ di pace, adesso, e te la meriti. In particolar modo, tu desideri la pace commerciale, la pace sulle strade. E anch’io desidero la pace, Manse. Io sento che noi potremmo arrivare a un concordato, se la cosa t’interessa, dico».

Shale avanzò sulla poltrona, accorciando le distanze tra sé ed Iles. «Io non vedevo l’ora di poter tendere la mano dell’amicizia, signor Iles» rispose. «Sono in grado di garantire a lei e al signor Lane, ovviamente, una condotta civile entro i confini dell’intero distretto di polizia. Cosa estremamente desiderabile. I miei ragazzi ed io vi salveremo da questo caos che lei teme, stando a quel che ho sentito dire, e che senz’altro è un fattore con cui fare i conti. È un ruolo del quale andrei orgoglioso e, sissignore, per il quale potrei essere tagliato».

Iles trasferì il suo drink dalla destra alla sinistra e si allungò in avanti. Prese la destra di Shale e la strinse con forza. «Come ho già detto, Manse, tra noi due c’è un legame».

«Io lo vedo come un discorso di cameratismo nel nome di una buona causa» disse Shale.

«Esattamente». Iles ritirò la mano, si alzò in piedi e si preparò ad andar via.

Shale si sentiva quasi spaventato. Si alzò in piedi anche lui e propose un altro bicchiere. Iles disse che doveva andare. «Ci sono altri aspetti che vanno considerati, Manse».

Shale, vinto dall’emozione, disse: «Ma io ho bisogno di scendere un po’ nei particolari, signor Iles. Le reciproche assicurazioni, intendo dire. Bisogna che le si elenchi nel dettaglio».

«Sarà fatto».

«E poi... debbo domandarglielo un’altra volta, lei è venuto come plenipotenziario, con l’autorità del signor Lane alle spalle? Avrei bisogno di sapere se lei è in veste ufficiale, signor Iles, oppure sta facendo il cane sciolto, com’è solito fare».

«Io penso che sarebbe meglio mantenere la cosa sul confidenziale, in questa fase».

«Ma che fase è, signor Iles?». Erano fatti così, i poliziotti. Con una mano danno, con l’altra riprendono. Li addestravano apposta.

«Quando me ne sarò andato, vedi se riesci a scoprire in quale punto ho compiuto l’effrazione, Manse. Io ne dubito».

«E allora, ’sto cazzo di trattato di pace è in vigore già da stasera?» ribatté Shale. «È questo che ho bisogno di sapere. Dovrò dare istruzioni. D’ora in poi la sua gente chiuderà un occhio per tutto il territorio, sarà questo il suo contributo costruttivo? Il signor Lane è d’accordo? E poi – intendo dire, visto che lei sta andando via così – ne parlerà pure con quei citrulli, Panico e via discorrendo? Oppure è un discorso esclusivamente tra noi, Desmond? Dev’essere così, per forza».

«Un legame, Manse. Io ne sono onorato. Non c’è bisogno che ti dica, ne sono certo, che questo incontro non ha mai avuto luogo».